Solo (Fragile)
Solo
Fragile
come un respiro sussurrato a fior di labbra, fragile come un sogno di
cristallo che rischia di crollare. Lei era così, bella,
delicata, forte ma teneramente fragile, i suoi occhi di mare persi nel
cielo e quell'ombra celata dal cuore che nascondeva la solitudine,
fragile come quel maledetto profumo di sole che gli invadeva i sensi,
perfido e violento, così forte da riuscire a stordirlo.
Quante volte l'aveva
osservata, quante volte era rimasto in silenzio, nascosto da sguardi
indiscreti per il semplice bisogno di spiarla, per riuscire a rubarle
ogni stupida espressione del viso, ogni sorriso e ogni leggerissimo
sguardo con il solo terrore che, senza preavviso, la sua fottuta
memoria decidesse di cancellarla per sempre dalla sua vita.
Non aveva mai immaginato
di provare qualcosa del genere, ma quegli anni passati a rincorrerla
inconsciamente, nonostante i continui battibecchi, nonostante le paure
e la rabbia nel vedere quell'angelo trasformato in qualcosa che non
era, modificato e costretta a diventare uno spirito incorporeo
custodito tra le braccia di un uomo sconosciuto, quegli anni dolorosi e
vuoti tornavano violentemente ad affacciarsi, ripetendo continuamente
le stesse quattro parole “Tu non la meriti”.
Ci aveva messo anni,
troppi anni per capire quanto realmente amasse quella donna, il suo
corpo, la sua voglia di vivere in netto contrasto con quel dannato
carattere contorto e sconclusionato che lo costringevano ad essere
sempre e solo uno stronzo.
Parlare, sorridere,
perfino respirare diventava difficile quando quegli occhi profondi lo
accoglievano nell'immensità del suo sguardo.
Parole sussurrate nel vento, un ricordo che tornava continuamente davanti ai suoi occhi ...
“Stai davvero bene?” ma lei non rispose, solo quel
maledetto sorriso, così lieve da sembrare finto “Ti
conosco bene Lisa” continuava a spiarla cercando di leggere nei
suoi occhi ogni cosa ma lei evitava il suo sguardo, si concentrava
sulla forma delle nuvole, sull'azzurro del cielo e sulle urla gioiose
dei bambini. I capelli dolcemente scompigliati da un leggerissimo
venticello e il viso arrossato e accuratamente nascosto al suo sguardo
“Non puoi prendermi in giro ...” le strinse una mano
tirandola leggermente verso di sé “Cosa mi nascondi”
un altro sorriso e quel polso esile che dolcemente scivolò fuori
dalla sua presa ... quanto aveva odiato quel silenzio crudele tra loro.
Niente parole, niente
sospiri, solo un lungo e pesantissimo silenzio che aveva coperto le
emozioni costringendo i loro occhi a fingere.
L'aveva lasciata andare
via, era rimasto immobile in quel parco davanti all'immagine confusa di
quella meravigliosa donna che lentamente se ne andava, lo lasciava solo
con sé stesso, solo con i suoi pensieri.
Lasciava scorrere il tempo senza preoccuparsi minimamente dell'ora, di ogni stupido paziente presente in quel dannato posto.
Aveva trascorso le
ultime ore cercando di dimenticare il dolore alla gamba, l'aveva fatto
nel tentativo di riuscire a pensare ad altro che non fosse una
lancinante fitta che percorreva il suo cervello.
“Sei qui?”
non sollevò nemmeno gli occhi dal foglio, si limitò ad
annuire distrattamente senza prestare la minima attenzione a Wilson o
alle sue espressioni “Vuoi venire a cena da me?” nessuna
risposta, solo semplice silenzio “House?” “Che
c'è?” tolse gli occhiali sollevando finalmente lo sguardo
“Hai sentito cosa ...” “Non ho molta voglia di
parlare Jimmy” “Perché no?” si appoggiò
allo schienale reclinando la testa indietro “Pensieri” ma
lo sguardo curioso del medico non abbandonava il suo viso “Che
tipo di pensieri?” “Solo pensieri” “Non
esistono solo pensieri House! Ci sono pensieri tristi, pensieri felice
e poi ci sono pensieri incomprensibili” “La smetti?”
esclamò ironico “Non hai mai avuto pensieri?” ma
l'altro sorrise “I miei non riguardavano il mio capo” il
solito Jimmy, comprensivo, intuitivo e maledettamente bravo a leggergli
dentro “Non è il mio capo” “Ah no?”
“No, intendevo dire che non è il capo che ricordo
io” la gamba continuava a fare male e nemmeno parlare con il suo
migliore amico riusciva a distrarlo “È diversa” lo
sguardo confuso di Wilson lo fece sorridere “È sempre la
stessa” scosse la testa spegnendo il computer “È
simile a sé stessa ma non lo è realmente, almeno non con
me” “Credo sia soltanto stanca” sollevò un
sopracciglio incuriosito “Sta lavorando da giorni senza
concedersi una tregua, Rachel ha la febbre e in più, sua madre
continua a chiamarla per sapere chi sarà presente domani”
sorrise “Già, sua madre ha la capacità di far
bestemmiare perfino un santo” “Tu ci sarai non è
vero?” ci pensò qualche secondo “Gliel'ho
promesso” prese il bastone “Vado a casa Jimmy, ci
vediamo”
Le aveva promesso che ci sarebbe stato, era solo una promessa strappata con la forza ma era pur sempre una promessa.
Non lo attirava l'idea
di aspettare quello stupido bacio finale che la consacrava a quell'uomo
strano e contorto, lasciò cadere la giacca sul letto, che
diritto aveva lui di scegliere per lei? Avrebbe potuto averla, avrebbe
potuto avere una vita assieme a lei ma si era tirato indietro, starle
accanto voleva dire rovinarla, cambiarla costringendola a vivere a
metà invece che volare lassù, dove l'aria era più
pura e il suo sorriso poteva brillare.
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