Il Ballo del Ceppo. Non le era importato nulla del Ballo
del Ceppo fino a qualche settimana prima. I balli non erano fatti per lei. Lei
era fatta per lo studio. Sì, era così. Quindi al ballo non ci sarebbe andata.
Non era mica obbligatorio no? Invece era davanti allo specchio, e nervosa si
aggiustava i capelli e cercava di convincersi che il trucco era perfetto. Era
rimasta solo lei in camera, le compagne erano già tutte scese. Si guardò ancora
e venne tentata di levarsi il rossetto. Troppo scuro. Non voleva sembrare
diversa, voleva essere sé stessa, Harmione Granger, figlia di genitori babbani,
studente eccellente al quarto anno della scuola di stregoneria di Hogwarts.
Aveva mandato un gufo a casa chiedendo aiuto a sua mamma: non era mai stato ad
un vero ballo, con tanto di orchestra e abiti eleganti. Il suo ultimo festino
di capodanno l’aveva trascorso seduta su di un pouf a bere succo di pera e ad
ascoltare musica che nemmeno le piaceva. Non era fatta per le feste, tutto qua.
La tentazione, poco prima un sussurro, adesso si era ingigantita e le voleva
far levare addirittura il vestito che sua madre le aveva fatto avere. Era
delizioso e le stava d’incanto. Nella busta all’interno della scatola un
biglietto diceva “Sarai la più bella e il tuo principe non potrà non chiederti
il primo ballo. Mamma e papà.” Se non si fosse data una mossa rischiava di
perderlo il primo ballo. E per quanto
riguardava il principe beh, non era sicura che lo avrebbe trovato. Non c’era
nessuno nella scuola in grado di farle battere il cuore. O forse uno c’era, ma
era la prima a non volerlo ammettere. Eppure sapeva, lo sapeva benissimo, che
se era lì, davanti allo specchio, in preda a mille dubbi era solo a causa sua.
A causa di Ronald Weasley. Perché improvvisamente il desiderio di piacere a Ron
si era fatto tanto impellente? Ron non brillava in acume, non si poteva nemmeno
dire che fosse un adone, a volte si comportava come uno scimmione. Avrebbe
desiderato che i sentimenti che provava per lui fossero gli stessi che provava
per Harry. Invece per Ron sentiva qualcosa di speciale, e adesso desiderava più
di ogni altra cosa ballare con lui… cacciò quel pensiero come fosse una mosca
fastidiosa e tornò a guardarsi. Tolse
il rossetto con un colpo di magia e ne mise uno di tinta più chiara. Poi si
decise a scendere. Poco prima di raggiungere la Sala Grande, trasformata nel
salone da ballo, provò l’ennesima tentazione, ora un ruggito, di battere in
ritirata finché era tempo, ma ormai era troppo tardi: l’avevano vista. Ron ed
Harry erano ai piedi della scalinata con un calice in mano. Harry era elegante,
ma Ron aveva addosso un abito un po’ ridicolo e non sembrava affatto a suo
agio. Si accorse che non le importava. Era Ron. Sorrise un po’ impacciata e
andò incontro agli amici. I ragazzi da parte loro erano senza parole: non
l’avevano mai vista in quella particolare luce, e da come molti altri occhi lì
attorno fissavano la compagna scendere con eleganza gli ultimi gradini si
resero conto di non essere i soli a pensarlo.
– Ma è sempre stata così… così…-
Ron sussurrava ad Harry senza togliere gli occhi di dosso all’amica.
– Così bella vuoi dire Ron? - Ron
arrossendo vistosamente rispose:
– Cre credo di sì - lasciando che
ad Harry scappasse un sorriso. Ron era evidentemente in imbarazzo. Poi Harry vide
Cho che lo chiamava con un cenno della mano. Fece due passi verso Hermione e le
disse semplicemente “Sei bellissima” le strizzò l’occhio e con il cuore che
batteva come il martelletto di una vecchia sveglia a lancette raggiunse la
ragazza dei Corvonero. A Ron invece il muscolo cardiaco sembrava essersi preso
una vacanza: il battito era talmente rallentato che non riusciva nemmeno a
sbattere le ciglia. E gli si era anche impastata la bocca. In stato pressoché
catatonico, la lingua non voleva saperne di muoversi e lui rimaneva ebete di
fronte ad Hermione. Avrebbe voluto invitarla ma non si sentì all’altezza. Quel
ridicolo vestito che gli aveva procurato Molly, e i capelli arruffati che non
stavano in ordine… era più goffo del solito se lo sentiva: Hermione con lui
avrebbe fatto una pessima figura. E così, mentre lei attendeva l’invito, Ron
cercò il modo di uscire da quella situazione scomoda che lo avrebbe fatto
stramazzare presto al suolo. Fermò
Padma Patil che passava di lì e porse a lei il braccio: -Ba balli con me?- Lei
accettò immediatamente e i due sparirono in mezzo alle coppie già al centro
della sala. La testa di Ron era in confusione, la ragazza che aveva scelto non
gli piaceva per niente e quando si voltò per guardare ancora una volta Hermione
così “dannatamente” bella si accorse che lei non era più lì. “Stupido, l’avrà
già invitata qualcun altro. Cosa credevi… a proposito, non vedo Krum…” e mentre
si faceva venire il torcicollo per verificare che il suo presupposto rivale non
stesse a sua volta volteggiando o, peggio ancora, flirtando spudoratamente con
Hermione, si lanciava infelicemente in un valzer di cui avrebbe fatto
volentieri a meno.
