Scusate
per l’attesa! Ho avuto dei problemini ad entrare nel
sito… ma ora spero sia tutto a posto! J
Spero
vi piaccia anche questo capitolo…
“Ma proprio stanotte che non c’è nessuno dovevano venire a
rompere le scatole?!” nonostante i pensieri spavaldi, Tsukushi
era terrorizzata, a dir poco. Era immobile con una gamba infilata sotto le
coperte e una ancora appoggiata a terra. Dalla paura, non osava nemmeno
respirare per evitare di emettere un qualsiasi rumore.
Teneva
le orecchie ben tese in attesa che i passi si
avvicinassero alla sua camera o a quella dei genitori in cui tenevano i loro
pochi oggetti di valore.
Ascoltando
i passi, lì sentì salire le scale. Sembrava quasi che sapessero esattamente
dove andare, quasi che conoscerlo quella casa a memoria…
Eccoli, si stavano avvicinando…
“Oddio,
e se ora entra davvero un ladro cosa faccio? Mammamammamamma!” Tsukushi era praticamente pietrificata, aggrappata ad un lembo della
coperta, che si era portata appena sotto il mento, come se davvero il piumone
potesse proteggerla da un malintenzionato.
Udì
i passi che si fermavano pericolosamente vicini alla porta di camera sua. Fu
più forte di lei. Sapeva che non doveva farlo, che no
sarebbe servito a nulla se non a peggiorare le cose ma… Chiuse gli occhi per
prendere il respiro e la voce le uscì dalla bocca come se fosse stata spinta
fuori a forza e un grido squarciò la notte silenziosa. Poi tutto avvenne in una
manciata di secondi. Con gli occhi chiusi, sentì solo
la porta che si spalancava mandando a sbattere violentemente la maniglia contro
il muro e un peso sopra di lei che l’aveva sbattuta sul letto e le premeva una
mano sulla bocca per farla tacere.
Presa dal panico, morse quella cosa che le impediva di gridare.
Quando l’aggressore sentì sulla propria mano i denti
della ragazza, la lasciò andare, imprecando. Tsukushi
sentì il sangue sulla lingua, ma non vi fece caso e prese fiato
per un secondo grido.
-
Brutta stupida! Si può sapere cosa stai facendo?!-
L’aria
le si fermò in gola, da qualche parte a metà strada
tra i polmoni e la bocca.
Quella
voce…
-
Potresti anche scusarti, invece di stare lì a coprirti con una coperta mentre
il tuo fidanzato sanguina!-
Non
era possibile. “Lui è in America” si disse la ragazza,
proprio un secondo prima di aprire gli occhi.
E lo
spettacolo che le si parò davanti non era esattamente
ciò che si sarebbe aspettata. Domiyoji, con la mano
sanguinante stretta da quella sana, era in piedi in mezzo alla sua camera da
letto che la guardava torvo.
Tsukushi si riebbe immediatamente. – Hey,
aspetta un attimo! Cosa diavolo è quello sguardo
arrabbiato, si può sapere?! Se ancora non te ne fossi
accorto, sei TU che sei entrato in casa MIA di soppiatto come un ladro e sei
entrato nella MIA camera da letto! E io ho fatto ciò
che era da fare!- Nel parlare, Tsukushi non era
riuscita a trattenersi dall’alzarsi e dirigersi minacciosa verso Domiyoji, lo sguardo infuocato.
Tsukasa rimase di stucco da quella reazione.
- Che cosa mi tocca sentire?! Ma
sentitela! Casa TUA? E da quando questa sarebbe casa
TUA?! Forse sei TU che ti sei dimenticata un paio di cosette, brutta stupida
che non sei altro!-
Restarono
così per un po’, a fronteggiarsi guardandosi negli occhi in mezzo alla camera. Tsukushi aveva le braccia rigide lungo i fianchi, le mani
serrate in un pugno pronto a partire non appena ce ne fosse
stata occasione.
Quel
cretino! Entra in casa all’una di notte e si aspetta pure un’accoglienza a braccia
aperte?
Domiyoji, dal canto suo, sprizzava rabbia dagli occhi per
il morso subito. Per fortuna, il taglio aveva smesso di sanguinare, ma faceva
lo stesso un male cane!
Quella
cretina! La casa era di proprietà della famiglia Domiyoji,
era ovvio che lui avesse le chiavi. Aveva fatto tutta quella strada per
vederla, sapeva che il lunedì seguente sarebbe stato decisivo per lei (e per
lui) e quello era il ringraziamento?
