Piccola one-shot su Edward e Bella e i loro problemi di "adattamento" sull'isola Esme durante la prima settimana. Credo che Edward non sia da meno nel soffrire della situazione.... Spero che vi piaccia!
I tormenti di Edward
Finisco di asciugare
i piatti e
la teglia dove ho cotto le uova, pulisco la cucina e tolgo le ultime
briciole
dal pavimento, tutto in meno di due minuti, come solo io riesco fare;
apro le
finestre della sala e tiro le tende, spengo la lampada grande e la
piantana
diffonde nell’ambiente la sua luce piccola e calda. Accendo
una delle grandi
candele sopra il basso ripiano in tek. No. Spengo la candela,
è meglio, troppa
atmosfera.
Non riesco. Non ci riesco. Torno alla
finestra aspirando
profondamente, l’aria fresca circola in me, la sento nella
gola, esce dal naso,
mi porta una miriade di odori diversi, ma non mi aiuta a rilassarmi.
E’ solo
abitudine, un movimento senza senso che non può recarmi
sollievo. Alzo gli
occhi e vedo la luna; sta diminuendo ma è sempre grande e
bella. Bianca,
lucente come la mia pelle. Vorrei camminare con lei sotto quella luce,
sulla
riva del mare, sentire la sabbia calda sotto i piedi, correre per mano
e magari
cadere e rimanere ad osservare il cielo colmo di stelle. No. Non posso.
Le verrebbero strane idee. No, non strane ma
impossibili.
Dio.
Non posso.
Mi prendo la testa fra le mani e mi lascio cadere sul grande
divano.
Non posso. Non posso.
Abbasso le mani e le guardo. Sembrano esili, le dita lunghe
e affilate, qualcuno dice che sono eleganti, carezzevoli, ma io conosco
la
verità. Io so di cosa sono capaci. Sono mani che danno la
morte, forti, dalla
presa d’acciaio.
Scuoto la testa. Ma se riesco a tenere un uovo fra le dita
senza romperlo o maneggiare piccoli oggetti fragilissimi senza recare
loro
alcun danno, perché non sono stato capace di fare
altrettanto con lei? Perché
queste mie mani hanno dovuto fare del male proprio alla persona che
più amo al
mondo?
Potessi piangere lo farei.
Ma quello che brucia di più, e lo sento in ogni parte del
corpo, è l’umiliazione. E’
l’aver dovuto riconoscere ancora una volta che io e
lei siamo diversi e che non serve a niente fare finta che non sia vero.
La mia
vita è tutta una finzione. Io sono un mostro.
Respiro. Si, devo respirare. Tra poco sarà qui e non deve
vedermi abbattuto.
Non tutto è una finzione, lo so. L’amore che provo
per lei è
vero. Anche quello che lei sente per me.
Si. E’ così. Calmati Edward.
Ricordo quello che ha detto a tavola.
Non mi guardava negli occhi mentre lo diceva. Voleva farmi
promettere che il giorno dopo saremo stati a casa perché si
sentiva stanca,
perché voleva riposare. Ma io so perché non vuole
uscire, non ci cascherò, non
posso farlo, non devo. Ogni volta che la vedo apparire dietro una
porta, che sento
che mi sfiora, ogni volta che si veste in modo più
provocante, che abbassa gli
occhi e arrossisce, io la desidero. Io muoio di desiderio. Io la
voglio. La
voglio con tutto me stesso.
E non posso. No, proprio non posso.
E sono stato brusco. Non ero io, o almeno, non quello che
vorrei essere. Io vorrei solo che fosse felice. Vorrei darle tutto
quello che
desidera ma… no, questo no. Bella, questo no, non
chiedermelo, non supplicare,
non cercare di forzarmi, di tentarmi, il tuo corpo è una
forza potente, tanto,
se non più, quanto il tuo sangue. Non farmi del male, ti
prego, ti prego…
Ma non posso dirle così. Allora me ne sto zitto, scuoto la
testa, senza reagire all’ennesimo tentativo di farmi
capitolare.
Quanto resisterò ancora?
Le forze cedono.
Io la voglio.
