Il Palcoscenico Di Un Bacio
Il
Palcoscenico Di Un Bacio
Quando arriva il momento,
quel momento in cui
capisci che stai per avere un primo appuntamento con una persona
meravigliosa
che ti ha cambiato la vita la prima cosa che ti viene in mente, anche
se non
sei un atleta, è correre. Correre il più lontano
possibile, perché nonostante
l’attesa e la gioia senti che un altro sentimento prende
possesso di te: la
paura.
Per una donna la paura si
tramuta in domande:
gli piacerò? Andrà tutto bene? Mi
vestirò adeguatamente? Succederà qualcosa? Mi
bacerà? Dovrò baciarlo io?
Potrebbero sembrare domande
alquanto stupide e
banali ma ogni donna, almeno una volta, se l’è
poste con la speranza che per
ognuna di quelle domande sarebbe riuscita ad ottenere la risposta che
voleva ed
anelava.
Be’, io,
Francesca, stavo vivendo proprio quel
momento.
Il mio appuntamento con
Jacopo si stava
rivelando come tutti gli altri miei primi appuntamenti con ragazzi
conosciuti
in chat. Imbarazzante e anche stranamente adrenalinico. Era come il
sentimento
che prova un attore prima di andare in scena, l’attesa per
quello che sarebbe
potuto succedere e il nervosismo per la reazione del pubblico. Solo che
nel mio
caso lo spettacolo era già cominciato ma l’ansia
non ne voleva sapere di
svanire.
Quell’attesa
prima di salire sul palcoscenico rischiava di diventare eterna.
Aveva detto di volermi
portare in un posto
“strategico” che tradotto significava in un luogo
romantico. Tutto ciò
contribuiva a rendermi ancora più nervosa e allo stesso
tempo curiosa. Non
avevo mai frequentato ragazzi che potevano in qualche modo tenere
davvero a me
e quindi non mi era mai capitato che qualcuno progettasse un primo
appuntamento
perfetto.
Durante il tragitto in
macchina, che si stava
rivelando quasi eterno a causa del traffico per il ritorno dei romani
dalle
vacanze estive, cercai in tutti i modi di non far mai scendere il
silenzio tra
di noi. Non sarei riuscita a sopportarlo: dentro di me ero
l’imbarazzo fatto
donna e reggere un silenzio glaciale non era tra i miei progetti
più prossimi.
Fortunatamente
sembrò che neanche Jacopo
avesse intenzione di chiudere la bocca e fui piacevolmente sorpresa nel
comprendere quanto fosse piacevole parlare con lui. Eravamo diversi,
inutile
negarlo, eppure la nostra diversità ci univa in un modo
strano. Non riuscii a
spiegarmelo, era come se lo avessi conosciuto da sempre, come se il mio
cervello non provasse alcun tipo di riserva nei suoi confronti. Con lui
mi
sentivo, per la prima volta in tutta la vita, libera di poter
affrontare
qualsiasi argomento senza provare il timore di essere giudicata.
Era un sensazione piacevole,
molto
liberatoria, e assolutamente inebriante.
Mi
sentivo strana ma non in modo negativo, era come se avvertissi in me il
bisogno
quasi impellente di essere assolutamente me stessa con lui. In genere
durante
un primo appuntamento si cerca di mettere in risalto i propri pregi, di
coprire
i difetti per fare in modo che l’altra persona sia sempre
più attratta, ma
quella volta per me non fu così. Avevo raccontato tutti i
miei difetti a Jacopo
durante le nostre chiacchierate infinite in chat e questo mi rendeva
stranamente tranquilla: il mio essere ansiosa, il mio non essere
appassionata
di musica, la paura che lui potesse restarci eccessivamente male
perché magari
non avevamo troppi interessi in comune. Tutto questo non mi spaventava,
forse
perché lui mi aveva assicurato che non gli importava nulla
dei miei difetti.
Ripensando a come me lo aveva detto mi venne quasi da ridere.
“Io capisco le
persone al volo e i tuoi
difetti non m’interessano.”
Questo mi aveva scritto
quando io durante una
delle mie crisi isteriche in chat cercavo di allontanarlo per paura di
avere
un’altra delusione. Era la mia tattica: cominciavo a
descrivere tutti i miei
difetti, sia fisici che caratteriali, per indurre l’altra
persona a scappare, a
non chiedermi un incontro.
Lui non era scappato.
Lui era lì, per
me.
Lui che aveva deciso di
organizzare quell’appuntamento
in modo che io stessi tranquilla e rimanessi stupita.
Guardai con dolcezza il suo
profilo mentre
continuava a guidare e a parlare a ruota.
Stava cercando di farmi
sentire a mio agio,
voleva che passassi una bella serata e lo stava facendo solo per me.
Sorrisi
mentre lui non la smetteva di parlare e io a malapena recepivo quello
che
diceva troppo impegnata ad analizzare il suo volto
all’apparenza così
rilassato.
