Ciao a tutti! Prima di passare alla
fanfiction vorrei dire un paio di cose. La prima è
che non studiando giapponese all'università ma avendo
comunque qualche conoscenza non garantisco correttezza assoluta per
quanto riguarda le strofe di canzone citate (tradotte da una traduzione
in inglese della canzone) e per quanto riguarda le due-tre frasi in
giapponese che ho inserito, quindi se notate errori fatemeli notare
senza alcun problema. La seconda cosa è che per
produrre questa fanfiction non è stato fatto male a nessun
Arashino e a nessun personaggio di Harry Potter, anche
perché, purtroppo, nessuno di essi mi appartiene... e anche
se così non fosse, non farei mai loro del male! Ultima
cosa: la canzone citata è "Meikyuu Love Song" degli Arashi,
e la fic è in parte ispirata al video, che potete trovare
qui: http://www.youtube.com/watch?v=rwmKAEw0cug
Roll
The Dice
“Umareru
mae kara shitteita you na
yasuragu
kimi to fui ni deatta
Seikaku
mo shimi mo maru de chigaitteta kedo
Bukiyouna
gurai sunao na kimi mabushikatta....”
“Mi
sembra di conoscerti da prima che nascessi
Ti
ho incontrata all'improvviso, ed eri a tuo agio
Le
nostre personalità e i nostri hobby erano completamente
diversi
Eri
così sincera, è stato imbarazzante, ma mi
incantavi....”
-
Com'è
andata oggi? - disse
Neville, mentre aspettavano assieme che le scale arrivassero.
-
Oh, per niente male - rispose Luna. - Ho avuto una discussione con un
Serpeverde del mio anno che diceva che i Plimpi Ghiottoni non
esistono. Ma sai, non è affatto vero, perché sono
proprio davanti a
casa mia, nel laghetto. Io e papà li usiamo spesso per fare
il tè,
sono molto dolci. Un giorno te li farò assaggiare.
Neville
sorrise, e annuì. Non aveva mai visto un Plimpo Ghiottone,
così
come non si era mai trovato davanti un Nargillo, o un Ricciocorno
Schiattoso, ma ormai quasi le credeva sulla parola.
L'aveva
conosciuta solo l'anno precedente, e, pensandoci in quel momento, era
sicurissimo che avesse compiuto un piccolo miracolo. Lui era il
tipico ragazzo timido e poco popolare, cosa che non invogliava la
gente a fare amicizia con lui: era sempre stato un ragazzo molto
solo.
Lei,
invece, con la sua semplicità e schiettezza, si era
avvicinata a
lui. Anche a quel tempo, così come in quel momento, era una
ragazza
strana. Ricordava i loro primi incontri come piuttosto imbarazzanti,
ma anche grazie alle riunioni dell'ES aveva imparato a conoscerla, ed
erano diventati amici. Ma non era tutto... era fermamente convinto
che, ovvie capacità a parte, qualcosa in lei fosse veramente
magico.
Giorno dopo giorno, passo dopo passo, era rimasto vittima del suo
incantesimo....
-
Vorrei proprio riuscire a far vedere agli altri tutto quello che vedo
io... il mondo sarebbe davvero un posto migliore - continuò
Luna,
prendendo la rampa di scale che era appena arrivata. Neville,
naturalmente, la seguì.
-
Sul serio, i Ricciocorni Schiattosi dovrebbero essere messi nei
programmi scolastici, sono molto importanti per il nostro ecosistema!
La
ragazza continuava a parlare, mentre Neville si guardava attorno.
Improvvisamente si rese conto di alcune cose molto strane.
Prima
di tutto, sulla scala erano completamente soli, cosa strana
perché a
quell'ora tutti gli studenti stavano tornando nei dormitori. Seconda
cosa, se c'era un posto verso cui quella scala stava portando, di
certo non si trattava né della torre di Corvonero,
né della torre
di Grifondoro.
-
Luna, che scala hai preso? - domandò Neville.
-
Una - rispose la ragazza, facendo spallucce. - Suppongo che qualsiasi
scala si prenda questa porti dove dobbiamo andare, no? Anche se in
effetti quello che sta succedendo è molto strano....
Quando
la scala si fermò, si trovarono davanti ad una singola porta
in
legno dall'aria piuttosto pesante. Le scale che li avevano portati
lì
si allontanarono, e quando furono abbastanza lontane scomparvero nel
nulla.
-
Le scale! Perché sono sparite le scale? - esclamò
Neville.
-
Credo che non ritorneranno - disse Luna.
-
E quindi? Che facciamo?
-
Credo che ci sia poco da fare... dobbiamo oltrepassare quella porta,
e cercare un modo di tornare giù - disse Luna.
Neville
annuì, poco convinto.
-
E poi, sono abbastanza curiosa di sapere cosa c'è dietro la
porta,
credo di non essere mai stata in questa parte del castello!
Neville
non era esattamente dello stesso parere. Tutto di quella situazione
sembrava avvertirlo di un pericolo imminente, e non gli sembrava
logico rischiare la propria vita esclusivamente per soddisfare una
propria curiosità. Allo stesso tempo, però,
sapeva che se si fosse
tirato indietro Luna avrebbe pensato a lui come a un codardo, e
voleva evitare assolutamente che questo succedesse.
-
Va bene, allora - rispose lui, cercando di assumere un tono deciso.
Assieme
si avvicinarono alla porta. Erano convinti che sarebbe servita tutta
la loro forza per smuoverla, ma come se avesse percepito la loro
presenza la porta si aprì con un cigolio.
La
stanza dietro la porta era buia, a parte per la luce proveniente
dall'esterno, e per quella generata da un piccolo faro in un angolo.
La
prima cosa che videro fu un gruppo di cinque ragazzi, radunati sotto
il faretto quasi come se la luce che emanava fosse stata la loro
energia vitale. Avevano gli occhi a mandorla, ed erano vestiti
abbastanza eleganti, anche se in maniera un po' strana.
I
cinque ragazzi scrutarono Neville e Luna per qualche secondo, poi uno
di loro fece un'esclamazione di sorpresa.
-
Nani? Luna-san to Neville-san ga imasu! Kore wa
Hogwarts
desu! Yokatta... Silente-sensei, tasukete kudasai! *-
urlò
il ragazzo, agitando le braccia.
-
Urusai Jun-kun! - fece
un altro ragazzo, e poi si rivolse verso di loro - Anatatachi
wa dare desuka? **
Neville
rivolse a Luna uno sguardo interrogativo. - Ma dove diamine siamo
finiti? - mormorò.
-
Nino-kun, kare wa Neville-san de, kanojo wa
Luna-san desu.
Harry Potter
wa
yomimasenka? ***- replicò l'altro,
in tono piuttosto irritato.
L'altro
scosse la testa, con aria rassegnata, mentre gli altri tre ancora li
stavano fissando.
Neville
fece per avvicinarsi ai ragazzi; non poteva capire quello che
dicevano, ma a parte Luna erano gli unici che si trovavano con lui in
quel momento, quindi tanto valeva stare vicini. Sembravano innocui, e
a giudicare dall'espressione spaventata del ragazzo più a
sinistra
probabilmente erano anche Babbani, ma il fatto che uno di loro solo
poco prima avesse nominato Hogwarts, Silente, Harry e, soprattutto,
sapesse i loro nomi lo rendeva un po' sospettoso.
Non
appena lui e Luna si avvicinarono ai ragazzi, la porta da cui erano
entrati si chiuse di scatto, e il faretto, la loro unica fonte di
luce, si spense.
Uno
dei ragazzi si lamentò, sempre in quella lingua
incomprensibile.
Poi,
la mente di Neville fu attraversata da una voce. Era una voce
femminile, e aveva un che di ultraterreno.
-
Traduttore simultaneo attivato.
La
voce scomparve così come era arrivata.
-
Ehi, l'avete sentita anche voi?
La
voce apparteneva al ragazzo che aveva rivolto loro la parola per
primo.
-
La voce? - disse un altro.
-
Sì! Sì! L'ho sentita!
-
Ahi! Aiba-chan, non saltellare sul mio piede!
-
Ehi! Adesso vi capisco! - esclamò Luna.
-
Luna-san! - strillò il primo ragazzo.
-
Jun-kun, non fare il fanboy e cerca di non svenire! -
esclamò
qualcuno accanto a Jun-kun.
-
Perché non accendono la luce? E perché siamo qui?
- piagnucolò un
altro.
-
è quello che ci chiediamo tutti, credo - intervenne Neville.
Come
finì di parlare, la luce ritornò.
C'erano
vari fari nella stanza, e il bagliore era più intenso di quello
che
c'era prima. Mentre i suoi occhi si abituavano, Neville
cercò di rendersi conto del luogo in cui si trovavano.
Le
pareti erano in pietra, ed erano scolpite in rilievo e dipinte in
modo tale da dare l'impressione di essere circondati da una
città.
