"Dai, forza. Non avrete mica paura?"
"Paura?Io?"
Joshua si sistemò meglio il berretto di lana con sopra il
teschio di un gruppo metal.
Non sapeva di che gruppo si trattasse, però era figo.
"Allora andiamo? Fra un pò si fa buio."
"Che c'è, hai paura del buio adesso?"
Era stata Eryn a parlare, lisciandosi i iunghi capelli neri.
"Ma sta' zitta!"
"Allora forza, andiamo ancora a chiedere alla vecchia matta."
"Si chiama Dorothy, poverina. Non trattarla male."
Eryn guardò Kevin con sguardo accigliato. Il biondo davanti
a lei con la maglietta degli Iron Maiden non rispose all'occhiata.
"Sì, sì, andiamo dalla vecchia matta Dorothy.
Dobbiamo farci dire esattamente cosa fare."
"Ok."
"Avete portato le candele?"
"Sì."
Un cagnolino abbaiò festoso sotto di loro.
"Buono, Puma. Ti portiamo con noi."
"Ecco, eccola lì! Miss Dorothy!"
I tre ragazzini si erano avvicinati correndo verso una panchina del
parco.
Ormai cominciava ad imbrunire, il cielo si era tinto di rosso.
Sulla panchina era seduta una anziana signora, tutta raggrinzita e
vestita con abiti sgualciti e sporchi, sembrava una senzatetto.
"Miss Dorothy!"
"Oh, ma guarda, i miei bambini preferiti! Cosa ci fate ancora in giro?"
Sorrise, mettendo in mostra i denti gialli e neri.
"Dovreste andare a casa. Il sole sta per calare, e non è
bene che i bimbi come voi girino la sera."
"Non siamo più bambini, Miss Dorothy. Abbiamo sedici anni.
Ce la sappiamo cavare."
"E va bene, ragazzi. Cosa volete da me? Siete qui per sentire la
vecchia Dorothy raccontare qualche storia di fantasmi? O di streghe?
Non credo di avervi ancora raccontato la storia di Jason il mannaro di
Manhattan."
"No, miss Dorothy. Ci scusi, ma noi eravamo qui per sentire ancora la
storia di Sammy l'accetta."
"Oh! Come mai, vi è piaciuta tanto quella storia?"
"Proprio così! Ci chiedevamo se non potesse raccontarcela di
nuovo, prima di tornare a casa."
"E va bene."
I tre si sedettero davanti alla vecchietta in rispettoso silenzio.
"Badate bene che questa è una storia vera. Sammy l'accetta
era un boscaiolo, un falegname, e il migliore di Arcadia. Tutte le
fate, i goblin e i troll della Siepe sapevano di poter contare su di
lui per dei lavori di ottima qualità. Ma Sammy purtroppo
aveva un difetto, amava molto il gioco d'azzardo. Gli piacevano le
scommesse, specie quelle veramente rischiose, dove metteva in gioco la
sua stessa vita.
Così un giorno, scommise con un altro Fatato. Nessuno
ricorda più che tipo di scommessa fosse, ma probabilmente
giocarono a dadi. Ciascuno doveva puntare qualcosa che riteneva
importante. Sammy mise in gioco le sue dita.
"Dopotutto, queste sono vitali per me, senza dita non potrò
più fare il boscaiolo e il falegname."
"D'accordo" disse l'altro Fatato, e tirarono i dadi. Sammy perse.
Allora Sammy prese la sua accetta e tagliò le dita
delle mani, una dopo l'altra.
"Se vuoi la finiamo qui." disse l'altro Fatato.
"Col cavolo! Adesso continuiamo e vedrai che vincerò di
certo! Voglio riprendermi le mie dita."
"Va bene, ma devi puntare qualcos'altro per continuare a giocare.
"Metto le mie gambe, dopotutto senza gambe non posso continuare a fare
il mio lavoro.
"D'accordo." Tirarono i dadi, ma Sammy perse. Allora Sammy
afferrò la sua accetta con i moncherini che gli rimanevano,
e si tagliò le gambe, una dopo l'altra.
"La finiamo qui?"
"Col cavolo! Ritira i dadi, vedrai che vincerò le mie gambe
e le mie dita."
"D'accordo, ma cosa punti adesso? Non ti è rimasto
più nulla."
"Mi ci gioco la testa."
Detto fatto. Tirarono i dadi, ma Sammy perse ancora. Allora l'altro
Fatato afferrò l'accetta e tagliò la testa a
Sammy. Quella fu la fine di Sammy l'accetta, e nessuno in Arcadia lo
rivide più."
"Ma Sammy gira ancora nel nostro mondo, giusto vecchia Dorothy?"
