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BOX
HUMAN
PROLOGO
RUZZOLANDO IN MEZZO ALLA STRADA
§§§
Tsuna corse fuori
di casa a velocità supersonica, quella mattina, con la cravatta della divisa per
metà disfatta, la borsa che spenzolava dalla spalla e un toast in bocca mezzo
mangiucchiato.
Il bruno biascicò
una specie di saluto in direzione della madre e si precipitò fuori dal cancello
tutto trafelato, cominciando a correre verso la scuola.
Manco a dirlo, era
nuovamente in ritardo.
Quella mattina,
poi, ne erano successe veramente di tutti i colori, e accidenti a Reborn che se
l'era filata il giorno prima per, a suo dire, improrogabili impegni in
Italia!
Se ci fosse stato,
almeno avrebbe potuto chiedere a lui consiglio, e invece niente!
Nervosamente, il
ragazzo osservò la propria mano, soffermandosi malinconicamente sull'unico
anello presente: quello del Cielo era lì, splendeva per il Sole che lo
illuminava, ma della Vongola Gear di Natsu non v'era la minima traccia.
Un rapido giro di
telefonate, agitate, poco prima di uscire di casa, lo aveva informato del fatto
che le Gear di tutta la Famiglia erano semplicemente scomparse durante la
notte.
Avendo concordato
quindi una riunione, giusto poco prima dell'inizio delle lezioni, ecco il motivo
della corsa indiavolata del Decimo nel tentativo di arrivare il più velocemente
possibile all'incontro con i suoi compagni.
Era talmente preso
dalla situazione, dai suoi pensieri e da tutto il resto, compreso un quasi
sicuro compito in classe, di cui si era bellamente scordato, che non aveva
notato il semaforo, diventato improvvisamente rosso proprio mentre lui stava
attraversando la strada.
Non vide né sentì
le voci di Yamamoto e Gokudera, sbucati all'improvviso dal vicolo laterale, che
lo chiamavano.
L'unica cosa su cui
la sua mente riusciva a restare concentrata era la macchina dalla carrozzeria
argentata che sfrecciava contro di lui: era imbambolato, non riusciva a muoversi
e chiuse istintivamente gli occhi, aspettando un dolore, che però non arrivò
mai.
Perchè giusto un
attimo prima dell'impatto, in una rapida sequenza di azioni, voci, rumori,
stridori di freni e puzza di gomma bruciata, sentì un paio di braccia snelle
afferrarlo per le spalle e tirarlo all'indietro.
Il suo corpo sbattè
a peso morto sul marciapiede e sentì si dolore, ma non quello intenso dovuto
all'essere investito da una macchina in corsa ma piuttosto simile a quello
solito, cui era abituato, di una distratta caduta a terra.
Respirò
affannosamente, rintronato per la botta e accecato dalla luce del Sole, talmente
intensa da fargli chiudere gli occhi, mentre sotto di lui qualcosa si muoveva e
le sue orecchie quasi esplodevano per le voci assordanti che lo chiamavano.
Un momento...
“NATSU!” “NATSU!”
Lui non si chiamava
Natsu.
“Tsuna-dono... Stai
bene, vero?”
Una voce flebile
proveniente da un punto sotto di lui, fece sobbalzare Sawada, che spalancò gli
occhi, voltandosi di scatto: c'era un ragazzo, che gli sorrideva affettuosamente
tra una smorfia di dolore e l'altra.
Sembrava avere più
o meno la sua età, con lunghi e arruffati capelli rossicci a incorniciargli il
viso graffiato: sembrava, anzi, forse era straniero, ma si era espresso in un
giapponese troppo perfetto, senza contare che qualcosa, nei suoi occhi, faceva
sentire il Decimo al sicuro.
Ecco, sentiva quasi
di conoscere quello sguardo.
Un attimo dopo,
proprio mentre stava per replicare, una saetta bionda s'abbattè sul suo
intrepido salvatore, afferrandolo per il colletto della felpa che indossava e
sbatacchiandolo: gli stava urlando anche qualcosa che, a giudicare da ciò che il
bruno riusciva a distinguere del fiume di parole, dovevano essere insulti.
Rimessosi a fatica
seduto, Tsuna si sentì quantomeno in dovere di tentare di salvare quell'angelo
che era corso a salvarlo, senza contare che doveva ancora spiegargli come
diavolo facesse a sapere il suo nome, se lui non l'aveva mai visto in vita sua.
