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Prefazione:
Ciao a tutti! Quella che state per leggere è una piccola one-shot sulla sesta
stagione. In realtà avevo questa idea in testa già da un po’, ma ogni volta che
mi mettevo a scriverla qualcosa non funzionava. Finalmente, sono riuscita a
buttarla giù. Sarà merito del rilassamento estivo?
Comunque, spero davvero che la storia vi piaccia. Come da routine, ecco la
presentazione:
Title:
Never Leave Me
Author:
Melanyholland
Rating:
R , così vado sul sicuro.
Timeline:
Stagione 6, dopo “Older and Far Away” (Il Compleanno di Buffy).
Pairing:
Buffy/Spike, ovviamente!
Disclaimer:
tutto del “caro” Joss Whedon, della ME (che purtroppo non sono io) e della Fox.
Feedback:
volete la mia eterna riconoscenza?
Ora la
pianto con le chiacchiere e vi lascio alla storia. Buona lettura!^^
Never Leave Me
Buffy rabbrividì e con un
ultimo, prolungato gemito raggiunse l’apice. Poco dopo, anche Spike finì,
lasciandosi andare contro il suo corpo sudato e ansimante, la testa fra i seni.
Era stato perfetto, come al solito. Era riuscita a non pensare, a lasciarsi
andare completamente, alla deriva nelle magnifiche sensazioni che solo lui
riusciva a farle provare. Ancora adesso, mentre era pervasa da un pesante e
piacevole languore, il Doublemeat Palace, le bollette, il suo dovere di
Cacciatrice, quel mondo ostile e faticoso erano lontani mille miglia. Percepiva
solo se stessa, il suo corpo, il dolce torpore che ancora la cullava…
…e le labbra di Spike che
posavano piccoli baci nell’incavo fra i suoi seni, sulla pelle bollente.
Sorrise stancamente, mollandogli
un leggero colpetto sulla testa, fra i capelli arruffati.
“Mmm…”, fu l’intellettuale
risposta di lui, mentre continuava a coccolarla con le labbra.
“Spike, no.” Sussurrò
decisa, non perché dovesse per qualche motivo tenere la voce bassa, ma perché,
dopo i vari amplessi, era rimasta sfiatata.
Spike alzò la testa quel tanto
che bastava a guardarla, il mento ancora posato sul suo petto. I suoi occhi
brillavano di un azzurro intenso, come tutte le volte che facevano l’amore. Mise
su quel broncio irresistibile che sfoggiava sempre quando lei rifiutava (o
meglio, tentava di rifiutare) le sue avances:
“Oh, perché ‘no’?” Si lamentò,
con tono da bambino, poi sorrise. “Solo qualche bacetto innocente.”
“Primo: innocente è una
parola che non può essere in alcun modo associata a qualcosa fatto da te.”
Ribatté lei, guadagnandosi un
sorrisetto alla Spike.
“Secondo: so bene dove vuoi
arrivare, quando cominci in questo modo.” Dichiarò, con un cipiglio arguto,
a cui lui rispose con una faccia ingenua da: Ma chi, io!?, per nulla
convincente.
“E ti dico subito che non posso.
Si è fatto già molto tardi e devo tornare a casa da Dawn.”
“Ma è ancora presto!” Obiettò
lui, ricominciando a ricoprirla di baci. Buffy chiuse gli occhi, rovesciando la
testa all’indietro e lasciandosi andare ad un lungo sospiro, poi raccolse i
rimasugli del suo buon senso (che ormai era convinta aspettasse fuori dalla
cripta tutte le volte che vi entrava), e gli fermò la testa.
“Dico sul serio, Spike. Devo
andare.”
Lo spinse lontano da sé e si
sedette, cominciando a esplorare il pavimento alla ricerca dei suoi indumenti.
