E ti
amo come se non avessi amato mai
E ti amo anche se è incomprensibile
per la gente che ancora non sa
che ti amo e doveva succedere
a questa età.
-
Un brindisi per Gabriele!
Sollevarono
tutti i calici al brindisi annunciato da Davide,
i cui occhi brillavano dalla felicità; Silvia, seduta
accanto a lui, si lasciò
stringere dal suo braccio, mentre con una mano cullava la carrozzina
scaldata
da un corpicino per la seconda volta. Aurora e Marco sorrisero,
unendosi al
coro di congratulazioni.
-
Quando sarà il battesimo? – chiese Aurora, dopo
avere
bevuto un sorso di spumante.
-
Non abbiamo ancora deciso – rispose Silvia, rimboccando la
copertina al figlio. – Davide vorrebbe… Che
c’è, amore? -. Abbassò lo sguardo
verso la bambina imbronciata che le tirava il vestito.
-
Voio pappa – dichiarò Laura, incrociando le
braccia
davanti al petto, offesa.
-
Questa bambina ci farà impazzire,
è già gelosa del suo fratellino! – rise
Davide, ma non sembrava preoccupato:
prese in braccio la figlia e la portò in cucina per
controllare se fosse
rimasto una fetta di dolce per lei, arruffandole i capelli rossicci.
In
quel momento Gabriele si svegliò e mosse le piccole
braccia; Silvia lo afferrò, stringendolo a sé con
delicatezza.
-
Come mai avete scelto questo nome? – chiese Marco,
poggiando delicatamente la punta di un dito sul nasino del neonato, che
per
tutta risposta alzò una manina verso Aurora.
-
Davide – sbuffò Silvia, divertita. – Mi
ha fatto scegliere
il nome per Laura e io ho dovuto accettare questo. Non che mi
dispiaccia, per
niente -. Passò anche lei un dito sul nasino di Gabriele,
guardandolo
innamorata. – Solo che si è fissato con la storia
dell’Annunciazione: “Pensa,
amore, quando sarà grande potrà dirci quando
Laura aspetterà un figlio, così
sarà costretta a non nasconderci niente!” -.
Sbuffò di nuovo, ma nelle sue
parole c’era la stessa dolcezza che Davide aveva riservato
poco prima alla
figlia. – Che idiota.
Aurora
e Marco scoppiarono a ridere.
-
Ha messo la testa a posto, a quanto vedo – esclamò
Marco.
-
Sì, ha provato giusto a concedersi una scappatella, ma poi
sono provvidenzialmente rimasta incinta di Laura ed è
tornato indietro.
-
Smettila di dire che è stato solo merito di Laura!
– disse
Aurora. – Si era sentito in colpa subito, lo sai.
Silvia
sorrise, lasciando che la manina di Gabriele
afferrasse il suo dito. – Già, lo so bene.
E’ solo che mi piace considerare
Laura il mio “piccolo miracolo”
Anche
Aurora sorrise, ma forzatamente. – Capisco.
-
E voi? -. Silvia alzò lo sguardo sui suoi amici, che si
scambiarono un’occhiata e poi sospirarono.
-
Stiamo cominciando a perdere le speranze –
confessò Marco,
passando una mano tra i ricci di Aurora. – Forse sono un
po’ troppo vecchio.
-
Ma piantala, hai trentasette anni! – esclamò
Silvia,
cercando di allentare la tensione. – E lei ha appena passato
i trenta, non è
niente di così impossibile.
-
Parli te che sei rimasta incinta al primo colpo – disse
Aurora, cominciando a sparecchiare.
-
E la chiami fortuna? “Silvia, facciamo un bambino”.
Io ho
pensato: “Ma sì, dai, ci proviamo una volta sola,
domani gli sarà già passata”.
E invece mi ha fregata!
-
Una bella fregatura – commentò Marco.
-
Stupenda – concordò Silvia, accarezzando la
guancia del
suo bambino.
