Aurora
è da poco diventata la cantante di un gruppo, i
Moonlight Sonada, per inseguire il batterista dei suoi sogni, Ettore.
Ha fatto
così la conoscenza di Manuel, bassista, e Simona, seconda
chitarrista, ma colui
che suona in modo tanto sensuale la sua Fender nera sembra stia facendo
il possibile per entrare nelle grazie di Aurora...
I nostri soliti
incontri da amici speciali
Aurora
si chiuse nella camera di Ettore, pur di sfuggire al
gruppo di amici nel salotto; quando era entrata nella casa del ragazzo
per la
cena che lui aveva organizzato, non si aspettava certo di trovarlo con quella.
Si
asciugò le lacrime con la manica del giacchetto,
approfittandone anche per togliere l’odiato trucco. Si
sentiva una sciocca
vestita e truccata in quel modo: come aveva potuto solo sperare di
avere anche
una minima possibilità con Ettore?
Lasciandosi
cadere sul letto, Aurora chiuse gli occhi,
cercando di far riposare un po’ la sua mente in subbuglio.
Saltò a sedere
quando sentì la porta della stanza aprirsi.
Marco
entrò, accorgendosi di lei solo dopo avere richiuso la
porta dietro di sé.
-
Ehi! – esclamò, colto di sorpresa. –
Cos’è quella faccia?
– aggiunse, notando il pallore sul suo viso. - Sei pallida.
Hai finito il
rossetto o hai sofferto per la mia assenza?
Aurora
si lasciò sfuggire un sorriso. – Non ti facevo
tipo
da “Via col vento”.
-
Oh, l’hai visto. E io che volevo fare la figura del figo!
-. Marco si sedette sul letto accanto a lei, armeggiando con la
custodia della
sua chitarra che aveva riposto nella stanza quando erano arrivati, al
termine
delle prove. – Ti sei fatta un’idea sbagliata su di
me, allora: è il mio film
preferito!
-
Non ci credo! Mi sembravi più…
-
“Rocky”? “Rambo”?
“Terminator”?
Aurora
lo guardò attentamente, arricciando il labbro. –
No,
in effetti sei proprio il tipo da “Via col vento”!
-
Mi stai prendendo in giro, donna? – si finse offeso Marco.
Estrasse la sua Fender nera dalla custodia. – Ora ti faccio
sentire che uomo
sono!
Cominciò
a suonare la colonna sonora del film, facendo
ridere Aurora; dopo un po’ cambiò canzone, lo
sguardo concentrato sulle corde
come se stesse suonando quelle note per la prima volta. Aurora
sentì gli occhi
riempirsi di lacrime al pensiero di Ettore nell’altra stanza
con la sua nuova
fiamma e Marco dovette accorgersene, perché
continuò a suonare, non tornò dagli
amici, aspettando che lei stesse meglio.
♫
Quando
Aurora entrò nella camera di Manuel per prendere il
cappotto e trovò Marco sul letto con la sua amata chitarra,
non riuscì a
trattenere un sorriso.
-
Eremita come al solito – lo canzonò.
Marco
alzò gli occhi dalla Fender e le rivolse anche lui un
sorriso. – Come mai sei qui? Non scendi con gli altri?
-
Ero venuta a prendere il cappotto… Ma in effetti non ho
molta voglia di uscire. Ti spiace se rimango a farti compagnia?
-
E mi aiuti a svaligiare il frigo di Manuel? Nessun
problema, sei dei nostri!
-
Ormai anche la Fender è diventata
un’entità? – rise
Aurora.
Marco
le sorrise di nuovo, quel sorriso che per loro era
diventato speciale, o almeno lo era per lei: ogni volta che si
ritrovavano da
soli, in casa di qualcuno o in sala prove, lui alzava le
estremità delle labbra
leggermente, in un movimento simile ad uno sbuffo, e socchiudeva per un
momento
gli occhi. Ed era così bello… Ma probabilmente,
si disse Aurora, lo pensava
solo perché teneva una chitarra tra le mani.
Dopo
aver suonato qualche canzone, Marco le propose di
cominciare la rapina al frigo di Manuel: presero l’occorrente
per fare la
carbonara e trovarono, nascosto dietro confezioni di sugo ammuffito, un
barattolo di gelato. Si guardarono, poi Marco sospirò e la
tirò fuori.
-
Loro sono usciti… e il gelato ora è fuori dal
frigo,
finirà per sciogliersi: toccherà mangiarlo!
-
Hai proprio ragione – concordò Aurora, sedendosi
al
tavolo.
Mentre
immergevano i cucchiaini nel cioccolato, la ragazza
rifletteva su quanto spesso ormai capitasse loro di trovarsi in simili
situazioni: restavano a casa da soli, si sedevano a gambe incrociate
sul letto
o sul divano con la chitarra tra di loro, mangiavano quello che
trovavano,
accompagnati sempre da quell’atmosfera familiare che la
faceva sorridere
istintivamente.
