Più di un anno dopo avere scritto questa storia, pubblico
ora la sua "versione finale", completa di "Maybe stories are just
stories" e ampliata ulteriormente per un totale di 18 pagine di Word.
Spero che anche chi l'ha già letta voglia darle nuovamente
un'occhiata perché credo che questa versione, corretta di
errori e stilisticamente migliorata, sia decisamente migliore
dell'altra. Grazie!
Sulle
note di Cat Stevens
- Muovitimuovitimuovitimuoviti!
Marco sbuffò e diede una
spinta a Manuel, che saltellava
nervoso sulla soglia del suo appartamento da dieci minuti, pregandolo
di fare
in fretta. Fare in fretta? Aveva appena composto un brano, lo stava
arrangiando
al computer e il suo amico gli chiedeva di fare
in fretta? Forse si era dimenticato chi avesse davanti.
Fortunatamente,
Manuel aveva bussato insistentemente alla sua porta quando ormai il
lavoro era
quasi finito, per cui non aveva dovuto sopportare la sua presenza
snervante per
molto: era come un fratello per lui, ma a volte avrebbe voluto solo
lasciarlo
nelle grinfie di qualche Sith.
Infilò la giacca e
uscì da casa, seguito dal fedele Manuel
che non smetteva di elencare i pregi della ragazza che stava per
presentargli.
- Non so come fai a essere
così tranquillo, - esclamò,
parlando a raffica, mentre il suo volto si faceva paonazzo come tutte
le volte
che l’euforia si impossessava di lui. – Abbiamo
trovato una cantante! Ha una
voce straordinaria, molto meglio di quella cretina di… Come
si chiamava?
- Non fare il finto tonto, ti sei
anche portato a letto
Martina.
Manuel rivolse a Marco un sorriso
leggermente imbarazzato. –
Beh, questo non significa che fosse una brava cantante.
- Certo che no, ma rafforza il
“cretina”.
- Vedrai, Aurora è
fantastica: persino Ettore non riesce a
toglierle gli occhi di dosso!
Marco si bloccò prima di
aprire la portiera dell’auto. –
Ettore? – chiese, sarcastico. – Stiamo parlando
della stessa persona?
- Sì,
quell’Ettore che dopo Simona ha detto di aver chiuso
con le donne.
- Quanto è durata?
Manuel si strinse nelle spalle.
– Ad ogni modo, credo voglia
fare sul serio, non se l’è ancora portata a letto
e lei è già letteralmente
caduta ai suoi piedi.
- Non credo sia una buona idea
prenderla nel gruppo, allora,
- rifletté Marco, passandosi una mano tra i corti capelli
neri. – Quando Ettore
e Simona hanno rotto, la passione per la musica li ha fatti continuare
a
suonare insieme, ma chi assicura
che
sarebbe lo stesso anche con questa Aurora?
- Non dai a Ettore il tempo di fare
il primo passo e già li
condanni all’infelicità? – rise Manuel
salendo in macchina. – Se la storia
dovesse ripetersi, beh, vorrà dire che per almeno due anni
possiamo rassicurare
Roma con la presenza dei Moonlight Sonada!
Sottolineò le ultime
parole sbattendo accidentalmente il
pugno contro il tettuccio della macchina di Marco, che non
poté fare altro che
chiudere gli occhi scuri e scuotere rassegnato la testa.
♫
- Vado a cercarla, dovrebbe essere
arrivata, - esclamò
Manuel, addentrandosi tra la folla del locale in cui il gruppo avrebbe
dovuto
incontrarsi con la nuova cantante. – Tu aspettami al bancone,
sennò ti perdo.
- Va bene, mammina.
In attesa che Manuel tornasse con la
“favolosa ragazza” da
lui descritta, Marco si appoggiò con i gomiti e la schiena
al bancone, lo
sguardo intento a percorrere la clientela del pub; un gruppo non troppo
malvagio per i suoi gusti – e lui
era una
persona molto esigente – suonava sul palco su cui
anche i Moonlight Sonada
si erano esibiti in passato, prima che Martina li abbandonasse. Forse
Manuel
non era così bravo a letto.
Ordinò una birra,
storcendo la bocca quando il chitarrista
sbagliò un accordo. Mentre beveva, la voce di una delle due
ragazze sedute al
bancone vicino a lui raggiunse le sue orecchie, superando le note della
canzone: aveva sentito una sola parola ed era bastata ad attirare la
sua
attenzione.
- Dico sul serio, Anakin in quella
scena è fantastico!
Dovevi vedere la sua espressione…
- Certo che è stato un
idiota a credere a quel tipo strano,
- commentò la sua amica, visibilmente annoiata dal discorso:
un’eretica.
Si voltò per scoprire chi
fosse la fan di Star Wars e vide,
in parte nascosta
dalla schiena della sua interlocutrice, una ragazza che non doveva
avere più di
venticinque anni – quattro meno di lui –, non molto
alta, con una cascata di
ricci scuri che le ricadevano sulle spalle scoperte.
- Ma lui l’ha fatto per
salvare Padmé, l’amava veramente!
- Va bene, d’accordo, sono
l’amore più fantastico di tutto
l’universo, ma possiamo parlare di altro? Ti prego,
è da quando siamo arrivate
che non fai che nominare quella roba
là…
Marco si sporse tra loro,
avvicinandosi alla sola ragazza
che meritasse la sua attenzione, e finse di sussurrarle, parlando a
voce
abbastanza alta: - Dev’essere un membro della forza nemica.
Non darle ascolto,
giovane Padawan.
Le due amiche sussultarono, sorprese.
Marco rivolse un
sorriso ad entrambe e si presentò.
- Scusatemi, ma quando vi ho sentito
parlare di Star Wars non ho potuto
fare a meno di
intromettermi. Piacere, io mi chiamo Marco.
- Silvia, - disse
“l’eretica”, stringendogli la mano.
L’altra ragazza fissava la
maglietta di Marco, sulla quale
lui aveva fatto stampare un’immagine di Star
Wars.
- Porti Obi-Wan nel cuore, -
osservò.
- Esatto! –
esclamò Marco, lieto che qualcuno avesse notato
quel particolare, il volto dell’uomo in corrispondenza del
petto
Era carina, osservò ora
che riusciva a guardarla meglio. Gli
piaceva il modo in cui, evidentemente imbarazzata, scostava una ciocca
riccia
dietro l’orecchio, gli piacevano i suoi occhi castani,
rilucevano in modo
particolare, e Marco sapeva perché: aveva appena trovato un
appassionato. Sì,
era carina, non gli sarebbe dispiaciuto se fosse diventata la donna
della sua
vita.
Doveva buttarsi, prima che qualunque
altro uomo nel locale
la notasse. Stava per fare un’osservazione su ciò
che lei aveva detto poco
prima su Anakin e Padmé, quando sentì la voce di
Manuel sbucare dal nulla.
- Ma allora l’avevi
trovata! – esclamò il suo amico, offeso.
– Perché non mi hai fatto uno squillo?
- Di cosa…?
- Aurora, che piacere vederti! Questa
splendida rossa è con
te?
Marco sussultò, mentre
anche Ettore e Simona si avvicinavano
a loro. Ettore e Simona. Ma soprattutto Ettore, con il giacchetto di
pelle nera,
le spalle larghe e i lunghi capelli ricci stretti da un elastico.
Aveva perso
in
partenza.
♫
Si erano seduti intorno a un tavolo,
chiacchierando dei più
diversi argomenti per iniziare a conoscersi; incredibilmente, tutte le
passioni
di Aurora coincidevano con quelle di Marco. Oltre a Star
Wars, la cantante amava la fotografia, trovare dappertutto
doppi sensi, passare le serate davanti a un film, commentare le
peggiori
pellicole al cinema, cucinare la pasta di notte. C’era solo
una cosa che ancora
non aveva nominato, ma sarebbero state fin troppe coincidenze.
- Che musica ascolti? –
chiese Simona.
- Mi piacciono molti gruppi inglesi,
- rispose Aurora senza
neanche pensarci su, - ma principalmente adoro Cat Stevens.
Marco scattò e la
guardò, indicandola. – In
the midnight moonlight! – esclamò.
- I’ll
be walking a
long and lonely mile! – completò
prontamente Aurora, indicandolo anche lei.
– Non credevo di trovare altri fan di Cat Stevens!
- È la mia guida
spirituale quasi quanto Obi-Wan! Qual è la
tua preferita?
- Beh, sicuramente Here
comes my baby rientra nelle prime cinque, ma anche Wild world…
Manuel scoppiò a ridere.
– Quando avrete smesso di elencare
la sua discografia completa, possiamo andare? Marco non ti ha ancora
sentita
cantare, quel giorno non c’era: passiamo a casa mia, tanto ho
la stanza
insonorizzata, e se lui ci da l’ok tu sei nel gruppo!
Mentre percorreva, in macchina con
Manuel, la strada tra il
locale e la casa del suo amico, Marco era perso nei propri pensieri.
Aveva
notato gli sguardi famelici che Ettore rivolgeva alla ragazza, sapeva
che
doveva starne fuori: erano amici, non avrebbe avuto senso rischiare un
litigio
per Aurora. Ma se avesse portato con sé il rimpianto di non
averci mai provato?
Come si sarebbe sentito? Aurora sembrava fatta apposta per lui: le
stesse
passioni, le dita sottili, il sorriso che lo lasciava per qualche
momento senza
fiato…
Scosse con forza la testa.
L’aveva appena conosciuta e
quegli occhi, la voce e sì,
anche il
sorriso non erano sufficienti a dargli il coraggio di porsi
volontariamente come
rivale di Ettore. Ne avrebbe davvero avuto il rimpianto? No,
certamente: la
conosceva da nemmeno due ore, per quale assurdo motivo avrebbe dovuto
provare
rimpianto?