In terra c'erano delle mattonelle colorate; molte di esse avevano
qualcosa disegnato sopra, e insieme sembravano formare un percorso.
Alla loro destra, c'era un grosso cubo bianco con dei punti neri.
-
Un dado! - esclamò Luna, avvicinandosi al cubo.
-
Oh, non ci posso credere! - esclamò uno dei ragazzi. Era
praticamente abbracciato all'amico accanto a lui, probabilmente
perché, pur non volendo darlo a vedere, si era spaventato
durante
gli attimi di buio, ma anche in piena luce non accennava a lasciarlo
andare.
-
Che cosa? - domandò Luna.
-
Stavamo girando il nuovo video qui! O almeno, la stanza era molto
simile, vero Oh-chan?
-
Hai ragione, Nino-chan... solo che la stanza era più piccola
- disse
il ragazzo accanto a lui.
-
Piuttosto, non potremmo presentarci? Forse Jun-kun sa chi siete, ma
noi no, e voi non sapete chi siamo noi - disse uno degli altri tre.
Jun-kun scosse la
testa. - Sho-kun, non è possibile non conoscerli!
Luna
sorrise. - Io mi chiamo Luna, e lui è il mio amico Neville.
E voi
siete....
-
Sho Sakurai.
-
Kazunari Ninomiya.
-
Satoshi Ohno.
-
Masaki Aiba.
-
E io sono Jun... Jun Matsumoto. Voi... voi siete i miei personaggi
preferiti, ho letto un sacco di fanfiction su di voi! - disse il
ragazzo, emozionato.
-
Hai letto cosa? - chiese Neville.
-
Fanfiction... su internet....
-
Intercosa? - domandò Luna.
-
Internet... è come una rete, in cui si possono trovare varie
cose...
col computer....
-
Non ho idea di cosa tu stia parlando... però mi piace.
Potremmo
essere amici, sai? - rispose Luna.
Neville
si rattristò un po'. Luna era una ragazza speciale, certo,
ma pur
sempre una ragazza. Quei cinque ragazzi erano, oggettivamente, dei
bei ragazzi, ed era quasi ovvio che, se avesse potuto, Luna avrebbe
scelto uno di loro piuttosto che lui, il ragazzo bruttino ed
insignificante.
Neville
però non ebbe tempo di rimuginare di più sulla
cosa, perché la
voce tornò a farsi sentire.
-
Benvenuti - disse essa.
-
Chi sei? E che cosa vuoi? - urlò Nino.
-
Io... voglio solo fare un piccolo gioco con
voi....
-
“Un piccolo gioco?”. Conosco
un film che comincia così, si chiama Saw, e lì
muoiono tutti! -
continuò Nino.
-
Io... io non voglio morire! - guaì Aiba.
-
Stai calmo... andrà tutto bene - gli disse Luna.
-
Nessuno di voi si farà del male... sempre se fate da bravi.
E in
ogni caso non avete molta scelta... per trovare la chiave per uscire
dovrete soltanto giocare!
-
Va... va bene. Cosa dobbiamo fare? - domandò Neville.
-
Conoscete tutti il gioco dell'oca, no? Dovete solo lanciare il
dado... e riuscire ad arrivare fino alla fine, sulla casella della
Chiave. Solo allora potrete aprire la porta del Castello, che
è
proprio davanti a voi.
Mentre
parlava, alcuni degli edifici scolpiti nel muro si spostarono,
mostrando un castello molto simile a quello di Hogwarts. Lì
dove ci
sarebbe dovuto essere il portone c'era invece un buco di serratura.
-
Avrete un tempo limitato per finire il gioco... sessanta
minuti.
-
E cosa succede se non finiamo in tempo? - disse Ohno.
-
Se non finite in tempo... beh, ve ne accorgerete! - fece
la
voce, divertita. - Sarò buona con voi, e vi
darò la possibilità
di rendervi conto di quanto manca....
Dietro
di loro comparve un enorme orologio con numeri romani. Entrambe le
lancette erano ferme sul 12.
-
Prima di cominciare, però, devo dividervi, e
decidere i vostri
colori... Luna, tu sarai il blu.
Il
colore delle scarpe di Luna cambiò, ed esse diventarono di
un blu
acceso.
-
Neville e Masaki, voi sarete il verde.
Neville
vide anche le sue scarpe cambiare colore. Aiba gli si
avvicinò.
-
Jun e Kazunari, a voi tocca il giallo.
Jun
borbottò qualcosa tipo “Non si abbinano
per niente alla
cravatta”.
-
E infine, Sho e Satoshi, a voi il rosso. Un'ultima cosa... voi che
siete in coppia, se volete vincere dovrete arrivare all'ultima
casella assieme... anche se il gioco potrebbe sempre separarvi... e
non provate nemmeno ad andare avanti di qualche casella senza il mio
permesso... potreste pentirvene amaramente!
Tutti
annuirono. Neville vide Aiba accanto a lui, un'espressione impaurita
sul volto. Sperò solo che non perdesse la testa mentre
giocavano.
-
Ora potrete iniziare a giocare... Blu, inizierai
tu. A
tutti voi, benvenuti in “The
Adventures Of Puzzle Storm”!
La
voce smise di farsi sentire.
-
Anche lo stesso nome del nostro gioco! - esclamò Nino. -
Copiona!
-
Almeno è stata galante - disse Sho, e poi indicò
Luna. - Prima le
signore.
Luna
si allontanò dal gruppetto, e prese il dado gigante.
-
Ti aiuto? - le domandò Neville. Il cubo era quasi
più grande di
lei.
-
No, grazie. È leggero - rispose Luna, sollevando il dado
senza
difficoltà. Subito dopo, lo lanciò.
Cinque.
La
ragazza fece cinque passi in avanti rispetto a dove si trovavano
loro, e poi si fermò.
-
Ehi, c'è un biscotto disegnato su questa casella! -
esclamò.
Proprio
mentre diceva questo, un tavolino si materializzò davanti a
lei.
-
Ci sono due biscotti qui - continuò la ragazza.
Sulla
parete davanti a loro apparve una scritta. “Casella
biscotto: il giocatore che finirà su questa casella
dovrà mangiare
uno dei biscotti a sua disposizione. Gli effetti potrebbero variare a
seconda del biscotto scelto”
-
Ok... - fece Luna. - Scelgo questo.
La
ragazza prese uno dei biscotti, e lo addentò.
-
Ha un buon sapore, e... wow! - esclamò la ragazza,
guardandosi una
mano. - La mia pelle... sta diventando blu! Forte!
Dopo
qualche secondo, Luna sembrava una versione umana di Puffetta, e la
cosa non sembrava dispiacerle affatto.
Neville
notò che le scarpe sue e quelle di Aiba si stavano
illuminando, come
se fossero state fluorescenti.
-
Credo che sia il nostro turno - disse ad Aiba, e andò a
prendere il
dado.
Era
effettivamente molto leggero, forse anche più leggero della
gommapiuma. Neville lo lanciò.
Due.
Finirono
su una casella con su scritto: “Prendi
una carta”.
-
Dove sono le carte? - disse Aiba. In effetti, non c'era nessun mazzo
in giro.
Il
gioco risparmiò loro la fatica di cercarlo: dov'era apparsa
la
scritta della casella del biscotto, ora ne era apparsa un'altra.
“Carta Sottosopra:
per un turno, vivrete il gioco da un'altra angolazione....”
Neville
si sentì come se il mondo si stesse capovolgendo... e si
rese conto
che, in effetti, era così.
-
è sottosopra per davvero! - esclamò Ohno,
accorgendosi poi che ora
erano le scarpe sue e di Sho ad essere illuminate.
-
E adesso, come facciamo? - disse Sho, che sembrava non avere nessuna
intenzione di muoversi in quelle condizioni.
-
E che dobbiamo fare... giochiamo - disse Ohno, muovendosi per
prendere il dado.
-
Non è così tremendo! - esclamò il
ragazzo, lanciando il dado.
Sei.
Dalla
casella su cui finirono, il volto di un clown li fissava.
Un'altra
scritta apparve sulla parete. “Casella
Clown:
Rodney il Clown è gentile e vuole suonarvi la sua musica
mentre
giocate....”
Una
melodia al pianoforte si sparse nell'aria. Era una canzone strana;
sembrava quasi che fosse la colonna sonora di un film dell'orrore. Il
ritmo era concitato, e sembrava quasi che a suonare fossero non due,
non quattro mani, bensì almeno venti.
-
Non è umano... c'è qualcosa di molto strano qui -
disse Neville.
Inspiegabilmente, sentiva un brivido percorrergli la spina dorsale.
-
Lo so, lo so che tocca a noi, non c'è bisogno che
lampeggiate! Come
se già non foste un pugno in un occhio! - esclamò
Jun indicando le
scarpe, andando a prendere il dado.
Tre.
-
C'è un ponte, qui - disse Nino. Tale ponte si
materializzò davanti
a loro, assieme a due biciclette. Il “tabellone”
era abbastanza
grande, e il ponte sembrava portare lontano.