♫
Marco
e Aurora rientrarono a casa un’ora dopo, su di giri
per via dello spumante che avevano bevuto: Silvia si era tenuta alla
larga e
Davide il giorno seguente avrebbe lavorato, così avevano
lasciato ai loro amici
il compito di finire la bottiglia. Aurora infilò la chiave
nella serratura con
qualche problema, tra le risate di Marco che la prendeva in giro.
-
Smettila, non riesco ad aprire! – rise, mentre
l’uomo le
baciava il collo desideroso e le alzava la maglietta, facendo scivolare
le dita
sulla sua pelle infreddolita. – Marco, si gela…
-
Un motivo in più per muoversi –
sussurrò lui. – Non voglio
farlo al freddo.
-
E che cosa avresti intenzione di fare, precisamente?
Finalmente
Aurora aprì la porta, entrando nell’appartamento;
si voltò verso il marito e si lasciò baciare le
labbra. Marco l’abbracciò,
sollevandola da terra, e la spinse sul divano.
-
Facciamo un bambino – disse. La guardava negli occhi,
deciso, come se fosse sicuro che quella volta sarebbe andata bene.
-
E’ inutile – sospirò Aurora. –
Ci proviamo da…
-
Provare ancora non costa niente – la interruppe Marco,
sfilandole
la maglietta. – E può essere anche piacevole! -.
♫
-
Andiamo a mangiare qualcosa al cinese? – propose Silvia,
che stava passeggiando con Aurora per le vie di Roma, approfittando di
un paio
di ore libere.
-
Ci sto! – accettò la sua amica, seguendola dentro
il loro
ristorante preferito e salutando con un cenno del capo e un sorriso i
proprietari.
Si
sedettero in fondo al locale, al tavolo che sceglievano
sempre, ordinando subito ciò che preferivano, senza nemmeno
consultare il menù.
-
Ah, è fantastico! – esclamò Silvia,
allargando le braccia
come per assaporare la libertà. – Niente
pannolini, niente pappe, niente
calcio… E niente discussioni di lavoro, niente amici
trogloditi, niente di
niente!
-
Mi pare che tu stia sfuggendo a Davide più che ai bambini.
-
Naturalmente! Laura e Gabriele sono due angeli, mi è
dispiaciuto lasciarli a sorbirsi il loro papà. Poverini, non
hanno neanche me,
sono spacciati.
-
Sapevi a cosa andavi incontro – rise Aurora. –
Davide non
è una scelta di prima qualità.
-
Lo è, lo è – esclamò Silvia,
prendendo i ravioli al vapore
che la cameriera le stava porgendo. – Non l’ho mai
amato tanto come in questo
momento: gli uomini cambiano totalmente carattere quando diventano
papà,
sembrano di nuovo bambini. Mi piace solo criticarlo un po’!
-. Aggrottò la
fronte, notando che il piatto di Aurora, arrivato prima del suo, era
ancora
pieno. – Non hai fame? -. Sollevando lo sguardo, si accorse
che il volto della
sua amica era pallido. – Scusa, è per il discorso
sui papà? Tu e Marco ancora…?
-
No, non è quello – la interruppe Aurora, alzandosi
dalla
sedia e mettendosi una mano davanti alla bocca. – Non mi
sento bene.
Fortunatamente
i bagni erano vicini al loro tavolo e riuscì
a correre dentro prima di rigettare in mezzo al ristorante. Silvia
l’accompagnò,
preoccupata.
-
Hai mangiato qualcosa andato a male ieri sera? – le
chiese.
-
No, sto male da un po’ – rispose Aurora,
rimettendosi in
piedi. – Mi gira la testa solo la mattina, vomito e poi passa
tutto. Non
capisco…
Silvia
spalancò gli occhi. – Ma
sei cretina?
Aurora
la guardò, confusa. – Perché? Dici che
dovrei farmi
vedere da un medico? Non ci ho dato tanto peso, secondo me si tratta
solo da
stress per il lavoro, mi hanno appena dato una parte abbastanza
importante nel
nuovo film di…
-
Hai la nausea! – strillò Silvia, euforica,
guadagnandosi
un’occhiataccia da parte di Aurora.
-
E perché ne saresti contenta?
-
Sei incinta!
Anche
Aurora spalancò gli occhi, incredula. – Che stai
dicendo?