Scese dalla macchina e
salì le scale insieme al resto del
gruppo e all’amica di Aurora, seguendo Manuel, che si voltava
quasi ad ogni
scalino per controllare che la nuova cantante non fosse solo un sogno.
Era carina, pensò di nuovo
Marco mentre lei lo precedeva nell’appartamento,
ma non era abbastanza.
Fu solo quando Aurora
intonò le prime note della canzone più
difficile del loro repertorio che Marco, arrendendosi
all’evidenza, alzò lo
sguardo al soffitto: quella era l’unica canzone scritta dal
chitarrista, ma
Martina non era mai riuscita a interpretarla degnamente; pochi secondi
e a
Marco erano bastati per capire che le sue canzoni potevano essere
scritte solo
per la voce di Aurora.
♫
- Hai cantato bene, – si
complimentò Marco mentre riponeva
la chitarra nella custodia.
- Grazie, – rispose Aurora,
sorridendogli.
- Certo, non sei stata sublime come
il sottoscritto, a cui
avresti dovuto dire: “Oh, siete stato
sensazionale”… ma farò finta di niente!
- “Oh, siete
stato”… Come continuava? -. Aurora rise,
lanciando un’occhiata alla chitarra. – Quella
è una Fender, vero?
Marco aggrottò la fronte,
sorpreso. – Conosci le chitarre?
- Mio fratello ne aveva una,
– spiegò Aurora.
- Ah, meno male, è quello
il motivo. Sono sudato, mi sono
infilato la prima cosa che ho trovato… Non ero affatto
preparato per trovarmi
di fronte alla donna della mia vita!
La ragazza sorrise di nuovo,
osservando il chitarrista che
si allontanava, e finalmente tirò un sospiro di sollievo: le
prime prove con il
suo nuovo gruppo era andate meravigliosamente.
Poco lontano da lei, Manuel stava lucidando il suo prezioso basso,
mentre
Simona metteva via i piatti della batteria di Ettore, momentaneamente
impegnato
al telefono.
Già, Ettore.
Sospirò di nuovo, ripensando alla prima volta che
aveva visto il ragazzo cantare in una cover band dei Nirvana; quando
aveva
scoperto che faceva parte anche di un altro gruppo, aveva
immediatamente
pensato che fosse sempre il cantante ed era poi rimasta sorpresa di
scoprire
che suonava la batteria. Aveva una cotta per lui da sette mesi ormai;
un
giorno, recandosi con i suoi amici al locale di Roma in cui si erano
conosciuti
e in cui continuava a volere andare per poterlo rivedere, aveva notato
che
Ettore stava appendendo un volantino fuori dalla porta.
- Cercate
una nuova
cantante per i Moonlight Sonada?
-
Sì, quella che
avevamo ci ha lasciato a piedi per mesi con varie scuse e alla fine ha
deciso
di abbandonarci definitivamente.
Sorrise:
quell’opportunità sembrava essere caduta dal
cielo.
Si era preparata per alcune settimane, lavorando sulla voce tutto il
giorno, e
allo stesso tempo facendo addominali per non affaticarsi troppo, con
l’unico
obiettivo di diventare la nuova cantante dei Moonlight Sonada. Alla
fine la sua
tenacia era stata premiata, il provino era andato benissimo e ora anche
la
prima prova ufficiale con il gruppo era stata un successo.
- Ti aspettiamo mercoledì
alle sette, – le disse Manuel,
interrompendo il fiume dei suoi pensieri.
- Va bene, –
esclamò Aurora, rivolgendo uno sguardo fugace
alla porta, da cui stava rientrando Ettore. Il ragazzo raccolse i
lunghi
capelli ricci in una coda e si avvicinò a Simona per
aiutarla a trasportare i
pezzi della batteria e gli amplificatori.
- Quanti anni hai precisamente?
– le chiese Manuel. – Ettore
ci ha detto che sei sulla ventina…
- Ventiquattro, –
precisò Aurora. – Credo di essere la
più
piccola qui.
- Beh, io ed Marco abbiamo ventinove
anni, Ettore uno di
più, ma Simona, la seconda chitarrista, ne ha venticinque,
non è poi tanto più
grande di te. Comunque non devi preoccuparti per la differenza di
età, guarda
Simona: appena è entrata nella band ha conquistato il cuore
di Ettore! Sono
stati insieme fino a qualche mese fa.
Aurora sussultò.
– Quindi… Ettore e Simona stavano insieme?
-. Guardò meglio i due ragazzi: effettivamente, Simona si
era dimostrata molto
disponibile ad aiutare Ettore con i piatti e aveva anche aggrottato la
fronte,
sospettosa, quando lui era uscito dalla sala prove per rispondere al
telefono.
- Sì, ma poi Ettore si
è stufato di lei, dice che le piace
fin troppo fare l’oca con tutti. Ci ha provato perfino con
me, ma non ha avuto
successo, – scherzò Manuel, chiudendo la custodia
del basso. – Tuttavia, sembra
che ora sia tornata alla carica: vedremo come andrà a
finire! Ti do un
passaggio fino alla stazione?
Aurora annuì, guardando
un’ultima volta Simona poggiare la
mano sulla spalla di Ettore, agitando i lunghi capelli biondi, e ridere
per
qualche battuta che, a giudicare dall’espressione seria del
ragazzo, non c’era
mai stata.
♫
Aurora era ufficialmente nella band
da due mesi.
Aurora era ufficialmente sotto le
mire di Ettore da due
mesi.
Aurora era ufficialmente al centro
dei suoi pensieri da due
mesi.
È
enorme, Marco, ti
stenderebbe con un colpo solo, si ripeteva, cercando di
allontanare
l’immagine della ragazza tra le sue braccia, dei capelli che
gli solleticavano
delicatamente il collo, del respiro che…
No, no, che stava facendo? Doveva
togliersela dalla testa,
doveva mettere a tacere ogni dubbio: Aurora era proprietà
esclusiva di Ettore.
Non ufficialmente, ma lo sarebbe diventata presto. Ecco, se quegli
idioti si
fossero decisi a mettersi insieme lui avrebbe potuto dimenticarla
più
facilmente, e invece Ettore voleva
andarci piano. Ma si era mai sentita assurdità del
genere? Se fosse stato
al suo posto, certo dei sentimenti che anche Aurora provava, non
avrebbe
esitato a spingerla contro il primo muro e a baciarla con passione.
Maledizione,
sono
arrivato perfino a conoscere ogni suo punto debole!
Il cellulare lo avvertì
dell’arrivo di un messaggio e Marco
lo aprì immediatamente, senza nemmeno controllare chi fosse
il mittente, tanto
lo sapeva già: “Hai visto l’ultima
serie, allora? Dai, dai, che muoio dalla
voglia di parlare con te di Luke e Lorelai!”
Sorrise, arrendendosi
all’evidenza: non se la sarebbe tolta
dalla testa facilmente. Rispose ad Aurora e prese la Fender nera,
poggiandola
sulle gambe, per comporre una nuova canzone. Gli era appena venuta
l’ispirazione, non sapeva nemmeno in che modo, o forse stava
cercando di non
ammetterlo.
Il telefono vibrò
nuovamente e Marco ripeté le azioni di
prima: “Ho bisogno di parlarti. Non penso che con Ettore
potrà mai funzionare,
mentre tu… Mi sono resa conto di amarti.”
Marco rimase talmente sorpreso dal
messaggio che la chitarra
gli sfuggì di mano e dovette compiere quasi
un’acrobazia per impedire che si
scontrasse violentemente con il pavimento del salotto. Sentì
arrivare delle
risate soffocate dalla porta e lanciò uno sguardo al
telefono, poi storse il
naso e andò ad aprire: Manuel si stava rotolando a terra,
tenendosi la pancia e
cercando di non farsi sentire.
- Idiota, - si limitò ad
apostrofarlo Marco, richiudendogli
la porta in faccia.
Per tutta risposta, Manuel
lasciò andare la risata. – Ah ah…
Ho sentito un rumore… ah ah… Non dirmi che hai
fatto… ah ah… cadere la tua… ah
ah… amata Fender… ah ah! E dai, su, era uno
scherzo innocente! Aaaaprimi,
Maaaarco, ti pregoooo… Non lasciarmi al freddo, pasticcino
mioooooo…
Manuel avrebbe vinto, sempre e
comunque, per cui Marco
dovette arrendersi a farlo entrare in casa.
- Non dovresti fare…
- Ancora pensi a lei, eh? –
lo interruppe Manuel. – Ti
capisco, è una bella ragazza, e poi sembrate proprio fatti
l’uno per l’altra…
- Piantala e dimmi il motivo per cui
sei qui.
- Oh, ma si tratta proprio di Aurora.
Stasera avremmo dovuto
incontrarci al ristorante cinese, domani ha un impegno importante qui a
Roma,
per cui sarebbe rimasta a dormire da me. Ma mi sono ricordato
un’ora fa che
alle sette ho il treno per Venezia, ho i biglietti per un concerto
comprati da
mesi, - concluse con un’alzata di spalle, - per cui
è tutta tua. Ci vediamo
lunedì!
Marco continuò a fissarlo
mentre si allontanava, talmente
sconvolto da quello che gli aveva appena comunicato da non avere avuto
la
prontezza di obbligare Manuel a cercare un’altra soluzione.
♫
- Mi dispiace, Manuel è
completamente inaffidabile.
Aurora si spostò i capelli
dietro la spalla, afferrando con
l’altra mano un involtino primavera.
- Non preoccuparti, dovevo
aspettarmelo: mi ci sono voluti
solo due mesi per conoscerlo bene!