-
Credo che dovremo usare queste per attraversarlo - fece Jun,
indicando le biciclette.
Quando
giunsero a destinazione, Nino si mise a deridere gli altri: - Noi
siamo qui, e voi siete ancora indietro! - li canzonò.
-
Ehi, ehi, ehi Nino-kun! Non abbiamo nemmeno ancora iniziato a
giocare! - fece Aiba.
Luna
tirò il dado. Cinque.
La
ragazza lesse la scritta sulla sua casella. -
“Castello
dell'Oscurità: combatti per fuggire”.
Neville
tirò fuori la bacchetta dalla tasca. La voce aveva detto che
nessuno
si sarebbe fatto male, ma lui non si fidava per niente.
Non
appena la ragazza finì di leggere, una spada si
materializzò tra le
sue mani. Il braccio di Luna si abbassò a causa del peso, e
un'espressione impaurita, così insolita da una come lei,
apparve sul
suo volto; cinque scheletri risalirono dal soffitto verso il
tabellone, cogliendola alla sprovvista. Al posto delle dita avevano
degli artigli dall'aria letale.
Luna
tentò di lasciar andare la spada per prendere la bacchetta,
ma
l'arma non aveva alcuna intenzione di staccarsi dalle sue mani.
Neville
non rimase a riflettere nemmeno per un secondo.
-
Confringo! - esclamò, la bacchetta puntata verso gli
scheletri.
Il
fragore di un'esplosione riempì le loro orecchie; tutti si
ripararono con le mani dai frammenti di ossa che schizzarono via in
tutte le direzioni.
-
Figo - fece Sho. - Puoi insegnarmi come si fa?
-
Ovvio che non può, Sho-kun! - fece Nino. - Lui è
un mago!
La
voce interruppe il loro parlare.
-
Oh, oh, oh, abbiamo un piccolo eroe qui, vero Neville? Peccato che
non sia tuo compito lanciarti in azioni eroiche durante il turno
degli altri... non te l'hanno mai detto? Le difficoltà vanno
affrontate da soli... e ora, per punizione, finirai nella Prigione!
Neville
si sentì sprofondare, o meglio, considerato il fatto che
erano
ancora sottosopra, venne risucchiato verso l'alto.
Una
cosa positiva della situazione era che il mondo era tornato nella sua
posizione originale; però si trovava in un luogo buio e
umido, e
stava iniziando a sentire freddo. Riusciva però a sentire le
voci
degli altri, che si chiedevano dove fosse finito.
-
Cosa devo fare per liberarmi? - urlò, rivolgendosi verso
l'alto.
-
Tu devi solo stare fermo e rilassarti un po'... Masaki dovrà
lanciare il dado; non appena farà sei tu potrai uscire.
Neville
scosse la testa, sconsolato. La verità era che aveva
paura... ma non
per se stesso. E se Luna fosse di nuovo capitata in una di quelle
caselle? E se ci fosse stata qualche altra casella diabolica? Quei
cinque ragazzi erano Babbani, come si sarebbero mai potuti difendere?
Si
lasciò andare contro una parete.
Aiba,
fai sei, fai sei, fai sei....
*
-
Neville-san, Neville-san! Ce la metterò tutta! -
urlò Aiba. Era il
suo turno, e il mondo, come promesso dalla voce, era ritornato ad
essere quello di prima.
Luna
non poté fare a meno di sentirsi in colpa. Aveva sentito la
voce di
Neville, e probabilmente non gli sarebbe successo nulla di male.
Aiba
lanciò il dado. Cinque.
-
Cavoli... solo uno meno di sei! - esclamò il ragazzo.
Finì
su una casella Carta.
“Lancia
un dado. Se fai più di tre, resta dove sei, altrimenti vai
in
Prigione”, apparve sulla parete.
Aiba
lanciò nuovamente il dado, chiudendo gli occhi. Luna
trattenne il
fiato. Se anche Aiba fosse finito in prigione, chi mai avrebbe potuto
liberare Neville?
La
ragazza maledisse la sua curiosità: per quanto l'idea di un
gioco
“dal vivo” l'avesse inizialmente allettata, aveva
scoperto a sue
spese che la cosa poteva anche diventare molto pericolosa.
Era
diverso dall'affrontare dei Mangiamorte: loro, perlomeno, avevano un
obiettivo da perseguire, e se non fossero stati fermati il loro mondo
sarebbe cambiato in peggio. Non era ben chiaro, invece, come mai quel
gioco li avesse richiamati: come mai esisteva una stanza del genere
ad Hogwarts? Come ci erano arrivati quei ragazzi? Ma soprattutto, dal
momento in cui si supponeva che loro due e quei ragazzi fossero
alleati, contro chi stavano giocando realmente? Non riusciva nemmeno
ad immaginarselo... i Nargilli non erano tanto diabolici, no?
Il
dado cadde, e Aiba riaprì gli occhi. Quattro.
Luna
riprese a respirare normalmente. Non era sei, ma era sempre
più di
tre.
Aiba
rimase fermo in quella casella, e Sho andò a prendere il
dado.
*
Ohno
si stava ancora chiedendo cosa ci facessero in quel posto. Erano in
studio per girare il nuovo video, quando all'improvviso si erano
spente le luci, e tutto lo staff si era volatilizzato. E poi, eccoli
lì, in quella specie di gioco reale simile a quello del
video,
assieme a quei due sconosciuti che Jun-kun sembrava conoscere tanto
bene.
Sapeva
di dover essere un minimo ottimista, ma considerando tutta la
situazione proprio non ci riusciva.
Prima
di tutto, quella era una versione dal vivo di una variante abbastanza
strana del gioco dell'oca... e non una di quelle in cui bisognava
impressionare gli altri ballando il ballo del qua qua. Seconda cosa,
loro erano praticamente impotenti davanti a quel gioco; certo, quel
Neville aveva fatto esplodere gli scheletri, ma era abbastanza ovvio
che il ragazzo non avesse delle capacità normali... e
comunque, lui
era finito in prigione. Anche la ragazza sembrava speciale... a
giudicare dagli accessori che indossava, sembrava una di quelle
ragazze che a volte vedeva a Tokyo, solo che era biondissima e senza
trucco. Sarebbe stata in grado di difenderli tutti quanti? Questo non
lo sapeva, e in ogni caso anche se avesse potuto farlo sarebbe finita
anche lei in prigione.
Guardò
Nino, che assieme a Jun era qualche casella più avanti.
Sembrava
ancora arrabbiato per il fatto di essere piombato lì senza
alcuna
spiegazione. Se gli fosse successo qualcosa, come avrebbe fatto senza
di lui? E anche tutti gli altri, come avrebbe fatto senza anche uno
solo di loro?
Sho
aveva lanciato il dado. Due.
Casella
Carta.
“Siete
entrati nel giardino della Strega senza il suo permesso, e lei ha
deciso di tenere uno di voi come prigioniero! Lanciate il dado, chi
farà il numero maggiore resterà qui, mentre
l'altro sarà libero di
scappare al prossimo turno”.
Sho
tirò il dado. Uno.
Beh,
credo che sia un po' difficile fare di meno, pensò
Ohno,
rassegnato. Qualche catena non sarebbe stata di certo una tragedia,
alla fine.
Lanciò
il dado, e ottenne un quattro. La scritta sulla parete
cambiò.
“Mentre
sei nella dimora della Strega, il suo serpente domestico ha deciso di
giocare con te... stai attento, potrebbe essere velenoso!” .
Mentre
la frase svaniva, Ohno notò una creatura uscire fuori dalla
casella.
Sho, istintivamente, fece un salto per evitarla; lui, invece, fu
costretto a restare fermo.
Si
trattava di un serpente verde e molto lungo: subito l'animale si
avvinghiò alle sue caviglie, avvolgendole in una spira. Si
aspettò
che il serpente continuasse ad avvinghiarsi attorno a lui,
concedendogli perlomeno una morte veloce, ma non fu così: il
serpente si fermò. Il ragazzo si sentì
sollevato... forse c'era per
lui una speranza di salvezza?
Provò
a muovere una gamba, e si rese conto che il serpente non si era
stretto a lui più di tanto.
-
Oh-chan, tutto bene? - urlò Nino. Sembrava preoccupatissimo.
-
Sto bene, Nino-chan, nulla di... ahi!
Aveva
parlato troppo presto. Un bruciore acuto gli invase i polpacci, e poi
cadde in avanti, sulle ginocchia, le gambe incapaci di tenerlo in
piedi.
*
-
Non hai letto la carta? Il serpente è velenoso!
Di
nuovo quella dannatissima voce.
-
Che cosa gli hai fatto? - urlò Nino, fuori di sé.
Che
fossero finiti in quel posto assurdo poteva anche andargli bene; che
qualcuno osasse toccargli Oh-chan assolutamente no.
