Storia
Recentemente l'amministrazione del sito mi ha fatto notare l'esistenza di alcune somiglianze tra la mia storia, "Nonostante tutto", e quella dell'autrice "_Bec_", dal titolo "Tra l'odio e l'amore c'è la distanza di un bacio", che potete trovare a questo indirizzo: http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=474329&i=1 .
Ci tengo a specificare che non era assolutamente mia intenzione infrangere il regolamento del sito, e quindi creare questa spiacevole situazione, perciò chiedo scusa all'autrice (a cui sarò lietissima di fare le scuse in privato), a voi lettori e all'amministrazione, che è stata davvero paziente e disponibile con me.
Davvero, mi dispiace moltissimo per tutto quello che è successo.
E dato che mi trovo nella sezione "originali", provvederò al più presto - e gradualmente, dato il poco tempo che ho a disposizione - ad eliminare e/o sostituire questi punti in comune tra le due storie.
NONOSTANTE
TUTTO
-Prologo:
Ricordi-
Milano,
giugno 2000. (10 anni prima)
Era
un grande prato,
pieno di fiori rossi e bianchi, adombrato quasi completamente da un
sacco di alberi altissimi e carichi dei frutti più svariati
e colorati. Nell'aria c'era il solito, dolce profumo di ciliegia, che
si mischiava perfettamente con quello fresco e forte dell'erba viva e
verde su cui correvo. Non un solo filo di essa era secco o schiacciato,
eccetto per quella che veniva calpestata, ma che quasi miracolosamente
tornava subito al suo posto...e, a dirla tutta, io credevo davvero che
quel posto fosse magico; perché era lì che vivevo
la mia infanzia, era lì che piangevo quando mi sbucciavo le
ginocchia; ma soprattutto era lì che trascorrevo - senza
rendermene conto - gli attimi migliori della mia vita, fatti di risate
spensierate e di una gioia che non aveva bisogno di essere cercata,
perché arrivava da sola insieme alle piccole cose, quelle
più importanti.
E
poi c'era lui, il mio
migliore amico, la persona che mi dava più di tutti gli
altri messi insieme senza chiedermi nulla in cambio, la presenza che
probabilmente occuperà sempre un posto speciale nel mio
cuore...perché è grazie a lui se ho potuto vivere
quei momenti indimenticabili che conservo ancora con incredibile
affetto nella memoria, nonostante tutto, nonostante il tempo trascorso
e nonostante i cambiamenti che ci hanno colto.
«Aspettami
Lore!». Urlai con quanto fiato avevo in gola –
poco, a dire il vero -, mentre con una mano cercavo di aggiustarmi le
codine, che ormai erano sfatte a furia di correre, giocare e rotolarmi
per terra.
«Certo,
contaci, così mi prendi e perdo».
Rispose lui, con i
pantaloncini tutti strappati e le ginocchia piene di graffi - che ormai
non bruciavano più - cominciando a correre più
velocemente per aumentare la distanza.
Rallentai piano la mia
corsa, ormai sfinita e senza più un briciolo di ossigeno in
corpo, sbuffando e sedendomi per terra, non curandomi del fango e degli
sguardi degli altri bambini che mi giocavano intorno. Lo sguardo di
tutti tranne quello del mio migliore amico, che continuava a correre
senza neanche voltarsi indietro per controllare che ci fossi ancora.
«Uffa».
Brontolai poi, strappando malamente un paio di fiori e gettandoli poco
distanti dal punto in cui giacevo sdraiata e arrabbiata.
Dopo un po', Lorenzo si
fermò per riprendere fiato.
Non appena si
voltò per controllare a che punto fossi arrivata, si dovette
accorgere della mia assenza, perché cominciò a
guardarsi intorno preoccupato, temendo che magari fossi caduta e mi
fossi fatta talmente male da non riuscire più a rialzarmi.
Con passo svelto
cominciò ad avvicinarsi a me e, sentendo il mio nome gridato
a gran voce, mi risollevai da terra completamente sporca di terra e in
attesa che mi raggiungesse.
«Dove ti eri
cacciata?». Mi chiese Lorenzo una volta che fu abbastanza
vicino perché potessi sentirlo.
«Qui».
Risposi guardandolo storto e aggiungendo una smorfia.
«Che cos'hai?
Ti sei fatta male?». Continuò, lui, imperterrito
il suo interrogatorio, accorgendosi però che c'era qualcosa
che non andava nel mio comportamento.
«No, sto
benissimo». Risposi secca, continuando a guardarlo negli
enormi occhi blu.