Lo stesso
tempo che mi
ci è voluto per perdere la testa per te,
pensò Marco, ma preferì spostare
l’argomento sulla montagna di involtini primavera che avevano
ordinato.
- Ed è solo
l’antipasto.
- Certamente! Io devo ancora ordinare
due primi e almeno un
secondo -. Aurora si pulì la bocca con il tovagliolo,
rendendosi conto di
quanto maleducatamente stesse mangiando in presenza di qualcuno che non
fosse
Silvia, la sua migliore amica: il ristorante cinese le faceva perdere
la testa.
– Scusami, devo sembrarti qualcuno che non mangia da
parecchio, e pensare che
solitamente sono abbastanza educata! È il cinese che mi
rende tanto…
Marco, i gomiti poggiati sul tavolo e
le mani chiuse in un
pugno davanti al volto, sorrideva lasciandola parlare: altri si
sarebbero persi
al suono della sua voce – sicuramente
Ettore lo faceva -, ma solo lui ascoltava ogni singola
parola,
registrandola per ripetersela a casa e riflettere su quanto Aurora
fosse la
ragazza giusta per lui.
♫
Aurora stava
dormendo
nel suo letto.
Lui avrebbe passato la notte sul
divano, ma quello era solo
un particolare. Immaginava il suo respiro nella stanza accanto, gli
parve di
cullarsi al suo ritmo, ma in realtà ripensava alla voce con
cui Aurora aveva interpretato
la sua ultima canzone, appena tornati a casa: loro due e una chitarra,
la
famiglia perfetta.
Maledizione, ma come faceva Aurora a
dormire beatamente
trovandosi nello stesso appartamento con lui?!
Cambiò posizione, cercando
di prendere sonno. Quella storia
doveva finire.
♫
- Perché non usciamo
domani?
Aurora distolse lo sguardo dal testo
della nuova canzone per
portarlo su Marco.
– Io e te?
Erano passati poco più di
due mesi da quando era entrata nel
gruppo e Marco era l’unico con cui avesse davvero legato,
passando con lui le
pause durante le prove a parlare di Cat Stevens o George Lucas;
tuttavia, non
si era aspettata una richiesta di appuntamento da parte sua, forse
perché la
sua mente era totalmente concentrata su un’altra persona.
- Ehi, cos’è
questa espressione disgustata? Guarda che sono
un ottimo ragazzo da presentare ai genitori! Ti riporto anche a casa
alle dieci
e senza bacio della buonanotte.
La ragazza arrossì e
lanciò ad Ettore uno sguardo fugace,
quasi colpevole, che Marco intercettò, rabbuiandosi.
- Ma se non puoi…
In quel momento Simona si
avvicinò ad Ettore e cominciò a
fare l’oca come solo a lei riusciva, ma il ragazzo non diede
segno di volerla
allontanare: forse era semplicemente educato, o forse…
Aurora tornò a guardare
Marco e scosse la testa.
- Posso. A che ora ci vediamo domani?
♫
Aurora arrivò con il fiato
corto all’appuntamento con Marco:
si era addormentata nella metropolitana, ritrovandosi
dall’altra parte di Roma;
per quando era riuscita ad arrivare alla fermata concordata, era
passata
mezzora. Marco la vide arrivare e le rivolse un sorriso, alzando una
mano per
farle segno di fare con calma. La aspettava appoggiato con la schiena a
un
palo, l’altra mano nella tasca dei jeans, una camicia
bordeaux a maniche corte
e gli occhiali da sole sul naso: era totalmente diverso da come si
presentava
ogni settimana alle prove.
- Mi dispiace, ho avuto un
contrattempo…
- Le solite scuse: voi ragazze
adorate farci aspettare. Ma
ti è andata male, sono appena arrivato, - scoppiò
a ridere Marco, cominciando a
camminare.
- Ma… Non è
giusto! – si lamentò Aurora, affiancandolo.
– E
io che mi sentivo anche in colpa!
- Hai pur sempre fatto tardi, quindi
ora mi offrirai il
biglietto.
Aurora inarcò le
sopracciglia. – Per cosa?
- Per il cinema, ovvio! Sai cosa
andiamo a vedere?
- Uhm… Non sono usciti
film molto allettanti in questo
periodo.
- Hai colto il punto: in
questo periodo. Ma noi non vedremo un film nuovo,
bensì… -. Si fermò di
fronte all’entrata di un piccolo cinema, indicando con
entrambe le mani la
locandina. – Star Wars: Episodio III!
Gli occhi di Aurora si illuminarono.
– Stai scherzando?
- Andiamo, per me tutto è
possibile, anche far proiettare
film non più in sala. Soprattutto se il cinema proietta solo film
“vecchi”… Su, entriamo!
La spinse nel cinema, facendole
pagare i biglietti di entrambi,
ma comprandole una confezione enorme di pop-corn al cioccolato.
- Non c’è cinema
senza pop-corn, – le spiegò con un sorriso.
La condusse in una piccola sala e si
sistemarono al centro.
Dopo qualche minuto il film iniziò, senza che altri
spettatori si aggiungessero
a loro.
- Cavolo! –
esclamò Marco. – Perché ti ho detto che
qui
fanno solo film non più nelle sale? A questo punto avrei
potuto fingere di
avere prenotato tutto il cinema per noi!
Approfittarono dell’assenza
di altri spettatori per
commentare ad alta voce il film. Marco rise quando ad Aurora spuntarono
le
lacrime nel finale e le passò un braccio attorno alle
spalle, fingendo di
consolarla.
- Era suo fratello! –
esclamò, sfoggiando un’espressione
dispiaciuta.
- Piantala! – lo
sgridò Aurora, ma lui si accorse di essere
riuscito a farle scappare un sorriso.
Al termine dello spettacolo, Marco la
fece salire in
macchina, offrendosi di accompagnarla alla stazione.
- Purtroppo devo salutarti,
– si scusò. – Ho del lavoro
rimasto indietro, me ne sono reso conto solo stamattina, ma non potevo
spostare
l’uscita perché questo sarebbe stato
l’ultimo giorno di proiezione del film…
Spero non ti dispiaccia non godere troppo della mia compagnia. No, non
è vero,
spero che ti dispiaccia! - Accese la radio e subito la voce di Cat
Stevens si
diffuse nell’auto; i due ragazzi si guardarono sorridendo e
cominciarono a
cantare.
- Here's comes my baby, here
she comes now,
and it comes as no surprise to me, with another guy.
Here's comes my baby, here she comes now,
walking with a love, with a love that's all so fine,
never could be mine, no matter how I try.
Dopo venti minuti, Marco
accostò davanti all’entrata della
stazione e sorrise alla ragazza. – Allora dobbiamo salutarci.
Ci vedremo la
prossima settimana alle prove?
- Certo! - Aurora aprì la
portiera, ricambiando il sorriso.
– Ti ringrazio per oggi, sono stata bene…
Senza permetterle di terminare la
frase, Marco le mise una
mano dietro la nuca e la tirò a sé per baciarla.
La ragazza rimase senza
parole, sorpresa, ma non si liberò della leggera stretta.
- Avevo detto niente bacio della
buonanotte, ma sono le otto,
– si limitò a dire Marco. – Beh, ci
vediamo mercoledì!
♫
Le aveva chiesto di uscire.
Aurora aveva lanciato un rapido
sguardo a Ettore.
Marco stava per desistere, ma la
ragazza aveva accettato.
E ora stavano insieme da due mesi.
La prima volta che aveva rivisto
Ettore si era
istintivamente ritratto, nascondendosi nella penombra della sala prove:
il
batterista seduto al posto, con le bacchette in mano e gli occhi neri
puntati
verso il pavimento riuscì a farlo tremare senza bisogno di
dire una parola, o
forse fu proprio il suo silenzio a metterlo ancora più in
guardia; tuttavia,
poco dopo il ragazzo aveva sollevato la testa, salutandolo
tranquillamente e
chiedendogli come fosse andata la settimana.
- Bene, - aveva risposto evasivamente
Marco: Ettore non
doveva averlo ancora saputo.
Sollevato dall’idea che
almeno quelle prove sarebbero andate
bene e che avrebbero ripreso il discorso una volta terminate
– ce n’era davvero
bisogno? -, Marco si
era chinato sulla custodia della sua Fender nera per prendere lo
strumento, ma
in quel momento Manuel aveva fatto irruzione nella sala prove con
Aurora, che
probabilmente aveva incontrato lungo la strada, e
l’espressione allo stesso
tempo sorpresa e piena di gioia sul suo volto aveva fatto capire a
Marco che si
era solo illuso.
- Aurorina mi ha detto che vi siete
messi insieme! – aveva
gridato, correndo verso l’amico per abbracciarlo.
Marco aveva distintamente sentito il
rumore delle bacchette
cadute a terra, poi Ettore si era alzato e si era limitato a stringere
leggermente la spalla di Aurora, rivolgendole un sorriso tirato e
dicendo: -
Sono contento per voi.
Era uscito a fumare e, pochi minuti
dopo, aveva avvertito il
gruppo che Davide stava venendo ad ascoltarli.
Davide, il suo fidato amico. Ettore
aveva avuto bisogno
della sua presenza per continuare a suonare tutta la serata.
♫
Aurora aprì lentamente gli
occhi, cercando di non essere
accecata dai prepotenti raggi del sole. Sentì qualcosa di
bagnato sotto le mani
e si ricordò in quel momento dove si trovasse: era sdraiata
sulla schiena in un
prato innevato; probabilmente la neve si sarebbe presto sciolta, dato
il calore
del sole, perciò lei aveva deciso di approfittarne, e in
buona compagnia.
