Il pomeriggio nel villaggio si avvicina
alla sera, con una sfumatura sempre più scura nel cielo terso.
Un'alta figura avanza verso la piazza,
dove alcune donne sono ferme a parlare tra loro ed i bambini giocano a
rincorrersi tra le gambe degli adulti, provocando rimproveri e sorrisi
indulgenti.
Con un fruscio del mantello si blocca di
colpo, guardandosi attorno con aria pensierosa mentre si scosta dal volto le
lunghe ciocche di capelli neri, svelando al sole il volto di un uomo appena
uscito dall'adolescenza.
Riprende a camminare quasi con indolenza,
lasciando vagare i suoi occhi azzurri verso l'orizzonte.
Di solito i massacri riescono meglio con
lo sfondo di un cielo nero e la luce della luna a illuminare i corpi stesi a
terra senza vita, ma ormai si è talmente abituato alla morte da non aver bisogno
della scenografia adatta per reputarsi soddisfatto del suo operato.
Gli abitanti del villaggio lo guardano,
sorpresi che lui non risponda ai loro saluti e continui ad avanzare per la
strada con lo sguardo perso nel vuoto.
Il giovane uomo sorride, una piega delle
labbra che attraversa come un taglio il suo volto crudele.
È giunto il momento di svelare a questi
abitanti la sua reale identità, gettando quel velo di bravo e dolce ragazzo che
avviluppava la sua figura tenebrosa. Li ha ingannati tutti in quelle settimane
in cui è vissuto come un normale ragazzo del villaggio, mescolandosi con quelli
che, un tempo, avrebbe potuto considerare suoi simili.
Ma, in fondo, lui non è mai stato come
gli altri.
L'uomo avanza nella locanda con passo
sicuro, nonostante le occhiate ostili più o meno evidenti di tutti gli avventori
e le macchie sospettosamente rosse che i suoi passi lasciano sul
pavimento.
La sua venuta non è mai stata accolta in
altro modo, come se le persone riuscissero a intuire la diversità di quella
figura che in ogni attimo della sua vita lotta e si intreccia con la
morte.
Nel silenzio generale si avvicina
all'oste e abbassa il cappuccio, rivelando un volto sorprendentemente
giovane.
Poche parole sussurrate lievi come il
vento prima che lo straniero salga le scale diretto ad una delle camere, facendo
così svanire quella strana atmosfera di paura e oppressione che aveva
generato.
La gente seduta ai tavoli riprende a
respirare.
L'uomo si toglie il mantello,
appoggiandolo sul letto, prima di sedersi sulla sedia con lo sguardo perso nel
vuoto. I suoi occhi di ghiaccio vagano per la stanza senza posarsi su nulla di
particolare, mentre sente il sangue inumidirgli la gamba e scivolare a terra
dalla ferita ancora aperta che ha sulla coscia.
Non la fascia neppure, sa che tra qualche
minuto si rimarginerà da sola senza lasciare alcuna traccia.
-Sono stanco.- sussurra al silenzio della
stanza, senza particolari emozioni.
Subito Lei compare alle sue spalle, una
figura con lunghi capelli argentei, avvolta da un contorno di luce che rende
difficile scorgerne i tratti precisi.
-Perchè sei umano.- un soffio che lo fa
rabbrividire.
Ancora non si è abituato a quella voce
che sembra scavargli dentro, penetrare in ogni fibra del suo essere e lasciarlo
nudo, in un abbraccio di comprensione e dolore; eppure negli ultimi mesi ha
visto spesso questa figura, ed ogni volta i suoi contorni sono meno nitidi, ogni
volta la sua voce appare più distante.
Abbassa lo sguardo.
-Non riesco a continuare.-
Le sue dita pallide si aggrappano
scompostamente alla veste come in preda ad un dolore intollerabile, sono l'unico
segno del turbamento che non traspare in alcun modo dal volto troppo giovane per
essere così impassibile.