Osservandolo
mi resi conto per la prima volta di quanto avessi desiderato
incontrarlo in
quel mese trascorso solo a chattare e il cuore cominciò a
battere più forte
mentre avvertivo con chiarezza che le mie guance stavano per diventare
di un
rosso così vistoso che se lui si fosse voltato mi avrebbe
scambiata per un
semaforo.
Distolsi
lo sguardo e puntai gli occhi dritto davanti a me.
-Uhm…- disse lui
pensieroso guardandosi
intorno mentre continuava a guidare.
Alzai un sopracciglio
sorpresa e lo guardai.
-Ti sei perso?- chiesi
divertita.
-Non mi sono perso
è solo che ho qualche
problemino con le strade. Non ricordo bene come arrivare a
destinazione-
rispose falsamente risentito.
-Io non ti posso aiutare,
è già tanto se
conosco qualche strada. Quando distribuivano il senso
dell’orientamento ero in
bagno.-
Lui rise e
continuò a guidare cercando di
capire che strada prendere. Arrivato ad un bivio, addirittura, decise a
caso
dove svoltare. Andò a sinistra e io cominciai a pensare che
potevamo anche
perderci, non mi sarebbe dispiaciuto restare in quella macchina a
parlare con
lui. Il luogo non era importante, non quanto sapere ancora qualcosa di
lui e
non quanto ascoltare la sua voce e i suoi racconti.
Guardandomi intorno notai
che eravamo arrivati
in posto dove non c’era assolutamente nessuno, sembrava
desolato.
-Hai intenzione di portarmi
in qualche vicolo
per uccidermi?- chiesi curiosa.
-No, sto solo
cercando… Eccolo!- esclamò
contento.
Davanti a noi
c’era un piccolo spiazzo in cui
erano parcheggiate alcune auto. Sembrava tutto occupato ma per nostra
fortuna
c’era ancora un posto libero. Jacopo parcheggiò e,
dopo aver spento la
macchina, si voltò sorridendomi. Ricambiai il sorriso e
scendemmo dall’auto.
Eccola lì. Appena
posai un piede a terra l’ansia
stava tornando a bussare imperterrita alla porta della mia povera
mente, e non
solo: mi stava anche mandando la pressione alle stelle.
Speravo veramente di uscire
viva da
quell’appuntamento.
Avevo appena chiuso lo
sportello dell’Alfa 156
di Jacopo quando mi voltai di scatto e per poco non urlai dallo
spavento. Lui era
alle mie spalle e non mi ero neanche resa conto di come ci fosse
arrivato tanto
ero presa dai miei pensieri. Mi fece un sorriso e chiuse a chiave anche
il mio
sportello.
-Scusa, devo chiudere anche
il tuo sportello.-
-Ah, io…
Certo…- risposi cercando di
riprendermi mentre il cuore continuava ancora a battere velocemente per
il
piccolo spavento.
Cominciavo a pensare
seriamente che
quell’appuntamento avrebbe sul serio attentato alla mia vita.
Si stava
rivelando meno strano di quanto avessi immaginato ma comunque sentivo
che c’era
ancora troppo imbarazzo nell’aria, e anche se lui lo avrebbe
negato avevo la
sensazione che quell’imbarazzo non proveniva soltanto da me.
Adesso arrivava la parte
più difficile: i
centimetri di distanza. Erano una cosa che odiavo! Non riuscivo mai a
capire,
durante un primo appuntamento, a che distanza si dovesse camminare
l’uno
dall’altra. Insomma se la distanza era troppo breve
c’era il rischio di
sfiorarsi e per il mio stato d’animo era molto simile ad
un’iniezione di
adrenalina in un cuore tachicardico, perciò rischiavo la
morte. D’altra parte
non potevo di certo camminare a tre metri da lui, avrebbe potuto
pensare che mi
stavo annoiando o che non m’interessava. Quella di certo era
l’ultima che
volevo perciò cercai di trovare una via mezzo, restando
vicina ma non troppo,
quel tanto che bastava per far avvertire la mia presenza.
Accidenti a me e a tutti i
problemi che mi
facevo!
Proprio perché
cominciavo a farmi tutti quei
problemi iniziai a capire quanto Jacopo mi piacesse, avevo il terrore
di fare
qualche stupido errore e di lasciarmelo sfuggire da sotto le mani, come
se
potesse svanire nel nulla alla minima mossa sbagliata.
Presi
un respiro cercando di non farlo sembrare troppo evidente e lo
seguì verso
l’ingresso di quello che da fuori sembrava un giardino
pubblico. Varcammo la
soglia del cancello e notai quanto fosse bello, nonostante il tempo non
ci
stesse accompagnando visto che era tremendamente nuvoloso e il sole
ormai era
quasi tramontato. C’era un piccolo sentieri che a un certo
punto svoltava da
qualche parte, ancora non avevo fatto a caso alla fine di quel
sentiero, ero
troppo presa dalla voce di Jacopo che mi stava dicendo qualcosa.