-
Ormai abbiamo le nostre abitudini – esclamò Marco,
come se
le avesse letto nella testa. – I nostri soliti incontri da
amici speciali, i
gesti sincronizzati dei nostri rituali…
-
Ehi, hai fatto la rima!
-
Ma ho ragione, no? Siamo davvero sincronizzati: quando
siamo entrati in cucina, io mi sono messo a cercare nel frigorifero,
mentre tu
mettevi su l’acqua; poi, ogni volta che prendo la chitarra,
sai qual è la
canzone con cui inizio… Mi conosci alla perfezione!
Aurora
scosse la testa. – No, conosco alla perfezione quegli
attimi che passiamo insieme.
Marco
guardò il gelato quasi finito nel barattolo,
giocherellando sovrappensiero con il cucchiaino.
-
Forse siamo davvero amici speciali…
-
Che intendi dire? – gli chiese Aurora, sentendo batterle
il cuore più forte nel petto per chissà quale
motivo.
-
Niente, lascia perdere. Ah, l’acqua sta bollendo,
dovremmo…
-
Faccio io!
Si
alzarono contemporaneamente, finendo per scontrarsi; Aurora
rischiò di cadere a terra, ma Marco la afferrò
prima che toccasse il pavimento.
Quando alzò la testa, la ragazza si trovò davanti
il volto di Marco; lo vide
osservarla a occhi aperti, riflettendo su qualcosa, poi lui
l’aiutò a
rimettersi in piedi e si avvicinò ai fornelli, lasciando
cadere il discorso.
♫
-
Ho un’idea! – esclamò improvvisamente
Marco, facendo
sussultare Aurora. Era l’ennesima volta, ormai, che restavano
a casa da soli. –
Invece di passare la solita serata a suonare la chitarra,
perché non usciamo?
C’è un posto in cui vorrei andare da tanto.
-
Preferisci qualcos’altro alla chitarra? – finse di
stupirsi Aurora, sgranando gli occhi. – Cosa sarà
mai questo posto?
Marco
fece una smorfia divertita. – Vedrai, non voglio
rivelarti niente.
La
fece salire in macchina e guidò per qualche chilometro,
finché non furono lontani dal traffico di Roma del sabato
sera. Accostò in una
zona appartata, ma quando Aurora si fu guardata bene intorno
notò che c’erano
anche altre macchine.
-
Sesso di gruppo? – scherzò.
-
Uhm, si potrebbe anche fare. In realtà volevo farti vedere
questo -. Marco controllò l’orologio prima di
indicarle un enorme schermo
bianco davanti a loro che lei, stranamente, non aveva ancora visto.
– Sta per
cominciare.
-
Non ci credo! – esclamò Aurora, sentendo le prime
note dei
titoli di testa. – Questo è un drive
in… e tu mi hai portata a vedere “Via col
vento”!
Il
ragazzo sorrise. – Sapevo che avresti apprezzato.
Rimasero
in silenzio per metà film, facendo di tanto in
tanto qualche battuta in tema, poi Aurora si voltò verso
Marco, approfittando
dell’interruzione. Era sovrappensiero, continuava a pensare
ad Ettore tra le
braccia della sua nuova ragazza.
-
Secondo te cos’è l’amore?
Marco
sbuffò, questa volta scocciato: doveva avere capito
che Aurora non gli avrebbe mai rivolto una simile domanda se fosse
stata
riferita a lui.
-
Tu forse confondi l’amore con la lussuria –
rispose. – Che
è una cosa ben diversa: la prima cosa che pensi quando ti
innamori è come
vorresti stare sempre con lui, mentre quando c’è
solo attrazione fisica pensi
semplicemente di volertelo portare a letto -. Si voltò verso
di lei. – Trova da
te la risposta.
-
A cosa ti stai riferendo? – gli chiese Aurora, aggrottando
la fronte confusa.
-
Ad Ettore – rivelò Marco, improvvisamente ostile.
– Quindi
smettila, di pensare a lui quando sei con me, mi faresti un gran favore.
-
Non volevo farti arrabbiare – tentò di
giustificarsi Aurora,
rabbuiandosi.
Marco
sfoggiò di nuovo il sorriso che riservava solo ai loro
momenti speciali e le passo una mano sulla testa, arruffandole i
capelli.
-
Sta’ tranquilla, torniamo a goderci il film.
Poco
dopo l’inizio del secondo tempo, Aurora avvertì
una
mano posarsi sulla sua coscia e un brivido le percorse la schiena. Non
aveva il
coraggio di girarsi per controllare cosa stesse facendo Marco, ma alla
fine lo
trovò; si voltò leggermente e lo vide concentrato
sulla pellicola, mentre la
mano saliva lungo la gamba di lei. Quando si accorse che lo stava
guardando, si
voltò anche lui e, senza dire una parola, le
afferrò i capelli e la strinse a
sé per baciarla. Le abbassò la maglietta,
baciandole i seni con avidità, poi si
allontanò, respirando affannosamente come se quel gesto gli
fosse costato
molto.