-Non ti è concessa la facoltà di
scegliere.- sussurra la voce, accarezzando le parole con un velo di
dispiacere.
L'uomo si volta verso di lei, nonostante
il suo sguardo non riesca a penetrare i lunghi capelli che la figura tiene
davanti al viso, sente ugualmente un paio di occhi sconosciuti bruciargli
l’anima.
-È la mia vita!-
-Da quando hai ricevuto questo potere, la
vita non ti appartiene più.-
-Io non l'ho desiderato!- urla, la sua
espressione si trasfigura in una maschera di lancinante sofferenza, finalmente
dalla sua impassibilità affiora la rabbia per quel patto che avrebbe dovuto
renderlo il protettore degli umani e invece l'ha sprofondato in una solitudine
gelida e tagliente.
- È il tuo destino.-
L'uomo si accascia sotto quella parola
che lo imprigiona in un'esistenza di buio e abbandono.
-Lasciami morire.- sussurra in un soffio
di dolore.
In silenzio la figura allunga una mano
verso di lui, senza nemmeno sfiorarla la ferita sulla coscia scompare, perfino
il sangue che gli incrostava la gamba viene sostituito da una fuggevole
sensazione di calore.
-Ancora non è giunto per te il momento di
deporre le armi.- mormora prima di dissolversi in numerosi frammenti di luce che
subito svaniscono, restituendo alla stanza la cupa atmosfera che le è
propria.
L'uomo continua a fissare davanti a sè,
l'ultima scintilla dorata si spegne prima ancora di raggiungere la spada
azzurra, appoggiata ad un angolo del letto come per nasconderla alla
vista.
Stancamente si rimette a mangiare il cibo
ormai freddo che l'oste gli aveva portato.
La carne e le verdure si mescolano nella
sua bocca in un sapore ferruginoso che l'uomo conosce fin troppo bene per non
associarlo al sangue.
La mano gli trema, è più forte di lui,
non riesce a tenerla ferma. Anche se adesso è liscia e asciutta, anche se le
tracce del sangue nerastro che l'ha ricoperta innumerevoli volte sono scomparse,
sa che non potrà mai più essere pulita.
Appoggia la forchetta sul tavolo e si
allontana di scatto, un sorriso appena accennato in un volto che rivela il suo
turbamento unicamente con l'incredibile pallore.
Ormai, tutto quello che tocca ha il
sapore del sangue.
Il demone si guarda attorno,
soddisfatto.
Il sangue è ovunque nel villaggio,
gocciola dai suoi artigli verso una terra vermiglia, ed il suo odore ferruginoso
pervade l'aria. Adesso, questo rosso caldo e appiccicoso, non gli dà più
fastidio.
È il suo marchio, il segno del suo
passaggio, l’emblema della sua maledizione.
Dove prima c’erano donne e bambini che
giocavano nelle ultime ore del giorno, adesso ci sono solo corpi irriconoscibili
e contorti, le persone con cui ha condiviso la sua vita nelle ultime settimane
hanno all’improvviso terminato la loro esistenza.
Afferra per il bavero della tunica uno
dei pochi abitanti ancora rimasti in vita, che si contorce dal dolore mentre lo
squarcio sul suo petto lo avvicina sempre più alla morte.
-Dov'è?- chiede, senza nemmeno menzionare
l'oggetto del suo interesse.
-Cosa...le farai? Ucciderai anche
lei?-
Una smorfia irritata prende il posto del
ghigno con cui, fino a quel momento, ha dispensato morte e
sofferenza.
Non ci ha ancora deciso, nonostante sia
stato solo per lei che è arrivato in quel villaggio tanti giorni
prima.
Il demone avanza stranamente pensieroso
in quella strada percorsa una volta sola, eppure mai dimenticata.