-E questo è il
“Giardino delle Rose”- mi disse
sorridendo e indicandomi il cartello con il nome del giardino. Lanciai
un’occhiata distratta al cartello troppo impegnata a
sorridergli per aver
voglia di leggere.
-Che ovviamente non
è questo perché questo è
il “Giardino degli Aranci”- disse con voce quasi
mortificata. –Credo che il
Giardino delle Rose sia quello accanto.-
Un piccolo sorriso nacque
sul mio viso mentre
pensavo a quell’errore così tenero e in buona
fede.
-Va benissimo anche il
Giardino degli Aranci.
E’ solo un nome, sono certa che questo giardino è
molto più bello di
quell’altro.-
Lui
mi guardò e sorrise divertito mentre io confermavo
mentalmente quello che avevo
pensato in macchina. Il luogo non aveva importanza, quel giardino era
bellissimo, per me era assolutamente il posto più bello
dell’intero Universo.
Continuammo a camminare e
mentre parlavo con
Jacopo di tutto che mi passava per la mente continuavo ad ammirare quel
posto.
Il sentiero curvava e finiva in un viale con degli alberi alti e
maestosi al
termine del quale c’era una piccola zona di osservazione.
Ancora non riuscivo a
vedere bene quale fosse il panorama ma appena cominciai a salire quei
due
gradini che mi separavano da esso mi sentii mancare il fiato. San
Pietro e
l’intera Roma erano ai miei piedi, sotto i miei occhi
stupefatti che si fecero
affascinare dai colori che quel tramonto conferiva alla
città. Era impossibile
non meravigliarsi davanti a quello spettacolo stupendo.
Il tramonto era un
po’ coperto dalle nuvole ma
a me piaceva ancora di più perché i colori con le
nuvole si modificavano.
Diventavano stranamente più opachi e pacati, si potevano
vedere le sfumature di
blu e viola date dalla coltre sottile che copriva gli ultimi raggi del
sole, e
l’arancione dell’astro che cercava di vincere il
cupo della notte che arrivava,
brillando ancora di più nonostante le nuvole cercassero di
impedirglielo.
Era una lotta, una danza e
un gioco. Quel
tramonto era tutto questo e molto altro, era un rito che si ripeteva
ogni
giorno e che magari non attirava mai l’attenzione di troppa
gente ma in quel
momento, quel tramonto, dipinto in quell’esatto modo mi
scaldò completamente il
cuore e mi fece sentire bene come poche volte mi era successo nella
vita.
Tutto questo lo pensai in
una frazione di
secondo mentre Jacopo ed io ci dirigevamo verso il cornicione. Mi posai
con la
schiena al marmo e dandomi una spinta con le braccia mi sedetti e in
quel
momento mi ritrovai lo sguardo di Jacopo proprio dritto negli occhi.
-E’ davvero bello
qui- cominciai voltandomi
verso il panorama.
C’era una
coppietta non molto lontano da noi
che si scambiava delle effusioni di tanto in tanto che mi facevano
sentire in
imbarazzo, mentre il resto del cornicione era occupato da turisti che
scattavano
foto immortalando quel magnifico tramonto sperando di portare con loro
un pezzo
della Città Eterna.
Osservavo Jacopo mentre
parlava e si muoveva,
si muoveva e parlava. Era una mia impressione o era diventato strano?
Prima
stava alla mia destra, poi passava alla mia sinistra, poi mi rimaneva
davanti e
alla fine decise di sedersi accanto a me sul cornicione. Sembrava quasi
una
tigre in gabbia ma forse era solo una mia impressione.
Stavamo cercando di
imbastire una
conversazione quando mia madre decise di rompere le scatole
telefonandomi.
Risposi e provai a far terminare la telefonata il prima possibile ma
non era
facile con una chiacchierona come mia madre, senza contare che dovevo
anche
trovare un milione di scuse per mentire su dove fossi e soprattutto con
chi
fossi.
Nell’istante in
cui chiusi la chiamata capii
che qualcuno lassù stava cercando di rovinarci tutto visto
che lente e piccole
delle goccioline cominciavano a cadere dal cielo. Chissà
come poteva la pioggia
diventare l’evento naturale più odiato da me in
quel momento… Ma non poteva
aspettare un’oretta prima di rompermi beatamente le scatole!
-Non ci posso credere-
mormorò Jacopo
sconsolato al mio fianco. -Sta piovendo.-
Lo guardai e in un lampo
tutta la mia
preoccupazione per la pioggia svanì.
-Dai tranquillo- dissi con
un sorriso. –E’
estate, fa caldo. Un po’ d’acqua ci vuole
così ci rinfreschiamo.-
-Va bene,
però… Non era così che lo immaginavo.-
Mi sembrava un bambino
imbronciato perché non
aveva ricevuto il regalo che aveva tanto desiderato per Natale. Mi
sembra il
caso di cambiare argomento.