Hermione aveva lasciato la sala.
Si era diretta prima a passo veloce poi correndo nel primo corridoio che le si
aprì davanti. Ora la musica giungeva come un eco lontana. E lontana voleva
andarsene, per sfogare in solitudine tutta la sua frustrazione e amarezza. Con
grande sforzo si morse le labbra per non piangere ma fu inutile: sentì bruciare
gli occhi, segno che il rimmel stava colando, così aumentò la velocità perché
aveva bisogno d’aria. Girò, singhiozzando, l’angolo e andò a sbattere
violentemente contro una persona: non cadde a terra solo perché venne sorretta
da due braccia robuste che ripristinarono in un attimo il suo equilibrio.
Il Ballo del Ceppo. Non aveva
mosso ciglio quando aveva saputo che sarebbe stato celebrato nuovamente dopo
anni di “confino”. Lui non vi avrebbe
partecipato. Punto. Non gli interessava prendervi parte. Non gli interessava
ballare. Aveva amato ballare una sola volta nella sua vita, durante la sua
primavera, insieme al suo fiore preferito. Con Lily avevano ballato a tutte le
feste danzanti della scuola fino al quinto anno. Poi avevano litigato. Ed era
arrivato James. E non avevano più ballato assieme. Anzi, lui non aveva più
ballato del tutto. Così in occasione del ballo del Ceppo Severus Piton aveva
dato a Silente la propria disponibilità a pattugliare la scuola durante la
festa: ormai era pratico. Coppiette furtive ne approfittavano per lasciare il
luogo delle danze e andare a cercare riparo in qualche anfratto del grande
edificio. Lui era lì per impedirlo, e per togliere con soddisfazione qualche
punto a qualche Casa, sebbene non si augurasse anche alla sua. Ora che si stava
avvicinando alla Sala Grande poteva sentire la musica. Era un valzer. Il ballo
preferito di lui e Lily quando ancora credeva che il mondo potesse essere
bello. Nell’osservare le studentesse abbigliate come principesse non poteva non
pensare a lei, alla sua piccola Principessa, perduta per mano di un mago
malvagio, proprio come nelle favole babbane. Ma non c’erano stati baci di
risveglio per Lily. Il solo incantesimo che lui avrebbe potuto offrirle era la
magia dell’amore, ma aveva perso quell’unica occasione, perdendo per sempre
anche lei. Nessuno alla fine era vissuto felice e contento. Ricordava, con una
nostalgia dolorosa, come per i primi cinque anni avessero fatto coppia fissa: e
amavano talmente tanto ballare che ballavano ovunque, anche nel parco, anche nei
corridoi, ogniqualvolta ne sentivano il richiamo. Per loro era quasi naturale.
Anche per lui, per l’introverso Severus. E Lily era bellissima. In quei momenti
si guardavano intensamente negli occhi: lui li ricordava, li ricordava
benissimo, e gli faceva male il cuore. Si indurì, strinse i pugni, inasprì il
viso e a passo lento riprese a percorrere inesorabile i lunghi corridoi che un
tempo ormai finito li avevano visti amici. Chissà se Harry Potter stava
ballando. Suo padre era una frana, Lily non aveva trovato miglior cavaliere,
almeno questo pensiero un po’ lo rincuorò. Effimero sollievo che cadde come un
albero sotto la scure quando ammise a sé stesso che la scarsa grazia di James
Potter come ballerino era niente in confronto ai crimini di cui si era invece
macchiato lui. Il flusso di pensieri fu interrotto all’improvviso. Venne
investito da qualcuno, poco prima di girare l’angolo di un nuovo corridoio.