Siccome era stata immersa nella foga del momento, ora non riusciva a ricordare
se Spike l’aveva spogliata lì o quando erano ancora al piano di sopra…
Mentre raccattava biancheria e
jeans, si accorse che lui la fissava, sdraiato, le mani dietro la testa e un
sorrisetto compiaciuto e lascivo sulle labbra. Arrossì sotto i suoi occhi e si
affrettò a vestirsi con ciò che aveva recuperato. Dannato Spike.
“Sei veramente sexy, baby.” Si
complimentò in un sussurro provocante. Lei sbuffò, raccolse anche il golf
azzurro finito sotto il letto e se lo infilò.
“Non attacca, te l’ho già
detto.”
“Peccato.”
Spike si alzò in piedi, ancora
svestito. Così, con i capelli ricci ribelli e il fisico muscoloso e tornito
scoperto, era bello come una statua greca. Si avvicinò a lei, che indietreggiò
di riflesso.
“C’è qualcosa che non va?”
“No, perché?” Chiese, sulla
difensiva. Non aveva alcuna voglia d’intraprendere l’ennesimo discorso sulla
loro ‘relazione’. Anche perché, ogni volta che ne parlava si sentiva sporca,
sbagliata.
“Sei stata giù tutta la sera.
Beh, a parte nei momenti in cui noi…” Cominciò a dire, con un sorrisetto
compiaciuto. Lei lo bloccò per tempo:
“Non è niente, sono solo stanca.
Sai, ho i soliti problemi con le bollette, il lavoro…” La sua voce si affievolì
man mano che parlava. Sospirò, sedendosi su una poltrona e Spike fece
altrettanto, accanto a lei sul bracciolo.
“Ti servono soldi?” Chiese,
pacato. Lei sorrise, amaramente.
“Ti dico solo che mi ci vorranno
un bel po’ di turni al Doublemeat Palace per riuscire a pagare le bollette del
mese scorso. Sono già in un ritardo mostruoso! Le società della luce e del gas
non fanno che telefonare…ho paura che mi possano tagliare i rifornimenti.”
Scosse la testa, portandosi le mani alle tempie. “Non so proprio come facesse la
mamma a stare dietro da sola a tutto questo. In più, l’assistente sociale mi sta
col fiato sul collo, e se scopre che rischiamo di stare senza luce e gas mi
toglierà l’affidamento di Dawn, ne sono certa.”
“Non c’è niente che possa fare?”
Si offrì Spike, con voce dolce. Sapeva che per lui simili proposte non erano
modi di dire. Avrebbe potuto chiedergli di andare a sterminare mezza città e lui
avrebbe risposto: ‘Okay, se può servirti…’
“A meno che tu non abbia 1000
dollari nascosti sotto tutte queste cianfrusaglie, non puoi aiutarmi.” Gli
lanciò un sorriso stanco, poi ci rifletté e aggiunse:
“Ma pensandoci bene qualcosa per
me la puoi fare.”
“E sarebbe?” Chiese lui,
ansioso.
“Rivestiti”.
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Un’altra giornata era passata,
lentamente, faticosamente, pesantemente, ma era passata. Buffy si sentiva
stanchissima: aveva passato la mattinata andando di banca in banca chiedendo un
prestito, e tutti gli impiegati le avevano risposto con il loro sorriso untuoso
e la voce falsamente cordiale che non aveva abbastanza garanzie per il prestito.
Traduzione: arrangiati, bellezza. Li avrebbe volentieri presi tutti a
pugni.
Dopodiché, doppio turno al
Doublemeat, con la festa di compleanno di un ragazzino delle elementari che
aveva fatto rizzare i capelli a mezzo staff, lei compresa. I bambini non
facevano che schiamazzare e cambiare ordinazione cento volte. Buffy aveva
valutato l’ipotesi che fossero tutti posseduti da demoni, ma aveva dovuto
scartarla quando si era resa conto di una cosa: nessun demone che aveva
affrontato era così mostruoso.