-Allora- cominciai con fare
curioso, -mi avevi
detto che i posti in cui volevi portarmi erano due. Qual è
il secondo?-
-E’
vero. Andiamo allora…-
Saltai giù dal
cornicione e ricominciai a
parlare del più e del meno. Eravamo quasi arrivati al grande
cancello del parco
che ci avrebbe condotti al di fuori quando vidi una coppia di sposi
entrare.
Guardai il viso di lei: sorrideva. Nonostante la pioggia che le
rovinava il
vestito e il fatto che le sue foto in quel parco non sarebbero state
perfette
come avrebbero dovuto, lei sorrideva. I suoi occhi prima rivolti verso
il parco
si spostarono sull’uomo che le teneva la mano,
l’uomo che quel giorno era diventato
suo marito, e d’un tratto s’illuminarono.
Nel vedere quella scena
venne anche a me da
sorridere. La gioia di quella ragazza mi aveva contagiata e mi sentii
così
felice per lei, era bello vedere quanto l’amore potesse
rendere belle le
persone. E quella ragazza mi sembrava una delle donne più
belle che avessi mai
visto.
Ci
superarono e l’incanto di quel momento terminò
ricordandomi che restare
impalata a fissare una coppia di sposi non sarebbe stata una grande
mossa. Per
fortuna Jacopo non sembrava essersi accorto del mio piccolo momento di
trans.
Continuammo a camminare fino
ad uscire da
giardino, superammo la zona in cui avevamo parcheggiato. Era
incredibile ma non
smettevamo di parlare, ed era la prima volta che mi succedeva una cosa
del
genere ad un primo appuntamento. Con lui non mi sentivo in imbarazzo,
non mi
venivamo blocchi per mancanza di argomenti, con lui c’era
sempre qualcosa da
dire, anche solo per mandarlo, neanche tanto velatamente, a quel paese.
-E che cavolo!
C’è la fila!-
Alzai un sopracciglio
stranita cercando di
capire a cosa si riferisse. C’eravamo fermati in un grande
spiazzo, e intorno
c’erano solo edifici antichi. Certo un bel posto ma non
capivo a che fila si
riferisse. Poi vidi due persone ferme davanti ad un portone tutto di
legno, e
una di loro, la donna, guardava attraverso un buco che si trovava quasi
al
centro del portone.
Era quella la fila?!
Mi venne quasi da ridere,
soprattutto perché
non capivo per cosa stessimo facendo la fila. Smisi di farmi domande,
non m’importava
proprio niente. Vedere Jacopo così scocciato
perché le cose non stavano andando
come voleva mi riempiva il cuore di dolcezza: sarei potuta restare ore
a
guardare il suo viso imbronciato, era qualcosa di meraviglioso.
Finalmente
“la fila” scomparve e io seguii Jacopo fino a che
non fummo davanti al portone.
Guardai prima il buco e poi
Jacopo. Ma davvero
dovevo spiare lì dentro?
Sembrava proprio di
sì.
Avvicinai il viso al portone
fin quando non
riuscii a vedere attraverso il buco.
-Cosa vedi?- mi chiese
Jacopo in attesa.
Cosa vedevo? Be’
non era tanto difficile come
risposta.
-Una specie di tunnel
formato da alberi-
risposi semplicemente.
-Ma
no!- disse quasi esasperato. –Devi guardare lo sfondo!-
-Lo sfondo?-
Focalizzai
l’attenzione su quello che c’era
infondo al tunnel formato da alberi e mi si mozzò il fiato
in gola.
-E’…
E’ San Pietro…- mormorai ammirata.
Lo sfondo di quello strano
tunnel era uno dei
panorami più belli che i miei occhi avessero mai avuto
davanti. Ormai era quasi
sera e le luci della Basilica di San Pietro erano tutte accese,
contrastando
l’oscurità del cielo. Gli alberi che
incorniciavano quell’edificio
spettacolare, rendevano tutto così suggestivo, quasi magico.
Mi sollevai da quella
visuale e fissando Jacopo
negli occhi dissi: -E’ davvero uno spettacolo meraviglioso.-
Lui
mi guardò sorridendo ma proprio in quel momento la pioggia
cominciò ad
aumentare. Ricominciammo a camminare senza aver deciso dove andare. Che
avremmo
fatto? Voleva riportarmi a casa? Voleva andare in macchina? Qualcuno
voleva
dirmi cosa sarebbe successo? Io non sapevo più che diavolo
fare o pensare!
-Comunque dai, te
l’ho già detto che morirò a
27 anni- disse ridendo.
Mi voltai di scatto a
guardarlo fulminandolo
con lo sguardo.
-Ancora con questa storia?!
Ma non ti avevo
detto che non ti permetterò di morire a 27 anni?! Guarda che
quando dico una
cosa la faccio!-
-Ho capito ma è
la maledizione della J, io che
ci posso fare?- rispose lui con semplicità.
