La donna
correva saltando ogni tanto per evitare di calpestare un tronco o un
masso.
Il
volto era ricoperto di piccoli tagli che sanguinavano, e la maglietta
che indossava era quasi del tutto strappata.
Le
gambe ormai le dolevano e i polpacci sembravano sul punto di scoppiare.
Ad
un certo puntò rischiò di inciampare, era
incappata in una radice.
Strinse
ancora più forte a sè l’involto che
teneva al petto.
“Non
piangere, non piangere ti prego...” sussurrò.
Ma
dal fagotto che stringeva tra le braccia cominciarono a provenire prima
un lamento, poi un vagito ed infine il pianto acuto di un neonato.
“Ssshh...No,
no ti prego. Non adesso.”
Pregava
gli spiriti che lo facessero tacere, ma era inutile.
Ogni
volta che dal suo piccolo fagotto provenivano dei gemiti, sentiva una
fitta di dolore colpirla al petto, ed era costretta a trattenere le
lacrime a sua volta.
Un
suono in lontananza la fece sobbalzare. Si fermò
all’improvviso, tesa all’ascolto, mentre il cuore
le stava per esplodere in gola.
Un
ululato. Poi un altro, e un altro ancora.
Erano
vicini.
Venivano
da tutte le direzioni.
“Spiriti,
proteggeteci ve ne prego.”
Ricominciò
a correre, mossa dalla disperazione.
Riusciva
a sentirne l’odore. Erano lì tutti quanti, nel
buio.
Sentì
il rumore di foglie calpestate e di rametti spezzati. Poi arrivarono le
ringhia, basse e minacciose, e l’ansimare dei suoi
inseguitori.
Sentì
un dolore lancinante perforarle la gamba, con un urlo cadde a terra.
Qualcuno la aveva azzannata al polpaccio. Non aveva ancora smesso di
stringere a sè il fagotto e lo aveva protetto col suo corpo
durante la caduta.
Non
appena ne fu in grado, si rialzò.
Aveva
le fauci spalancate, e una folta peluria bianca le era spuntata sulle
braccia, sulle gambe e sul volto. Ringhiò furiosa, e quelli
che le stavano attorno fecero un passo indietro, rintanandosi nelle
ombre tra gli alberi.
Li
vide. Vide gli occhi gialli come i suoi, brillare nel buio.
Tutti la fissavano severi, nello stesso modo in cui si fissa una preda
o un nemico. Poi alzò gli occhi e riuscì a
intravedere un gruppetto di uomini che scendevano da un sentiero per
venirle incontro. Erano vestiti con abiti eleganti e scuri, e sarebbero
potuti facilmente passare per uomini.Ma i loro occhi erano esattamente
come i suoi, e come tutti quelli degli altri lì presenti.
Gialli e crudeli.
I
tratti ricordavano i popoli nordici, avevano capelli biondi come lei.
Uno
di quelli che sembrava precedere gli altri,con una lunga barba bianca,
parlò a voce alta:
“Perchè
fuggi, guerriera?”
Lei
rimase in silenzio, a fissare l’uomo anziano con uno sguardo
carico di odio.
Il
fagotto tra le sue braccia aveva ripreso a piangere, il suo
pianto era l’unico suono oltre a quello del ringhiare e
ansimare dei lupi.
“Tu
fuggi, ma sai di non poter fuggire per sempre. Fuggi da noi, dalla tua
famiglia, dalla tua tribù. Ma come puoi andare avanti?
Potrai davvero fuggire da te stessa? Dal tuo stesso sangue?”
La
donna si abbassò mostrando i denti, poi ringhiò.
“E
lui, non è forse figlio del mio sangue? Non è
forse un figlio di Fenrir come me, come te?”
I
lupi attorno a lei avevano cominciato a sbuffare e ringhiare
furiosi all’udire quelle parole. Qualcuno aveva anche tentato
di avvicinarsi con le zanne in vista.
“Vedi
come reagiscono i tuoi fratelli? Non senti il disprezzo degli spiriti e
degli antenati su di te?”
“Non
m’importa.”
“Ciò
che tu pensi non importa. Sei una guerriera di Gaia, e conosci la
Litania. Tutti i difensori di Gaia devono sottostare alle regole che
lei ha scelto per noi.”
“E’
mio figlio. Mio figlio. La legge impone forse alle madri di non
allattare i propri figli?”
La
donna aveva scoperto l’involucro che teneva in braccio, e
illuminato dalla luce della luna, il bambino era visibile a tutti i
presenti.Aveva braccia e gambe umane, della grandezza di un neonato, ma
la testa era quella di un lupo, un cucciolo di lupo, e il corpo era
interamente ricoperto da del pelo nero. Vicino all’occhietto
destro chiuso, vi era una macchia di pelo bianca.
“Guardalo,
guardatelo! Avreste forse il coraggio di uccidere il sangue del vostro
sangue???”