Non sa perchè, ma sente che uccidere lei
lo porterebbe ad un ulteriore distacco dal suo passato. Forse perchè i suoi
occhi sono l'unico ricordo della sua vita umana che ancora lo lascia interdetto,
in un misto di irritazione e nostalgia, fuggevoli come il profumo del
mare.
E, per il demone, ogni piccola fonte di
turbamento è un pericolo che va distrutto.
Dopo pochi passi vede avvicinarsi una
ragazza minuta dai lunghi capelli castani che, stranamente, gli sembra
familiare.
Solo quando incrocia i suoi occhi chiari,
si rende conto di quanti anni siano passati dalla sua prima ed ultima visita,
per trasformare una bambina in quella giovane donna che gli sorride con aria
timida.
Qualcosa lo trattiene dall'ucciderla sul
posto e distruggere poi l'intero villaggio, non pietà, nè un qualche sentimento
di affetto, ma solo un curioso interesse per quella ragazza incontrata tanto
tempo prima, in un passato che non rinnega né rimpiange.
Le sorride di rimando, nascondendo il suo
desiderio di sangue dietro un atteggiamento falsamente amichevole.
Per ora la lascerà in
vita.
Il demone guarda l'uomo, ancora in attesa
di una sua risposta.
-Potrei farlo, la sua vita mi
appartiene.- sussurra mentre lo trafigge a fondo con i suoi artigli.
L'uomo tossisce sangue prima di reclinare
il capo, gli occhi aperti in un'espressione di sofferenza.
Nessuno sa che il demone, quando era
ancora umano, le ha salvato la vita.
L'uomo stringe con entrambe le mani la
sua spada azzurrina.
Appena uscito dalla locanda in cui ha
passato la notte si è rimesso in cammino, le voci secondo cui una bambina era
stata rapita da un ladro non hanno catturato la sua attenzione, finchè un grido
gli ferisce le orecchie, un suono di paura e orrore che gli porta alla mente
un’unica, nitida parola.
"Demoni."
Una sensazione di morte lo assale
all’improvviso.
Negli anni ha imparato a riconoscerne
l'odore, che adesso lo assale come una silenziosa accusa. Sapendo già cosa
potrebbe trovare, corre verso il luogo dove ha sentito quell'urlo troppo
infantile.
Innumerevoli volte ha visto bambini
strappati crudelmente alla vita, ma non è mai riuscito ad abituarsi alla morte
che pure gli fa da compagna. La sua mente gli si rivolta al pensiero di ciò che
potrebbe trovare questa volta; non riuscirebbe a sopportarlo.
Avanza lo stesso, come ha sempre
fatto.
In fondo, questo è il suo
Dovere.
Arriva di corsa, la mano che stringe
spasmodicamente la spada azzurrina e gli occhi rivolti verso un essere grottesco
con gli artigli sporchi di sangue; a terra il corpo di un uomo senza vita,
probabilmente un predone nomade, a giudicare dai suoi abiti.
La lotta come al solito è breve e
dolorosa, ancora una volta gli squarci che dilaniano il suo corpo non sono
abbastanza profondi per regalargli la pace ed in un attimo il demone cade a
terra, ferito mortalmente.
L'uomo si avvicina ad una piccola figura
tremante, mentre un'ondata di sollievo ed incredulità lo travolge. È arrivato in
tempo, la bambina piange spaventata ma è ancora viva.
L'abbraccia stretta, per un attimo non
crede al sollievo di averla salvata; l'idea di aggiungere alla sua lista di
morte un altro corpo tanto piccolo e fragile lo percorre con un’ondata di
sofferenza e nausea.
Confusamente sa che ci devono essere
state altre volte nel passato in cui è riuscito a salvare le persone dagli
attacchi dei demoni, ma le immagini di corpi sanguinanti e lacrime e dolore
ancora fresco nell'aria fremente rendono il ricordo di quei momenti un'eco
sbiadita e appena percettibile.
Nel suo cuore le vite perse non si
compensano con quelle salvate.