L’impatto fu violento, rimase in piedi a fatica, solo grazie alla sua prestanza
fisica e al suo baricentro perfetto. Con le braccia sorresse la persona che
adesso era a pochi centimetri da lui.
– Signorina Granger la festa è da quella parte. – Stava
per aggiungere qualche cattiveria, del resto la sorte gli era stata propizia
facendolo scontrare subito con un Grifondoro che era dove non avrebbe dovuto
essere, ma le parole gli morirono in gola. La Granger stava piangendo, aveva
due segni neri che le solcavano le guance, uno le finiva nell’angolo della
bocca e l’altro le macchiava l’abito. Un bell’abito notò il professore. Se non
avesse avuto il viso impiastricciato a quel modo avrebbe detto che la signorina
Granger era bella quella sera, decisamente una bella sorpresa per chi era
abituato a vederla in divisa o con jeans e maglioncino. Hermione si scusò frettolosamente
e cercò di superarlo per proseguire la sua corsa senza mèta. Ma Piton glielo
impedì.
– Ho detto che la festa non è in questa direzione. –
- Io non sto andando alla festa,
per favore mi lasci passare. –
-E’ da quattro anni che la
conosco e che lei sia una cocciuta ragazzina un po’ petulante lo avevo capito.
Ma lei è anche intelligente per sapere che un ordine non eseguito significano
punti persi. –
- I punti in questo momento sono
la mia ultima preoccupazione – e tentò di superarlo.
Severus l’afferrò per un braccio
e fu in quel momento che capì la sua sofferenza, guardandola negli occhi.
Occhi, occhi, era ossessionato dagli occhi e dagli sguardi. Si era perdutamente
innamorato di due occhi e di uno sguardo secoli prima. Hermione in quel momento
gli ricordò il volto sofferente di Lily. Cambiò tono.
– Cosa le succede signorina
Granger? Lei è sconvolta. – Hermione era talmente fragile in quel momento che
un solo accenno di comprensione o compassione poteva avere l’effetto di rompere
il piccolo argine che con fatica tratteneva la sua amarezza. Ricominciò a
piangere ma stavolta senza riuscire a controllarsi. Con il dorso della mano
tentava di levare le lacrime che scendevano senza interruzione. Severus si
sentì stranamente a disagio. Non sapeva cosa dire né cosa fare. Iniziò dalla
cosa più semplice. Materializzò un fazzoletto e lo porse alla studentessa.
- Grazie. – mormorò appena la
ragazza senza smettere di piangere. Quante volte aveva consolato Lily? Lo
percorse un brivido e si ritrovò a parlare.
- Chi è la causa di queste
lacrime signorina Granger? - Doveva per forza essere un ragazzo il colpevole.
Anche se gli era difficile pensare ad una Granger in pena per questi motivi.
Hermione rispose subito, senza esitare. Nemmeno lei sapeva perché si stesse
confidando proprio col professor Piton, il più antipatico e asociale che lei
ricordasse da quando aveva messo i piedi sotto un banco di scuola.
- Desideravo un ballo, solo un
ballo… ma ha scelto un’altra. Cos’ho che non va?- Piton sollevò un sopracciglio
come era solito fare: - Che Potter fosse stupido non avevo dubbi, ma che fosse
anche cieco… forse dovremo fargli cambiare gli occhiali.- Ma Piton ce l’aveva
sempre con Harry? Hermione adesso era divisa tra la voglia di continuare a
piangere, e ne aveva, e quella di sorridere di fronte all’ottusità “simpatica”
del suo insegnante di Pozioni.
- Non mi riferivo a Harry –
rispose alla fine tirando su col naso.
Piton si sentì un po’ idiota idiota ma fu una sensazione
fugacissima appena realizzò l’altra possibile verità. – Non starà parlando di
Weasley! – Il tono era talmente allibito che stavolta Hermione non potè
trattenere un sorriso. Piton se ne accorse.
– Lo vede? Lei stessa se ne sta
rendendo conto. –
- Lei è ingiusto professore. Ron
è molto di più di quello che sembra. -
- Sento odore di giustificazione
non giustificante… signorina Granger. –
- Cosa vuol dire. –
- Lei lo sa benissimo cosa voglio
dire. In realtà lei adesso lo vorrebbe vedere strangolato da un troll. Tutto
qui. – Hermione sorrise di nuovo: era anche divertente quando voleva il loro
nerissimo pipistrello. Si ritrovò a guardarlo profondamente in volto per la
prima volta. E non le parve più tanto terribile. Tornò in difesa di Ron.