Sospirò, al pensiero di
Ettore che aveva abbandonato la
baita presa in affitto con i loro amici per accompagnarla nella sua
folle
avventura. Silvia, dal canto suo, aveva sbadigliato ed era tornata a
dormire,
mentre Davide e il resto del gruppo si erano limitati ad alzare un
sopracciglio, indecisi se credere o no alle parole di Aurora. Ma
perché avevano
preso in affitto una baita se rimanevano chiusi in casa al minimo
accenno di
neve?
Ettore, però, aveva
afferrato il cappotto ed era uscito con
lei; Aurora all’inizio si era sentita un po’ in
imbarazzo, ma camminando e
parlando si era sciolta, ritrovandosi anche a ridere con il ragazzo.
Pochi minuti
prima lui si era allontanato, lasciandola piacevolmente immersa nella
neve, per
contemplare la bellezza di quel paesaggio, e lei doveva essersi
addormentata.
Si strofinò gli occhi,
guardandosi intorno finché non lo
vide apparire in lontananza. Sorridendo, si disse che Ettore, pur
osservando
prati e alberi innevati, si stava perdendo lo spettacolo più
bello: se stesso
che camminando tra la neve le veniva incontro.
- Valeva la pena di uscire?
– gli chiese.
Lui le sorrise in risposta.
– Gli altri non sanno cosa si
stanno perdendo -. Rimase a guardare il cielo azzurro per qualche
momento, poi
si voltò verso Aurora. – Posso sdraiarmi accanto a
te?
- Certo!
La ragazza si rese subito conto che
la sua risposta era
stata troppo frettolosa: averlo così vicino
l’aveva fatto sprofondare di nuovo
nell’imbarazzo.
- Potremmo giocare a palle di neve,
– propose Ettore.
- Sì, potremmo…
- Ma preferisci rimanere sdraiata
qui, non è vero?
- Mi hai letto nel pensiero!
– rise Aurora.
Ettore fece una smorfia divertita e
le si avvicinò ancora di
più, fino a che il suo volto non coprì i raggi
del sole. – Allora c’è una cosa
che potremmo fare…
Ettore poggiò le labbra
sulle sue, delicatamente, come se
stesse baciando la neve e non volesse distruggerla; dopo un attimo di
sorpresa,
Aurora ricambiò il bacio, dischiudendo leggermente le labbra.
- Allora sei sveglia.
La voce non era certo quella che
aveva immaginato di
sentire. Spalancò gli occhi, confusa, e si
ritrovò davanti il volto sorridente
di Marco. Le ci volle qualche secondo per rendersi conto che si trovava
nel
letto del suo ragazzo e non in mezzo ad un prato innevato.
Non con Ettore.
Si sentì terribilmente in
colpa per averlo sognato proprio
durante la notte passata a casa del suo ragazzo: non avrebbe dovuto,
lei ora
stava con Marco, non c’era nessun Ettore che potesse entrarle
nei sogni e
devastarle la creduta tranquillità.
- Sì, ero
sveglia… - mormorò, abbozzando un sorriso.
♫
Aurora si guardò attorno,
indecisa: una parte di sé – quella
che le ricordava fastidiosamente che da sei mesi stava con Marco
– le diceva di
trovare una scusa per uscire di casa, l’altra le suggeriva
invece di aspettare
il ritorno dei suoi amici in soggiorno. Ma perché rimanere
sola con Ettore le
dava tanti problemi? Dentro di sé aveva la risposta,
però si rifiutava di
ammetterlo, non ora che frequentava Marco.
Perché il suo ragazzo
aveva scelto proprio quella sera per
rimanere a casa con la febbre? E perché Manuel e Davide
erano andati a prendere
Simona al termine della lezione di danza? E perché lei si
sentiva così?
Avrebbe voluto riempirsi la testa di
pugni pur di mandare
via quelle ondate di “perché?”.
- Ti va di giocare mentre aspettiamo?
– propose
improvvisamente Ettore, indicando con un cenno la scacchiera dopo fino
a
qualche minuto prima stava infuriando una lotta tra i pezzi bianchi di
Manuel e
quelli neri del padrone di casa. Accanto ai pezzi mangiati
c’erano piccoli
bicchieri pieni di vodka, pronti per essere bevuti ogni volta che un
giocatore
faceva una mossa sbagliata.
Aurora annuì: non le
sembrava un’ottima idea, temeva bere
ancora non avrebbe fatto bene ad Ettore, che durante la cena aveva
bevuto mezza
bottiglia di vino e qualche lattina di birra; tuttavia, almeno fra di
loro ci
sarebbe stata la scacchiera ad impedire qualunque cosa.
Qualunque
cosa.
Il cuore le martellò
prepotentemente nel petto a quelle
parole, ma tentò di rimanere calma, sedendosi al posto di
Manuel e sperando che
i suoi amici tornassero in fretta.
Ettore mosse la torre nel territorio
dell’alfiere bianco.
Aurora sperava che non se ne accorgesse, in modo da evitare di farlo
bere
subito, ma il ragazzo si diede uno schiaffo sul ginocchio, imprecando
dopo essersi
reso conto del suo errore; Aurora fu costretta a mangiare la sua torre
e lui si
portò alle labbra un piccolo bicchiere.
La ragazza cercava di perdere, ma
riuscì ad ottenere solo
due bicchieri di vodka, mentre Ettore ne aveva già mandati
giù sei, senza
contare quelli che aveva bevuto quando giocava contro Manuel. Aurora
alzava lo
sguardo a intervalli regolari, controllando il volto del suo
avversario,
preoccupata; poi, improvvisamente, quando Ettore si rese conto che il
suo re
era quasi spacciato, lanciò la scacchiera
all’aria, rovesciando sul pavimento
pezzi di scacchi e il contenuto dei pochi bicchieri ancora pieni.
- Al diavolo! –
esclamò.
Per un breve istante, Aurora credette
che l’arrabbiatura del
ragazzo fosse dovuta solo alla partita, ma poi Ettore si diresse verso
di lei,
deciso, e serrò la mascella.
- Perché esci con lui?
– ringhiò, furioso.
- Io… io… -
balbettò Aurora, senza riuscire a terminare la
frase.
- Tu!
– continuò
Ettore. – Tu mi stai facendo dannare! Non hai idea di
quanto… di quanto…
Si interruppe, passando il volto tra
il collo e la spalla di
Aurora.
- Ti prego… -
mormorò la ragazza, ripensando al sorriso di
Marco. – È tuo amico, non possiamo…
- Già, è mio
amico! – sbottò Ettore, sollevandola in
braccio. – Allora avrebbe dovuto farsi da parte quando aveva
scoperto che ero
pazzo di te! Che bravo amico, eh?
Spalancò con un calcio la
porta della sua camera, lanciando
Aurora sul letto. La ragazza ebbe appena il tempo di sollevarsi sui
gomiti
prima che lui le fosse sopra; le baciò con passione il collo
e Aurora non
riuscì a reprimere un leggero gemito, che fu intercettato da
Ettore. La guardò,
aspettando il suo rifiuto, ma quando lei non parlò
spostò le labbra sulle sue.
♫
Marco sorrise non appena vide Aurora
entrare nel cinema, il
respiro affannato e i capelli bagnati dalla pioggia; le andò
subito incontro,
mostrando i biglietti appena comprati.
- Finalmente potremo fare a pezzi
questa meraviglia! Mi
serviva proprio un pomeriggio così: rilassante, con una
valanga di pop-corn tra
le mani e te accanto -. La salutò con un bacio sulla guancia
umida. – Hai
pianto? – le chiese preoccupato.
- Non so se hai notato, ma
là fuori c’è una tempesta, -
rispose Aurora, ma il suo tono era gelido e i suoi occhi cercavano di
non
incontrare quelli di Marco.
- Potevi chiamarmi, quando sono
arrivato era ancora bel
tempo e non mi è passato per la testa che potesse mettersi a
piovere. Ti sarei
venuto a prendere.
- Lo so, tu sei sempre
gentile…
Marco fu sorpreso dal modo in cui la
sua voce si spezzò, ma
ne imputò la causa alla corsa che doveva avere fatto dalla
metropolitana al
cinema sotto il temporale; le cinse le spalle con il braccio,
stringendola a
sé, ed entrò nella sala.
Dopo numerosi tentativi, finalmente
durante il secondo tempo
riuscì a farle scappare un sorriso, sebbene tirato: doveva
essere successo
qualcosa di cui forse preferiva non parlare ancora. Fu tentato di
inviare un
messaggio a Silvia per informarsi se lei sapesse qualcosa, ma alla fine
preferì
aspettare che fosse Aurora a parlargliene.
Al termine dello spettacolo Aurora
continuava a rimanere
chiusa in se stessa, facendo preoccupare Marco, finché il
ragazzo non le offrì
un gelato e riuscì tramite l’irrefrenabile
parlantina a farla uscire dal suo
guscio e sorridere sinceramente.
Quando furono
nell’ascensore del palazzo di Marco, lui
premette il pulsante dell’ultimo piano.
Aurora aggrottò la fronte.
– Cosa fai?
- Lo vedrai, - si limitò a
sussurrare lui, spingendola
contro il muro.
Ebbe appena il tempo di baciarle il
collo, perché Aurora lo
spinse via.
- Che c’è?
– le chiese Marco, confuso. – È successo
qualcosa? Perché non vuoi che ti tocchi?
- Non è che non voglio che
mi tocchi! – si difese Aurora. –
È solo che… Non voglio farlo qui, mi fanno paura
i piccoli spazi chiusi. A casa
sì, possiamo continuare.
Marco sorrise, e quella fu la sua
volta di farlo
forzatamente: qualcosa non andava, ma non voleva costringerla a
parlarne, né a
fare l’amore con lei se quella sera non se la sentiva. La
baciò sulla fronte
prima di andare in bagno e quando fu tornato la trovò
addormentata. Aveva fatto
bene a lasciar perdere, si disse, doveva essere proprio stanca.