Era uscita dal fast food che era
ormai buio. Aveva deciso di passare la serata con Dawn, dato che le aveva
promesso di passare più tempo con lei, ma la sua sorellina aveva già altri
programmi: andare a dormire a casa dell’amica Janice. “Mi spiace, Buffy. Credevo
lavorassi, stasera.” Si era scusata, con voce onestamente rammaricata. Lei aveva
sospirato e l’aveva lasciata andare, dicendole di non preoccuparsi, e aveva
ripiegato su una breve ronda. Così, ora si trovava al cimitero, paletto alla
mano, a camminare fra le lapidi. Aveva già ucciso un paio di vampiri, ed ora si
stava dirigendo verso la cripta del più irritante che c’era in giro. Come al
solito, i suoi piedi sembravano governati da un’altra persona, e sebbene dentro
di sé tutto urlasse per farla andar via, spinse la pesante porta di pietra ed
entrò.
“Spike?” Chiamò, prima di
rendersene conto. Ma nessuno le rispose.
La cripta era vuota.
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Altri due giorni a combattere
contro demoni, hamburger e centraliniste. L’ultima telefonata della società del
gas era stata una specie di minaccia: “O paga entro 24 ore, o non potrà più
usufruire dei nostri servizi, signorina”.
Buffy si sentiva soffocare. Non
aveva raccolto il denaro necessario per entrambe le bollette, e come se non
bastasse era stata contattata dall’assistente sociale, che le aveva chiesto un
incontro di lì a una settimana per “vedere come ve la cavate, lei e sua
sorella”. Beh, sarebbe servita tutta la sua astuzia per spiegargli la mancanza
di luce e gas. Pensava a qualcosa come: “Dawn sta facendo una ricerca di storia
antica e le sto mostrando come si viveva a quei tempi”. Poteva andare. Il piano
B consisteva nel gettarsi ai piedi del suddetto assistente sociale e scoppiare a
piangere, dato che il signor Freeman si era dimostrato molto più clemente
dell’altra assistente sociale, ma dubitava che sarebbe stato così
clemente, dopotutto.
Stava soppesando l’idea di
prendere un secondo impiego (un terzo, rifletté con stizza, lanciando
un’occhiata al paletto di legno), quando arrivò di nuovo alla cripta di Spike.
Lui non si era fatto più vivo… okay, non si era fatto più non-morto dal
loro ultimo discorso nella cripta, il che era strano. Perché non era lì a
ricoprirla di attenzioni e a cercare di sedurla come faceva sempre? Che si fosse
anche lui stancato di lei?
Il pensiero la colpì
dolorosamente: non voleva che lui l’abbandonasse, come tutti; non voleva che
anche Spike la lasciasse sola. Lui doveva essere sempre lì, pronto ad
ascoltarla, a confortarla…lì, con lei. Non chissà dove a fare chissà che.
La sua lontananza la feriva più
di quanto potesse ammettere a se stessa.
Quello che in un primo momento
fu dolore, in un secondo fu rabbia. Giusto, che non si azzardasse
a stancarsi di lei, quell’idiota! Non dopo averla asfissiata per un anno con
tutte quelle dichiarazioni d’amore appassionate!
Spalancò la porta della cripta
con un calcio violento, ed avanzò nell’ombra temperata dalle candele accese. Lui
c’era, dunque.
Buon per lui.
“Spike?” Chiamò, brusca e
decisa. Siccome di sopra di lui non c’era traccia, scese. In un primo momento
non riuscì a vederlo, poi si accorse delle lenzuola color ambra accatastate
nella forma di un corpo e si avvicinò al letto, incrociando le braccia.
“Che c’è? L’Uomo Nero ti dà la
caccia?” Lo prese in giro spietatamente, quando vide che era rintanato
completamente sotto le lenzuola.
“Va’ via, Cacciatrice.” Fu la
risposta secca proveniente dall’ammasso di stoffa.