- Lei ha ragione, ma a Ron ci
tengo davvero. Anche se non se lo merita. –
- Continuo a non capire cosa ci
possa trovare in lui una come lei, ma ho anche una certa dose di esperienza per
capire che certe volte non c’è una risposta logica a quesiti come questi. – e
tornò per un attimo alla sua esperienza personale. Si incupì. Ed Hermione si
accorse dell’ombra che gli annerì gli occhi, se potevano essere ancora più neri
di quello che erano. Nel momento in cui lei formulò il pensiero Piton reagì in
maniera che mai si sarebbe attesa. La invitò a ballare.
- Ballare con me? – Hermione
aveva due occhi tondi come due padelle.
- Vede qualcun altro qui
signorina Granger? –
- No ma… -
- Vuole ballare o no? – Hermione
pensò in un nanosecondo che anche loro evidentemente erano colpevoli di
pregiudizi verso il professore, esattamente come lui lo era nei loro confronti.
Quindi perché non superare questa logica dell’ “a priori” e applicare invece
quella della “possibilità”? Rispose sì. E mai un sì le si rivelò portatore di
grande sorpresa. Il professore, con l’eleganza che gli era solita, ma senza la
rigidità e l’alterigia che sembravano conrtraddistinguerlo solitamente, le
cinse la vita con un braccio e con l’altro le prese la mano.
Severus sentì la mano della
giovane tremare leggermente. Il contatto gli procurò di nuovo una serie di
ricordi. E si ricordò improvvisamente quanto era stato bello ballare. I piedi
iniziarono a muoversi da soli, la musica giungeva lieve. D’un tratto la
distanza temporale da quei lontani anni svanì. Hermione era aggraziata e
leggera, come Lily. Il tremore dalla mano sparì, anche per lei il movimento era
diventato fluido e si sentiva perfetta in quelle braccia.
– Dove ha imparato a ballare così
bene signorina Granger? -
- Mi ha insegnato mio padre… e
lei professore? -
- Me lo ha insegnato un’amica. –
Non si dissero altro: Hermione
aveva intuito che era meglio non chiedere di più. La musica volava e loro
volavano con la musica. Si sentiva davvero una dama d’altri tempi, proprio come
le principesse della favole. Non aveva idea di aver evocato una principessa
scomparsa 15 anni prima. Lei osservava il suo cavaliere e gli scorgeva nello
sguardo emozioni a stento trattenute. Quale passato nascondeva Severus Piton?
Si dimenticò per un attimo che quello era un professore, anzi quel professore,
temuto e odiato da così tanti studenti. Per la prima volta vide un uomo. E
assieme all’uomo una vita privata di cui nessuno aveva il minimo sentore. Da
quella posizione il professor Piton poteva anche essere affascinante. Perse il
conto delle musiche che seguirono in quei minuti. Poi improvvisamente lui si
fermò.
- Bene signorina Granger, credo
sia ora che lei raggiunga i suoi compagni e trovi un adeguato ballerino…
L’orchestra suonerà fino a tardi.
Sarebbe un peccato sprecasse la sua grazia nei corridoi: va mostrata. – A Hermione
dispiacque. Lei avrebbe ballato nel corridoio tutta la sera. Con lui. Nessuno
in sala le avrebbe offerto la medesima emozione. Nessuno ballava così bene. Ma
non ebbe il coraggio di contraddirlo. Lo guardò fisso un’ultima volta, nelle
orecchie ancora il tono basso ma gentile della sua voce, sulla mano e sul
fianco ancora la delicatezza del suo tocco.
– La ringrazio professore. Lei mi
è stato di grande, diciamo, conforto. –
- Signorina Granger, gradirei
molto anzi, esigerei, che non lo raccontasse in giro. Soprattutto ai suoi
amici. E’ abbastanza intelligente da capirne il motivo. -
- Conti sul mio silenzio
professore. – Lo guardò intensamente ancora una volta e si voltò per
raggiungere la Sala Grande.
- Signorina Granger! –
- Sì professore? – Per un secondo
sperò che avesse cambiato idea.
- Tergeo. – Lo guardò corrugando un attimo la fronte
mentre lui riponeva la bacchetta appena utilizzata.
- Aveva ancora il viso tutto
imbrattato. Non vorrà far sapere a tutti che ha pianto vero? – Hermione arrossì
un po’ e gli sorrise. Poi si voltò e di corsa scomparve. Piton amò quell’ultimo
sorriso: sapeva di gioventù, di sincerità, di freschezza. Tornò sui suoi passi,
al suo vigile compito. Non sapeva che da quella sera Hermione lo avrebbe
guardato con occhi diversi. Non sapeva nemmeno che, nascosto dietro una tenda,
Harry Potter aveva visto e sentito tutto. uel ridicolo abito che gli avevqu