Dunque,
qualche NDA prima della storia, poi vi mollo a
quella.
Pulcino nasce per il contest Ricordi…
only Quileute and
Volturi, indetto da Palm
sul forum di EFP. Il contest era anche per storie
edite, così, anche se i risultati non sono ancora usciti, ho
deciso di
pubblicarla.
È una sorta
di Missing moment di Broken
Hearts – Longing For. Non
sono pienamente
soddisfatta del risultato, ma spero che vi piaccia.
Note
d’autore: La storia
si collega al capitolo
17 della mia long Broken Hearts
–
Longing for, e parte dal momento in cui Sam esce dalla camera di
Esther,
sconvolto per averle dato uno schiaffo.
Era un
secolo che volevo scrivere di questo momento, e finalmente ne ho avuto
l’occasione. Diciamo che nella mia testa Sam si è
subito pentito di quella
reazione istintiva, ed eccone il risultato.
Il ricordo
non è unico e fluido, semplicemente perché credo
che in quel momento Sam non
riesca a concentrarsi su una cosa unica. Ho optato piuttosto per una
serie di
ricordi, per lui significativi, cose che in quel momento gli vengono in
mente
come “flash”. Spero che possa andare bene lo stesso.
Ultimamente
non sono per le cose troppo lunghe, perciò la shot
è lunga poco più di mille
parole. Per il momento buona lettura.
***
Il palmo
della mano mi formicola. Abbasso gli occhi e non riesco a credere che
sia mia
quella mano col palmo arrossato.
Non posso
aver davvero schiaffeggiato la mia bambina.
Il rumore di
vetri infranti e calpestati è un’amara conferma.
L’odore del sangue di mia
figlia mi riempie le narici. La nausea mi stringe lo stomaco. Mi faccio
schifo.
«Sam.» la
voce di Emily mi raggiunge, ma non riesce a riscuotermi.
«Sam, cos’hai?» mi
abbraccia.
Normalmente
la guarderei negli occhi, per sapere che va tutto bene. Ma come posso
guardarla
negli occhi? E come posso stringerla a me con queste braccia?
Il fatto che
fossi furioso con nostra figlia non mi giustifica. Il fatto che lei mi
guardasse in quel modo, che con gli occhi mi sfidasse apertamente non
mi
giustifica. Le ho dato uno schiaffo, e non era mai successo prima.
È quasi una
donna e le ho dato uno schiaffo. L’ho umiliata, ed era una
cosa che mi ero
ripromesso di non fare mai.
Sono stato
io a colpirla. Io, con le stesse mani che tante volte l’hanno
cullata.
Me la
rivedo tra le mani, un
fagottino di poco più di tre chili, avvolta in una copertina
rosa. È così
piccola e sembra così fragile. Ha un ciuffo di capelli scuri
che le cade sulla
fronte e si agita, stiracchiando le braccine e portando i pugnetti sul
viso. Ha
ancora gli occhi chiusi, e la pelle è tutta rossa e
grinzosa, ma è la bambina
più bella del mondo.
Si mette un pugnetto in bocca ed
inizia a succhiare. Emily ride.
«Dammela.» mi dice.
L’attacca al seno e mentre Esther mangia
di gusto mi siedo sul letto e circondo le spalle di mia moglie.
Rimarrei per ore qui con loro. Mi
rendono completo, felice.
«Avete
litigato?» mi chiede Emily, riportandomi da lei.
Annuisco.
«Sam,
non potete continuare a
litigare così» Jake scuote la testa.
È una domenica pomeriggio, con un
tempo che per la media della Penisola Olimpica si potrebbe definire
decente.
Lui e i gemelli sono stati a pranzo da noi, e sapevo che prima o poi
sarebbe
arrivato il momento di parlare delle mie continue liti con Seth. O
meglio,
delle sue continue liti con me. Mi ritiene responsabile della partenza
di sua
sorella, e non ha poi tutti questi torti.
Abbiamo mandato i bambini a giocare
poco distante da casa, e li teniamo d’occhio dalla veranda.
Sarah ed Ethan
hanno un’età in cui fanno troppe domande, ed
Esther a tre anni ripete tutto
quello che sente. Sorrido. Qualche sera fa mi sono beccato un
rimprovero niente
male da Emily, dopo che la piccola aveva ripetuto mezza discussione che
avevo
avuto con Embry mentre ero con lei al minimarket della riserva.
La sento piangere. Scatto e la
raggiungo senza neanche dosare la velocità, non mi preoccupo
di nascondere
quello che sono. Mi preoccupo solo della mia bambina, e quando arrivo
da lei mi
rendo conto che si è soltanto graffiata un ginocchio, e che
cadendo a terra ha
sporcato la sua bella gonna. Probabilmente la preoccupa più
questo che il
graffio.
Quando la sollevo da terra tira su
col naso e nasconde la faccia contro il mio collo. La stringo
più forte.
«Pulcino di papà, cos’è
successo?»
chiedo.