Gli
altri ulularono, poi vi fu un marasma di ringhia e latrati, e i lupi
nel buio scalpitarono scuotendo il terriccio.
L’anziano
parlò ancora.
“Egli
non è un membro della nostra tribù, e nemmeno un
membro di Gaia. E’ un abominio. Un mostro. Il Verme lo ha
toccato, ed è stato maledetto. Fai un favore a quella povera
creatura, e fai un favore anche a te stessa. Pulisci
quest’onta e riguadagna il tuo onore e il tuo rispetto
davanti agli dei.”
“Come
osi parlare degli dei e dell’onore dinanzi a me? Proprio tu,
che oseresti sollevare la mano contro un neonato!”
“Questa
è la legge.”
“La
legge è stata creata dai lupi, e non viceversa. La legge
serve a preservare e guidare il Popolo, non a distruggerlo. ”
“Ma
ti senti?Parli come una cucciola che ha perso il senno. Sei una
vergogna per la tribù e per il nostro intero clan. Ora fai
ciò che devi fare, e fallo alla svelta.”
L’anziano
sollevò la mano, poi lanciò qualcosa in direzione
della donna.
Lei
lo afferrò al volo. Era un enorme pugnale affilato, con
delle rune incise lungo la lama.
Rimase
immobile.
“Avanti
sbrigati, Gaia e gli spiriti ti guardano. Fai la tua scelta, ma sappi
che se non sarà quel coltello a lavare il tuo disonore,
saranno le nostre zanne a farlo.”
I
lupi avevano iniziato ad agitarsi nel buio. Le giravano attorno con le
lingue penzolanti.
La
donna scoppiò in lacrime, mentre sollevava il pugnale.Le
tremava la mano.
Il
cucciolo non la smetteva di piangere.
Lo
sguardo della donna passava dagli occhi furiosi attorno a sè
al pugnale e infine al bambino, senza sosta.
Il
cucciolo agitava le zampette, cercava il seno della madre.
“Smettila
di piangere, ti prego. Ti prego, ti prego, smettila.”
I
lupi ululavano, tra le tenebre, stringendosi sempre di più.
“Ti
prego,non piangere.”
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Bene
bene inauguriamo questa nuova sezione della mia pagina dedicata
interamente al meraviglioso mondo di Werewolf the apocalipse. Che dire?
Ho scelto forse una scena piuttosto strana per iniziare a mostrare
questa ambientazione, magari qualcuno, specie chi già
conosce il gioco di riferimento- potrebbe obiettarmi che avrei potuto
mostrare la scena di una prima muta, o di un combattimento selvaggio
tra lupi e spiriti del Wyrm, invece ho voluto scegliere questa breve e
crudele storiella di madre e figlio.
Premetto
che il tutto è venuto fuori semplicemente per una immagine
che vidi su uno dei manuali di Werewolf, nella fattispecie l'immagine
di questo video
http://www.youtube.com/watch?v=S1JxztKnV8I
a 1:28, dove una donna impugna un pugnale puntandolo verso un neonato
metis.
Innanzitutto
una piccola spiegazione: nel mondo Werewolf della white wolf i lupi
vivono in una società tribale fortemente incentrata su
valori come famiglia, tradizioni e unità di clan, e hanno
delle regole che Gaia (la dea primeva, l'essenza di questo mondo che ha
generato tutto) ha imposto loro, il suo Popolo prediletto. Tra queste,
una regola prevede esplicitamente che tra loro i lupi non possano
assolutamente accoppiarsi, questo atto viene visto quasi come un
incesto o un aberrazione specie da alcune tribù.
Ai lupi è concesso di accoppiarsi solo con altri "lupi"
veri, quelli presenti in natura nei documentari, o con umani.
Nel
caso due lupi si uniscano tra di loro e la madre rimanga incinta,
partorirà un Metis, ovvero un lupo perennemente in forma
"lupesca" classica del licantropo alto due metri con zanne e artigli. I
metis hanno anche molto spesso deformazioni o deficit di altro tipo,
come in un certo senso i "ritardati" degli umani.
A
seconda dei casi e delle epoche (nei tempi moderni le cose sono
cambiate), i metis venivano trattati come reietti, pariah della
società o addirittura uccisi alla nascita.
Giusto?
Nemmeno un pò. La società di Werewolf Apocalypse
non è certo idilliaca o tranquilla, anzi. E' una
società fortemente tribale e chiusa, dove forza e
sottomissione sono concetti normalmente accettati da (quasi) ogni lupo,
e dove l'autorità degli anziani o degli "alfa" non viene
messa in discussione. Credo di averne dato un piccolo
assaggio anche qui, d'altronde quale madre avrebbe il coraggio di
uccidere il proprio figlio appena nato? Regole antiche e insensate, una
società che ricorda la crudeltà dei popoli
antichi e la loro spietatezza.
Bene,
prometto che col prossimo raccontino di questa sezione forse forse vi
stupirò, vedremo :)
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