-
Oh, mio Dio, è tutto merito di Gabriele! Ti ha indicata,
ricordi? Davide ha ragione, nostro figlio è in grado di
annunciare le
gravidanze!
-
Silvia!
-
Q uand’è stata l’ultima volta che
l’avete fatto?
-
Un po’ di tempo fa, dopo la cena a casa vostra –
rifletté.
-
E siete andati dal ginecologo? Ti ha dato altre cure?
-
No… no, effettivamente non ho fatto altri controlli dopo
quella volta… -. Sentì che le gambe le stavano
cedendo per l’emozione e si
tenne al lavandino per non cadere. - Tu dici che…?
Il
volto di Silvia fu attraversato da un enorme sorriso. –
Nient’altro è tanto forte da farti rifiutare il
cinese! Su, corriamo a comprare
un test di gravidanza!
Dieci
minuti dopo Aurora si trovava nel bagno di un bar,
accanto alla prima farmacia che avevano trovato aperta: si era lasciata
trascinare da Silvia e ora teneva tra le mani tremanti
l’oggetto che aveva il
potere di cambiarle la vita.
-
Muoviti! – la spronò Silvia, emozionata. Aurora
non
riusciva a capire perché fosse tanto eccitata, se
ciò che provava lei era solo
paura. – Devo sapere se la carrozzina può ancora
servire a qualcuno!
Aurora
prese coraggio, poi attese. Il test di gravidanza
tremava nelle sue mani, ma presto riuscì a vedere
chiaramente il risultato.
♫
Aurora
camminava avanti a indietro per il soggiorno,
inquieta, aspettando che Marco rientrasse dal lavoro. La visita dal
ginecologo
aveva confermato ciò che le aveva detto il test il giorno
prima, ma ancora era
il terrore a regnare sovrano nel suo petto; probabilmente, non appena
si
sarebbe abituata all’idea, si sarebbe lasciata andare a
lacrime di gioia. Per
il momento, continuava a passeggiare senza trovare pace nella stanza,
cercando
le parole giuste per annunciare al marito ciò che avrebbe
trasformato le loro
vite.
-
Marco, dobbiamo parlare… - provò, cercando di
immedesimarsi in qualche personaggio che aveva già
interpretato in passato, ma
non le venne in mente nessuno che si fosse trovato nella sua
situazione.
Inspirò profondamente.
E’ una nuova parte,
pensò. E io devo impegnarmi a
fondo per
ottenerla: niente risatine, niente crisi di panico, niente di niente.
Le
tornarono in testa le parole di Silvia: -
Niente pannolini, niente pappe…
Scacciò
quel pensiero e tornò a concentrarsi sul problema
attuale.
-
Marco, è successo qualcosa di cui dovremmo assolutamente
discutere… Marco, lo so, non ci speravamo molto,
però… Marco, è una questione
seria, ti chiedo di ascoltarmi un momento…
La
chiave girò nella serratura e Aurora tacque
all’istante,
mentre il cuore rischiava di esploderle nel petto. Marco
entrò in casa con
calma, togliendosi il giubbotto e appoggiandolo sul divano, poi
notò la
presenza di Aurora.
-
Ciao, non lavori oggi? – le sorrise, guardandosi intorno.
– Ho dimenticato qui il cellulare, se mi hai cercato. Non
riesco a capire dove…
-. Cercò sulla libreria, spostando alcuni soprammobili.
– Dovremmo liberarci di
questa roba, ci sommergerà un giorno… Ah,
trovato! No, non c’è nessuna
chiamata, nessuno ha bisogno di me. Cosa c’è per
pranzo? Ho una fame…
-
Sono incinta.
Marco
si immobilizzò e lentamente spostò lo sguardo dal
cellulare a lei, notando per la prima volta quanto fosse pallida.
– Co… cosa? –
chiese, rischiando di strozzarsi con la propria saliva.
-
Ho… ho fatto la visita oggi – spiegò
Aurora,
rabbrividendo. – Mi hanno confermato che…
aspettiamo un bambino, ecco.
