Eragon
La locanda era affollata come non mai, era uno dei classici
ritrovi lungo la via che i mercanti battevano, offriva cibo, calore, due
chiacchiere e camere a buon mercato.
Spinse la porta per entrare nello stanzone affollato, il legno
scuro luceva dei riflessi dorati del grande camino ed il profumo dello stufato
gli ricordò che non mangiava qualcosa di caldo da quando era partito.
- Quel ragazzino mi ha fatto penare!-borbottò tra i denti,
scostando il mantello inzuppato dal corpo snello.
Si guardò attorno, individuandolo con facilità. Anche se stava
a capo chino, concentrato sul suo boccale, brillava come una fiamma oscura in
mezzo a tutta quella umanità, spiccando in essa come una rosa tra i cardi.
Sospirò. Lo inseguiva da quasi un mese, poteva quasi dire si
conoscerlo, ma da quando lo aveva visto la prima volta aveva riconosciuto in lui
il dolore e la sofferenza. Quel ragazzino era in fuga da qualcosa e non poteva
escludere che si trattasse di lui stesso.
Eppure, le sue mani e la sua anima grondano il sangue di molti
innocenti.
Si concesse di studiare il suo viso, l’espressione sofferta dei
tratti delicati, il tormento degli occhi d’ametista. E decise che non era più il
caso di indugiare. Con passo sicuro si avvicinò al tavolo dove lui era seduto,
si piazzò davanti a lui.
- Posso sedermi?- e senza aspettare che lui rispondesse scostò
la sedia dal tavolo e si sedette di fronte a lui. Solo per incrociare lo sguardo
fiammeggiante di quegli occhi stupefacenti.
- Non siate scostante, principe Giglio, è diverso tempo che vi
cerco e adesso sono stanco.
Ottenne che la rabbia abbandonasse i suoi occhi, Giglio si
abbandonò contro la sedia, studiandolo con attenzione, registrando ogni cosa di
lui.
- Chi sei?-chiese a voce bassa, pacatamente, riportando la
propria concentrazione sul boccale che stringeva ancora tra le mani sottili.
- Il mio nome è Gaheris.
- Gaheris.-ripetè lentamente, senza guardarlo- Tu sei stato
Potere.- era una mera constatazione, non una domanda ma Gaheris annuì lo stesso,
richiamando l’attenzione di una giovane cameriera e ordinando la cena.
- Che cosa vuoi da me?
È così fragile! Così rassegnato!-
pensò assurdamente Gaheris, fissando quegli occhi che conoscevano e
ricomprendevano ogni sofferenza.
Con che coraggio sto per ferirlo ancora?
- Dovevo parlarti. Riferirti un messaggio e scortarti dalla
persona che te lo manda.-spiegò nascondendo i propri occhi nel boccale di
birra.
- Non credo che mi interessi. Non mi interessa nulla di ciò che
riguarda la vostra parte. Noi siamo nemici e se non mi sono ancora deciso ad
ucciderti…
- Il messaggio non riguarda la mia parte, come dici tu. Il
messaggio riguarda te e solo te.
- Non voglio sentire nulla. Voglio solo essere lasciato in
pace. Vattene.
- Ti seguo da un mese. Non me ne andrò così semplicemente. Il
messaggio è questo: il Principe Veggente desidera parlarti e ti chiede di
raggiungerlo al più presto.
- Raggiungerlo dove?-chiese Giglio suo malgrado ma
immediatamente la sua bocca si contorse in un sorriso storto- Avevi detto che il
messaggio riguardava me.
- Difatti. È di te che lui vuole discutere.
Calò il silenzio, almeno tra loro due, perché l’allegro
chiacchiericcio della locanda continuò indisturbato.
- Il Principe Veggente.-sussurrò Giglio tra sé.
- Io ho il compito di condurti da lui, se accetterai di
seguirmi.
Giglio lo studiò un poco, la birra ormai accantonata.
- E non è una trappola solo per eliminarmi?-chiese con un
sorriso tirato.
- No. Tu non puoi essere ucciso ed in ogni caso non da me.
Inoltre, se fosse la tua distruzione il nostro scopo sarebbe venuto uno dei
Quattro Re e ti avrebbe affrontato a viso aperto.
- Immagino di si.-concordò Giglio.
Il suo sguardo scivolò tutto attorno a loro, sui visi distesi
degli altri avventori, ascoltò la cordialità delle loro parole ma man mano il
suo viso si chiuse in un dolore fiammeggiante e Gaheris vide di nuovo la rabbia
bruciare quel viso bianco e perfetto. Capì che in quel momento stava odiando
tutti coloro che li circondavano, li odiava per la serenità che avvertiva in
loro, così lontana dai sentimenti che si agitavano in lui, li odiava perché la
loro vita era facile mentre lui aveva già patito sofferenze incredibili. Li
odiava e desiderava la loro morte, che avrebbe pianeggiato i conti tra loro.
- Giglio.-chiamò piano, concentrando su di sé quegli occhi
terribili.- Loro non ti hanno fatto niente.
- E allora? Sono abbastanza irritato da ucciderli solo per
sfogarmi.
- Certo. Ma quello che ti divora non sparirà con loro.
Giglio abbassò lo sguardo, fissando il piano del tavolo come se
volesse imprimersi nella memoria ogni scanalatura del legno lucido.
- Si vede così tanto?-chiese debolmente, senza rialzare lo
sguardo.
- Verrai con me dal Principe Veggente?
Non rispose, fissava ancora il tavolo, bambola rotta incapace
di reagire.
- Come è vano tutto questo…-sussurrò pianissimo, tanto che
Gaheris non fu certo di averglielo sentito dire.
Poi si alzò dal suo posto, gli gettò un’occhiata obliqua.
- Me ne vado a letto. Ci vediamo domattina.-mormorò a mezza
voce, allontanandosi.
Gaheris sorrise e finì il proprio stufato, con appetito.
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