Mi piacevano tantissimo,
delle volte mi fermavo a fissarli senza neanche rendermene conto,
distraendomi da tutto il resto e lui mi rimproverava perché
non lo ascoltavo.
«Sei
arrabbiata?». Mi chiese facendosi coraggio.
Feci spallucce e mi
sedetti nuovamente a terra. La rabbia mi era pressoché
passata, ora mi restava solo da gestire un po' di delusione.
Lorenzo si
sistemò accanto a me, con ancora un po' di fiatone dovuto
alla folle corsa.
«Coraggio,
dimmi cos'hai». Mi esortò tentando un sorriso, che
tuttavia non gli riuscì molto bene.
«Mi hai
lasciata indietro e neanche ti sei preoccupato di controllare che ti
stessi ancora seguendo». Confessai abbassando lo sguardo e
cominciando a strappare altri fiori...come facevo ogni volta che
litigavo con lui.
«Ma stavamo
giocando a chi arriva primo!». Protestò Lorenzo
alzando la voce e spingendomi – di conseguenza – ad
alzare la testa in sua direzione.
«Sei tu che ci
hai voluto giocare».
«Eravamo
d'accordo tutti e due». Precisò lui stizzito.
«Fa lo stesso.
Non mi piace più quel gioco». Conclusi dando prova
della mia infantilità, facendo sorridere Lorenzo.
«Sei una
stupida».
«E tu un
egoista».
Tra di noi
calò il silenzio, interrotto solo dal brusio del vento e
dalle mamme che richiamavano i propri figli perché si era
fatto tardi e dovevano tornare a casa.
«Senti
Giò...». Fu Lorenzo a riprendere la parola, quando
ormai il sole era quasi nella fase del tramonto e il prato praticamente
deserto, eccezion fatta per i ragazzini più grandi che
potevano stare ancora a giocare. «Perché non
facciamo pace? Non mi piace litigare con te».
Concluse con
un'espressione leggermente triste, che mi portò ad annuire
spontaneamente e impercettibilmente.
«Va
bene». Concordai senza neanche pensarci un attimo: anche io
odiavo essere in lite con lui, perché ogni volta che
succedeva cominciavo a pensare e a ripensare finché non
arrivavo al punto in cui mi chiedevo quale fosse stato il motivo di
tale litigio; a dimostrazione del fatto che qualunque esso fosse, non
era abbastanza importante.
Lorenzo si
aprì in uno di quei sorrisi che mi piacevano tanto,
perché gli facevano le fossette sotto gli occhi che lo
rendevano buffo; e fu inevitabile ricambiare il gesto.
Nel frattempo, pronto a
sigillare quella riappacificazione con un giuramento, lui mi aveva teso
il mignolo, che ben presto si intrecciò perfettamente - come
molte altre volte – al mio.
«Pace».
Dissimo insieme, scoppiando a ridere per la nostra tempistica perfetta.
Erano quelli i momenti
che preferivo, perché mi sembrava tutto perfetto e felice
come nel mondo delle mie amate fiabe, e non li avrei mai scambiati con
niente e nessuno, perché erano miei e basta...miei e di
Lorenzo.
«Lore?».
Lo chiamai poco dopo, mentre eravamo entrambi sdraiati sull'erba,
affannati per l'intensa lotta di solletico che ci eravamo fatti a
vicenda per una buona mezz'ora.
«Mmh?».
Mi esortò lui a parlare.
«Mi prometti
che non litigheremo più?». Gli chiesi, chiudendo
gli occhi in attesa di una sua risposta.
«Non che
quella di prima possa essere definita una vera lite...».
Ribatté Lorenzo pensieroso. «Comunque te lo
prometto...e ti prometto anche che la prossima volta
rallenterò per aspettarti».
«E che quando
ti chiederò la merenda me la darai subito, senza fare
storie?».
Chiesi sollevandomi su
un gomito per osservarlo meglio mentre rifletteva. Ero ben conscia che
quanto gli stavo chiedendo non era poco, perciò temevo un
rifiuto...anche se in tal caso non penso mi sarei arrabbiata.
«Sì,
lo giuro». Rispose, infine, sorprendendomi e accennando un
mezzo sorriso.
La sua merenda era
sacra, non la dava mai a nessuno e mi sentivo terribilmente felice di
quella piccola, grande conquista.
«E giurami che
rimarremo sempre amici». Aggiunsi, presa da quella specie di
gioco che avevamo intavolato.