Un
rumore, poi l’abbraccio. Aurora rimase ferma
dov’era,
stretta tra le braccia di Marco.
-
No, scusa, forse non dovrei stringerti così –
esclamò lui,
allentando la presa. – Sei seria? Ti ha davvero…
ti ha davvero detto che sei
incinta?
Aurora
annuì debolmente, mentre il suo viso ricominciava a
prendere il suo colorito originale.
-
Ma è fantastico!
Marco
le afferrò il volto tra le mani e la baciò
appassionatamente, felice come non era mai stato. I suoi occhi
brillarono come
quelli di Davide quando aveva fatto un brindisi per il figlio e,
ricordando
l’espressione imbronciata di Laura quella sera, finalmente
anche Aurora si
lasciò andare ad un sorriso.
-
Devo chiamare il capo, domani non vado al lavoro! –
esclamò Marco, camminando per la stanza senza trovare pace,
come fino a qualche
minuto prima aveva fatto sua moglie. – Ti porto a cena fuori,
dobbiamo
festeggiare, faremo le ore piccole… Ma non farà
male al bambino? Almeno due
portate dovrebbe sopportarle, no? E poi… poi
scriverò una canzone per lui!
Dov’è la mia chitarra? Meglio mettermi
all’opera immediatamente, ho già una
melodia in testa…
Per
la seconda volta quel pomeriggio, Aurora ricordò le
parole di Silvia: - Non l’ho mai
amato
tanto come in questo momento: gli uomini cambiano totalmente carattere
quando
diventano papà, sembrano di nuovo bambini.
-
Ti amo – esclamò, guardando Marco in preda al
panico.
Il
marito si voltò e le rivolse il più grande
sorriso che
Aurora gli avesse mai visto, prima di correre verso di lei e baciarla
di nuovo.
-
Ti amo anch’io, ora sei quasi meglio di una Fender! -.
♫
I
primi mesi passarono tranquillamente, poi i problemi
cominciarono a mostrarsi, a partire dalla telefonata
dell’agente di Aurora.
-
Come ti è saltato in mente di rimanere incinta? –
la
sgridò. – Non sai che avresti dovuto chiedere il
mio consenso?
-
Non pensavo di doverlo fare – rispose Aurora, sbigottita.
-
Voi attori non pensate mai, dobbiamo occuparci di tutto
noi. Per fortuna il regista con cui stai lavorando ora si è
lamentato con me di
aver dovuto cambiare il tuo personaggio a causa di questa gravidanza,
altrimenti avrei fatto i salti mortali per ottenere un ingaggio a cui
avresti
dovuto dire addio!
-
Di cosa stai parlando?
-
Un ruolo da protagonista, bella. E in un film che
sicuramente incasserà un sacco.
Aurora
rimase a bocca aperta, sorpresa da quella notizia. –
Io… non so che dire…
-
Ecco, brava, non dire niente, rischi solo di peggiorare la
situazione. Anzi, sai cosa dovresti fare? Chiamarmi ogni volta che ti
salta in
testa di fare un bambino, di rasarti a zero o di farti crescere la
barba, ok? E
ringrazia che questo regista non si sia arrabbiato, sennò
saresti stata
costretta a salutare anche questo film, e stiamo parlando di cinema,
non di
stupide telenovele!
L’agente
attaccò senza nemmeno salutarla, troppo furioso con
Aurora per ricordarsi di essere gentile.
Si
era giocata un ruolo da protagonista: Aurora non riusciva
a pensare ad altro e per un momento arrivò perfino a
rimpiangere di avere in
grembo quella creatura.
Il
secondo problema si mostrò nell’aspetto fisico.
Una volta
passata la nausea, Aurora iniziò ad ingrassare, arrivando al
punto di non
potersi nemmeno guardare allo specchio; tentò di fare
attenzione a ciò che
mangiava, ma lo stress del lavoro e della gravidanza la spingevano a
cercare
conforto nel cibo. In tutto ciò, Marco era assente, lontano
per qualche viaggio
d’affari.
-
Riccardo, il mio capo, pensa che abbiamo molte probabilità
di ampliarci negli Stati Uniti – le aveva detto un giorno, di
ritorno da Los
Angeles. – Se riusciremo a rilevare anche un’altra
ditta, potrò farvi vivere
come principesse!
