I'm in love with this hurricane.

di annalisaechelon
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BIRTH

Quando mi accorsi che aveva fermato la macchina, mi strofinai gli occhi, provando ad aprirli.  Alzando un po’ la testa, scrutai le sagome fuori dal finestrino, adocchiando meglio la villa in cui Jared mi stava portando. Nonostante la città fosse buia e vittima della violenza dell’uragano, quella casa brillava di luce propria. Intonacata di un bianco lucido, era situata lontano dalle strade trafficate e piene di caos.  Vidi lui gettarmi un’occhiata veloce, facendomi segno di ricoprimi col cappotto. Lo vidi scendere dalla macchina, bagnandosi ancora, per prendere un ombrello dal portabagagli. Mi aprì la porta, riparandomi la testa con l’ombrello, strinse forte le mie braccia e come una guardia del corpo, mi scrutò fino all’entrata. Prese le chiavi e aprì velocemente la porta, scappando dal freddo. Mi fece entrare  ed io, senza nemmeno osservare la casa, mi andai a gettare sul divano. Da lontano Jared si fece scappare una risata. Aveva riso troppo per i miei gusti e non esitai a farglielo presente.
- La smetti di ridere?! – il mio tono era leggermente irritato.
- Benvenuta in casa mia.. – fece finta di niente, aprendo un altro discorso.
Stavolta fui io a ridere, non riuscivo ancora a definire la sua personalità. Era così ambiguo ma nella sua stranezza, riusciva a farmi distrarre, seppure dentro di me stava avendo luogo una guerra tra plotoni. Ripensai, volontariamente, alla mia vita che cadeva a pezzi, al mio cuore che lentamente si sgretolava, sembrava quasi che io non fossi mai stata viva, che fossi sempre stata esanime e che solo in quel momento, riuscivo a trovare la forza per ricominciare. O almeno questo era quello che credevo, essendo la rinascita, l’unica soluzione. Mi guardai attorno spaesata, finì per stendermi completamente sul divano, indifferente a tutto ciò che mi circondava. Disprezzo, questo era quello che provavo, non nei confronti di qualcuno in particolare, ma verso la vita. Non ne avevo più voglia. Jared mi stava preparando un thè, ne sentivo il profumo riscaldare l’aria e tutte quelle attenzioni da parte sua non riuscivo a spiegarmele.
Che diamine gli passava per la testa?
Non lo sapevo, ma non sapevo nemmeno quali fossero i miei pensieri, tant’è che mi alzai dal divano e mi avvicinai a lui. Mi feci versare il thè in una tazza alta e bianca, sedendomi a tavola. Jared mi si sedette di fianco e con le braccia conserte, poggiate sul ripiano, osservava ogni mio movimento.
- Ma che c’hai? – ripresi il discorso.
- Che c’ho?! – assunse un’espressione interrogativa.
- Sei strano, fin troppo.. –  dichiarai io.
- Eh, sono io, prendimi così, se vuoi! – si fece scappare una risata – Allora, me lo dici che ci facevi in mezzo alla strada, sotto la tempesta, distrutta dalle lacrime? – riprovò ad ottenere quell’informazione.
- Jared, è passato ormai, l’unica cosa che posso dirti è che.. scappavo. – finì io.
- Da cosa? – s’incuriosì.
Mi alzai di scatto dalla sedia, ero stufa di tutte quelle domande. Lo guardai dritto negli occhi, azzurri come il mare. Erano contornati da un volto delicato, reso ispido dalla barbetta incolta. I capelli di un colore forte facevano da contrasto alla delicatezza della sua pelle. La bocca, leggermente sottile, richiamava la mia. Mi avvicinai al suo volto, tirandolo per il mento. Prendendolo per mano, lo feci alzare. Tutta quella sofferenza stava risvegliando in me la voglia di sfogare la mia frustrazione. E dovevo farlo, immediatamente. Tirandogli il felpino, accostai le mie labbra alle sue.
- Amami, stanotte.. – sussurrai.
Rimase in silenzio, proprio come volevo facesse. I suoi occhi scrutavano ancora il mio viso, entravano nelle mie pupille avide di liberazione. Ci si rispecchiava, in me. Lasciai scivolare il cappotto di dosso e rimasi in lingerie, mentre l’aiutavo a sfilarsi i vestiti. Sfioravo ogni più piccola parte del suo corpo, baciandogli piano il bacino. Gli bloccai il volto per fissarlo dritto in quei fiumi in piena. Lo spinsi verso me e lo baciai, prima piano, poi strappandogli l’amore di bocca. Mi stringeva la vita, gli stringevo la schiena. Mi accarezzava, lo graffiavo. Gli lambivo le guance, mi rapiva l’anima. Io non lo conoscevo, come lui non conosceva me. Finimmo per trovarci sul letto, continuando ad amarci, per quella sera. Entrò dentro di me, rubando il mio cuore. Lentamente, dolcemente, delicatamente. Si unì con me, mi unì con lui. Divenimmo una sola cosa, per quella sera.
Nessuno dei due avrebbe mai immaginato che quella sera sarebbe durata per sempre.
Quell’uragano mi aveva salvato. 


 





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