-Potresti essere
più ottimista tanto per
cominciare.-
-Ottimista? Ma se ci sono le
prove: Jim
Morrison, Janis Choplin, Jimi Hendrix, Jeff Buckley ne sono un esempio.
E poi
vogliamo parlare di Amy Winehouse? Anche lei è morta a 27
anni.-
-Ma il suo nome inizia con
la A- risposi io
sorpresa.
-Sì, ma la
chiamavano Amy J Winehouse.- Il suo
tono era incredibilmente serio.
-Sì, adesso mi
pare un po’ esagerato però. A
sto punto nessuno dovrebbe più avere nomi con la J
altrimenti la sua condanna a
morte sarebbe decretata.-
-Infatti se non mi chiamassi
Jacopo sarei
molto più tranquillo.-
-La dovresti proprio
smettere di dire certe
scemenze- dissi esasperata alzando gli occhi al cielo.
Intanto, tra una chiacchiera
idiota e l’altra,
non sapevo come, ma ci eravamo ritrovati a varcare di nuovo il cancello
del
Giardino degli Aranci. La pioggia era cessata, ma ormai ero abbastanza
bagnata
quindi anche se avesse ricominciato il danno era fatto. Fortuna che non
avevo
uno specchio sotto mano altrimenti mi sarei suicidata: non mi ero mai
ritrovata
ad essere così orribile durante un appuntamento.
Eravamo
ancora intenti a chiacchierare quando alzando lo sguardo vidi che la
coppia di
sposi di poco prima si stava dirigendo verso l’uscita.
Di nuovo i miei occhi si
posarono sul volto
della sposa quando mi passò accanto: era incredibile ma mi
sembrava che stesse
sorridendo ancora più di prima.
Venne anche a me da
sorridere e mi sentii così
leggera e tranquilla, in tutta la serata non mi ero ancora sentita
così. Pian
piano stavo cominciando ad abituarmi alla presenza di Jacopo e
l’imbarazzo
stava cominciando a scivolare via.
C’era un problema
però: l’imbarazzo andava via
ma cominciava ad essere sostituito da altro. Meno impaccio
c’era più alte le
erano le probabilità che arrivasse il momento del bacio. Che
dovevo fare?
Dovevo agire io? Dovevo aspettare che fosse lui a farlo? Dovevo
incoraggiarlo
in qualche modo? Probabilmente la soluzione era cambiare continente, o
meglio
ancora, pianeta.
Così
per la seconda volta mi ritrovai sul cornicione che mi permetteva di
godere di
quella vista meravigliosa, e ancora una volta mi issai su sedendomi.
La nostra chiacchierata
continuava mentre il
mio sguardo si posò su quel meraviglioso tramonto che stava
per giungere alla
fine.
Sentivo l’attesa
di quel bacio attanagliarmi
lo stomaco e impedirmi di respirare regolarmente. L’ansia mi
stava divorando e
nel frattempo facevo finta di nulla parlando normalmente di qualsiasi
cosa
stessimo parlando, non ero neanche certa di aver seguito completamente
il
discorso.
Avevo
urgentemente bisogno di rilassarmi.
-Senti, ti dispiace se
fumo?- chiesi a un
certo punto.
-No, no. Fai pure, lo sai
che fumo anch’io.-
Accendemmo le nostre
sigarette e continuammo a
parlare mentre mi accorsi che Jacopo ricominciava ad agitarsi.
L’agitazione
cresceva anche in me e come per un gesto di difesa verso me stessa
sollevai le
gambe sul cornicione e mettendomi di lato le strinsi a me. La pioggia
continuava ad aumentare mentre nel mio cuore sentivo una stranissima
sensazione
di attesa, come se il tempo stesse rallentando.
Era incredibile ma davvero
con lui non la
smettevo mai di parlare, e tra una chiacchiera e l’altra la
sigaretta era ormai
finita. Gettai il mozzicone a terra ma non potevo spegnerlo
perché non avevo
per niente voglia di scendere dal muretto, anzi più che
altro non volevo
rovinare tutto muovendomi. Avevo come la sensazione di poter fare un
passo
falso in qualsiasi momento.
-Potresti spegnere il
mozzicone?- chiesi
gentilmente a Jacopo che era in piedi davanti a me con le mani poggiate
sul
cornicione.
-No, scusa ma io non le
spengo le sigarette
con i piedi- aveva un tono davvero serio.
-E perché?-
chiesi sorpresa.
-Meglio se non te lo dico.-
Mi guardò e iniziò
a ridere.
-No, dai. Lo voglio sapere.-
-No,
non posso dirtelo.-
Davvero pensava che mi sarei
arresa così
facilmente? Povero illuso, se volevo qualcosa la ottenevo e in quel
momento
volevo una spiegazione.
-Dimmelo, dai. Su, che
c’è di male nel
dirmelo?-
Lui mi guardò e
poi alzò gli occhi al cielo.