La bambina si calma quasi subito, l'uomo
sente le sue piccole mani che si aggrappano spasmodicamente alla sua giacca di
cuoio ormai logora, come ad un appiglio insperato, ma le lacrime hanno già
lasciato il posto ad un'espressione incuriosita.
-Stai bene?- le chiede, sorpreso di
sentire la propria voce vibrare di emozioni, quando ormai da anni è solitamente
incolore come la sua espressione.
Lei annuisce, poi il suo viso si contrae
in una smorfia preoccupata quando si accorge che il suo salvatore sta
sanguinando copiosamente dalla ferita sul torace.
-Morirai come le altre persone?- gli
chiede con una voce infantile che suona di paura.
L'uomo le sorride, pronunciare la sua
condanna non gli sembra così doloroso se serve a rassicurare quella
bambina.
-Io non posso morire. Sono
immortale.-
La bambina rimane in silenzio un secondo,
cercando di comprendere quella parola troppo grande per lei.
-Cosa vuol dire?-
-Che le mie ferite guariranno e rimarrò
in vita.-
Le piccole mani aggrappate alla sua
giacca allentano la loro stretta, andando delicatamente a curiosare sulla sua
ferita in un istintivo bisogno di trovare conferma alle sue parole.
-E qual è il contrario di
immortale?-
L'uomo fa un sorriso strano, senza
allegria.
-Il contrario di immortale? È
umano.-
La bambina lo guarda
pensierosa.
-Non capisco.- mormora come per
scusarsi.
-Non è importante.-
Un sorriso di dolce innocenza che per
l'uomo è assieme bello e doloroso.
La prende in braccio, avviandosi verso il
villaggio.
-Come ti chiami?-
-Eharwin.-
Il demone socchiude gli occhi.
Questo ricordo è rimasto a molestare la
sua mente, nonostante nessuna particolare emozione lo accompagni, tranne un
indefinibile turbamento.
Un altro abitante del villaggio si getta
in una fuga disperata verso il bosco, calpestando i cadaveri che ormai hanno
preso il posto della terra.
Il demone non lo guarda nemmeno mentre
gli appare davanti e, con un'unica unghiata, gli strappa la vita.
Anche questa volta uccidere è stato
incredibilmente facile, ma, ormai non se ne stupisce più. In fondo, è sempre
stato un ottimo assassino anche da umano, ha solo cambiato il tipo di
bersaglio.
Non ricorda la prima volta che le sue
mani si sono sporcate di sangue, probabilmente quando ancora dentro di lui
ardeva l’illusoria convinzione che bastasse il suo impegno per sconfiggere tutti
i demoni ed il suo cuore si rivolgeva scioccamente ad un ideale di pace e
giustizia.
Sorride ironicamente senza alcuna
sfumatura di umanità.
Non si aspettava che uccidere un umano
fosse esattamente come uccidere un demone.
Le gocce di pioggia rimbalzano su una
figura a capo chino circondata da corpi privi di vita.
La spada azzurrina che tiene in mano per
la prima volta è macchiata di rosso. L'uomo la fissa con uno sguardo
indecifrabile.
È quasi sorpreso, non tanto delle sue
azioni, quanto delle conseguenze.
È stato facile.
Facile e consolante.
Immergere la spada in quei corpi
terrorizzati, strappare la loro vita in un sussurro e vedere gli occhi diventare
vitrei in un battito d'ali, il potere di dispensare la morte non per un patto
strappato con l’inganno, ma per assecondare unicamente la propria
volontà.
Non sa perchè l'ha fatto.
Forse per i loro sguardi impauriti, forse
per la tacita accusa con cui l'hanno accolto, rimproverandogli di essere
arrivato troppo tardi per salvare dal demone uno di loro…
Ormai non ha più importanza.
Mentre li uccideva, ha sentito che il
dolore dentro di lui si risvegliava, attraversandolo in un’ondata violenta,
eppure, per la prima volta, quasi piacevole.