-
Oh, nulla... nulla di irreversibile - rispose la voce.
-
E allora cosa aspetti a scacciare quel maledetto serpente? -
urlò il
ragazzo.
-
Non è ovvio? Qualcuno dovrà aiutarlo...
e quel qualcuno potresti
essere proprio tu, Kazunari!
-
Taglia corto, e dimmi cosa devo fare - disse Nino.
-
Il tuo compito è semplice... dovrai soltanto recuperare un
coltello
e dell'antidoto al veleno, poi potrai liberare il tuo amico, ma stai
attento... più passi farai, e più il serpente si
avvinghierà a
Satoshi, e il veleno si diffonderà sempre più
velocemente! Ti
dovrai muovere... prima che sia troppo tardi!
-
Oh, dannazione! Dannazione, dannazione, dannazione! Non l'avrai mai
vinta contro di me! - urlò Nino. Fu improvvisamente
più cosciente
dell'orologio che, dietro di lui, ticchettava. Corse a prendere il
dado. Mentre stava ritornando alla sua casella, sentì un
gemito. Il
serpente era salito di mezza spira attorno ad Ohno.
Devo
stare più fermo possibile. Calma.
Lanciò
il dado. Sei.
-
Casella Biscotto - disse Jun.
-
Io non ho nessuna voglia di diventare blu! - esclamò Nino,
stizzito.
-
Nemmeno io, sarebbe piuttosto inutile - rispose Jun.
Nino
annuì. Per fortuna diventare blu non sarebbe stato
d'ostacolo per
loro. Doveva pensare solo a salvare Oh-chan. Poteva anche restare
soltanto un suo amico, ma anche da tale lui non avrebbe mai permesso
ad uno stupidissimo gioco di portarglielo via, mai. Avrebbe fatto di
tutto perché lui uscisse vivo, qualsiasi cosa.
Scelse
uno dei biscotti, e lo divise con Jun.
Sapeva
di cioccolato, esattamente come un comune biscotto.
Non
può farci nulla di male, no?
L'attimo
dopo si resero conto che il tavolino da cui avevano preso il biscotto
era diventato più alto. Si guardò intorno, e
notò che anche gli
altri sembravano essere diventati più grandi... o forse era
il
contrario?
-
Siete più piccoli! - disse Luna.
Sì,
era il contrario. La casella in cui si trovavano parve diventare
enorme.
-
No, no, no, no! - urlò Nino.
-
Cosa c'è? - domandò Jun.
Nino
pensò di essere finito in coppia con un cretino.
-
Non è ovvio? Siamo più piccoli, ciò
vuol dire che ci vorranno più
passi per andare avanti! E più passi significa che le
possibilità
di salvare Oh-chan si riducono!
Come
poteva essere così stupido?
-
Facci tornare subito come prima! - urlò Nino, rivolto alla
misteriosa voce. Poteva quasi sentirla, quella creatura maledetta,
stava sicuramente sghignazzando da qualche parte, mentre osservava il
suo Oh-chan soffrire, e sicuramente godeva nel vedere lui
così
disperato.
La
voce non rispose.
-
Nino-kun, ce la farai! - gli urlò Aiba. Lui, che
inizialmente
sembrava avere paura anche della sua stessa ombra, lo stava
rassicurando.
Sospirò.
Probabilmente arrabbiarsi non sarebbe servito a nulla.
Il
turno passò a Luna. La ragazza, con passo leggero,
andò a prendere
il dado, e lo lanciò.
Nino
si domandò come la ragazza potesse essere così
tranquilla. Era
praticamente appena stata attaccata da un esercito di scheletri,
porca miseria!
-
Oh, devo prendere una carta! - disse la ragazza, una volta arrivata
nella sua casella.
“Verità
o punizione: dovrai rispondere ad una semplice domanda... mi
raccomando, però, rispondi sinceramente... altrimenti
potresti
pentirtene!”
-
Va bene... vediamo la domanda, allora! - disse Luna.
La
scritta cambiò. “Che odori senti
annusando l'Amortentia?”
-
Hmm... vediamo un po'....
Se
la faccenda dei passi non l'avesse bloccato, sarebbe andato a
strozzarla. E comunque, cosa diavolo era un'Amortentia?
-
Tè ai Plimpi Ghiottoni, profumo di Geranio Zannuto e...
Puzzalinfa -
disse la ragazza.
-
Oh, basta con queste scempiaggini! - urlò Nino. -
Cos'è la
Puzzalinfa? Cos'è l'Amortentia? Oh, vabbè, alla
fine chi se ne
frega! Qui c'è un ragazzo che sta per morire, non abbiamo
tempo per
le cretinate tue e di questo gioco idiota!
Jun
lo prese per le spalle, e lo guardò in faccia. - Calmati,
Nino,
calmati. Lei non ha fatto nulla di male, non è per colpa sua
che
Ohno-kun è in quelle condizioni, quindi non sfogarti su di
lei!
Siamo tutti preoccupati per lui, ma vedi, nessuno sta dando di matto
come te! Non serve a niente perdere la calma!
Nino
scostò Jun con rabbia. - Tu non capisci! - urlò.
- Voi non capite
cosa lui... significhi, per me.
Jun
si bloccò, e rimase in silenzio per qualche secondo. - Ti
capisco,
invece - aggiunse poi.
Nino
sperò che Jun avesse capito davvero che cosa intendesse
dire.
Sarebbe stato meglio così, che lui e gli altri capissero
senza che
lui dicesse apertamente niente... il rapporto tra di loro era
così
bello, aveva paura di rovinare tutto....
Si
guardò intorno. Vide Aiba-chan che lo guardava con
espressione
triste, vide Sho-kun che, lo sguardo pieno di ansia, aiutava Oh-chan
a sdraiarsi per terra, vide Luna guardarlo triste, come se volesse
scusarsi. Tutti loro, dal primo all'ultimo, erano assieme a lui, e
capì di non essere solo.
Respirò
profondamente, ricordando a sé stesso che senza restare
calmi non si
sarebbe arrivati da nessuna parte, e guardò Aiba andare a
prendere
il dado.
*
A
Neville sembrava di trovarsi in quella prigione da ore, quando invece
era lì solo da un turno. Non era accaduto nulla a Luna, ma
sembrava
che uno dei ragazzi fosse in condizioni critiche. Voleva
assolutamente vedere com'era la situazione. Sperò che Aiba
si
muovesse, con quel sei.
-
Neville-san, Neville-san, puoi uscire! - esclamò Aiba.
Neville
si sentì sollevare, come se una mano invisibile l'avesse
afferrato
per il maglione. Gli sembrò di attraversare qualcosa di
viscoso, poi
i suoi piedi tornarono a toccare terreno solido.
-
Stai bene? - domandò Luna.
-
Tutto a posto - disse Neville, inquadrando la situazione del gioco.
Poco lontano da lui e Aiba stavano Sho e Ohno, e Neville
notò il
serpente che lo avvinghiava. Più in là Nino,
accanto a Jun,
sembrava sull'orlo di una crisi. I due erano più piccoli
almeno
della metà di come erano prima. Luna era dietro di loro, e
se solo
Neville si fosse potuto muovere sarebbe corso ad abbracciarla.
Osservò
la casella in cui era finito. Non sembrava nulla di particolare. In
un certo senso questo era una fortuna, perché si era reso
conto che
nel gioco c'erano cose molto più pericolose di una semplice
prigione.
-
Grazie, Aiba - disse Neville. Il ragazzo sembrava piuttosto provato.
Il
turno passò a Sho, che sembrava molto riluttante a lasciare
Ohno da
solo in balia del serpente.
-
Per la miseria, muoviti! - disse Nino, impaziente.
Il
ragazzo andò avanti.
-
Oh, no... biscotto - disse Sho, vedendo la casella.
Prese
uno dei biscotti e, dopo averlo guardato con sospetto, lo
addentò.
In
un primo momento non successe nulla, poi il ragazzo si portò
le mani
alle tempie.
-
La mia testa... sta per scoppiare! - urlò Sho.
-
Non ci deve nemmeno provare! - esclamò Jun, con rabbia.
Sembrava
quasi che Sho stesse per svenire, ma in qualche modo il ragazzo si
mantenne in piedi.
-
Resisti, Sho-kun! - esclamò Aiba.
Sho
borbottò qualcosa, ma subito il turno passò a
Nino e Jun.
Lo
sguardo di Nino era risoluto, e non si staccava da Ohno. Sembrava
pronto a far fuori quel serpente a mani nude.
A
causa della statura ridotta, Jun poté soltanto dare un
calcio al
dado.
La
casella in cui finirono era l'unica del tabellone ad essere
completamente nera.
“Segreta
della Disperazione: uno di voi finirà nella Segreta della
Disperazione! Entrarci è semplice, ma sarà
possibile uscirne?”
-
Nino-kun, tu devi riuscire a salvare Ohno-kun. Andrò io
nella
segreta - disse Jun con decisione, e poi scomparve.