Lei mi guarda con quegli occhioni
grandi che ha, luccicanti di lacrime che non ha ancora asciugato, poi
si volta
ed indica Ethan.
«Ti ha spinta?»
Annuisce.
«Ma lei mi sta sempre appiccicata. Ed
è una piagnona. È una piagnona
appiccicosa.»
«Ethan, cosa ti ho detto prima di
venire?» lo rimprovera Jake, che nel frattempo ci ha
raggiunti.
«Che lei è piccola e che dovevo stare
attento.»
«Perché non l’hai fatto?»
Lo sguardo che gli rivolge Jake è
severo, ma pieno di affetto. È un padre davvero in gamba,
nonostante sia solo.
Mi piacerebbe diventare bravo la metà di quanto lo
è lui.
«Sam,
guardami!» le mani di Emily sono sul mio viso. Il suo sguardo
dolce incontra il
mio.
«Sam, frena. Non
riesco a stare
dietro ai tuoi pensieri. Spiegami cos’è successo,
per favore.»
«Esther,
vai piano!»
«Ma Ethan…» si ferma e mi osserva
attentamente per qualche secondo, indecisa se dirmelo oppure no.
È identica a
sua madre, quando fa così.
«Ethan cosa?»
«Mi dice che sono una schiappa, se
vado piano! E io non voglio farmi dire che sono una
schiappa!» afferma,
sfoderando la logica ineccepibile dei bambini di sei anni.
Abbozzo un sorriso, e quasi me ne
vergogno quando Esther mi guarda seria e mi rimprovera. La prendo in
braccio,
le faccio fare una giravolta, poi ricambio il suo sguardo con uno
altrettanto
serio.
«Non sei una schiappa, e non lo sarai
mai, pulcino. Sei la bambina più coraggiosa e in gamba della
terra.»
La poggio a terra, e lei mi regala
uno di quegli splendidi sorrisi che le illuminano il volto –
e che a me
illuminano la giornata. Risale sulla bicicletta e ricomincia a pedalare.
Emily mi
accarezza le mani, e io le ritraggo.
«No!»
esclamo.
«Perché
no,
papà!»
Esther
vuole andare a dormire da
Jake, con Ethan. E io… sono geloso, da morire. Senza contare
che qualche giorno
fa Ethan ha fatto tuffare Esther dalla scogliera più alta
senza neanche
chiedermi il permesso. Come posso fidarmi di lui se è
così irresponsabile? Come
posso affidargli la mia bambina, se non ragiona sulle cose che fa?
«Perché sono tuo padre e decido io,
Esther. E no, a dormire da zio Jake non ci vai.»
«Ma prima non facevi tutti questi
problemi!»
«Prima eravate due bambini. Ora lui è
un ragazzo e tu sei ancora una bambina!»
«Io non sono una bambina, papà!»
Avrei
dovuto
capirlo già allora, che la stavo perdendo. Che avrei dovuto
lasciarla più
libera, altrimenti prima o poi lo strappo sarebbe stato irreparabile.
«Le ho dato
uno schiaffo, Emily. Uno schiaffo» ammetto sconfitto.
Emily mi
guarda seria, per un attimo, poi mi prende per mano – quella
mano – e mi fa sedere sul divano. Si siede vicino a me e
rimane in silenzio.
«Mi odierà
per sempre» butto fuori in un sospiro.
«Si sentirà
umiliata, Sam, più che odiarti. Vuoi che
le…»
«Non credo
servirebbe. Ce l’ha con entrambi. Ma io… io le ho
dato uno schiaffo, Emily.
Sono un padre orribile!»
«Sei un
padre meraviglioso, Sam. Lascia perdere lo schiaffo… quante
volte avete
litigato perché avete lo stesso, orribile
carattere?» sorride, quasi a
sottolineare il fatto che mi sta prendendo in giro.
«Un giorno
sì e uno no, da quando è in grado di
parlare.»
«E quante
volte vi siete chiesti scusa?»
«Scusa,
papà.» mi abbraccia.
Sono passate appena due ore dalla
litigata. Mi ha tenuto il broncio per due ore, ed ho sofferto da matti.
Ma ora
è qui, e mi guarda con gli occhi luccicanti di lacrime che
ha appena asciugato,
per non farmele vedere.
La stringo forte.
«Scusami tu, Terry. Lo so che stai
crescendo.» Ma ai
miei occhi resterai sempre la mia bambina.
Completo, tra me e me.
«Sempre.»
«Vi volete
bene, è più forte di voi.»
«Ti
voglio bene, pulcino mio.»
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Nickname: Kagome_86
(EFP), Arahan86 (Forum)
Colore del
pacchetto: Azzurro
Prompt:
Sguardi (dal pacchetto),
Lacrima, Bicicletta.
Titolo:
Pulcino
Personaggi:
Sam, Emily, Esther (OC)
Genere:
Malinconico
Rating:
Verde
Avvertimenti:
One shot
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