Si attardò qualche
istante a osservare il nuovo venuto, i cui corti capelli chiari, alla luce del
Sole, sembravano prendere le sfumature del fuoco, che stava facendo un
predicozzo coi fiocchi e contro-fiocchi all'altro, il cui sguardo era tenuto
basso dall'imbarazzo, e dietro di lui c'erano altri ragazzi, uno dei quali
sembrava tanto massiccio da intimorire anche il Decimo.
Aveva un sacco di
domande, ma prima doveva fare una cosa.
Con un sospiro, si
puntellò con la mano per alzarsi: “Scusate... Io...” provò a dire, ma le gambe
non lo reggevano, qualunque movimento tentasse di fare finiva inesorabilmente a
terra, senza riuscire a mettersi in piedi, e gli girava anche la testa.
Che fossero ancora
la tensione e lo spavento?
“J-Juudaime-sama...?”
La voce strozzata,
che lo aveva chiamato con quel titolo così familiare, non apparteneva però a
Gokudera, forse l'unico dei suoi conoscenti a chiamarlo in quel modo, ma bensì
era del ragazzo in piedi di fronte a lui, che lo fissava con espressione
scioccata mentre il rosso, alle sue spalle, si massaggiava il collo con aria
sofferente.
“No, non si alzi!”
lo bloccò subito, all'ennesimo tentativo del Decimo di tirarsi su: “Natsu, razza
di deficiente! Ti rendi conto che avresti potuto rimetterci la pelle?!” quello
riprese poi la sgridata come se nulla fosse accaduto, “Sei sparito come un
razzo, poi abbiamo sentito il rumore dei freni, quando imparerai?!” sbottò con
tono esasperato.
“Uri, davvero, non
è successo nulla. Ho sentito Tsuna-dono, era nei guai, non potevo lasciarlo lì.”
si difese il rosso, spostando lo sguardo sull'amico e poi su Sawada.
“JUUDAIME!”
Come se già non ci
fosse stata abbastanza gente attorno a loro, in quel momento li raggiunsero
anche Hayato e Takeshi, trafelati: “Juudaime! È ferito?!” gridò Smoking Bomb,
inginocchiandosi accanto al Cielo con aria preoccupata, “Lascialo respirare, non
vedi che sta bene? Sembra solo spaventato.” lo rassicurò la Pioggia, sorridendo
affettuosamente all'indirizzo del suo Boss.
Poi si voltò verso
il rosso, che si stava alzando con l'aiuto del suo amico, attorniato da quelli
che, inconfondibilmente, dovevano essere i loro compagni.
Certo che erano
tipi ben strani!
A parte i due
litigiosi, Yamamoto ne contò altri sei, per un totale di otto ragazzi.
Quello più vicino a
loro, massiccio e dall'aria assonnata, aveva folti capelli neri e un paio di
occhi verdissimi, più verdi dell'erba d'estate, mentre, osservando quello
accanto a quest'ultimo, a Yamamoto parve per un attimo di vedere Ryohei.
Stessa espressione
esagitata, stessa luce negli occhi... Anche i guantoni da boxe sembravano gli
stessi.
Gli altri quattro,
che avevano fatto crocchio attorno a Tsuna e al suo salvatore, soprattutto due
di loro, gli sembravano così familiri da causargli come una fitta di nostalgia
all'altezza dello stomaco, e stava per chiedere loro chi mai fossero, se per
caso si fossero incontrati a scuola, quando una voce saccente interruppe le fila
dei suoi pensieri.
“Hayato-danna,
smettila di brontolare.”.
Le parole del
biondo fecero, se possibile, arrabbiare ancora di più la Tempesta, che afferrò
il ragazzetto per la felpa e lo strattonò con violenza: “Bastardo! Chi ti ha
dato il permesso di prenderti tutta questa confidenza?!” gridò l'argenteo,
guardandolo torvo.
L'altro,
semplicemente, sorrise, era un ghigno quasi mefistofelico quello che andò a
increspargli le labbra mentre, con eleganza e semplicità, scioglieva la presa
dell'italiano su di sé: “Questo.” replicò; un attimo dopo, sulla guancia di un
basito Gokudera, era comparso un graffio rosso e discretamente profondo.
“Danna, forse non
avrò più gli artigli, ma le unghie umane sono una valida alternativa.”.
Quella faccia da
schiaffi fece imbestialire Hayato che, a stento trattenuto da Yamamoto, era
prossimo ad azzannare il biondo alla gola.
“D'accordo, Uri.
Ora calmiamoci tutti.”.
Il rosso si era
avvicinato all'amico, poggiandogli la mano sulla spalla e obbligandolo a tirarsi
indietro, mentre Tsuna faceva lo stesso col suo Guardiano, che magicamente, e
borbottando qualche parola di scusa, si calmò, non cessando però di guardare in
cagnesco il suo avversario.