*
Subito
dopo, il buio e il freddo. Insomma, era una segreta, non poteva
pretendere la luce e il tepore di un caminetto. Non era esatto dire
che non ci fosse luce: una piccola sfera luminosa si stava dirigendo
verso di lui. Jun non si spaventò: per quel giorno aveva
visto cose
peggiori e ben più strane.
La
sfera si scontrò addosso a lui, provocando un'incredibile
esplosione
di luce.
Improvvisamente
non ebbe più freddo. Dopo l'esplosione l'atmosfera era
cambiata: non
era più in una segreta, bensì in un parco; era
primavera, e i
ciliegi stavano fiorendo. Sotto uno di essi c'erano due figure, e Jun
si avvicinò per osservarle meglio.
C'era
Sho-kun, ed era assieme ad una ragazza.
-
I ciliegi sono davvero belli - disse la ragazza.
-
è vero. Ma non saranno mai belli come te, Minami-chan -
rispose Sho,
e poi si abbassò per baciare la ragazza.
Jun
sentì il suo cuore rompersi in mille pezzetti.
Sho-kun
e Minami-chan, come se si sentissero osservati, si
voltarono
verso di lui.
-
Chi è quello? - domandò la ragazza.
-
Ah, lui. Eravamo amici, poi lui mi ha detto di essersi innamorato di
me. Ma ti sembra normale? - rispose Sho, ridendo.
Jun
si sentì sprofondare. Sapeva che quello era solo un prodotto
della
sua mente, ma non per questo era meno doloroso.
Rispecchiava
esattamente tutto quello che sentiva: non aveva mai parlato a Sho-kun
dei suoi sentimenti perché aveva paura che lui lo prendesse
in giro.
La
scena cambiò. Era tornato nel gioco.
La
prima cosa che sentì furono le urla di Nino-kun. Erano
qualcosa che
lui non aveva mai sentito, qualcosa di così pieno di dolore
da
essere disumano. Poco più in là giaceva Ohno-kun,
ormai
completamente stritolato dal serpente, che si apprestava a divorarlo.
Accanto a lui Sho-kun, per terra, immobile e con le mani ancora sulle
tempie. Jun non volle nemmeno immaginare cosa potesse essergli
successo.
La
scena cambiò di nuovo. Il freddo e il buio gli fecero capire
che era
tornato nella segreta. Riusciva a vedere almeno un pochino al di
là
del suo naso: notò che, invece delle pareti, c'erano delle
cose che
assomigliavano a degli schermi.
Doveva
assolutamente sedersi, aveva bisogno di riprendere un po' il fiato.
Non
appena mosse un passo, gli schermi si illuminarono fiocamente, e Jun
sentì qualcosa salirgli sulla gamba. Abbassò lo
sguardo, e
sobbalzò.
Blatte.
Rabbrividì,
e scosse la gamba con forza per mandar via quelle bestiacce.
Normalmente alla sola vista di uno di quegli animali avrebbe
attraversato mezza Tokyo di corsa, ma in quel momento, per ovvie
ragioni, non avrebbe potuto farlo.
Gli
insetti sembrarono sparire, e Jun controllò più
volte prima di
sedersi per terra.
Gli
schermi si illuminarono di più. Erano dappertutto: davanti,
dietro,
sopra di lui, e qualche secondo dopo si animarono.
Jun
rivide Sho-kun e la ragazza, rivide lui e Ohno-kun nel gioco, morti,
e sullo schermo venne proiettato un video sui coleotteri, con tanto
di riprese ravvicinate. Poi tutto ricominciò daccapo, e Jun
non poté
far altro che continuare a guardare tutte quelle cose orribili.
Doveva
assolutamente uscire, ma come? Di quello non ne aveva la più
pallida
idea.
*
Non
soltanto Oh-chan si trovava in pericolo, ora era rimasto pure da
solo! Se non fosse successo altro, il turno successivo sarebbe dovuto
andare lui a lanciare quel dannatissimo dado, ed essendo ancora una
specie di nano il numero dei passi necessari sarebbe come minimo
raddoppiato!
La
situazione non poteva essere peggiore. Se solo avesse avuto qualcosa
di tagliente... forse avrebbe potuto ingannare il gioco, liberare
Oh-chan, uscire da lì e portarlo in ospedale per farlo
curare... ma
probabilmente proprio in quel momento qualche diavoleria del gioco
gli stava leggendo la mente, rendendo ogni suo tentativo di fuga
vano.
La
verità, anche se non voleva assolutamente accettarla, era
che non
poteva fare altro che aspettare, e sperare di avere fortuna nei turni
successivi; tuttavia era difficile aspettare sapendo che ad ogni
minuto che passava Oh-chan si avvicinava sempre di più alla
morte.
Era
il turno di Luna. Sulla casella in cui era capitata si
materializzò
un tavolino, ma sopra invece dei biscotti c'era una bottiglietta.
“Pozione:
bevi tutto il contenuto della bottiglia. Potrebbe trattarsi di un
antidoto a qualche effetto del gioco, o chissà, magari
può avere un
effetto più... temporaneo” .
Quello
poteva essere un antidoto. E quella ragazzina lo
stava
bevendo.
-
Sembra succo di zucca - disse Luna.
Improvvisamente,
la ragazza cominciò a crescere in altezza. Quando si
fermò,
probabilmente sarebbe stata enorme anche agli occhi di uno di statura
normale, ma per lui, che era diventato più basso, sembrava
una
gigantessa. Inutile dire che avrebbe pagato oro per avere tra le mani
anche solo una goccia di quella roba: così, con un passo un
po'
lungo avrebbe fatto almeno cinque caselle.
-
Nino, sei così piccolo! - disse Luna.
-
Non c'è bisogno che mi prenda in giro! E stai attenta con
quei
piedi! - esclamò Nino.
Quella
ragazza poteva anche avere tutte le fortune del mondo, ma non doveva
permettersi di farsi beffe di lui!
Neville
andò a lanciare il dado.
Nino
vide Aiba impallidire non appena lesse la scritta sulla casella.
Castello dell'Oscurità.
-
E ora... c-come facciamo? - chiese Aiba, impaurito.
-
Non lo so - rispose Neville, mentre gli scheletri piovevano dal
soffitto, e le spade si materializzarono nelle loro mani.
Nino
ebbe davvero paura per l'amico. Sapeva che Aiba non era un cuor di
leone, e si aspettava di vederlo rimanere pietrificato dal terrore
mentre gli scheletri gli si avvicinavano.
Invece,
rimase piuttosto sorpreso.
Come
pervaso da una forza misteriosa, Aiba lanciò un urlo
disperato, e
levò la spada contro i suoi aggressori. Notando che il suo
fendente
aveva inflitto danni, cominciò a sferrare colpi a destra e a
manca,
un po' alla cieca.
Forse
avrebbe dovuto affinare un po' la tecnica, ma
considerato
anche il contributo di Neville non si poteva dire che non fosse
efficace, e gli scheletri furono presto spazzati via.
-
Bel colpo, Aiba - disse Neville, posando una mano sulla spalla del
ragazzo.
-
G-grazie - rispose Aiba, incredulo.
A
Sho, durante il suo turno, toccò bere la pozione.
Evidentemente si
trattava di un antidoto al biscotto, perché il mal di testa
che
l'aveva colpito nel turno precedente era sparito così come
era
arrivato.
Era
tornato il suo turno. Nino sperò in un colpo di fortuna, in
qualcosa
che lo aiutasse, una volta per tutte, a salvare Oh-chan. Gli avrebbe
svelato tutti i suoi sentimenti non appena lui avesse aperto gli
occhi e l'avesse guardato, al diavolo tutto. Che cosa non gli diceva
che, una volta usciti da quel postaccio, non sarebbe potuto succedere
qualcos'altro? Dopotutto, la magia esisteva, e magari li avrebbe
sorpresi di nuovo con qualcosa di strano, e bastava guardare il
telegiornale per vedere che la gente moriva nei modi più
banali
possibili. Che senso aveva, poi, nascondersi? Per come si era
comportato durante quel gioco, anche un cieco avrebbe capito cosa
provava per Oh-chan.
Si
mosse, facendo passi più lunghi possibili, e
calciò il dado.
Anche
lui, come Luna e Sho, finì in una casella Pozione.
Allungò
il braccio per prendere la bottiglietta, e ne bevve il contenuto. Con
suo grande sollievo ritornò alla sua statura originaria,
mentre
Luna, come giunse il suo turno, smise di sembrare una gigantessa e
tornò ad avere le dimensioni di una ragazzina.
-
Oh, ponte! - fece la ragazza, arrivata nella sua casella di
destinazione. Si rese conto che ormai le caselle che li separavano
dalla fine erano poche.
Cosa
sarebbe successo? Il gioco li avrebbe fatti uscire tranquillamente?
Se non fosse riuscito a trovare un antidoto, Oh-chan si sarebbe
salvato comunque?