♫
- Aurora!
La ragazza si nascose nella sala
prove adiacente a quella
che di solito usavano loro: non sopportava la vista di Ettore dopo
quella
notte, si sentiva un verme per ciò che aveva fatto a Marco.
La sera stessa del
tradimento aveva confidato a Manuel ciò che era successo;
doveva parlarne con
qualcuno e, anche se sapeva che era il migliore amico di Marco, lui era
l’unico
di cui potesse fidarsi al momento. Gli aveva chiesto di farla dormire
da lui,
non di portarla da Marco come ogni volta che perdeva l’ultimo
treno, e in
macchina era scoppiata in lacrime. Manuel aveva ascoltato, scurendosi
sempre
più in volto e affibbiando al suo batterista i peggiori
epiteti, ma non l’aveva
rimproverata; Aurora l’aveva sentito camminare lungo il
corridoio tutta la
notte, probabilmente chiedendosi se stesse facendo bene a tenere il
segreto per
sé, e la mattina seguente Manuel le aveva chiesto di fare il
possibile per
dimenticare l’accaduto e tornare ad essere felice con Marco.
Aurora aveva incontrato il suo
sguardo implorante e aveva
acconsentito; tuttavia, rivedendo Marco il pomeriggio stesso, non era
riuscita
a comportarsi naturalmente. Erano passati due giorni da allora e lei
non
trovava il coraggio né di guardare Marco negli occhi
né di affrontare Ettore. Si
teneva il petto, cercando di respirare regolarmente.
Ettore, però, la trovo
facilmente, spalancando la porta che
lei tentava inutilmente di tenere chiusa.
- Smettila di evitarmi, –
esclamò, rosso in volto. –
Dobbiamo provare, non può fare questa scena tutte le volte
che mi vedi.
- E tu potevi… potevi
stare fermo! Perché mi hai baciata? Perché?
Ettore la guardò,
respirando profondamente, poi avvicinò il
volto al suo e la baciò; inizialmente Aurora lo
colpì sulle spalle con i pugni,
poi le mani si aprirono e passarono intorno al suo collo, aggrappandosi
a lui.
Improvvisamente, però,
udirono alcuni passi avvicinarsi,
seguiti dal rumore di qualcosa che cadeva a terra. Il destino aveva in
serbo un
brutto scherzo per chi aveva cercato di sfidarlo.
- Perché?
Aurora aveva le lacrime agli occhi,
ma non riusciva a dire
niente per cercare di alleviare il dolore di Marco: il ragazzo li
osserva con
espressione incredula e delusa allo stesso tempo, sembrava cercare di
scacciare
la realtà che gli si era parata davanti.
Se solo lei ed Ettore fossero stati
più attenti… No, non era
così: se solo non avessero fatto
niente,
avrebbe risparmiato a Marco quel dolore. Stavano insieme da sei mesi e
ora lui
l’aveva scoperta tra le braccia di uno dei suoi
più grandi amici… Si sentiva
una bastarda, lui non meritava di stare così male.
Improvvisamente un ridente Manuel
apparve al fianco di
Marco, ma il suo sorriso scomparve immediatamente quando si accorse del
clima
che regnava nella sala; spostò diverse volte lo sguardo da
Aurora ed Ettore e
Marco, lottando contro se stesso, e alla fine si decise a parlare.
- È…
è stato un incidente, Marco. Si sono ritrovati soli in
casa…
Maledizione,
pensò
Aurora.
Il volto di Marco divenne ancora
più pallido. – Soli in
casa? Quindi questa non sarebbe la prima volta?
- Sono rimasti soli quando io e
Davide siamo andati a
prendere Simona! – cercò di spiegare Manuel, senza
accorgersi che stava
soltanto peggiorando la situazione. – C’era vino, e
birra, e vodka… Sono andati
su di giri, non è stata colpa loro!
Marco si voltò adirato
verso di lui. – Da quanto lo sapevi?
Manuel tentò di respirare
come poco prima aveva fatto
Aurora, ma non riuscì a trovare abbastanza fiato per
rispondere.
- DA QUANTO LO SAPEVI? –
urlò Marco, lanciando via la Fender
nera, che cadde fragorosamente al suolo.
- Aurora me l’ha detto la
sera stessa… - confessò Manuel con
un filo di voce.
- LI HAI LASCIATI SOLI APPOSTA!
- Marco -. Ettore posò una
mano sulla spalla del
chitarrista, cercando di calmarlo. – Ascolta, avevamo
bevuto…
- Potevate non bere, chi vi ha
obbligati a farlo? Sapevate
in che modo sarebbe potuta finire!
- Non lo avevamo
programmato…
- Ma certo: tre ragazzi e due
ragazze, vino, birra e vodka…
Chi mai penserebbe che l’avevate programmato? Senza contare
l’uscita di Manuel
e Davide, un caso straordinario!
Senza aggiungere altro, Marco
uscì lasciando i resti della
Fender a terra; poi, un attimo dopo, rientrò nella stanza e
si lanciò su
Ettore, colpendolo con un pugno in pieno viso.
- NO! – urlò
Aurora, spaventata dal modo in cui avrebbe
potuto reagire Ettore, ma lui rimase a terra, coprendosi il naso con la
mano.
Marco respirava profondamente,
scosso, e teneva ancora il
pugno insanguinato davanti a sé. Guardò Aurora
un’ultima volta, afferrò la
custodia della chitarra e corse via.
♫
- Dimmi che era una bugia, Manu.
Manuel era seduto sul divano, la
schiena inclinata verso il
basso, e guardava Marco accasciato sul pavimento.
- Dimmi che volevate solo farmela
pagare perché l’altra
volta ho tardato alle prove, - ripeté Marco, la voce rotta.
– Non mi
arrabbierò, te lo prometto, non me la prenderò
per un brutto scherzo del
genere.
- Hai spaccato il naso a Ettore, -
mormorò Manuel, poggiando
una mano su quella dell’amico, - te lo avrei impedito.
Marco strinse le labbra, portando lo
sguardo al soffitto, e
ricacciò indietro le lacrime. Non doveva farlo, non era il
tipo da piangere
perché la ragazza lo aveva tradito.
- Silvia ha preso in affitto un
appartamento qui a Roma qualche
giorno fa, - rivelò Manuel. Marco spostò lo
sguardo su di lui per capire dove
volesse andare a parare. – Mi ha chiamato, mi ha detto che
è da lei.
- Perché l’ha
fatto?
- Perché secondo Silvia
non è ancora finita.
Marco respirò
profondamente. – Perché me lo stai dicendo?
Perché mi hai confessato che Aurora mi aveva già
tradito e ora mi spingi di
nuovo tra le sue braccia?
Manuel si asciugò le
lacrime, che per empatia verso quello
che era per lui un fratello avevano cominciato a scendere.
- Perché non era giusto
che tu non sapessi, tu dovevi… Forse
l’avresti scoperto comunque, però era meglio
saperlo da me che… Non so, le
parole di Ettore… Ti prego, non odiarmi per averlo fatto, ti
prego…
Nascose il volto tra
le mani, come
un bambino; Marco sorrise tristemente e gli arruffò i
capelli. Era stato
furioso con lui, ma Manuel lo aveva seguito fino a casa, portandogli i
resti
della chitarra e implorandogli di perdonarlo. Sapeva che confessargli
tutto in
quel modo era stato brutale, però era fatto così:
Manuel gli era sempre accanto,
pronto ad essergli fedele anche quando la verità
l’avrebbe fatto soffrire. E
non era lui a meritare il suo biasimo.
Si alzò e
afferrò la giacca, pronto a correre sotto la
pioggia.
- Vai? – gli chiese Manuel,
sollevando la testa e
rivolgendogli uno sguardo da cane bastonato. Bastonato,
ma fedele.
- Lei è mia, -
spiegò Marco, aprendo la porta.
Uscì in strada e
mandò un messaggio a Silvia; la risposta
con l’indirizzo dell’appartamento non
tardò ad arrivare. Salì sul motorino e
cominciò a correre.
♫
Silvia aprì la porta
silenziosamente, come se non volesse
farsi scoprire da Aurora, e si spostò per farlo passare;
Marco le posò una mano
sulla testa per ringraziarla.
- Scusa, - sussurrò
Silvia, - avrei dovuto dirtelo.
- No, hai fatto bene: tu dovevi
restare accanto a lei.
Silvia abbassò lo sguardo
e indicò l’ultima porta del
corridoio. – Forse sta dormendo, prova a parlarle.
Marco annuì e si
incamminò fino alla stanza, pronto a
supplicare, a piangere se il dolore sarebbe stato troppo forte, a
dimostrarle
che…
Si bloccò prima di aprire
bocca: si era immaginato con la
schiena contro la porta, con Aurora nella stessa posizione
dall’altra parte, le
lacrime che bagnavano i visi di entrambi, ma non era così
che sarebbe dovuta
andare. Nei film che amavano guardare insieme il protagonista, dopo un
tradimento, la implorava di tornare insieme, faceva tutto il possibile
per
ottenere il suo perdono. Ma di quale perdono aveva bisogno lui? Era la
parte
offesa, quello a cui era stato nascosto tutto.
Aurora era stata a letto con Ettore,
si era fatta possedere da
lui, e la notte dopo era tornata tra le braccia di Marco; non avevano
fatto
l’amore, ma si era fatta baciare ancora per giorni prima che
lui scoprisse
quello che era accaduto. Perché ora doveva rivolerla con
sé a tutti i costi?
Gli mancava, era parte della sua
vita, ma gli aveva spezzato
il cuore e non aveva nemmeno avuto il coraggio di confessargli la sua
colpa.
Marco si voltò,
superò Silvia di corsa e uscì dalla casa,
coprendosi la bocca con una mano.