Rivolgere l’odio ed i sensi di colpa
verso le altre persone anzichè lui stesso è stata una liberazione.
Tocca il sangue sulla lama azzurrina, ora
meno splendente del solito, macchiandosi le mani di rosso, poi
sorride.
Ora sa come combattere il dolore, come
far tacere quella voce dentro di lui che lo tortura per non essere arrivato in
tempo.
All’improvviso sente una fitta
all’imboccatura dello stomaco. Si volta subito, sapendo già che Lei è
arrivata.
Adesso è nitida, come mai lo era stata
prima, tutti i suoi contorni soffusi di luce appaiono chiari e definiti ai suoi
occhi, eppure ancora non riesce a capire se è un uomo o una
donna.
Il demone solleva da terra il capo del
villaggio, uno dei pochi che ha cercato di opporre resistenza, e adesso non
riesce nemmeno a mettersi in piedi a causa delle numerose ferite.
-Perchè?- sussurra il vecchio
agonizzante, prima di esalare l'ultimo respiro sotto le sue dita.
Il demone sorride.
Sempre la stessa domanda.
-Perchè l'hai fatto?- non è un rimprovero
o un’accusa, eppure il giovane uomo si sente schiacciare dalla semplice presenza
di quella figura ammantata di luce che, nonostante la nitidezza dei suoi tratti,
sembra più lontana e irraggiungibile del solito.
-Perché soffrivo.- risponde, quasi
sorpreso che basti una singola parola per descrivere la lacerante emozione a cui
non è più riuscito a opporsi.
-Lo so.- mormora la voce della creatura
-Ma in questo modo non riuscirai a cancellare ciò che ti tortura
l’anima.-
-Non ho cancellato il dolore dentro di
me. Ho lasciato che mi divorasse, senza oppormi. E, adesso, sono parte di
lui.-
-Dovevi combattere il dolore. Non
assecondarlo.-
L'uomo sorride, gli occhi fanno
intravedere per un attimo la profonda sofferenza che lo sta consumando, un fuoco
gelido di sangue e rabbia.
-Ho scoperto che è più facile distruggere
che preservare.-
-Il tuo compito non è quello di scegliere
ciò che è facile, ma ciò che è giusto.-
-E cos’è giusto? Soffrire
inutilmente?-
I lunghi capelli argentei della creatura
si agitano appena, eppure la voce, nonostante rimanga bassa e priva di emozioni,
appare quasi minacciosa.
-Con la tua sofferenza salvi la vita ad
altri.-
Il guerriero scuote la testa.
-Oh, certo! Combattere i demoni, salvare
gli umani e far vivere tutti felici e contenti.- recita con scherno come fosse
una filastrocca, tornando subito dopo serio.
La figura di luce rimane in silenzio,
solo un fuggevole guizzo di compassione gli attraversa il viso, mentre l’uomo
continua il suo monologo.
-Ma non ha senso continuare a uccidere i
demoni. Non basta. Non basta mai!- urla con amarezza. Per la prima volta sente
risvegliarsi un odio profondo nei confronti di quella figura che gli ha donato
un’eternità di dolore e solitudine -Lo sai quante volte sono arrivato tardi? Lo
sai quanto sangue ha bagnato le mie mani?-
Una mano si allunga verso di lui, in un
gesto di comprensione che, per un attimo, gli fa sanguinare il cuore.
Gli sfiora la guancia, raccogliendo una
lacrima che l’uomo non si era accorto di aver generato e ritirandosi subito
dopo, lasciandogli solo la bruciante sensazione del suo tocco sulla
pelle.
-Tu ci credevi. Amavi gli uomini, eri
pronto a dare la vita per proteggerli e sacrificare il tuo cuore per salvarli.