Neville
andò a lanciare il dado.
*
“Dokoka
de kimi ga tsumazuki
Kuyashisa
ni taeteru nara Boku
ga kitto sono te wo tsuyoku nigirou Kimi
no naka no mirai dakedo
Kesshite
mi ushinawanai yo Donna
toki demo
Massugi
ni kimi wo boku wa miteru kara....”
“Quando
inciamperai da qualche parte
Se
dovrai sopportare la frustrazione Decisamente,
stringerò forte
quella mano Anche
se il futuro è dentro di te
Non
perderlo mai di vista Perché
sto sempre guardando dritto verso di
te...”
Erano
finiti sulla casella nera.
-
Vado io - disse Aiba. - Tu sei già stato in qualcosa del
genere, e
poi posso fare compagnia a Jun-kun.
“Potete
anche salvarvi, se volete....” apparve
sulla parete, poi per Aiba si fece tutto nero.
Davanti
a lui c'erano degli scalini. Aiba li scese, e subito fu investito da
una ventata di aria gelida.
Se
l'avessi saputo, mi sarei vestito più pesante, pensò.
-
Jun-kun? Dove sei? - urlò, ma nessuno gli rispose.
Una
sfera luminosa si presentò davanti a lui.
-
Oh, luce! - esclamò il ragazzo. - Vuoi aiutarmi a cercare
Jun-kun?
La
luce, però, lo attraversò, e il mondo attorno a
lui cambiò.
Stava
camminando su un marciapiede. Riconosceva la strada come una delle
vie principali di Tokyo, ma stranamente non c'era nessuno, a parte
lui.
Che
cosa triste, pensò
Aiba.
Poi,
qualcuno apparve all'orizzonte.
-
Ohno-kun! - esclamò Aiba.
L'Ohno
di quella strada passò accanto a lui, ignorandolo.
Uno
per volta, anche gli altri passarono per quella strada, ignorando lui
e ignorandosi tra di loro. In quella specie di realtà
parallela, gli
Arashi non esistevano: erano soltanto cinque estranei.
Aiba
si sentì perduto. Quei ragazzi avevano significato tutto per
lui
negli ultimi dodici anni. Erano i suoi fratelli, anche se tra loro
non c'erano legami di sangue, ed erano stati assieme a lui sia nei
momenti migliori che nei momenti peggiori della sua vita, e vederli
così, separati, gli faceva male.
La
scena cambiò. Era in una stanza, e gli altri ragazzi,
proprio
davanti a lui, stavano litigando.
Ricordava
quel momento: avevano iniziato a litigare per qualche motivo stupido,
e la situazione era degenerata un po'. In quell'occasione Aiba aveva
urlato loro di smetterla, e dopo un po' si erano calmati; ma
stavolta, per quanto Aiba stesse urlando, loro non si fermarono.
-
Basta! Io me ne vado! - urlò Sho ad un tratto, poi
uscì dalla
stanza sbattendo la porta.
Aiba
comprese come mai quel luogo fosse chiamato la Segreta
della Disperazione.
La
scena cambiò di nuovo. Era tornato della segreta, solo che
il luogo
era illuminato fiocamente da degli schermi sulle pareti. In un angolo
c'era una figura, seduta tutta rannicchiata.
-
Jun-kun! Sei tu?
La
figura alzò la testa. - Aiba-chan....
-
Jun-kun! Stai bene?
-
No... proprio no....
Aiba
corse verso di lui, e gli si sedette accanto. Come lo fece, sugli
schermi rivide le stesse scene che aveva visto prima, con l'aggiunta
di pezzi di film horror che l'avevano spaventato a morte.
Aiba
osservò Jun. Era pallidissimo, e aveva gli occhi lucidi.
-
Che cosa vedi? - gli chiese Aiba.
-
Sho-kun... Ohno-kun... Sho-kun... - mormorò Jun.
-
Jun-kun, coraggio! Ora troveremo un modo per uscire da qui! -
esclamò
Aiba. Anche lui aveva paura di quel posto, aveva freddo e voleva
tornare a casa, ma se anche lui si lasciava buttare giù
dalle
immagini tristi, come avrebbe potuto aiutare Jun-kun?
L'altro
lo guardò, con tristezza. - Hai in mente qualcosa?
-
No... ma insomma, qualcosa ci inventeremo, no?
Sicuramente
se fosse rimasto lì ancora per un po', a guardare tutte
quelle cose
tristi e terrorizzanti, si sarebbe sentito privo di speranza, ma in
quel momento non si trattava solo di lui: c'era anche Jun-kun ad aver
bisogno di aiuto.
Prese
la mano di Jun, e la strinse forte. Non vedevano in quegli schermi le
stesse cose, ma erano assieme, e Jun-kun doveva assolutamente
capirlo. Doveva fare coraggio a lui, per poter far coraggio anche a
sé stesso.
Era
il momento di pensare al da farsi. Con tutte quelle immagini che gli
scorrevano davanti, però, era difficile concentrarsi. Il suo
metodo
per liberarsi dei cattivi pensieri era uno: chiudere gli occhi e
respirare profondamente.
Si
aspettò di vedere tutto scuro, come normalmente succedeva
chiudendo
gli occhi, ma mano a mano che le brutte immagini sparivano dalla sua
mente qualcosa cambiò. Mentre aveva ancora gli occhi chiusi,
vide
davanti a sé un corridoio con un'apertura alla fine, che
sembrava
riportare alla stanza col tabellone.
Riaprì
gli occhi, e di nuovo si trovò davanti gli schermi.
-
Jun-kun! Jun-kun! Devi chiudere gli occhi! - esclamò Aiba,
eccitato.
-
Come mai? - chiese Jun.
-
Fallo e basta! Chiudi gli occhi e cerca di rilassarti - rispose Aiba.
Jun
obbedì, e Aiba lo vide sorridere. - C'è una porta
- disse.
-
E noi possiamo attraversarla!
I
due ragazzi si alzarono.
-
Prendiamoci per mano, così rimarremo uniti - disse Aiba.
Assieme
chiusero gli occhi, e si diressero verso l'apertura.
Tornarono
nella stanza col tabellone.
-
Ce ne avete messo di tempo! - esclamò Nino. - Stavamo
aspettando
solo voi!
-
E come mai? - domandò Jun.
-
Sho-kun deve rispondere ad una domanda, e a quanto pare il gioco
vuole che ci sia il pubblico al completo.
*
“Itsushika
bokura mo heiki na kao shite
Hitonami
magire iki hisometeta Fuan
na yoru wo
Futari
ikutsu mo akashita Ima
koushite shinjiru mono
Kizami
tsukete...”
“Prima
che lo sapessimo, entrambi avevamo un'espressione calma Trattenendo
il respiro nella confusione di una grande folla Eravamo
stanchi
delle tante notti tormentate Ora
incideremo così le cose in cui
crediamo...”
Sho
fissava attonito la scritta sulla parete.
“Di
quale dei giocatori sei innamorato?”
No,
non era giusto. Non era assolutamente giusto. A parte che stare
lì a
rispondere a domande cretine mentre un suo amico stava morendo lo
stava facendo sentire un totale idiota, poi si trattava di una
domanda personale! Se il diretto interessato ancora non lo sapeva
forse un motivo c'era! E certo: lui, con quell'aria da figo che
poteva far cadere qualsiasi donna ai suoi piedi, come poteva non
avere una ragazza? Era sempre stato molto riservato sulla sua vita
sentimentale, ma insomma, poteva immaginarsela. Figuriamoci se stava
a pensare a lui!
-
E-ecco... scusami, Luna, ma non puoi essere tu... - disse Sho.
-
Oh, figurati - disse Luna.
-
Devi dire la verità, Sho! - disse la
voce.
-
è uno di noi, giusto? - disse Jun. Sembrava decisamente
contrariato.
Ecco,
forse se lo aspettava e una volta che l'avesse saputo si sarebbe
arrabbiato!
-
Io....
-
Sho, dì la verità... o vuoi che gli
succeda qualcosa di molto
brutto?
-
No! Certo che no!
Sentì
un suono, come un battito di mani, e tutti tranne lui caddero a
terra, in preda ad atroci dolori.
-
Vuoi che tutto finisca nella buona o nella cattiva maniera?
-
Falla finire, Sho-kun! Ti prego, falla finire! -
urlò Aiba.
-
Va bene, va bene! Jun-kun! - fece Sho, alla fine.
Il
dolore si fermò per tutti. - Eeeeeeh?! - esclamò
Aiba.
Sho
guardò Jun. Sembrava furioso.
Ecco,
adesso sono morto, e non per colpa del gioco!
Sho
si preparò alla valanga di parole che presto l'avrebbero
investito.
-
Tu... tu! Come hai potuto aspettare così tanto tempo per
dirmelo? -
urlò Jun.
Era
peggio di come Sho si fosse aspettato, mi sa.