♫
- Allora lui mi fa: “Marco,
ti pare il modo di comportarti
con un tuo superiore?” E io: “Non ho superiori,
sono il mio Dio”.
Aurora scoppiò a ridere.
– Dimmi che non ti ha licenziato!
- Certo che no! –
replicò Marco, mangiando un biscotto e
passandone un altro ad Aurora. – È rimasto
talmente sorpreso dalla mia risposta
che mi ha dato un aumento.
Erano passati ormai cinque anni da
quando la storia tra
Marco e Aurora era terminata e c’erano voluti cinque mesi
perché i due
tornassero a parlarsi: sentivano entrambi la mancanza
dell’altro, delle
battute, delle chiacchierate fino a tarda sera, di tutto ciò
che avevano in
comune. Con chi altri sarebbe andata Aurora al raduno di Star
Wars a Roma? Chi avrebbe cercato Marco, su di giri, per
raccontare di avere conosciuto di persona Cat Stevens? Prima che se ne
rendessero conto, tra loro era nata una splendida amicizia e finalmente
Marco
aveva perdonato Ettore per avergli portato via la ragazza, anche se il
gruppo
ormai si era sciolto; al posto dei Moonlight Sonada si erano creati i
Lilim,
con Manuel alla chitarra e Davide al basso, ma senza le canzone
composte da
Marco non erano riusciti a raggiungere il successo della prima
formazione.
Rimasero un po’ in
silenzio, imbarazzati dal motivo per cui
Aurora era lì: gli aveva comunicato solo un’ora
prima che presto avrebbe
sposato Ettore.
- Allora… -
esclamò Marco dopo qualche minuto. – Queste
nozze! Sei emozionata?
- Beh, sì -. Aurora
arrossì. – Non riesco ancora a crederci.
- Alla fine sei riuscita a
convincerlo!
- In realtà è
stato lui a chiedermelo…
- E non si può dire di no
ad Ettore, ti capisco!
Aurora si spostò una
ciocca riccia dietro l’orecchio, gli
occhi malinconici rivolti al tappeto. – Secondo te faccio
bene? Voglio dire,
stiamo insieme da cinque anni…
- Chiedere a me è il
massimo dell’indelicatezza possibile, –
rise lui, ma non sembrava offeso. – Vi amate, no? E cinque
anni non mi sembrano
neanche pochi; inoltre Ettore deve muoversi, non può
arrivare come me single a
trentacinque anni! Beh, effettivamente lui ne ha già
trentasei, ma sorvoliamo.
Aurora spalancò gli occhi.
– Vuoi dire che…?
- Michela mi ha lasciato,
sì. Ho la brutta abitudine di
farmi mollare, dovrei riuscire a togliermela… Ma altrimenti
non potrei
ascoltare le canzoni di Mia Martini immedesimandomi fino in fondo! -
Guardò
Aurora, che sembrava sentirsi ancora più in imbarazzo.
– Dai, ora pensa solo a
te. Festeggiamo con un po’ di vino? Scusa, ma non ho lo
spumante.
- Il vino va bene.
- Ci sono anche due bottiglie di
birra.
- Ancora meglio!
Bevvero un po’, ridendo e
scherzando su come sarebbe stato
vedere Ettore in pantofole, misero su anche un disco di Cat Stevens.
Quando
controllarono l’orologio e si accorsero che era ormai tardi,
il giradischi
suonava Sad Lisa.
- Vuoi dormire qui? –
propose Marco. – Tanto c’è il letto
nella stanza degli ospiti.
Aurora annuì, la testa
poggiata sulla spalla del ragazzo.
She hangs her head and cries on
my shirt,
she must be hurt very badly.
Tell me what's making you sadly?
– Ho paura, –
esclamo dopo qualche secondo.
Marco la guardò.
– Non ti chiedo neanche di cosa, è normale.
Lisa, Lisa,
sad Lisa,
Lisa.
- Lo so, ma… Se non fosse
lui la persona giusta per me?
Gli occhi della ragazza erano davanti
ai suoi, ad una
distanza troppo breve. Sentiva il suo respiro caldo sul viso, non
riusciva ad
avvertire l’odore del vino, c’era solo il profumo
di Aurora.
There must be more I can tell
her,
if she really wants me to help
her.
- Non puoi chiederlo a me…
- sussurrò a voce troppo bassa
per essere ascoltato.
Aurora strinse le palpebre.
– Cos’hai detto?
I'll do what I can to show her
the way
and maybe one day I will free
her.
Marco non ripeté, ma
avvicinò ancora di più il viso,
sfiorandole le labbra con le proprie. La bocca della ragazza si
dischiuse
leggermente, in modo automatico, lasciando che la sua lingua si
insinuasse tra
le labbra; la baciò con delicatezza, tremando leggermente
per l’emozione, poi
le poggiò una mano dietro la nuca come durante il loro primo
bacio. Affondò le
dita nei suoi capelli, cercandola in ogni ciocca, respirando ogni suo
respiro.
La adagiò con calma sul
divano su cui erano seduti,
spostandosi sopra di lei in modo da non farle male. Cominciò
a baciarle il viso
in ogni sua parte, indugiando sulle guance e sul collo; ad ogni tocco
lei
sussultava quasi impercettibilmente, cibandosi di quell’amore
rimasto sopito
troppo a lungo. Marco insinuò una mano sotto la sua
maglietta, cercando i suoi
seni, e li strinse con meno delicatezza dell’inizio: la
voleva da tanto,
sognava di poterla tenere tra le braccia ancora una volta, di
svegliarsi con
lei nuda accanto. Le lacrime bagnavano silenziose il volto di Aurora e
lui le
baciò immediatamente, asciugandole le guance. La ragazza
represse un
singhiozzo.
- Marco… -
mormorò.
- Era proprio il nome che dovevi
dire, – sussurrò in
risposta lui, facendola sorridere nervosamente.
Le accarezzò le braccia e
il seno con la punta delle dita, scese
al ventre, cercò le gambe. Non ricordava esattamente cosa
avvenne, c’era il
profumo di Aurora, c’erano i suoi occhi, la sua presenza.
Prese una ciocca dei suoi capelli tra
le dita e un sorriso
illuminò il suo volto come non accadeva da anni.
♫
Marco girò lentamente la
testa, baciando la fronte della
ragazza che aveva stretto tutta la notte sul divano; addosso avevano
solo una
coperta, i vestiti erano a terra. Sorrise, felice nonostante sapesse
che si
trattasse solo di felicità momentanea, e le
accarezzò i capelli scuri.
Lentamente lei aprì gli
occhi, strofinandoseli con il pugno
chiuso, e Marco rimase a bearsi di quella visione per qualche minuto:
lei sorrideva,
si stringeva al suo petto, sospirava. Era una situazione talmente giusta per entrambi che non riuscivano a
provare nessuna colpa, semplicemente perché non ricordavano
cosa li avesse
tenuti separati per cinque anni; guardandosi intorno, Aurora si
stupì di non
trovare foto di loro due, ma sempre in compagnia di altri. Si
svegliò
completamente, sollevando la testa.
- Bentornata alla realtà,
principessa, - la salutò Marco con
una punta di amarezza.
- Cosa ci faccio qui?
- La domanda dovrebbe essere
“cosa ci faccio nuda?”
- Cosa ci faccio qui? –
ripeté Aurora.
Marco respirò
profondamente. – Sei venuta qui ieri sera a
dirmi che ti sposerai con Ettore.
Niente condizionale, un futuro era
più adatto: non c’erano
dubbi, Aurora si era impegnata con Ettore e non poteva più
tirarsi indietro,
scappare quando la situazione cominciava a spaventarla. Dopotutto, non
era
Ettore l’uomo dei suoi sogni? Non corrispondeva a tutti i
punti della persona
con cui Aurora avrebbe da sempre voluto passare la vita?
La ragazza si alzò dal
divano, scivolando via dalle braccia
di Marco, e si rivestì con calma, come se per lei fosse
completamente normale
essere nuda di fronte a lui, come se fosse stato Marco il suo ragazzo
in quei
cinque anni. Marco la imitò con la stessa assenza di
imbarazzo.
- Eri venuto a casa di Silvia, non
è vero?
- Cosa?
- Dopo che ci eravamo lasciati,
quando avevi scoperto di me
ed Ettore.
- Sì, - ricordò
Marco.
- Non mi hai parlato,
però. Sei andato via.
- Avrei dovuto farlo.
- No, hai fatto bene. Mi sono
comportata malissimo con te, -
mormorò Aurora, infilando la felpa. – Non sei da
biasimare per essertene
andato. Io... -. Si ritrovò improvvisamente a piangere,
nascondendo la bocca
con la mano.
Anche quel
gesto.
Le cose che Marco e Aurora avevano in
comune erano fin
troppe per essere elencate, a partire dalla passione per Star
Wars, che li aveva fatti conoscere, fino ad arrivare a quella
per il cinema, a Cat Stevens che la notte precedente aveva fatto da
colonna
sonora al loro “bentornato”. Perfino il gesto di
coprirsi le labbra in un
momento di disperazione, in cui non potevano agire altrimenti anche se
avrebbero voluto stringersi ed essere loro stessi, sottolineava la loro
somiglianza.
Marco l’avrebbe volentieri
abbracciata, gli avrebbe offerto
una spalla su cui piangere, ma non poteva. Dopo cinque anni di amore
platonico,
la stava lasciando: odiava Ettore per avergliela portata via, ma non
poteva
farlo anche a lui. Si stavano per sposare.
Aspettò che Aurora si
fosse asciugata le lacrime, poi le
prese la giacca e gliela porse, accompagnandola all’uscita.
- Su con la vita, Padmé, -
le disse, cercando di distrarla
mentre il suo cuore batteva contro il petto e implorava di gettarsi su
di lei.