-Si dice che se spegni i
mozziconi con il
piede… Ecco… Come dire? Perdi una
possibilità di fare sesso.-
Sbattei le palpebre
incredula e poi fu
spontaneo, davvero provai a trattenermi, ma iniziai a ridere come una
matta.
-E tu ci credi?- chiesi
continuando a ridere.
-Non si sa mai, meglio non
rischiare- rispose
con un sorrisone stampato in faccia.
-Probabilmente hai ragione,
meglio non
rischiare- risposi ammiccante.
Si stava imbarazzando, lo
avevo capito. Forse
era un po’ stupido credere in una cosa del genere ma io non
ero nessuno per
giudicare le convinzioni della gente, e poi magari aveva ragione lui.
Mi voltai di nuovo verso il
tramonto, ormai
mancava davvero poco e poi il sole avrebbe perso la battaglia facendosi
inghiottire dalla notte che avanzava.
Sentii qualche gocciolina
bagnarmi il viso ma
per il momento non mi dava fastidio, era anche piuttosto piacevole in
effetti,
mi faceva rilassare.
-Mi
dispiace così tanto che stia piovendo. Non puoi neanche
vedere un bel tramonto-
mormorò lui con tono triste.
Sorrisi a quelle parole.
-Questo è il tipo
di tramonto che preferisco-
risposi senza guardarlo. –Un tramonto senza nuvole
è qualcosa di scontato, ma
questo è tutta un’altra cosa. Non sai mai che
colore aspettarti perché le
nuvole modificano ogni tua aspettativa. E’ bellissimo, non
avrei potuto
desiderare di meglio.-
Mi girai e fissai i miei
occhi nei suoi
aprendomi in un sorriso timido. Era la prima volta che trovavo il
coraggio per
guardarlo davvero negli occhi, fino a quel momento ero stata troppo
presa
dall’ansia e dal nervosismo per riuscire a farlo. Lui mi
guardava e io sentivo
che la pioggia non stava riuscendo a rinfrescarmi per nulla, avevo
davvero
troppo caldo.
-Mi faresti sentire se le
tue labbra sono
davvero così morbide?-
Il cuore mi si
fermò: non solo ricordava di
quando parlando in chat gli avevo detto di avere le labbra morbide ma
voleva
davvero baciarmi.
Il cervello mi si
scollegò. Avrei dovuto
rispondere, lo sapevo benissimo, ma probabilmente se avessi provato a
parlare
dalla mia bocca non sarebbe uscita neanche una parola sensata, non
avevo
assolutamente idea di cosa dire. Sapevo soltanto che lui continuava a
guardarmi
e che io imbarazzata sorrisi e strinsi di più le gambe
attirandole
completamente verso il mio corpo. Il viso di Jacopo si faceva sempre
più
vicino, era così vicino che ormai non riuscivo neanche a
vedere chiaramente il
suo volto. Chiusi gli occhi, preda di un calore che partiva dal cuore e
si
espandeva per tutto il corpo fino ad arrivare alle guance, e muovendomi
un po’
verso la sua bocca finalmente sentii le sue labbra sulle mie.
Improvvisamente tutto
l’imbarazzo, l’ansia, il
timore… Sparirono. Non ricordavo neanche cosa stessi
pensando fino a quel
momento, avvertivo solo le sue labbra e senza starci troppo a
riflettere aprii
la bocca e iniziai ad assaporare le labbra di Jacopo. Erano morbide e
umide, il
loro sapore era buono e sentivo il cuore battere sempre più
forte. La mia mano
si mosse da sola fino a posarsi sulla sua guancia in modo da poter
approfondire
di più il bacio e perdermi in quel momento che stava
diventando molto più
intenso di quanto avrei mai potuto immaginare.
Avvertii le sue grandi mani
posarsi sulla mia
schiena per attirarmi a lui e presa dal momento le mie finirono dietro
al suo
collo permettendo alla parte superiore dei nostri corpi di entrare in
contatto.
Mi strinse ancora di più e poi con molta delicatezza mi
spinse in basso, e
prima che ne accorgessi mi ritrovai completamente stesa sul cornicione
con lui
che continuava a baciarmi senza separarsi da me neanche per un secondo.
Sentivo la pioggia diventare
un po’ più forte…
La sentivo, sì la sentivo ma in realtà
l’unica di cui ero davvero cosciente
erano le labbra, la bocca e l’intero corpo di Jacopo. Mi
stringeva a sé, e io
mi aggrappavo a lui in quel bacio che non sembrava avere una fine, era
come se
stesse andando avanti da ore, giorni o mesi… Non mi rendevo
neanche conto di
cosa fosse accaduto fino a quel momento, ero come persa in quello che
stava
accadendo, e insieme a me si era persa anche la mia percezione di
spazio e
tempo. Non esisteva nulla, non sentivo nulla, non c’era
nulla. Eravamo solo noi
in quel nostro piccolo paradiso, in quella bolla di passione e
sentimento che
si era venuta a creare nell’esatto istante in cui le nostre
labbra si erano
incontrate.