Poi
la guardò e fu come se la vedesse per la prima volta. Il volto
di lei era vicinissimo al proprio e le poteva vedere negli occhi il
fuoco della rabbia. Quante volte lo aveva sognato in quei tre anni a New York! E ora lei era lì, di fronte a lui, così vicina che poteva
sentirne il respiro affannoso. In un attimo, si dimenticò di
tutto, delle ore di viaggio, del morso ricevuto, delle parole sentite e alla
memoria gli si affacciò il ricordo del loro primo bacio…
- E ora perché stai arrossendo?- chiese lei, gli occhi ancora fissi
su quel viso che aveva sperato di rivedere per tanto tempo.
- S…
stupida, non sto arrossendo!- rispose lui voltandole le spalle-
Solo
allora Tsukushi si accorse dell’assurdità della
situazione. Lui era lì,davanti a lei, con una mano
sanguinante dopo il morso che gli aveva dato. E si era
fatto chissà quante ora di viaggio per essere lì da lei!
Come
per il primo grido, ora il suo corpo si mosse da solo.
Gli
cinse la vita con le braccia e lo strinse a sé, finalmente felice.
Tutto
era sparito. L’ansia per l’esame. Il patto. La stanchezza per aver studiato
tutto il giorno. Dimenticato.
Erano
solo loro due.
Tsukasa sentì le braccia della ragazza che lo stringevano e
in un pensiero che lei avrebbe definito “sconcio” sentì i seni
di lei che premevano contro la sua schiena.
Fortuna
che era di spalle, altrimenti Tsukushi avrebbe visto
nuovamente Tsukasa prendere una strana tinta porpora.
Ma dopotutto era un uomo anche lui.
Si
voltò e vide che negli occhi della ragazza era sparito ogni astio. Prendendole
il volto tra le mani, la baciò dolcemente.
-
Finalmente- disse lui. –Mi sei mancata-
Quel
bacio l’aveva fatta rimanere di sasso, nonostante fosse una cosa che sognava da
anni, poter finalmente rivederlo e stringerlo tra le braccia e baciarlo e…
-
Ora dimmi tu perché sei arrossita?- chiese Tsukasa
con fare divertito.
- Ma cosa dici, guarda che anche tu non sei esattamente
pallido!-
Ma questa volta, Domiyoji non si
fece fregare: se Tsukushi stava cercando di farlo
innervosire per la seconda volta nel giro di dieci minuti, non ci sarebbe
riuscita!
La
baciò con più passione e trasporto di prima, stringendola per i fianchi e
cercando con la propria la lingua della ragazza. Questa volta, Tsukushi rispose al bacio, finalmente tranquilla.
Le
mani di Domiyoji avevano sempre avuto quello strano
effetto: quello di tranquillizzarla, e nemmeno lei sapeva bene il perché.
Quello che sapeva era che tra le sue braccia lei si sentiva al sicuro, protetta
da ogni male. Nei suoi sogni, le possenti braccia di Domiyoji
la cullavano dolcemente. Ora il sogno si stava tramutando in realtà.
La
ragazza sentì le mani calde di lui insinuarsi sotto la maglia del pigiama fino
ad arrivare alla delicata pelle del seno. D’istinto, si sarebbe allontanata da
lui, mollandogli un sonoro ceffone. Ma non oggi, non
stanotte e non adesso.
-
Certo che non sai proprio come si comporta una padrona di casa!- la prese in
giro lui, prima di staccarsi da lei e togliersi almeno la pesante giacca che
ancora lo copriva.
Lei
arrossì, non riuscendo a capire se era per l’appunto che lui le aveva fatto o se per il contatto di poco prima.
Ancora
leggermente confusa, vide lui che si toglieva anche il maglione, scoprendo il
petto ben disegnato dalla maglietta a maniche corte.
Le si avvicinò e sollevò una disorientata Tsukushi, che stranamente non opponeva resistenza.
La
stese sul letto e riprese a baciarla.
No,
quella notte lei non si sarebbe fatta fermare da niente. Non provava più paura,
né rabbia, né tristezza o imbarazzo. Erano solo loro due dopo tanto tempo. Chi se ne importava dell’esame imminente, o della promessa fatta.
Erano loro due e nient’altro.
Lo
sentì entrare dentro di lei e provò una gioia immensa a quel contatto, nuovo,
un po’ doloroso ma tuttavia piacevole.
Lo
assecondò nei movimenti.
Quando giunsero all’orgasmo, vi arrivarono insieme e si
addormentarono l’uno tra le braccia dell’altra.
CONTINUA…
Ammetto che ci sono rimasta di
sasso quando ho letto l’ultimo numero (il 47, per intenderci) di Hanadan… MI HA COPIATO!! ^__^