"Non sono vecchia" l'anziana rise, poi
continuò:"comunque sia, sì. Sammy
morì, ma quella stessa notte, l'accetta ancora insanguinata
di Sammy prese vita, e lo spettro del suo padrone la
impugnò. Dato che però per legge i fantasmi in
Arcadia non sono ammessi, lo spettro di Sammy fu esiliato e spedito nel
nostro mondo, dove ancora oggi vaga senza quiete. Si mormora
che lo spettro di Sammy compaia solo al tramonto, assetato di
sangue. E' sempre alla ricerca delle sue parti perdute, quindi assalta
gli incauti viandanti rubando loro le dita, le gambe o le teste."
"Esiste anche un modo di richiamare Sammy non è vero?"
"Sì, esiste un modo. Si dice che quando cali il sole, dopo
aver acceso una candela per ogni partecipante e impugnato un rosario,
basti recitare la formula "Sammy Sammy, vieni che le tue dita ti
aspettano!" tre volte, e allora Sammy comparirà. Nessuno sa
cosa accada dopo, perché nessuno è mai riuscito a
raccontarlo."
La vecchia tacque, e il cagnolino allora abbaiò.
"Buono Puma! E' solo una storia."
"A volte certe storie hanno un fondo di verità."
"Grazie mille Dorothy, ora dobbiamo proprio andare"
I tre si alzarono assieme e diedero all'anziana dei soldi.
"Dove andate?"
"A casa, i nostri genitori ci aspettano! Non vogliamo certo far tardi."
Ormai il sole era tramontato.
"Bravi, correte subito a casa. Non sta bene raccontare queste storie
dopo il tramonto."
"Arrivederci vecchia Dorothy!"
"Mi raccomando, tornate subito a casa!"
I tre si allontanarono veloci, poi dopo un pò uscirono dalla
stradina di pietra e si inoltrarono nel boschetto del parco.
"Che storia eh?"
"Adesso vedremo se è vera."
Kevin tirò fuori da un sacchetto che si era portato dietro
delle candele.
"Accendile."
Poi trasse fuori di tasca un rosario.
"Questo lo ho rubato a mia mamma."
"Dai sbrigati che ce ne andiamo."
"Cos'è Joshua, hai paura adesso?"
"No, è solo che è tutto buio qui…"
"Dì la verità, te la fai addosso."
"No!"
"Ora basta voi due" la ragazzina si era intromessa e aveva strappato il
rosario di mano a Kevin, poi aveva acceso le candele.
"Sammy Sammy, vieni che le tue dita ti aspettano!"
"Un momento, fermiamoci a riflettere…"
"Sammy Sammy, vieni che le tua dita ti aspettano!"
"E va bene ho capito…"
"Sammy Sammy vieni che le tue dita ti aspettano!"
Avevano pronunciato la frase tutti assieme la terza volta. Tacquero per
qualche secondo, ma non accadde nulla.
Il cagnolino li fissava con un'espressione interrogativa, scodinzolando.
Il cielo si era fatto buio e le luci del parco
erano accese.
"Avete visto? Lo dicevo che era una stupidata."
"Andiamocene dai."
"No! Aspettiamo ancora un pò, forse non ci ha sentito."
Tacquero tutti e tre quando una folata di vento li colpì. I
rami degli alberi attorno a loro cominciarono ad agitarsi.
"Avete visto?"
"Sì, sai che roba. Si chiama vento."
"Ssssh. Lo sentite anche voi?"
"Cosa?"
Fecero silenzio e stavolta riuscirono a sentire qualcosa. Un rumore
sordo, in lontananza.
Qualcuno stava colpendo qualcosa.
"Che cos'è?"
"Ho già sentito questo suono altre volte. E' simile a quello
di mio papà che taglia la legna."
"Come dici?"
"Qualcuno sta tagliando la legna. O forse un albero."
Puma, che fino a quel momento se ne era stato buono in disparte, ora
puntò deciso in direzione degli alberi. Ringhiava.
"Calma Puma, cosa succede?Hai visto qualcosa?"
Ciascuno dei tre udì chiaramente provenire dal folto degli
alberi un rumore di rami spezzati.
"Lo sentite anche voi?"
"Andiamocene via."
"Fermo Puma! Fermo!!!"
Fu inutile tentare di afferrarlo, il cagnolino era partito come un
razzo ed era scomparso tra gli alberi.
Abbaiava selvaggiamente. Poi ad un certo punto emise un latrato di
dolore e smise di abbaiare.
"Puma???Puma!!!"
"Merda! Sapevo che non dovevo venirci qui. Lo sapevo!"
"Andiamocene via vi prego!" la ragazzina era in lacrime.
"No! Non senza il mio cane!"
"Fermi, fermi. Ascoltate"
Era un rumore di passi. Qualcuno stava avanzando verso di loro,
calpestando foglie e rametti.