– Anakin lo sta facendo per te.
Ma cosa stai
dicendo,
Marco?
Ancora una volta, si accorse di avere
espresso dei pensieri
che sarebbe stato meglio tenere nascosti. Soprattutto in questo caso.
Aurora si limitò ad
annuire e scese le scale; le diede
qualche secondo di vantaggio, finché credette che lei si
pensasse sola, e si
affacciò per scorgerla seduta sui gradini, qualche piano
più in basso.
Singhiozzava, il volto tra le mani.
Ma lui non poteva – non
doveva fare niente. Era Ettore il ragazzo giusto per lei.
♫
How can I tell you that I love
you?
Marco era seduto nella sua stanza le
cuffie sulla testa e la
chitarra tra le mani, una fedele riproduzione della Fender nera che
anni prima
aveva distrutto. Suonava distrattamente una canzone di Cat Stevens,
immerso nei
propri pensieri; si era tolto la giacca da cerimonia, poggiata ora su
un
amplificatore, e la camicia bianca aveva i primi bottoni aperti, mentre
la
cravatta nera era stata allentata.
Sbagliava le note, la sua mente era
lontana.
And I can't think of right
words to say.
Che altro avrebbe potuto dirle? Era
stato un errore, lei
amava Ettore e se aveva passato quella notte con lui era solo per paura
del
matrimonio imminente; lui, invece, si era fatto influenzare
dall’alcol e aveva
cercato di vendicarsi di Ettore, senza contare la delusione
d’amore provocata
dalla rottura con Michela.
Già, erano quelli i
motivi, non c’era altro. Non l’amava più
da tempo.
E allora perché quella
perenne stretta al cuore?
I’m always thinking
of you.
Ripensando a quella notte, gli
venivano in mente dettagli
apparentemente insignificanti: la maglietta rossa stesa a terra sopra
le sue
scarpe, le briciole dei biscotti sotto i loro corpi nudi, il venticello
freddo
che arrivava dalla finestra semiaperta. Ricordava tutto, anche il
miagolio del
gatto al piano di sopra e il pianto del bambino a quello di sotto.
Aveva ripensato talmente tante volte
a quella notte che
ormai aveva imparato a ricordare ogni piccolo particolare, forse per
renderla
più vera, per ripetersi che non si era trattato di un
bellissimo e maledetto
sogno.
I'm always walking with you,
but I look and
you're not there.
Le dita scivolavano agili sulle corde
della Fender nera e
lentamente, con un soffio di voce, Marco intonò alcune
parole della canzone che
stava suonando.
Aurora non era lì; poteva
pensare a lei tutta la mattina,
sperando che non si sarebbe presentata in chiesa, ma non sarebbe
comparsa alla
sua porta, sbarazzandosi frettolosamente del vestito da sposa.
Fra meno di un’ora lei ed
Ettore avrebbero pronunciato le
solenni parole e a lui sarebbe rimasto il solo privilegio di sognarla
nelle
notti di maggiore nostalgia.
Tutte
le
notti.
I need to know you, I need to
feel my arms
around you.
Si morse le labbra, alzando la testa
verso il soffitto e
reprimendo le lacrime.
Aveva trentacinque anni, maledizione!
Non poteva comportarsi
come uno stupido adolescente che si lasciava vincere dalla prima
delusione
d’amore. Erano stati insieme solo sei mesi…
Ma lui sapeva che non era
così: quei cinque anni non era
stato solo Ettore ad avere accanto Aurora come una costante boccata
d’aria
fresca, anche lui aveva approfittato del suo sorriso, della sua voce,
della sua
presenza. Non aveva provato niente quando Michela, sua fidanzata da due
anni,
lo aveva lasciato; era stato molto peggio scoprire che Aurora amava un
altro.
Si morse le labbra con più
forza. Come poteva Ettore amarla
come la amava lui?
How can I tell you that I love
you?
Non fece caso alle lacrime, le
lasciò scendere. Non c’era
più niente da fare, lei avrebbe sposato Ettore. Avrebbe
amato Ettore.
E poi arrivò, rinfrescante
al punto che gli sembrò di
cominciare a respirare in quel momento, il ricordo di un altro
particolare
arrivò: le loro mani intrecciate nel sonno. Subito seguirono
altri dettagli, lo
sguardo felice nei suoi occhi, il corpo che non lo allontanava, la
disinvoltura
con cui, la mattina seguente, Aurora si era rivestita. Una ragazza che
tradisce
il fidanzato a poche settimane dalle nozze è imbarazzata,
non si fa abbracciare
sotto le coperte; non aspetta neanche che l’altro si alzi per
prendere una
coperta.
Forse fu quello a dargli forza, a
spingerlo in piedi. Si
tolse le cuffie, infilò la giacca e non si
preoccupò nemmeno di mettere a posto
la Fender. Afferrò le chiavi del motorino e corse fuori di
casa.
♫
Riuscì a districarsi nel
traffico di Roma, mancò alcuni
semafori, accelerò senza pensare alle multe che si sarebbe
trovato sotto la
porta il giorno dopo.
Aveva bisogno di spingere fino al
limite le speranze.
Avvistò finalmente la
chiesa e, poco lontano, la macchina
della sposa. Ringraziò mentalmente chi aveva avuto
l’idea di appendere i
fiocchi bianchi sulle auto nuziali. Parcheggiò tra due
alberi e si avvicinò,
aspettando che l’autista scendesse per aprire la portiera
alla sposa; non
appena l’uomo fu dall’altra parte
dell’auto, si lanciò al posto di guida e
spinse l’acceleratore fino in fondo.
- Ma che…? –
sentì esclamare Aurora.
- Mi spiace, principessa, ma ho
troppa paura di scontrarmi
direttamente con Ettore!
Aurora sussultò,
rendendosi conto di chi fosse il suo nuovo
autista. – Marco! Che ti è saltato in mente? Devo
sposarmi tra dieci minuti,
sono anche in ritardo!
- Sei sempre in ritardo, –
sbuffò Marco, accennando un
sorriso al pensiero del loro primo appuntamento.
- Mi vuoi spiegare, Marco?
– strillò Aurora, in preda
all’agitazione.
- Oh, è semplice:
riusciamo a correre perché non siamo
proprio dentro Roma. Questa zona non è molto trafficata,
è una fortuna per…
- MARCO!
Il ragazzo inchiodò e si
voltò a guardarla. – Hai decine di
invitati che ti aspettano, lo so! Che continuino ad aspettare!
Aurora rimase senza parole, stupita
dalla furia nella voce
di Marco, ma alla fine sostenne il suo sguardo.
- Riportami indietro.
Marco ingranò la marcia e
partì, tornando verso la chiesa;
stringeva le mani sul volante fino a bagnarlo con il proprio sudore
nervoso.
Accostò dove aveva preso
l’auto. Non disse niente, guardava
dritto davanti a sé.
- Immagino che non verrai,
– esclamò sarcastica Aurora,
mettendosi a posto il vestito.
Marco si voltò.
– Non sposarlo.
- Dammi un motivo.
- Ti amo.
Sapeva che Aurora avrebbe potuto
dirgli che non era una
motivazione valida, che non bastava amarla per far sì che
lei lo ricambiasse,
ma lei non lo fece. Guardò fuori dal finestrino con
espressione triste, cercò
Ettore, lo vide avvicinarsi preoccupato all’auto. Dietro di
lui Silvia parlava
con la madre della sua migliore amica, Manuel imprecava al cellulare,
forse
cercando di chiamare Marco, Simona ammiccava a un parente dello sposo e
Davide
seguiva Ettore con lo sguardo. Davide aveva capito.
- Parti.
Marco sgranò gli occhi.
– Co…?
- Parti, –
ripeté Aurora, voltandosi verso di lui. – Portami
via.
- Se me ne vado di nuovo, non
ricorderò più la strada. Lo
sai, vero?
- Sì, – rispose
lei con l’agitazione crescente nella voce.
Il ragazzo sorrise, fuori di
sé dalla gioia, e premette di
nuovo sull’acceleratore.
♫
Marco tolse la Fender dalla custodia
e se la poggiò tra le
braccia, stando attento a non urtare Aurora, che teneva la testa sulle
sue
gambe. Sopra di loro si stendeva il cielo stellato di settembre, non
c’era
nemmeno una nuvola. Sei anni esatti dal loro primo incontro.
- Lasciamo indovinare: Cat Stevens?
– lo prese in giro
Aurora.
Marco rise. – Sono
così prevedibile?
La ragazza si guardò le
mani prima di rispondere,
accarezzando con la punta delle dita la fede.
- No, – disse infine.
– Non lo sei.
Quando Aurora aveva visto Ettore
davanti alla chiesa, si era
resa conto di non avere aspettato altro che un estremo tentativo di
riconquistarla da parte di Marco. Lei era fatta così, non
poteva farci niente:
aveva lasciato che fossero i due ragazzi a lottare per lei, ma al
momento della
decisione finale aveva scelto Marco; probabilmente l’avrebbe
scelto anche in
passato, se cinque anni prima lui avesse cercato di portarla via da
Ettore.
Forse, come durante la fuga le aveva
detto Marco, Ettore era
davvero la personificazione del suo uomo ideale; tuttavia non era
quello che
serviva ad Aurora. Marco era il ragazzo giusto
e questo bastava a cancellare ogni sogno passato sull’uomo
della sua vita.
- Ora hai quell’anello al
dito, non puoi più scapparmi, –
esclamò Marco, interpretando i suoi pensieri e baciandole il
dito con la fede.
