suvvia,
eccoci qui...
questo è solo il prologo e spero, vita permettendo, di
riuscire a postare il primo capitolo già domani, al massimo
martedì...
bhè poco da dire a parte please enjoy m(_ _')m
Shall I try kiss You?
Overture
Seduto sul bordo del letto Minho si rigirava tra le mani la lattina di
birra dolorosamente consapevole di ciò che stava per
accadere. La sua ragazza, Chan-sook stava seduta sul pavimento, le
gambe incrociate e, con un sorriso falsamente innocente stampato sulle
labbra, gli stava raccontando di qualcosa che le era successo. Qualcosa
che aveva a che fare con una lezione di letteratura inglese e un
albero.
Forse.
Non le aveva prestato particolarmente attenzione.
Non perché non la trovasse interessante, no,
tutt’altro, quando uscivano insieme lei era una perfetta
compagna di chiacchierate, spiritosa con un decente senso
dell’umorismo e non era per nulla pedante.
Solo l’unica cosa a cui Minho riusciva a pensare è
che avrebbero fatto sesso. Di lì a poco, forse nel giro di
cinque minuti, dipendeva da quanto ci avrebbe messo a finire la birra
che si rigirava tra le mani.
E, badate bene, non stava pensando al sesso come qualunque ventenne
nella media farebbe, con trepidazione, desiderio, smania o
chissà quale altra esaltazione, no, niente del genere.
No, decisamente no.
Non che non trovasse la sua ragazza attraente, no, era piuttosto
carina, capelli lunghi liscissimi neri, occhi più grandi
della media sempre illuminati da una luce particolare, un fisico
asciutto e, da non trascurare, una buona quarta di reggiseno.
Eppure guardandola Minho non riusciva a desiderarla come avrebbe
dovuto. No, non la desiderava affatto, per quanto la sua parte
razionale avesse registrato Chan-sook come
‘desiderabile’ e ‘sessualmente
attraente’. Era una cosa che andava aldilà delle
sue capacità di controllo, gli si chiudeva lo stomaco, le
tempie iniziavano a pulsargli, senza che lui potesse fare niente in
proposito.
Quando Chan-sook gli tolse di mano la birra poggiandola sul comodino e
accomodandosi sulle sue ginocchia deglutì a fatica cercando
di concentrarsi.
Ormai anche eccitarsi stava cominciando a diventare difficile.
Le mani di Chank-sook si insinuarono tra i suoi capelli mentre le sue
labbra iniziarono a vagare lungo i suoi zigomi scendendo sulla mascella
e poi sulle labbra.
Sentì la sua lingua calda scivolargli tra le labbra ad
accarezzare i denti e si disse che doveva rilassarsi.
Strinse le mani sui fianchi Chan-sook e chiuse tutto il resto fuori,
ricambiando il bacio della sua ragazza e facendola stendere sul letto.
“Minho”
Le accarezzò il ventre piatto coprendole la bocca con la
sua, cercando la sua lingua, perché era quello che doveva
fare, ciò che ci si aspettava facesse.
“Minho, basta”
La baciò di nuovo, lungo il collo, carezzando i seni
scoperti perché quando si fa l’amore con la
persona che si ama la si accarezza come se fosse la cosa più
preziosa.
“Minho smettila”
Sentì le mani di Chan-sook sulle spalle respingerlo e si
ritrovò a guardare in due occhi grandi e feriti senza
riuscire a capire da dove quella sofferenza venisse.
“Minho, basta”
Chan-sook raccolse la sua maglietta dal pavimento e si
rivestì prima di scoppiare a piangere. Minho
osservò le sue spalle alzarsi e abbassarsi al ritmo
irregolare dei suoi singhiozzi, domandandosi se avesse il diritto di
andare a consolarla.
“Minho, che cosa c‘è che non va? Sono
io? Non sono abbastanza… Abbastanza attraente?”
Si voltò a guardarlo con gli occhi rossi e le lacrime che
continuavano a scendere lungo le guance.
“Io…”
“Cos‘è non è abbastanza? Vuoi
provare… Provare qualcosa di diverso?”
Minho non poteva neanche immaginare quanto fosse costato ad una donna
orgogliosa come Chan-sook dar voce quei pensieri. Si diede
dello stupido per aver sottovalutato la sua capacità di
capire, di comprendere più di quanto lui non fosse disposto
a dire, o anche solo di ammettere a se stesso.
“Tu non mi ami”
¤ ¤
¤
Con l’aria fredda di novembre a graffiargli il viso Minho si
allontanò dall’appartamento della sua ex-ragazza.
Il senso di colpa gli pesava sulle spalle, mentre un peso sembrava
essergli stato tolto dallo stomaco, anche respirare gli veniva meglio.
Prese un respiro profondo e represse un grido.
Dalla tasca dei jeans prese il suo cellulare e, nonostante fosse
mezzanotte passata compose il numero dell’unica persona che
avrebbe potuto trovare il bandolo di quella matassa di sentimenti e
dubbi.
Quattro squilli.
“Key?”
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