"Oddio sta venendo qui! Sta venendo qui!"
Dalle ombre comparve qualcosa, poi rotolò a terra tra le
foglie. Sembravano dei bastoncini. Con orrore i tre si resero conto che
si trattava di un paio di zampette. Le zampette di un cagnolino.
"Noooo!!!"
I tre si misero ad urlare, poi corsero nella direzione opposta.
Andarono a sbattere contro qualcosa, come un muro, e caddero a terra
rovinosamente.
Quando alzarono gli occhi, videro che una figura enorme troneggiava su
di loro.
Era un uomo altissimo,alto almeno due metri, grosso come un armadio.
Vestiva di nero e ogni tanto dalle fessure dei vestiti spuntavano dei
filamenti di paglia, sembrava uno spaventapasseri imbottito. Aveva un
cappuccio calato sul volto, ma sotto quel cappuccio non vi era
assolutamente nulla. In mano stringeva un'accetta.
La figura parlò, aveva una voce profonda e cavernosa,
ricordava il ringhio di un qualche animale feroce.
"Dove
sono le mie dita?"
I tre ragazzini tentando di rialzarsi completamente in preda al panico,
avevano iniziato ad urlare.
"Mi
accontento anche delle vostre teste."
I tre riuscirono finalmente ad alzarsi, e uno dopo l'altro corsero a
più non posso, sparendo tra gli alberi.
"Certo che sei veramente crudele"
La vecchia Dorothy comparve dagli alberi, zoppicando un pò.
Fissò con sguardo severo l'enorme individuo armato di
accetta, poi sospirò.
"Ci sono andati vicini, stavolta."
"Credo proprio che non lo faranno più."
La figura nera di due metri ebbe come un sussulto, poi
cominciò a togliersi i vestiti.
Si trattava di un uomo molto alto, ma di certo non grosso come i
vestiti facevano pensare. Cominciò a togliersi prima una,
poi due e tre felpe ripiene di paglia.
"Tu che dici?"
"Sei stato bravo. Ma che ne hai fatto del cane? Non lo
avrai…"
Sorridendo, l'uomo tirò fuori da una delle felpe nere il
cagnolino.
L'animale scodinzolando cominciò a leccargli le mani.
"Dai, dai sta' fermo! Mi fai il solletico" ridacchiò il
gigante.
"Per un momento ho davvero pensato che lo avessi ucciso."
"Ti pare? E poi ho sempre voluto un cane tutto mio."
"Oh! Quindi non hai intenzione di ridarglielo?"
"Devono imparare la lezione."
"Sei davvero crudele."
"Devo esserlo."
L'uomo sorrise, poi si sfilò un guanto nero. La
mano era priva delle dita e ormai ridotta a un moncherino.
"Devono apprendere due lezioni. La prima, è che a volte
purtroppo Sammy risponde davvero a chi lo chiama."
"E la seconda?"
La vecchietta si avvicinò,sorreggendosi col bastone. Le
mancava una gamba.
L'uomo accarezzò il cagnolino stringendolo tra le braccia,
poi trasse da una tasca la foto di una ragazza che sorrideva.
Sul suo volto si dipinse una espressione triste e severa.
"La seconda è che a volte Sammy non si porta via solo le
dita."
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Molto bene, questa è la mia terza ff ambientata nel mondo di
Changeling the lost- spero vi sia piaciuta. Ho tentato di rendere
l'atmosfera e il tono tipico delle storie di Fatati e spettri, le
clausole e i limiti che incautamente gli umani sorpassano per poi avere
a che fare con i Gentili, che tanto gentili poi in realtà
non sono affatto.
Per chi masticasse un pò il gdr, (o per chi fosse solo un
pò curioso) la vecchietta e il finto assalitore in
realtà sono changeling, ovvero umani già rapiti
dai Veri Fatati (e difatti ne portano le cicatrici anche fisiche)e che
sono riusciti a fuggire da Arcadia, il mondo della fate. Appartengono
ad un organizzazione chiamata Ministero degli
spaventapasseri, un gruppo di changeling dedita a creare e
mantenere le leggende urbane e darvi un "fondo di verità",
spaventando a morte gli umani che osano valicare certi limiti. Tutto
ciò lo fanno semplicemente per mantenere
l'umanità al sicuro dai veri orrori che si celano dietro certe vecchie storie, orrori che loro conoscono bene.
Una storia che vuol essere un avvertimento, perché certi
limiti non vanno superati e perché quel buon vecchio "non
uscire quando fa buio" non è solo un avvertimento da mamma
pensierosa, ma un vero e proprio salvavita in una realtà
tetra e pericolosa come quella del Mondo di Tenebra.
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