Si erano sposati subito dopo la fuga
dalla chiesa, non
avevano voluto aspettare ancora. Marco aveva scherzato sul fatto che,
se
avessero lasciato passare qualche giorno, Aurora sarebbe tornata da
Ettore, ma
in fondo sapeva che non era così: ricordava il suo sguardo
triste quando
avevano passato la notte insieme dopo anni, avvertiva il modo in cui la
ragazza
si rilassava solo tra le sue braccia, mentre ogni volta che era con
Ettore era
preda dell’agitazione.
- Mi dispiace per Ettore, –
confessò Aurora, rabbuiandosi
per un momento.
Marco le accarezzò i
capelli e riprese a suonare, cantando
per farla sorridere.
-
Oh, baby, baby, it’s a wild world!
_____________________________________________________________________________________________________________________________
Non so cosa dire esattamente per questa storia, mentre la scrivevo mi
venivano in testa talmente tante cose... Va bene, proviamo ad andare in
ordine.
La maggior parte della storia è stata scritta di notte (ho
apportato delle modifiche, cambiato i nomi ed altro oggi) e per far
felice un'amica; quindi la storia non ha molte pretese e lo si
può capire anche dallo stile semplice, e a volte ripetitivo,
in cui è stata scritta. Un mio grande difetto è
pubblicare subito, senza rileggere o facendolo una volta sola, per poi,
dopo un po' di tempo, ripubblicare controllandola, modificandola,
aggiungendo e togliendo. Quindi ora beccatevi questa versione!
Sincermente mi è piaciuta più la seconda parte
della prima (sarà che era ancora più notte e la
notte mi ispira!).
Il nome del gruppo viene dal passato, è quello che io ed
un'altra amica volevamo darci, ma eravamo in due, quindi niente!
Consiglio la rilettura di alcuni pezzi con le canzoni di sottofondo,
perché li ho scritti ascoltandole. E le amo, le amo davvero.
Spero che la storia vi sia piaciuta :)
Medusa
_____________________________________________________________________________________________________________________________
Premio fan girl
Nomination: Medusa
Noir: Marco e Aurora
Che storia d'amore meravigliosa. Dovrebbero farci uno di quei film che
mi farebbero piangere fino alla morte. Ci sono scene tra i due di una
dolcezza esasperante, che stringe il cuore, che toglie il respiro. E
quando lui ricorda lei e suona è il top del top. Sono fuori
di me per loro.
Vittoria: Medusa
Noir: Marco e Aurora!
Essendo questo un premio dedicato solo a chi avrebbe mirato alle mie
debolezze da lettrice sbavatrice, ho pensato bene di essere sincera con
me stessa e di interrogarmi su quale delle coppie che avevo selezionato
più mi aveva fatto battere il cuore.
Ognuna delle nomination rappresentava qualcosa per me e in qualche modo
ognuna l'avevo scelta per un motivo personale, visto che appunto questo
premio è il più personale di tutti, quello meno
mosso da fattori tecnici. Con sincerità ho dovuto alla fine
ammettere che questa coppia non poteva che vincere. Il cuore mi batte
anche solo a scrivere queste poche righe. Quindi questo premio
è decisamente tuo.
Miglior storia
Nomination: Medusa Noir
La storia è bellissima perché descrive degli
avvenimenti facilmente immaginabili.
Si arriva a soffrire per i personaggi, a tifare per loro, a conoscerli
davvero.
Le scene si delineano nella mente senza difficoltà e il
lettore arriva alla fine con il fiato sospeso, sperando che la
protagonista faccia la scelta giusta. Impeccabile.
Miglior descrizione
Nomination:
Medusa Noir:
Si morse le labbra, alzando la testa verso il
soffitto e reprimendo le lacrime.
Aveva trentacinque anni, maledizione! Non poteva comportarsi come uno
stupido adolescente che si lasciava vincere dalla prima delusione
d’amore. Erano stati insieme solo sei mesi…
Ma lui sapeva che non era così: quei cinque anni non era
stato solo Ettore ad avere accanto Aurora come una costante boccata
d’aria fresca, anche lui aveva approfittato del suo sorriso,
della sua voce, della sua presenza. Non aveva provato niente quando
Michela, sua fidanzata da due anni, l’aveva lasciato; era
stato molto peggio scoprire che Aurora amava un altro.
Si morse le labbra con più forza. Come poteva Ettore amarla
come lui amava lei?
How can I tell you that I love you?
Non fece caso alle lacrime, le lasciò scendere. Non
c’era più niente da fare, lei avrebbe sposato
Ettore. Avrebbe amato Ettore.
E poi arrivò, rinfrescante al punto che gli
sembrò di cominciare a respirare in quel momento, il ricordo
di un altro particolare arrivò: le loro mani intrecciate nel
sonno. Subito seguirono altri dettagli, lo sguardo felice nei suoi
occhi, il corpo che non lo allontanava, la disinvoltura con cui, la
mattina seguente, Aurora si era rivestita. Una ragazza che tradisce il
fidanzato a poche settimane dalle nozze è imbarazzata,
piange, corre fuori dalla casa dell’amante, non si fa
abbracciare sotto le coperte; non aspetta neanche che l’altro
si alzi per prendere una coperta.
Forse fu quello a dargli forza, a spingerlo in piedi. Si tolse le
cuffie, infilò la giacca e non si preoccupò
nemmeno di mettere a posto la Fender. Afferrò le chiavi del
motorino e corse fuori di casa.
Vittoria: Medusa Noir!
Ho scelto questo pezzo perché, oltre ad essere scritto in
modo efficace ed istantaneo, è in assoluto il culmine di
tutta la storia. Gli altri brani che avevo scelto erano quelli che
più mi avevano colpito e tutti erano davvero stupendi, ma
solo il tuo rappresentava la svolta assoluta della trama, il momento
nel quale i pensieri si fanno lame e la mente di Marco capisce che
può e deve agire. Ed è bello che lo faccia
tramite i ricordi e la musica. Pezzo molto incisivo.
Migliore personaggio maschile
protagonista
Nomination: Medusa Noir:
Marco
Come si fa a non amare Marco? E' un musicista, un artista che si lascia
andare alle note, che fa l'amore con la sua chitarra. E' un ragazzo
simpatico, sveglio, ironico. Un ragazzo fragile, ma forte. Un ragazzo
innamorato, che reagisce e si dimostra perfetto. E' un personaggio
meraviglioso.
Vittoria: MedusaNoir: Marco!
Un musicista. Un ragazzo ironico e simpatico, che ascolta musica,
chiudendo gli occhi e sognando. Un uomo che porta la propria ragazza
sulle giostre, un uomo che la porta al cinema a vedere il suo film
preferito. Un uomo che viene ferito, ma non smette di amare nemmeno un
secondo. Un uomo forte che prende le chiavi e si va a prendere
ciò che suo. Un personaggio perfetto, che rapirebbe i cuori
di chiunque. Descritto con precisione, sfido davvero ogni lettore a non
adorarlo.
PARAMETRI DI GIUDIZIO:
Grammatica
e lessico: 14,5/15 (di cui Grammatica: 7/7, Lessico: 5/5,
Punteggiatura: 2,5/3)
Stile:
10/10
Originalità:
8/10
Attinenza
al Contest: 10/10
Gradimento
personale: 4/5
Totale:
46,5/50
GIUDIZIO:
Grammatica
e lessico: 15/15 (di cui Grammatica: 7/7, Lessico: 5/5,
Punteggiatura: 3/3)
Devo
ammettere che ho esaminato riga per riga la tua storia SENZA ALCUN
MOTIVO. Ci ho perso almeno tre ore di vita e senza alcun
motivo! Avessi trovato almeno uno straccio di errore! Bah. Ovviamente,
scherzo ;)
La
tua Grammatica è impeccabile, Lessico e registro linguistico
perfettamente adatti alla storia. Per la punteggiatura, ti devo
togliere mezzo punto perché spesso alla fine di un dialogo
metti la virgola quando ci vorrebbe il punto. Per tutto il resto, tutto
perfetto.
Stile:
10/10
Avevo
già sentito elogiare il tuo stile da Eralery, ma
sinceramente lo stile può piacere o meno, quindi non
è che mi fossi fidata poi molto. Devo invece ricredermi,
perché hai davvero uno stile meraviglioso! La storia
è frizzante e coinvolgente, e non mancano le parti
divertenti, che si alternano a quelle più malinconiche.
Brava!
Originalità:
8/10
Uhm,
bè, ti meriti un otto pieno perché la storia non
è il massimo dell’originalità,
c’è il classico triangolo amoroso, ma ho trovato
originale il modo in cui l’hai trattata tu, mescolando brani
di canzoni a riferimenti a Star Wars (che personalmente non ho capito,
non avendo mai visto la saga. Okay, aprite pure i fucili.
>.<).
Attinenza
al Contest: 10/10
Un
dieci per l’attinenza al contest non te lo toglie nessuno :)
Avevo chiesto una storia che parlasse di amore, e ho adorato
l’amore di questi due tizi che sinceramente come personaggi
singoli non mi piacciono, ma che come coppia sono adorabili.
È un amore semplice, reso complicato solo perché
sono due emeriti... va bè, avete capito.
Gradimento
personale: 4/5
Sì,
la tua storia l’ho adorata, ma sai per quale motivo ti tolgo
quello schifosissimo punto? Perché lei è una
cretina e lui pure, che le va dietro! Cioè, ti giuro, mi fa
una rabbia che non sai! Lei è innamorata di Marco e deve
praticamente sposarsi con Ettore per rendersene conto? Non voglio
sapere cosa sarebbe successo se l’altro geniaccio
non le fosse corso dietro! Sarebbero diventati due emo? Lei
è masochista, e lui è tonto. Lol, scusa lo sfogo
XD
Premio
Speciali:
Sono
lieta di conferirti il Premio Stile, per il meraviglioso modo in cui
hai scritto questa Long. Complimenti ^^
|