Va’ via
Quelle parole rimbombarono nella
sua testa in un’eco spettrale e Buffy morì. Per la terza volta.
Va’ via, Buffy, tua madre e
io dobbiamo parlare. Suo padre, prima di quell’ultima, fatale litigata che
l’aveva fatto andar via per sempre.
Va’ via, Buffy. Torna a
Sunnydale. Angel, quando a Los Angeles le aveva preferito Faith.
Riflettici, forse perdono
d’interesse. Spike stesso, riferendosi agli uomini della sua vita.
Tutti, la lasciavano. Perfino Giles, la figura paterna, colui che era stato il
suo punto di riferimento, spalla su cui appoggiarsi, praticamente da sempre.
“Che ti prende?” Disse,
cercando di controllare la voce. C’era qualcosa che le faceva male, dentro.
Gli occhi cominciavano a pizzicare, la gola a bruciare.
“Non è serata, Cacciatrice.
Meglio se ci vediamo fra un paio di giorni.”
No, non poteva essere lui. Spike
non le avrebbe mai detto una cosa del genere, Spike non le avrebbe mai parlato
con voce così fredda, tanto fredda da raggelarle cuore e anima. Che sotto le
lenzuola ci fosse un altro demone che aveva preso la sua voce?
Per ora Buffy trovava questa
ipotesti più plausibile del fatto che Spike si fosse stancato di lei, e
soprattutto meno dolorosa. Così, aggrottò la fronte e afferrò la stoffa,
dando un violento strattone e scoprendo così chi c’era sotto.
Sgranò gli occhi, la bocca
spalancata in un’espressione di stupore.
Oh, sul letto c’era Spike, non
c’erano dubbi; ma non lo Spike sano e in forma che aveva lasciato due notti
prima, con un fugace bacio sulle labbra. Questo era pieno di lividi e ferite,
che s’intravedevano attraverso gli strappi della maglietta e dei jeans, e aveva
l’aria esausta. Buffy percorse con lo sguardo la sua figura, inorridita, finché
non incontrò i suoi occhi azzurri, che la guardavano attraverso le ciglia delle
palpebre socchiuse.
“Sempre la solita testarda. E
ficcanaso.” La rimproverò con affetto, sorridendole appena. Doveva sentire molto
male.
“Che ti è successo?” Fece Buffy,
sbalordita. “Sei stato attaccato?”
“Più o meno”, fu la risposta
criptica. Spike non sembrava intenzionato a rivelarle nulla; ma Buffy era
testarda, come aveva ben detto lui, e voleva sapere. Tutto.
“Se non mi dici cosa è successo
giuro che mi arrabbio.” Lo minacciò. “E una Buffy arrabbiata non è una bella
cosa, chiedi a chi ti pare.”
Spike rise debolmente, poi le
indicò la giacca di pelle, lasciata negligentemente su una sedia.
“Cerca nella tasca di sinistra.”
Lei gli lanciò un’occhiata
sospettosa, poi ubbidì. Fu con non poca sorpresa che trovò un mazzetto di
dollari legati insieme da uno spago, tutti biglietti da 50. Li fissò, stupita,
poi si rivolse di nuovo a Spike, che aveva chiuso gli occhi e sembrava dormire.
“Dove li hai trovati?”
La risposta impiegò un po’ di
tempo ad arrivare, tanto che Buffy pensò che lui si fosse addormentato
veramente. Alla fine, con voce roca:
“Ti ricordi quando al Doublemeat
Palace ti dissi che potevo procurati io i soldi, se smettevi di lavorarci?”
Buffy annuì, poi capì che non
poteva vederla e disse:
“Sì, ma io pensavo intendessi
che potevi rubarli.”
Un sorriso amaro da parte di
lui.
“Non mi concederai mai il
beneficio del dubbio, eh?”, poi, senza lasciarle il tempo di rispondere:
“C’è un demone, da queste parti.