Lo strinsi ancora di
più a me e lui non
accennava neanche a far terminare il bacio, era come se entrambi
volessimo
farlo durare il più possibile. Non volevamo che finisse e mi
resi conto per la
prima volta che nessun bacio avrebbe mai potuto eguagliare quel bacio. Nessuno mi aveva mai baciato
in quel modo, nessuno mi
aveva mai baciato come se fossi davvero importante, e io in quel bacio
sentivo
tutto quello che Jacopo non mi aveva detto in quei mesi, tutto quello
che aveva
provato conoscendo solo la me dietro lo schermo.
Alla fine, molto lentamente,
lui allontanò
leggermente le sue labbra dalle mie, quel tanto che bastava per aprire
piano
gli occhi e perdersi nei miei. Quello che ci vidi in quelle iridi scure
quasi
mi travolse: desiderio e voglia di stare con me, solo con me. La potevo
vedere
chiaramente e questo mi fece battere le palpebre un po’
incredula.
-Bellissima-
mormorò lui continuando a
guardarmi.
Il cuore per poco non mi si
fermò. Ma chi
aveva dato a quel ragazzo il potere di decidere del mio cuore?
Perché era in
grado di stabilire quando farlo battere e quando ordinargli di
fermarsi? Come
ci riusciva? Come?!
-Non sono bella- risposi
imbarazzata e felice
allo stesso tempo.
-Sì, che lo sei.
Non voglio sentire
discussioni.-
Prima che potessi ribattere
le sue labbra
erano di nuovo sulle mie. Questa volta il bacio iniziò in
modo più delicato
rispetto al primo per poi sprigionare tutta la sua intensità
divenendo sempre
più profondo, e aumentando di foga man mano che continuava.
Quel bacio stava
risucchiando via tutte le mie energie ma non me ne importava nulla,
sentirmi
così in balia di qualcuno mi rendeva la persona
più completa sulla faccia della
terra. Non avrei mai pensato che un giorno mi sarei davvero sentita
così.
Dopo
qualche secondo Jacopo si staccò di nuovo e mi
guardò preoccupato.
-Comincia a piovere di
brutto e hai tutte le
gambe bagnate- disse passando una mano sulla mia gamba nuda. Visto che
indossavo degli shorts avere le gambe bagnate era davvero il minimo con
quella
pioggia.
-Non m’importa-
dissi sorridendo senza
smettere di guardarlo negli occhi. Mi sollevai un po’ e unii
ancora una volta
le nostre labbra. Jacopo capii immediatamente l’antifona e mi
diede il via
libera per rendere quel bacio ancora più intimo.
Sinceramente se fossi stata
una passante in
quel momento avrei pensato di certo che quei due che stavamo pomiciando
su quel
muretto avrebbero dovuto darsi una seria regolata, stavano dando
spettacolo!
Non avrei mai pensato che sarei stata io un giorno a dare spettacolo in
quel
modo! Il bello era proprio che non me ne rendevo conto, in quel momento
sarebbe
potuto arrivare il Papa con tutta la curia al seguito e non me ne
sarebbe
importato proprio nulla.
-Almeno mettiti seduta
così non continui a
bagnarti le gambe.-
Mi venne quasi da ridere a
quelle parole. Non
mi aveva detto di andare via, voleva semplicemente cambiare posizione
per
evitare di farmi prendere freddo. Come me neanche lui voleva lasciare
quel
posto e di certo io non lo avrei convinto a cambiare idea.
Seguii il suo consiglio e
senza smettere di
guardarlo negli occhi mi misi seduta sul cornicione con le gambe
penzoloni.
Senza che io dicessi nulla lui mi si avvicinò e
ricominciò a baciarmi
delicatamente mentre lo stringevo ancora di più a me
mettendo le mani dietro al
suo collo. Sentivo i corti capelli di lui bagnati entrare in contatto
con le
mie dita mentre queste viaggiavano dietro il suo collo spingendo il suo
viso
ancora più verso il mio, approfondendo quel bacio ricolmo di
desiderio.
Senza pensarci avvolsi le
gambe intorno ai
suoi fianchi facendo aderire completamente i nostri corpi e
intensificando
ancora la forza di quel bacio. Inebriante, sconvolgente, assurdamente
bello,
meraviglioso… In quel momento nella mia mente erano questi
gli aggettivi che
apparivano per descrivere quel momento e soprattutto quel bacio.
Aprendo leggermente gli
occhi vidi una coppia
che si stava avvicinando al cornicione. Un po’ imbarazzata
misi fine al bacio e
posando la testa sulla spalla di Jacopo sussurrai:
-Ci sono un ragazzo e una
ragazza. Forse è
meglio se facciamo una pausa.-
Non potei vederlo ma avevo
la sensazione che
stesse sorridendo.
Osservai quei due senza
essere vista:
ammiravano il paesaggio e parlavano tranquillamente tenendosi per mano.