Non
aspettò la fine del film, ma rimise in moto l’auto
e
tornò verso Roma.
♫
Dopo
quella sera, Marco e Aurora non erano più rimasti in
casa da soli: ogni volta che i loro amici proponevano di uscire a fare
un giro,
Marco si mostrava subito d’accordo, lasciando anche stupiti
quelli che lo
conoscevano abbastanza e che lo avevano visto, nelle ultime settimane,
chiudersi in camera con Aurora e la chitarra. Chiunque avrebbe potuto
pensare a
un qualcosa accaduto tra i due, ma loro continuavano a comportarsi come
sempre.
-
Non riesco proprio a capire il suo comportamento –
sospirò
Silvia, che aveva accompagnato Aurora a uno dei suoi concerti:
l’amica le aveva
raccontato ciò che era successo nella macchina del ragazzo.
-
Non so che dirti, ma sono stufa di mostrarmi carina con
lui – rispose Aurora, aprendo la porta del locale con
più forza del dovuto. –
Vuole mantenere segreta quella serata? Bene, ci sto, ma almeno mi
spiegasse
perché si è comportato così!
-
Perché ti ha baciato le tette? Mi sembra piuttosto
evidente.
-
Sempre fine tu, eh?
In
quel momento Marco le vide e si avvicinò a loro per
salutarle, ma Aurora corse subito da Manuel e Heather, evitandolo, e
Silvia
fece lo stesso. Non si rivolsero parola per tutta la sera, anche se
Marco cercò
più volte di fare qualche battuta per farla ridere,
inutilmente. Manuel si
accorse del loro strano comportamento e finalmente ebbe la prova che
stessero
tenendo qualcosa segreto; una volta concluso il concerto, propose di
fare un
giro per Roma e, convinta Silvia a fare il suo gioco, lasciarono Aurora
e Marco
nel locale, mandando poi loro un messaggio per dirgli di raggiungerli.
Aurora
sbuffò, urtata, ma infine si voltò verso Marco e,
sempre senza dire una parola, salì in macchina con lui. Una
pessima idea: stare
in quell’auto le faceva venire in mente la serata da cui
aveva avuto origine
tutto.
-
Come va? – le chiese Marco dopo qualche minuto.
-
Bene – si limitò a rispondere lei, guardando fuori
dal
finestrino, le braccia incrociate al petto.
–
E come stai?
-
Bene.
-
E' da quando siano partiti che mi dici solo bene. Non
potresti cambiare parola?
-
Stronzo.
Marco
fece una smorfia, accostando la macchina in un
parcheggio. – Andava meglio “bene”.
Aurora
scrutò fuori, ma non vide le auto dei loro amici.
–
Dove sono gli altri?
-
Prima mi dici il perché del tuo
“stronzo”.
-
E allora tu mi dici perché non rimaniamo più
nella stessa
stanza da soli.
-
Volevo uscire con gli altri, mi ero stufato di suonare la
chitarra.
Aurora
sbuffò. – Potevi cercare una scusa migliore.
-
Perché non mi hai rivolto parola stasera?
Si
voltò finalmente verso di lui, scrutandolo con aria
ostile. – Posso capire che tu voglia tenere segreto agli
altri ciò che è
accaduto l’altra sera proprio qui dentro, ma almeno io
avrò il diritto ad una
spiegazione?
-
Che tipo di spiegazione? – chiese Marco, indifferente, ma
Aurora
si accorse che stava fingendo. – Non mi pare che sia successo
niente di che…
-
Mi hai baciato le tette! – esclamò Aurora,
ricordando le
parole di Silvia e sentendosi immediatamente una stupida.
-
E allora? A te piace Ettore, no? Facciamo finta che non
sia successo niente, evitiamo di restare soli e tutto
tornerà come prima.
-
Evitiamo di stare soli in una stanza e invece lo siamo
qui?
Marco
inspirò profondamente e il suo sguardo si fece meno
sicuro. – E’ solo che io non ci riesco proprio, a
rinunciare a te.
La
lasciò senza parole, ma prima ancora che lei le trovasse
la baciò come alcune sere prima, poggiandole una mano dietro
la testa e
stringendola a sé. Le tolse la cinta velocemente e si sporse
verso di lei,
passando le labbra sulle sue come non avesse aspettato altro.
Quando
le permise finalmente di respirare, specchiò gli
occhi nei suoi, la bocca leggermente aperta.
-
Togliti dalla mia testa – le sussurrò, toccandole
la
fronte con la propria. – Fai un male che non capisci. Noi
siamo amici, stiamo
bene quando scherziamo, ma… ma se tu continui a pensare a un
altro io che posso
fare? Sarei un cretino a correrti dietro, però tu neanche
scappi, rimani qui
tra le mie braccia! Non farmi male.
Aurora
sorrise e gli passò una mano sulla guancia; lo
sentì
rabbrividire e fu talmente colpita da ciò che aveva davanti
che il cuore le si
riempì di calore. L’immagine di Ettore nella sua
testa divenne sfocata.
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