Non riesco più a guardarla senza desiderio, senza immaginare
il suo corpo caldo sotto di me, la sua saporita pelle di seta, la bocca
avida
di baci, le sue piccole mani incerte che mi percorrono incuriosite,
affamate, ed
io dentro di lei e immaginare tutti i modi di possederla e non farle
male, pur
sapendo che non potrò mai metterli in atto.
No, proprio no. Non posso. Non è normale.
Ma io muoio.
Non riesco a non pensarci.
Il controllo che mi serve è totale. Non la sfioro mai se non
a letto, quando dorme, lasciarla lontana sarebbe penoso per lei per il
troppo
caldo. Non la bacio, se non per darle la buonanotte o il buongiorno, a
fior di
labbra, come le prime volte. Toccarla è un fuoco che brucia.
Sono debole, ora
come mai nella mia esistenza. Perché ho assaporato qualcosa
di così potente e
infinitamente delizioso e non so per quanto riuscirò a farne
a meno. Oh,
dovessi combattere soltanto contro la sete, contro il richiamo del
sangue che
mi tormenta da decenni! Ma perché lamentarmi? Ho tutto
quello che desidero.
Devo solo essere paziente. E controllato.
Bella. Bella, aiutami tu.
No, lei mi direbbe di lasciarmi andare, di ritentare. Ma io
non posso rischiare.
Un soffio d’aria dal corridoio che sale alle camere mi porta
il suo odore. Sta arrivando. Credevo si fosse addormentata in bagno e
so che ne
sarebbe capace perché è vero che in questi giorni
la sto facendo stancare
molto. Lo faccio di proposito e mi dispiace. Ma non trovo altro modo
per
impedirle di assalirmi con i suoi tentativi di persuasione.
Mi sposto verso la televisione e prendo il telecomando.
Allungo le gambe poggiandole sul panchetto davanti a me. Accendo e mi
butto a
capofitto in qualche insulso programma, cercando di impegnare la mente
in altre
cose che non lei. Che non il sesso.
Ah, impossibile.
Ecco che arriva, fa capolino dietro il muro, mi guarda di
sottecchi e sorride.
Dio.
E’ a piedi nudi. Le sue gambe scoperte che escono da una
minuscola culotte di raso bianco, e il collo scoperto, così
invitante e
profumato. Sento di lontano la fragranza del sapone che ha appena
usato. Il
seno si intravede appena fra lo strato del pizzo, non posso non
guardarlo,
piccolo, perfetto per le mie mani.
Respiro a fatica ma riesco a sorriderle e lei si getta sul
divano contro di me.
Non l’accolgo fra le braccia ma la contengo per non farla
precipitare a terra.
Come sei bello tesoro mio, come sei invitante. E come ti
amo.
- Bella…. attenta amore..-
- Tanto mi riprendi sempre…-
- Mm..conti troppo su di me –
Da’ una sbirciatina alla tv e mi guarda incuriosita.
- Che guardi di bello? -
- Non saprei. Cosa vuoi vedere? –
Mi accorgo che mi sta osservando, abbottono la camicia
appena sganciata sul petto, mi porto le braccia in grembo ma non serve
e mi si
fa vicina e non posso non circondarla con un braccio, ha bisogno di me.
No. Chi
voglio ingannare? Sono io ad avere bisogno di sentirla vicina, il suo
calore,
il suo profumo che mi ubriaca ed elettrizza ogni nervo, rendendo la mia
pelle
un unico grande conduttore di corrente elettrica ad alto voltaggio.
Alza le
spalle, avvicina la bocca al mio viso e mi volto impercettibilmente
dall’altro
lato. Se ne accorge, ma non storce il naso sbuffando come sempre,
questa volta si
blocca, diventa seria ed io la guardo. Negli occhi che luccicano
un’espressione
addolorata, quasi sofferente, che non posso tollerare. Abbassa la testa
ma io
la rialzo con la mano e, senza pensarci ancora, la bacio. Mi ha fatto
male
quello sguardo.
Io ti voglio. Ti voglio.