Per questo sei stato scelto. Per questo Io ti ho scelto.-
L'uomo abbassa lo sguardo, non per
timore, solo per raccogliere i pensieri ed esprimere a parole una consapevolezza
che si è radicata in lui ad ogni ferita, ad ogni goccia di sangue versata, ad
ogni lacrima che ormai non ha più sapore.
-Quando dai troppo al bene è più facile
volgergli le spalle.-
Lentamente la figura alza una mano,
scostandosi i capelli dal volto.
Il guerriero indietreggia istintivamente
nell’incrociare i suoi occhi di fiamma, che lo perforano gelidi e ardenti fin
nel profondo della sua anima. Abbassa lo sguardo, cercando invano di cancellare
il dolore di quella visione.
-Se ti darai al male eguaglierai quelli
che combatti.- la sua voce di spine lo circonda in un abbraccio di amara
ineluttabilità, per un attimo lui esita, aggrappandosi a quest'ultimo vincolo
che ancora lo trattiene in un'esistenza maledetta eppure familiare.
Afferra la spada, il metallo brucia come
fuoco contro le sue mani.
-Almeno adesso sarò io a scegliere la mia
dannazione.- ringhia, mentre con il volto distorto dalla rabbia compie un
affondo verso la figura di luce di fronte a lui.
La spada si rompe, divisa in tanti
frammenti che scivolano a terra come lacrime cristalline e rimangono immobili,
luccicanti echi di un pianto giunto troppo tardi.
L'uomo si piega in sè stesso, cercando di
contenere il dolore che lo attraversa in una vampata crudele e gelida,
cancellando ogni fibra del legame con quell’arma che, in quegli anni, è stata
l’unica sua compagna.
Poi scoppia a ridere, un suono gutturale,
profondo.
Crudele.
La figura vestita di luce inizia a
oscurarsi, i suoi tratti si fanno sempre più soffusi e lontani, solo gli occhi
di fiamma bruciano per un attimo ancora l'animo di quello che, fino a poco tempo
prima, era un essere umano.
-Addio Kiros.-
Il cielo comincia ad incupirsi, quasi
volesse piangere la strage del villaggio; il demone si ferma, appoggiandosi ad
una delle case rimaste intatte, mentre i suoi occhi riflettono le fiamme che lo
circondano.
Adesso non gli resta che attendere
lei.
L'unica persona che ancora lo interessa e
che, forse, potrebbe risparmiare.
Cammina a passi lenti, stranamente
riluttante a raggiungere il villaggio.
Il peso della bambina contro il suo petto
riesce quasi a cancellare quello della spada azzurrina legata al suo fianco
destro.
Guarda il viso infantile appoggiato sulla
sua spalla, i lineamenti rilassati nel sonno e le mani strette a pugno che gli
circondano il collo, in un abbraccio che, in quel momento, lo fa sentire
padre.
Uno strano sentimento lo pervade
all'improvviso, per un attimo sente nella sua bocca il sapore delle
lacrime.
Raggiunge il villaggio senza smettere di
pensare che, in un'altra vita, il gelo del suo cuore avrebbe potuto essere
rimpiazzato dall’amore per una famiglia.
La bambina non si sveglia quando passa
tra le sue braccia a quelle della madre, piangente per il sollievo di riaverla
sana e salva.
L'uomo si allontana senza dire una
parola, la solitudine torna ad avvilupparlo con il silenzio opprimente che l'ha
accompagnato per tutti quegli anni.
Il demone si scosta dal muro a cui era
appoggiato, cominciando a camminare tra i cadaveri senza nemmeno guardarsi
intorno. Sa che tra breve lei arriverà, e allora dovrà decidere il suo
destino.
Il cielo sempre più cupo lo sovrasta, il
giusto sfondo per quella figura di tenebra.
Un sorriso crudele compare nel suo volto,
mentre i suoi artigli sporchi di sangue riprendono la loro normale forma
umana.
-Eharwin, piccola dolce Eharwin, è giunto
il momento di prendere il tuo posto al mio fianco.-
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