-
Avresti potuto dirmelo secoli fa! Invece no! Hai aspettato che
finissimo in questo gioco! Hai aspettato che andassi in quella
maledettissima segreta! Hai aspettato di vedermi quasi morto! E se
tutto questo non fosse successo, per quanto tempo saresti ancora
andato avanti? Mesi? Anni?
Jun
gli si stava avvicinando. Sho chiuse gli occhi, pronto a beccarsi un
pugno o uno schiaffone.
Con
sua grande sorpresa, invece, Jun lo prese per la camicia, e lo
baciò.
-
Ti amo anch'io, razza di idiota - disse Jun, poi ritornò
nella sua
casella.
Sho
si sentì un idiota esattamente come Jun aveva detto. Se solo
avesse
saputo tutto prima....
*
“Dareka
ga kimi wo madowase
Meikyuu
ni mayoi kondemo Boku
ga kitto sono te wo tsuyoku hiku yo Mirai
ni tsudzuku pazuru wo
Hitotsu
zutsu awasete yuku Dare
yori zutto
Kagayaku
kimi wo boku wa shitteru kara...”
“Anche
se qualcuno ti portasse in un labirinto e tu ti perdessi Decisamente,
afferrerò quella mano e tirerò con forza Mettendo
assieme il
puzzle che continua verso il futuro pezzo per pezzo Perché
più
di chiunque altro ho conosciuto il te splendente...”
Nino
aveva appena assistito alla scena tra Sho e Jun, e si sentiva idiota
quanto se non forse anche più di Sho.
Perché,
perché aveva avuto paura? Magari anche Oh-chan lo
ricambiava, e se
lui avesse confessato tutto magari non sarebbero nemmeno stati
lì,
oppure sarebbe stato comunque divorato dalla paura di perderlo, ma
senza provare alcun rimpianto riguardo i suoi sentimenti.
Jun
lanciò il dado.
La
casella in cui erano finiti recava un mosaico che raffigurava un
coltello e un corno, incrociati.
“Coltello
e sangue di unicorno: prendi questi due oggetti, e trova un modo per
usarli!”
Davanti
a loro un pugnale e una fiaschetta fluttuavano a mezz'aria. Nino li
prese.
Un
pugnale. Ottimo per tagliuzzare serpenti.
-
Sangue di unicorno! - esclamò Luna, scioccata.
-
Che c'è? - fece Nino.
-
è un perfetto antidoto, ma per ricavarlo è stata
uccisa una
creatura innocente!
-
Al diavolo gli unicorni! - esclamò Nino, correndo verso Ohno.
Aveva
finalmente trovato quello che cercava. Vedeva il serpente avvolgersi
sempre di più attorno ad Ohno ad ogni passo che faceva, ma
non
importava, perché lui stava per salvarlo....
Nino
si avventò sul serpente. Tagliava dovunque gli fosse
possibile,
ignorando il sangue del serpente che schizzava dappertutto e addosso
a lui, cercando però di non ferire Ohno.
-
Non toccarlo! - esclamò Sho. - Potresti finire avvelenato!
Nino
lo ignorò. Dopo qualche minuto, Ohno era libero. Quello che
Nino
vide, però, fu terribile: in ogni punto di pelle scoperta,
Ohno era
pieno di vesciche sanguinolente. Il suo respiro era quasi
impercettibile.
Oh
no oh no oh no.
Nino
stappò la bottiglietta, tremando.
-
Fermati! Dicono che chiunque beva sangue di unicorno sia destinato
alla dannazione! - disse Luna.
-
Non m'importa! - urlò Nino. L'unica cosa che voleva vedere
era
Oh-chan di nuovo in piedi, sano e sorridente.
Gli
aprì leggermente la bocca, e cercò di fargli
ingurgitare
l'antidoto.
Aspettò
qualche secondo. Vide il petto del ragazzo alzarsi ed abbassarsi
velocemente un paio di volte, per poi fermarsi del tutto.
-
Oh-chan... Oh-chan? - fece Nino, anche se sapeva che chiamarlo non
sarebbe servito a nulla. Gli strinse la mano, ma lui non
restituì la
stretta.
-
Perché... perché... PERCHÉ?
-
urlò Nino. - PERCHÉ
LUI? PERCHÉ
PROPRIO
LUI?
Stava
singhiozzando disperatamente. - Perché non io?
Perché? Lui non ti
ha fatto niente! Perché me l'hai portato via?
Jun
gli si avvicinò, e gli mise un braccio attorno alle spalle.
-
Io lo amavo, Jun-kun... lo amavo e non gliel'ho mai detto - disse
Nino, tra le lacrime.
-
Lo sapevo, Nino-kun... credo che qui ormai l'avessimo capito tutti.
Nino
lo ignorò.
-
Oh-chan... perché mi hai lasciato... perché ci
hai lasciato... -
mormorò Nino.
Come
avrebbe fatto senza di lui? Si sentiva come se gli fosse stata
strappata via una parte di sé.
Sapeva
di essersi comportato da stupido, ma perché doveva essere
Oh-chan a
pagarne le conseguenze? Perché non poteva esserci lui, ora,
al suo
posto? Avrebbe fatto qualsiasi cosa, se non proprio per riaverlo con
sé, anche per essere lui al suo posto....
Sentì,
all'improvviso, qualcosa stringergli la mano. Abbassò lo
sguardo, e
vide che si trattava di Oh-chan. La sua era la stretta di qualcuno
che cercava con tutte le sue forze di restare aggrappato alla vita,
che non aveva alcuna intenzione di morire.
-
Morirei... piuttosto che lasciarti... scemo - mormorò Ohno.
Le
vesciche che aveva stavano pian piano scomparendo.
-
Oh-chan! - esclamò Nino, e Ohno sorrise debolmente.
Per
Nino, quello era il sorriso più bello del mondo. Non appena
Ohno
riuscì a sollevarsi, Nino lo strinse forte a sé e
lo baciò una,
due, tre volte.
-
Ti amo - disse Nino. Stava ancora piangendo.
-
Non sarei mai potuto morire senza dirti che provo la stessa cosa per
te - gli rispose Ohno.
Un
rumore improvviso li interruppe.
-
Mi dispiace interrompere la vostra scenetta, ma qui sta crollando
qualcosa! - urlò Neville, indicando le pareti.
Il
ragazzo aveva ragione: buona parte della città sulla parete
davanti
a loro stava crollando. L'orologio notificava che mancavano soltanto
cinque minuti allo scadere del tempo.
-
Cosa facciamo? - fece Sho, spaventato.
-
Continuiamo a giocare. Non è ancora tutto perduto, il
castello non è
ancora crollato - disse Neville. - Luna, tocca a te.
*
“Moshimo
shiro ka kuro ka
Kimeta
tobira hiraku hi ga kitemo Kumori no nai omoi ga mou kagi wo sono
te ni nigiraseteru yo...”
“Se
arrivasse il giorno in cui dovrai scegliere tra una porta bianca o
una porta nera da aprire
I
tuoi chiari sentimenti ti faranno già avere la chiave tra le
mani...”
Luna
andrò a prendere il dado.
Era
stato bello vedere l'amore che, una volta per tutte, trionfava.
Sperò
soltanto che in quel tempo ridotto riuscissero a vincere quel gioco, e che quei
ragazzi riuscissero a tornare a casa. Le erano sembrati delle persone simpatiche, non le sarebbe dispiaciuto incontrarli di nuovo, magari in
una situazione più tranquilla.
A
dire la verità aveva sperato anche per lei una scena simile
a quelle
a cui aveva appena assistito, ma ciò non era successo, e in
ogni
caso per come le era andata la partita poteva soltanto dirsi
fortunata.
Lanciò
il dado, e finì su una casella piuttosto strana.
C'era
disegnata una catapulta, e nessuna scritta.
Come
da regola, una catapulta si materializzò davanti a lei, ma
non c'era
nulla da lanciare, e in ogni caso non avrebbe saputo contro cosa
lanciare qualcosa.
L'unica
alternativa possibile era che lei fosse il qualcosa
da
lanciare....
La
ragazza si arrampicò sulla catapulta, e si
accomodò su di essa.
Quasi
come se stesse aspettando soltanto lei, la catapulta partì.
Luna
aveva sempre desiderato volare. L'aveva già fatto, ma era
sopra un
Thestral, e non era la stessa cosa, rispetto all'essere libera da
qualsiasi cosa. L'adrenalina le scorreva nelle vene, e la sensazione
di euforia era accentuata dal fatto che la traiettoria del volo la
stava portando dritta dritta verso l'ultima casella.
Quando
atterrò, stava sorridendo. Davanti a lei c'era una chiave
sospesa a
mezz'aria. Allungò una mano per prenderla, ma la
voce la
interruppe.
-
Alt!
Aspetta! Prima di prendere la chiave, ci sono delle cose che devi
sapere.
Luna
si guardò attorno, con aria interrogativa.