Lui aprì un
occhio e mi fece un altro enorme sorriso.
«Migliori
amici, vorrai dire». Puntualizzò in un tacito
consenso alla mia richiesta, che probabilmente gli sembrava stupida e
inutile da fare: non aveva la minima intenzione di separarsi da me, lo
sapevo.
Sentii il cuore farmi
una capriola nel petto e cominciai a saltare e correre per il prato in
preda ad una felicità tale che non riuscivo a tenere dentro
stando semplicemente ferma: era sempre - troppo - bello sentirsi dire
ciò che si desiderava, sia che si trattasse di qualcosa di
stupido che di qualcosa di importante.
Lorenzo si
alzò ridendo, evidentemente sorpreso della mia improvvisa
energia; fino a neanche un'ora prima mi lamentavo perché non
riuscivo a stargli dietro e ora andavo avanti e indietro,
apparentemente senza mai stancarmi. Quando lo raggiunsi gli presi le
mani e lo abbracciai come forse non avevo mai fatto, o come non facevo
da molto tempo e quando lui ricambiò la stretta, con la
bocca ad un centimetro dal suo orecchio, riuscii ad esprimere quello
che sentivo in tre semplici parole, che mi uscirono dal cuore e che gli
avrei ripetuto all’infinto, se solo me ne avesse dato
l’occasione.
«Ti voglio
bene, Lore».
«Anche io,
Giorgina, tanto».
Eppure,
adesso quelli
sono dei semplici ricordi che probabilmente non rivivranno mai
più. Quelle dolci parole dette dal mio migliore amico in uno
dei pomeriggi più caldi e belli della mia vita si sono
rivelate semplici promesse che non sono state mantenute.
E
mentre ripenso ai bei
momenti passati insieme è triste realizzare di averli
vissuti con la persona che ora odio di più al mondo. No, non
è una parola eccessiva; è lui la causa principale
delle mie sofferenze.
Le
cose non sono andate
come avevo previsto; anzi, si sono rivelate tutto il contrario di
quello che pensavo che fossero.
Non
ho ancora accettato
che il mio migliore amico si sia trasformato in quello che è
il mio peggiore incubo.
Non
ho mai capito che
cosa l'abbia fatto cambiare così radicalmente, eppure ci ho
pensato tante volte.
E la
cosa peggiore
è che io continuo a volergli bene.
Nonostante
tutto.
Note:
Dunque...
È
la prima
volta che scrivo su EFP e sono un po' emozionata!
Ho sempre avuto la passione per la scrittura creativa e - dopo aver
scritto innumerevoli storie originali, destinate a marcire nel mio
computer - mi sono finalmente decisa a renderne pubblica qualcuna.
Questa
è
l'ultima che ho scritto ed è anche
quella a cui sono più affezionata in assoluto (qualora la
storia vi piacesse un po' e decideste di andare avanti, capirete il
motivo di questo mio attaccamento particolare...).
Riguardo al capitolo, vorrei solo dire che - ma penso non ce ne sia bisogno - ovviamente è un piccolo racconto di un episodio passato, che Giorgia rivive con molta nostalgia. Essendo appunto un prologo, dal prossimo la storia cambierà completamente; sarà ambientata nel presente, nel momento in cui la situazione subisce una "rottura", un cambiamento, che sarà l'inizio dei veri "guai".
Non
credo di dover dire
molto altro, se non che spero che vi piaccia e
che la continuerò solo ed esclusivamente se qualche anima
pia dovesse trovarla interessante e non troppo banale. So che da un
prologo striminzito non si può capire granché,
per questo spero che - se questa introduzione ha catturato
almeno una piccolissima parte della vostra attenzione - leggiate almeno
il primo capitolo, per vedere un po' come si svolgono i fatti,
com'è la narrazione e il mio modo di scrivere; ma trovo
assolutamente inutile continuare a pubblicarla se nessuno dovesse
"filarsela" di striscio.
Va
bene, credo di non
esser riuscita ad esprimere pienamente quello che
volevo dire, perciò leverei anche le tende e vi pregherei di
concentrarvi solo su quello che ho scritto sopra! XD
Si
vede proprio che sono
nuova qui, eh? Prometto che
migliorerò ;)
Grazie
a chiunque
dovesse leggerla anche solo per sbaglio, a presto!
P.s: Mi sembra brutto chiedervelo, ma vi pregherei di lasciare almeno una riga di recensione per dire cosa ne pensate...altrimenti mi sento forever alone, anche se continuate a leggerla!
Veronica
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