Si
guardarono un attimo, molto velocemente, negli occhi e si scambiarono
un
fuggevole bacio sulle labbra.
Sollevai un po’ la
testa fino ad incontrare
gli occhi di Jacopo e sorrisi.
-Sì, sono dati un
bacetto- mormorai divertita.
-Ah, sì?- chiese
lui ridendo.
-Sì, e sai che ti
dico? Forse è il caso di far
vedere a quei due come ci si dovrebbe baciare.-
In realtà non me
ne fregava proprio nulla se
quei due si erano dati un bacio che non avrei dato neanche a mia nonna
per
quanto era casto, volevo solo baciare Jacopo. Era una
necessità, avevo appena
cominciato a conoscerlo eppure sentivo di non poter più fare
a meno di lui e
del suo corpo.
Le nostre labbra si
incontrarono ancora una
volta rendendo subito profondo il bacio e sentivo le sue mani, posate
sulla mia
schiena, cominciare a muoversi. Cercavano il mio corpo, volevano
scoprire ogni
centimetro della mia pelle e io non sapevo se, arrivato il momento,
avrei avuto
la forza di impedirglielo. Sinceramente iniziavo a pensare che impedire
una
qualsiasi cosa a Jacopo sarebbe stato come trafiggermi il cuore con un
pugnale.
Quello che voleva lui lo desideravo anche’io, e su questo non
avevo nulla da
ridire.
La pioggia aumentava sempre
di più mentre
cercavo ancora di capire quanto di quello che stava accadendo fosse
reale e
quanto solo frutto della mia fantasia incontenibile. Il suo sapore, il
suo
odore, il suo calore erano troppo veri per farmi credere che si
trattasse solo
di un mio sogno. Era tutto reale, vero, tangibile… Ed era
mio. Sì, tutto quello
che stavo vivendo era mio e nessuno avrebbe mai potuto portarmelo via.
Il
ricordo di quell’incontro, la forza delle mie emozioni, la
bellezza di quel
momento… Sarebbe rimasto tutto dentro di me, per non essere
mai cancellato.
Dopo diversi minuti
dall’inizio di quel bacio,
aprii lentamente gli occhi e notai che i due ragazzi erano andati via.
Ero
talmente impegnata nel bacio da non accorgermi che la pioggia si stava
davvero
trasformando in un acquazzone.
Guardai Jacopo negli occhi e
sorridendo dissi:
-Forse è meglio andare.-
-Sì, direi che
è arrivato il momento. E’ anche
diventato buio.-
Non lo avevo notato! Ormai
il tramonto era
finito da un pezzo e io non me n’ero neanche accorta.
-Sinceramente io avrei anche
fame- dissi un
po’ imbarazzata.
-Cosa? Potevi dirlo prima-
esclamò lui con
tono quasi preoccupato. –Ti porto subito a mangiare. Va bene
il Mc?-
Mi
venne quasi da ridere.
-Be’ un
po’ strano come posto per mangiare ad
un primo appuntamento- cominciai saltando giù dal muretto.
–Ma va bene. Mi
piace il Mc.-
Cominciammo ad avviarci
verso l’uscita e
tranquillamente, senza sapere che mi stava procurando un infarto,
Jacopo prese
delicatamente la mia mano lasciando che s’intrecciassero in
modo automatico
come se fossero fatte per restare unite.
Eravamo quasi
all’uscita quando mi voltai
verso Jacopo perdendomi ancora una volta nei suoi occhi. Lui si
chinò
leggermente verso di me e io mi sollevai un po’ sulle punte.
Le nostre labbra
s’incontrarono e ci baciammo ancora una volta in quel luogo.
Quel luogo che era
stato il palcoscenico del nostro primo bacio, e il palcoscenico del
ricordo più
bello che avrei mai potuto desiderare.
Fine
***L'Autrice***
Salve a tutti!
Prima di tutto una piccola precisazione: tutto quello che avete letto,
fino all'ultima lettera, è successo davvero... a me... Anche
i nomi sono quelli originali quindi vi ho messo a parte (ovviamente con
il consenso del mio ragazzo Jacopo ^^ ) di uno dei momenti
più belli della mia vita che ho deciso di mettere per
iscritto. L'ho fatto per non rischiare di dimenticare neanche il
più piccolo particolare di quella giornata.
Spero davvero
che vi sia piaciuta, io ci ho messo tutta me stessa nello scriverla.
Per quanto
riguarda tutte le altre storie che sto scrivendo e che sono ancora in
sospeso... Mi dispiace tantissimo ma un po' per problemi di ispirazione
un po' per problemi familiari non sto riuscendo a continuarle. Questa
storia l'unica cosa semi-decente che sono riuscita a scrivere in questi
mesi. Vi chiedo di perdonarmi dal più profondo del cuore...
Per il resto
ringrazio chiunque sia passato a dare un'occhiata a questo piccolo
scorcio della mia vita... ^^
Un bacio!
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