-
Devi fare una scelta: puoi prendere la chiave e uscire da sola senza
farti un graffio, oppure potrai far uscire tutti, ma dovrai
affrontarmi.
-
Non ti basta quello che ci hai fatto passare? Non ti basta? -
urlò
Nino, rabbiosamente.
La
voce non rispose.
-
Non è ovvio? - disse Luna, tranquillamente. - Ti
affronterò per far
uscire tutti. Con quella voce, non credo che tu possa essere
pericolosa più di tanto.
Una
luce abbagliante la investì. L'attimo dopo, davanti a lei si
ergeva
una figura enorme.
Era
una ragazzina, ed era vestita interamente di bianco. I suoi capelli
erano neri, e aveva un sorriso angelico. C'era qualcosa di
inquietante in quel sorriso, e la sensazione era accentuata dal fatto
che avesse una consistenza simile a quella di un fantasma.
Come
faccio ad affrontarla? si
chiese Luna, ma subito dopo la luce la inghiottì, e si
sentì
sollevare.
*
Quella
ragazza aveva preso Luna. Quella ragazza aveva preso Luna.
Sembrava
un fantasma, eppure aveva preso Luna e ora la teneva in mano, a
più
di tre metri da terra. Avrebbe potuto farle qualsiasi cosa, e Luna
probabilmente non sarebbe riuscita a difendersi.
Ancora
una volta, era lui a dover entrare in gioco.
-
Impedimenta! - urlò.
L'incantesimo
colpì una gamba della ragazza, ma l'attraversò
senza avere alcun
effetto.
Cosa
diavolo era quella ragazza?
-
Oh, oh, oh. Di nuovo il nostro eroe! Ma
quante volte te lo
devo dire che non devi fare così? Lei ha scelto di
affrontarmi, non
tu! - fece la ragazza, con tono di voce come se stesse
parlando
ad un bambino.
-
Rimettila giù!
-
Perché? Ormai lei è qui...
non posso lasciarla andare! E
poi, l'ha voluto lei, ha scelto di affrontarmi... non sapendo che, in
effetti, potrebbero non esserci modi per sconfiggermi!
Ok.
Potevano anche non esserci modi per
sconfiggerla, ma tanto
valeva tentare. Tanto per cominciare, lei non era esattamente
incorporea come un fantasma... gli incantesimi la attraversavano, ma
aveva potuto prendere Luna. Aveva solo bisogno di un piano....
Decise
di prendere tempo.
-
Chi sei tu, veramente? - urlò.
-
Io? Io mi chiamo Angelica Wright. Studiavo qui ad Hogwarts un
centinaio di anni fa. Ero abbastanza brava negli incantesimi, e amavo
i giochi da tavolo... così tanto che mi hanno chiesto di
crearne uno
come questo, per poter giocare dal vivo! Era un gioco tanto carino,
il mio, e così... innocuo. Stupido, non trovate? - disse,
e poi
fece una risatina. Era inquietante, e Neville rabbrividì.
-
Che cosa c'è di meglio di un po' di rischio, per divertirsi?
Comunque. Avevo quasi finito di creare il gioco, quand'ecco che gli
scheletri di gomma che avrebbero dovuto assalirmi sono diventati
qualcosa di diverso... ecco, qualcosa di molto simile a quelli che
avete dovuto affrontare voi. Dopo qualche secondo credetti di essere
morta, ma non fu esattamente così... il gioco era stato
creato da
me, e anche se aveva continuato a svilupparsi da solo, dentro c'era
sempre la mia anima, e ad un certo punto mi resi conto che potevo
comunque controllarlo!
Sembrava
molto divertita.
-
Il momento propizio per avere dei giocatori, poi, è arrivato
quando
questi simpatici ragazzi hanno deciso, inconsapevolmente, di rubarmi
l'idea... ragazzi, non si fa! Nemmeno sul nome siete stati originali!
Quanto a te e alla tua amica, beh, siete semplicemente stati i primi
a trovare la scala per questa stanza, e i primi ad arrivarci...
dovreste considerarvi onorati!
A
Neville venne in mente un modo per sconfiggere Angelica. Sarebbe
stata un'azione rischiosa, e se tutto non fosse andato per il meglio
probabilmente sarebbero morti, ma, in ogni caso, cos'altro li avrebbe
attesi altrimenti?
-
Onorato di trovarmi nel tuo gioco? Mai! - urlò, poi corse
indietro,
verso una casella in particolare.
-
Ragazzi, venite qui!
Gli
dispiaceva chiedere il loro aiuto, dato che li stava esponendo ad un
pericolo abbastanza grande, ma era necessario.
Si
fermò su una casella “Castello
dell'Oscurità”, e anche
gli altri lo seguirono. Gli scheletri arrivarono, e le spade si
materializzarono nelle loro mani.
-
Combattete! - urlò ai ragazzi, poi corse di nuovo verso
Angelica.
-
Lasciala andare! - urlò, la spada levata.
-
Ah, ah, ah. E perché mai dovrei?
-
Perché... lei... è... la... ragazza... che...
AMO! - urlò, poi si
lanciò contro le gambe di Angelica.
Non
appena la spada toccò la ragazza, vi fu una terribile
esplosione di
luce. Neville vide Luna cadere, e corse in avanti cercando di
prenderla. La ragazza finì al sicuro tra le sue braccia.
Stringeva
una chiave in una mano.
Neville
vide la spada sparire dalla sua mano, sentì le esclamazioni
vittoriose degli altri, ed emise un sospiro di sollievo. Ce l'avevano
fatta.
Subito
dopo, però, sentirono una forte scossa muovere il terreno.
Era
ovvio, no? Aveva eliminato l'essenza del gioco, e ora il gioco si
stava autodistruggendo.
-
Correte! - esclamò Luna, avviandosi verso il castello.
Mentre
tutto attorno a loro crollava, la ragazza mise la chiave nella toppa,
e girò. Tutti quanti si lanciarono verso l'uscita,
più velocemente
che poterono.
Neville
e Luna si ritrovarono dall'altra parte della stessa porta da cui
erano entrati. Jun, Sho, Ohno, Nino e Aiba, invece, erano scomparsi.
-
Peccato, li avrei voluti salutare - disse Neville.
Luna
era ferma accanto a lui, e lo stava osservando.
-
Era vero, quello che hai detto prima? Sono io la ragazza che ami?
Neville
non pensava che l'avesse nemmeno sentito.
-
Ecco... sì - disse. - Sì, è
così - aggiunse, con maggior
sicurezza.
-
Perché sai, non pensavo che sarebbe potuto essere lo stesso
per te -
disse la ragazza sorridendo, e poi lo baciò leggermente
sulle
labbra.
Dopotutto,
il lieto fine era arrivato anche per loro....
*
Erano
ritornati nello studio.
Ancora
non poteva crederci: era tutto vero. Certo, in nessuno dei libri
c'era mai stato scritto che esisteva una stanza con un gioco da
tavolo potenzialmente letale, ma insomma, erano stati ad Hogwarts!
Quel luogo esisteva! La magia esisteva!
Avevano
rischiato grosso, ma quante volte, nei periodi difficili della sua
vita, aveva detto che avrebbe voluto mollare tutto e andare a
combattere Voldemort? Ora aveva avuto un piccolo assaggio di quello
che significava, ed avendo avuto la fortuna di essere ancora vivo
assieme agli altri poteva definire la sua esperienza
“fantastica”,
ma forse avrebbe preferito continuare la sua vita di idol super
impegnato.
E
poi, se esisteva Hogwarts, e se esistevano Neville e Luna, allora
molto probabilmente esisteva anche Voldemort. Augurò
mentalmente
buona fortuna a Harry, Ron e Hermione, anche se sapeva benissimo come
tutto sarebbe andato a finire.
-
A cosa pensi? - gli chiese Sho.
Cavoli,
se era felice di averlo accanto a sé.
Non
riuscì più a trattenere il suo entusiasmo. -
Penso che... ragazzi,
la magia esiste! Siamo solo dei Babbani, noi, ma la magia esiste!
Hogwarts esiste! Neville-san e Luna-san esistono, e probabilmente ora
si staranno confessando a vicenda il loro amore! Non è
incredibile?
-
Questa magia continua a non convincermi - disse Nino. - Dopotutto,
stava per portarci via Oh-chan!
-
Per fortuna che siamo usciti da quel postaccio - disse Aiba.
-
Ragazzi, possiamo promettere una cosa? - disse Ohno, mettendo una
mano al centro del loro cerchio. - Promettiamo di non avere mai
più
idee del genere per i nostri video, non si sa mai?
-
Promesso! - fecero gli altri, mettendo le loro mani sopra quella di
Ohno.
* - Cosa? Ci sono Luna-san e Neville-san!
Questa è Hogwarts! Che fortuna... Professor Silente, ci
aiuti per favore! ** - Zitto, Jun-kun! Voi chi siete? ***
- Nino-kun, lui è Neville-san, e lei è Luna-san.
Non hai letto Harry Potter?
|