Origins of Love

di direiellie
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Mi svegliai con l'odore di pasta appena condita, e non appena aprii gli occhi trovai il viso di Logan davanti a me.
«Dormito bene?» disse guardandomi negli occhi. Il suo sguardo era troppo intenso e illeggibile per i miei gusti. A volte gli sguardi mi facevano strani effetti.
«Si, benissimo. Che ore sono?» 
Sgranchii tutte le ossa.
«Le 12 e 30. Allora, hai fame?» 
Ritornò in cucina indicandomi con lo sguardo il mio posto a tavola.
«Da morire!»
Mi sedetti cercando di tenere a freno la fame e, anche se con lieve imbarazzo, cominciai a mangiare senza fare complimenti. Tra una forchettata e l'altra lo guardavo mangiare, soffermandomi soprattutto sulle sue mani, le culle di quegli artigli.
«Ti... Ti fanno male quando vengono fuori?» 
Da quando era uscita questa storia sui mutanti ero sempre stata un po' affascinata da loro, anche se dopo l'attacco ai miei genitori ne ero anche terrorizzata, adesso.
«Tutte le volte» disse senza guardarmi.
«E... E come funziona? Sei nato così?» 
Guardavo il mio piatto per non guardare i suoi occhi. Ero un po' a disagio ma curiosa. Anche se proprio loro avevano tolto la vita alle persone a me più care, ora che avevo Logan davanti a me morivo dalla voglia di saperne di più sul loro conto.
«Non lo so. So di avere il corpo interamente riempito di adamantio, qualcosa di indistruttibile» disse mentre si alzò da tavola. Si appoggiò al mobile della cucina a fianco al tavolo e dalla tasca tirò fuori un accendino, portando alle labbra un sigaro della confezione che avevo notato nei pressi della cucina prima di addormentarmi e, mentre ispirava fumo, finivo quello che ancora avevo nel piatto, portando spesso il mio sguardo su di lui.
«Esperimenti sui mutanti» dissi convinta. Fece un segno di approvazione che mi fece ribollire un pensiero in testa.
«Non sembri tipo da farsi incastrare» affermai, pensando al momento in cui mi aveva fatto capire di essersi accorto della mia presenza nella foresta.
«E invece penso proprio mi abbiano incastrato!» ruggì.
«E non ricordi proprio nulla?» mi faceva rabbia il fatto che non sapesse niente, come doveva essere andata? Sembrava tormentato, collegai questa impressione alla sua iniziale scontrosità.
«No, ma so per certo di doverla far pagare a qualcuno... guarda qui, di certo non ci nasci con questi!»
Con un rumore improvviso di lamine tirò fuori i suoi artigli, fissandomi. Strizzai gli occhi fissandolo a mia volta.
«Scusa» disse ritirando gli artigli. Si spostò verso il salotto e non appena si sedette dandomi le spalle sparecchiai il poco rimasto raggiungendolo poco dopo. Erano tante le cose che volevo sapere, ma non avevo intenzione di dargli ulteriore tormento. Mi sedetti sul divano a fianco a lui, scoprendolo minuto dopo minuto. Dopo quelli che sembrarono solo cinque minuti avevo ormai scoperto parte della persona che era ed era stata. Non era sposato ma forse lo era stato, non aveva figli, lavorava regolarmente, era buono. E devo ammettere che quest'ultima parte mi interessava più di qualsiasi altra cosa in questo momento della mia vita, in questo mondo in cui vivevo. Quello che mi dava più filo da torcere tra i miei pensieri era il fatto che da quando era stato preso da chissà chi per chissà quale esperimento non ricordava più nulla di quello che era stato prima, di cosa faceva, di dove abitava, delle persone che frequentava, e questo era straziante, non avevo idea della forza che aveva dovuto adottare per ricostruirsi una storia. Ero ancora più curiosa di prima sulla sua natura e su quello che era in grado di fare. 
Dentro di me sapevo che nei giorni seguenti sarebbe andata meglio, per tutti e due, presto non mi sarei più sentita sola, forse era solo quello che speravo e desideravo. Ero sicura però non mi avrebbe fatto mancare niente. Mi piaceva pensarlo. Mentre pensavo a questo restavo sul suo divano con lo sguardo perso nel nulla, titubante su ogni cosa che stavo per fare o pensare.
Venuta la sera mi venne il dubbio di dove avrei dormito, non che qualsiasi scelta mi avrebbe causato problemi. Dopo aver passato l'ultima notte circondata dal terriccio umido della foresta mi sarei accontentata anche del pavimento. Mi cedette invece il divano della sala, con cui avevo già preso confidenza. Avevo anche la tv a mia disposizione, conoscendomi non avrei desiderato altro. 
Dopo cena mi feci una lunga doccia calda, forse il momento più imbarazzante della giornata. Non vedevo l'ora però di buttare via tutti gli odori che ricordavano la mia fuga, con l'acqua e il bagnoschiuma volevo far scivolare via anche il dolore.
Per la notte Logan mi diede una sua camicia, scusandosi di non avere qualcosa di più somigliante ad un pigiama, e una coperta di lana. Ogni secondo che passavo in casa sua mi sentivo sempre più in debito nei suoi confronti, e questo mi diede il tormento per parecchio tempo prima di riuscire ad addormentarmi.





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