“Mi dispiace,
Tsuna-dono. Uri non voleva reagire così, e neppure litigare con Hayato-dono.” un
lieve e rispettoso inchino da parte sua fece capire al Decimo che quel
ragazzetto doveva essere il capo di quella combriccola, anche a giudicare dalla
prontezza con cui, Uri, se non aveva sentito male, gli aveva obbedito.
“Buffo,” si ritrovò
a pensare improvvisamente il Cielo: “Ha lo stesso nome della Box di Gokudera-kun,
sono simili anche nei modi...” riflettè.
Il suo intuito si
fece sentire con la stessa intensità di un tuono poco prima di un temporale
estivo.
Che fossero...?
Scosse la testa con
decisione, cercando di ricacciare quel pensiero idiota nelle profondità del
cervello: un'ipotesi del genere non era affatto contemplabile.
“Natsu-kun, forse
dovremmo dare loro delle spiegazioni.”.
Quel nome lo fece
sobbalzare mentre un ragazzo, dai folti capelli color miele e con un paio di
grosse cuffie azzurre attorno al collo, e un bambino, con folti ciuffi scuri e
arruffati, che gli sedeva sulle spalle, non gli si avvicinarono.
“Non trovi?” chiese
il piccolo, aggrappandosi alla testa del rosso, che lo prese tra le braccia,
stringendolo affettuosamente: “Hai ragione.” replicò, alzando lo sguardo, “Io
sono Natsu mentre questa peste qui è Kojiro. Lui è suo fratello Jiro mentre
l'arrabbiato alle mie spalle è Uri.” presentò.
“Io sono Garyuu.”
“Il mio nome è
Gyuudon.”.
“I-Io sono Roll...”.
“Mi chiamano
Mukurou.”.
La mano che Natsu
tese a Tsuna era calda al tatto, come se fosse stata plasmata nelle Fiamme del
Cielo, era una sensazione meravigliosa.
Una rapida occhiata
agli altri, che si erano stretti attorno a loro, gli fece notare, col cuore in
gola, che tutti loro emanavano Fiamme, purissime e di una intensità abbagliante.
“Ci dispiace per
avervi fatto preoccupare, ma quando stamattina ci siamo svegliati, ci
siamoritrovati in queste condizioni e...”.
Natsu venne
nuovamente interrotto da Uri, che era scoppiato a ridere sul naso a Gokudera:
“Non fare quella faccia da triglia bollita, danna.” disse, canzonando
l'espressione stupefatta della Tempesta.
“Siamo le vostre
Box Arma, non stiamo mentendo, Takeshi-bocchan.” esclamò Jiro, facendosi avanti,
“Volevamo tornare a casa ma ci siamo persi...” ammise Garyuu, abbassando lo
sguardo; Mukurou annuì, poggiando la mano sulla spalla di uno spaventatissimo
Roll mentre Gyuudon concludeva il racconto delle loro peripezie, spiegando che
Natsu era corso via all'improvviso.
“Ve l'ho detto,
ragazzi. Ho sentito Tsuna-dono in pericolo e mi sono precipitato ad aiutare il
mio padrone.” si giustificò quest'ultimo, guadagnandosi un'occhiata malevola da
parte di tutti, primo fra tutti Uri.
“Beh, ma state
bene! Ed è questo che conta!” esclamò Yamamoto, sistemandosi la spada: “Ero
preoccupato per voi, ma vedo che non ce n'era affatto bisogno.” disse,
rivolgendosi ai due fratelli.
“Vero, al resto
penseremo dopo.” concordò Tsuna: “Al momento, siamo solo contenti di vedervi.”.
“SAWADA! COSA
ESTREMAMENTE STA SUCCEDENDO?! Garyuu è sparito! E chi sono questi tizi?!”
“Ryohei, esagitato
come suo solito, era comparso all'improvviso da una stradina laterale, seguito
da Kyoko e Chrome.
E come se le cose
non fossero già abbastanza di loro complicate, un Hibari particolarmente, e
visibilmente, incazzato, arrivò alle loro spalle.
Vedendolo, Roll
sgranò gli occhi, che sembrarono inumidirsi.
Gentilmente,
sciolse la presa che lo teneva legato all'amico e mosse un paio di timidi passi
verso il suo padrone.
“Erbivoro, cos'è
questa confusione? E voi chi siete?” domandò con freddezza il prefetto,
stringenso i tofa in pugno e non accorgendosi dell'arrivo del ragazzetto,
avvolto in quella felpa viola che doveva essere almeno tre taglie più grande
della sua.