Non è abbastanza forte da combattere da solo, ma ha un mucchio di grana. Assolda
altri demoni per uccidere per lui…e prima che tu mi accusi, no, non si tratta di
assassinare umani, ma altri demoni.”
“Si uccidono fra loro!?”
“Le lotte fra demoni di clan
diversi sono più frequenti di quanto credi. Strano che Rupert non te ne abbia
mai parlato.”
“Giles rinunciò a insegnarmi
veramente qualcosa quando a 17 anni gli domandai perché i vampiri non si
trasformano in pipistrelli.” Sorrise lei.
Spike sorrise con lei.
“Comunque, mi sono fatto
assoldare. Quello è ciò che ho guadagnato.”
“Ti sei fatto quasi ammazzare
per questi!?” Reagì lei.
“Più i demoni da affrontare sono
pericolosi, più la paga è alta.” Scrollò le spalle lui, a mo’ di spiegazione.
“Ma a che ti servono tutti
questi soldi? Che c’è, vuoi una cripta con piscina in centro?”
“Sono per te.”
La dichiarazione le fece
sgranare gli occhi. Ci aveva pensato, sì, ma non aveva creduto che fosse
veramente…
“Sono 2000 dollari. Contali, se
non ci credi.”
“Me ne servono 1000.” Sussurrò
lei, poi, siccome era sembrata ingrata: “Grazie, comunque. Non…non avresti
dovuto.”
“Fammi un sorriso, amore, e mi
sentirò più che ripagato dello sforzo.” Le bisbigliò lui, dolcemente. “Non
sopporto di vederti triste. Sei così bella, quando sorridi.”
Buffy si piegò su di lui,
sdraiato sul letto e lo baciò teneramente sulla bocca. Spike le accarezzò i
capelli con la mano, poi la attirò a sé, approfondendo il bacio. Quando si
staccarono, lei gli sorrise.
“Non vedo l’ora di mostrarli a
Dawn. Sarà contenta.”
“Mi raccomando, descrivile bene
che eroe sono stato.” Fece lui, superbo.
“Eroe!? Incosciente, più
che altro.” Replicò lei, poi divenne seria. “Sul serio, Spike. Potevi morire.
Non farlo mai più.”
“Attenta, Cacciatrice”, sussurrò
lui. “Sembra quasi che t’importi di me.”
Buffy restò in silenzio per un
po’, fissandolo.
“M’importa di te.” Si
permise di confessare alla fine, in un bisbiglio.
L’azzurro dei suoi occhi non
poteva essere più luminoso. Spike sorrise, e sembrò non sentire più il dolore.
Pensò che avrebbe potuto provare una felicità più grande solo se lei gli avesse
detto di amarlo. Poi, quando lei si sdraiò vicino a lui, capì che si sbagliava.
Entrambi sapevano che non era in condizioni di fare l’amore, eppure Buffy voleva
restare lo stesso; non era lì per usarlo, non quella notte, ma solo per
stare con lui. Si girò verso di lei, i loro visi erano vicinissimi. Anche
Buffy lo stava guardando, gli occhi verdi brillanti.
“Spike?”
“Uhm?”
“Dimmelo, almeno tu: perché i
vampiri non si trasformano in pipistrelli?”
Spike rise, e la baciò.
Fine
Note dell’Autrice:
ecco qua. Ho voluto finire la ff su questa scena per regalare un po’ di
calma alla mia coppia preferita prima della tempesta di “As you were”, con Riley
e la sua ‘adorabile’ mogliettina. Allora, che mi dite? Riuscite a stento a
trattenere smorfie di disgusto o l’avete trovata carina? Fatemi sapere, mi
raccomando! Qualsiasi commento, positivo o no, mi farà contenta. Risponderò alle
eventuali recensioni nelle note dell’altra mia fanfic su Buffy, “Between You and
Me”. Nel frattempo ringrazio tutti i lettori e vi do appuntamento alla prossima
storia.^^
Melany
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