La bacio finalmente e non so smettere. Un sapore delizioso. Percorro
l’interno della sua bocca con la lingua, ricacciando in gola
l’ondata di veleno
che la scarica di eccitazione mi ha provocato. Calda, morbida. Vorrei
perdermi
in quella bocca, fra quelle labbra rosse, rimanerci incollato per ore.
Ma non posso.
Lei mi prende il volto fra le mani. La lascio fare. Tra poco
mi fermo, stacco tutto, l’allontano. Ancora un po’,
soltanto un altro secondo.
Mi bacia il labbro, lo succhia, lo morde ed io mi ritiro, ma non
abbastanza e
la bacio ancora sulle labbra. Sono già piene, il sangue
è accorso, le ha rese
turgide, eccitate. Basta, basta. Ma lei mi trattiene la testa con una
mano e
con l’altra mi sfiora il collo. Stacco le labbra dalle labbra
e la guardo
appena. Ha gli occhi socchiusi, le gote accese, è
bellissima. Solo un altro
bacio, cosa sarà mai?
Riavvicino la bocca alla sua e ci perdiamo ancora in un
piacere languido, che sale come un fuoco accendendo ogni molecola del
mio
corpo. Riesco a malapena a seguire il percorso della sua mano che mi
carezza e
scende, scende sul petto e poi più giù, lenta,
decisa. La localizzo e la blocco
e la mente riprende il controllo.
- Bella… no –
- Oh… perché? –
- Perché basta così -, dico ancora eccitato. Non
ho scuse
per il mio comportamento, non dovevo lasciarmi andare. –
Allora, cosa vuoi
vedere in tv?-
Lei si scosta, si raddrizza e incrocia le gambe sul divano,
l’espressione seria, scocciata, i capelli arruffati.
- Niente. Tanto vale che vada a letto. Ho sonno -, dice
pronunciando parole che per me sono spade affilate e mi fanno male. Ho
voglia
di piangere.
Bella, Bella scusami, mi dispiace, cerca di capirmi. Non
andartene così. Consola questo mostro, questo tuo marito che
non sa come
amarti, che non può darti quello che vorrebbe…non
andare.
Abbasso la testa annuendo.
- Ok –
Si alza e mi volta le spalle, dirigendosi verso la camera da
letto.
Non mi muovo. Sento come se il mio corpo fosse diventato un
tutt’uno con il divano, un ammasso inerte e privo di forze.
Aiutami.
Aiutami.
Aiutami.
Lei rallenta un poco, si ferma, si volta e mi guarda
pensierosa. Ci osserviamo per qualche secondo e non so cosa legge in me
ma è
abbastanza per farla tornare indietro. Mi si avvicina e mi stringe fra
le
braccia, in silenzio. Mi avvolge la testa, la poggia sul suo petto e mi
bacia i
capelli.
- Scusa…-, mormora piano vicino all’orecchio.
– Scusami. Ti
amo –
Sospiro, sospiro forte, mi scuote il torace. Vorrei poter
piangere, con lei potrei farlo. Con lei potrei fare tutto.
Bella.
- Scusami tu… Sai perché non posso, lo sai..- le
dico con
voce incerta.
Mi carezza, mi stringe a sé ma i suoi gesti sono diversi,
privi di passione, mi sta consolando, come una madre.
Ne ho bisogno.
Con le dita mi sfiora il volto, mi sistema i capelli, senza
discutere o controbattere. Mi sta semplicemente amando.
Cosa ho fatto per meritarti?
Alzo la testa e la guardo.
- Lo capisci vero? –
- Ho capito, anche se non sono d’accordo. Ma devi smettere
di pensare male di te. Smettila, ok? –
Annuisco, ma già so che è impossibile.
Le carezzo la guancia restando incollato fra i suoi capelli
e lei mi prende la mano e la bacia.
Respiro profondamente il suo odore. Brucia come lava, ma mi
sento più sereno. Un momento privo di tensione, una dolcezza
di cui avevo
bisogno.
Mi sciolgo dall’abbraccio prendendo le sue mani
fra le mie.
Sorrido.
Anche lei sorride.
- A letto?-, le chiedo.
- A letto -, ribatte.- A dormire.. -, e sospira,
alzando gli occhi al cielo.
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