“Kyoya-dono...”
bisbigliò lui, aggrappandosi alla maglia della giacca della Nuvola: “Voglio
tornare a casa... Voglio giocare con Hibird...”.
Per un attimo, il
Guardiano restò immobile, Tsuna poteva giurare di averlo visto sobbalzare
impercettibilmente nel momento in cui Roll lo aveva afferrato, poi semplicemente
ripose le sue temutissime armi, prese gentilmente per il polso la sua Box Arma e
semplicemente se ne andò.
“Sempre così,
quell'Hibari...” bofonchiò Mukurou, voltando lo sguardo verso la sua padroncina:
“Non si preoccupi, Ojou-sama!” esclamò, esibendo il suo migliore sorriso a
beneficio della giovane, “La scorterò personalmente fino a casa, dove la lascerò
solo alle cure di Mukuro-sama. ” disse, inchinandosi per baciarle galantemente
la mano sottile, quella con l'Anello, “Possiamo andare, Decimo?” chiese
rispettosamente, rivolgendosi al Boss.
Questi annuì,
stupito dall'educazione con cui si era rivolto a lui.
Chrome sembrava a
disagio, ma il cenno rassicurante che Tsuna le rivolse la tranquillizzò mentre
la gentilezza con cui Mukurou le pose sulle spalle il proprio mantello la fece
arrossire: anche loro lasciarono il campo, mentre Ryohei e Garyuu avevano
cominciato a rifare conoscenza.
Pochi minuti dopo,
entrambi corsero via, diretti verso la scuola, e il club di Boxe, cui Garyuu
voleva a tutti i costi unirsi.
Una volta che i due
si furono allontanati, Uri si avvicinò all'unica ragazza rimasta con un sorriso
smagliante, del tutto diverso dall'aria strafottente che aveva esibito fino a
poco prima: “Kyoko-nee, volevo ringraziarti per il pesce e per esserti occupata
di me assieme ad Haru-nee. Non volevamo spaventarti.” le disse, con voce morbida
ed educata.
“Sei il gattino di
Gokudera-kun?” chiese infine lei.
“Si, Hayato-danna è
il mio padrone.” rispose lui, raddrizzandosi dall'inchino che le aveva rivolto:
“Se mai avrai bisogno di aiuto, non esitare a chiamarmi.”.
Tutt'altro tono,
però, mostrò nel parlare a Natsu e Gyuudon.
“Non cacciarti di
nuovo nei guai, piccoletto, altrimenti è la volta che ti lego al tuo Gear. Ti
affido quest'imbranato del nostro capo, se gli succede qualcosa, a risponderne
sarai tu.”.
Poi, scoccando
un'occhiata astiosa a Gokudera, semplicemente corse via.
“E' sempre così.”
sbuffò Natsu: “Però, anche se non sembra, sa essere molto gentile.”.
“Gokudera e Uri
sono uguali.” notò Takeshi, tenendo in braccio Kojiro: “Hanno lo stesso
carattere!”.
“Taci,
yakyuu-baka! E tu, bastardo, aspetta!” sbottò l'argenteo, schizzandogli alle
calcagna.
Si sentirono le loro grida anche a parecchi metri di distanza.
“Scusaci,
Tsuna-dono, scusaci tanto... Non siamo abituati a questa situazione e forse ci
siamo fatti prendere dall'entusiasmo. Non è un comportamento da adulti, lo
ammetto...” bofonchiò imbarazzato il rosso, ma subito il Cielo scosse la testa:
“Davvero, va tutto bene.” lo rassicurò il bruno, afferrandolo per il polso e
trascinandolo verso la scuola.
“Siete
sempre voi, non è cambiato nulla.”.
Note del
Lemure:
Ho spulciato
attentissimamente la sezione alla ricerca di qualcosa di simile, ma non ho
trovato nulla. Come già in precedenza, vi prego di avvertirmi nel caso mi
sbagliassi, cosicché io possa fare ammenda in tempo, cancellando la fic. In ogni
caso, l'idea m'è venuta spulciando Tumblr e trovando un disegno di un Human!Uri,
che ha scatenato tutto questo.
Che dire,
spero sia un'idea interessante.
Vi lascio
con un piccolo glossario in calce, fatene buon uso.
KissKissFallInLove
Shun/Charlie
Glossario:
Bocchan:
Signorino
Danna:
Padrone/Signore
-dono:
Particella che si usa in segno di rispetto per una persona. Ha un'incisività
maggiore di -san ma minore di -sama.
Ojou-sama:
signorina di nobili origini.
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