-
Chi dice che non sarà un maschietto?
-
Voglio una femminuccia, e l’avrò -. Le aveva dato
un
veloce bacio, poi era scappato nuovamente al lavoro. E lei era rimasta
sola in
quella casa, contando esclusivamente sull’aiuto che Silvia
poteva darle di
tanto in tanto.
I
problemi raggiunsero l’apice durante il quinto mese.
Mentre si gustava una delle poche sere in compagnia di Marco,
sentì che
qualcosa non andava. Cinque secondi dopo era distesa a terra.
Suo
marito la portò immediatamente all’ospedale,
sudando per
il terrore e temendo il peggio, ma i dottori lo tranquillizzarono
presto.
-
Si è trattato di una minaccia d’aborto –
spiegò il medico.
– Ma non si preoccupi, il bambino sta bene. Sua moglie deve
solamente riposare
per un po’ di tempo ed evitare sforzi.
-
D’accordo.
Marco
strinse la mano di Aurora e le riferì le parole del
dottore: da quel momento, la donna avrebbe dovuto passare un periodo di
calma
assoluta.
-
Ma… io non posso – si lamentò Aurora.
– Il film, le
scadenze… Non posso dare altri problemi!
-
Ora riposa – sussurrò Marco, accarezzandole la
fronte. –
Ne riparleremo domani.
Il
giorno seguente, però, le parole del dottore non erano
miracolosamente cambiate, così Aurora aveva dovuto chiamare
il regista perché
le dessero qualche giorno di riposo; l’uomo sembrò
urtarsi a quella notizia, ma
accettò di rimandare di qualche settimana le riprese.
Quando
Aurora si presentò di nuovo sul set, però,
scoprì che
attori e operatori non si erano mai fermati.
-
Cosa significa? – chiese al regista, e in quel momento una
ragazza molto simile a lei le passò accanto: indossava gli
stessi abiti che
aveva messo lei tre settimane prima. – E quella?
Il
regista sospirò e si voltò a guardarla.
– Ci avevi già
dato noie con la storia della gravidanza e noi ti siamo venuti
incontro. Però
poi te ne sei uscita con la minaccia d’aborto e, credimi, mi
dispiace tanto, è
stata una scocciatura…
-
Non è una “scocciatura”! E’ il
mio bambino!
-
Ma per me non è altro che una scocciatura. E se dovessero
esserci altre minacce? Di solito non vengono mai da sole, e io non
potevo
rimanere disorganizzato: non sei una grande attrice, è
bastato poco per
trovarne un’altra.
-
Mi sta… mi sta licenziando?
-
Sei già stata licenziata, Aurora, l’ho deciso nel
momento
in cui mi hai chiamato, ma non potevo deprimerti quando avevi appena
rischiato
di perdere un figlio -. Le diede le spalle, tornando a dirigere il
film. –
Spero che in futuro andrà meglio -.
♫
Aurora
sbatté la porta di casa violentemente, facendo
tremare i muri; Marco, che stava ultimando i bagagli per una nuova
partenza,
corse in soggiorno per sapere cosa fosse successo.
-
Aurora, non devi agitarti così, rischi di stare di nuovo
male! – la mise in guardia, preoccupato. –
Cos’è successo?
-
Mi hanno buttato fuori dal cast – rispose la moglie,
lasciandosi cadere sul divano. Non avvertiva nemmeno le lacrime salirle
agli
occhi, la rabbia era più forte della tristezza.
Marco
si sedette accanto a lei e le passò un braccio attorno
alle spalle. – Mi dispiace -. Vedendo che lei non diceva
niente, tentò di
tirarla su di morale. – Sai qual è la cosa bella?
Fra meno di quattro mesi
avremo un bambino! E’ un pensiero che mi fa sempre tornare il
sorriso.
-
A me fa solo stare peggio.
Aurora
si alzò, incapace di stare così vicina al marito,
che
sprizzava gioia da tutti i pori: lei non era felice, non lo era stata
neanche
un momento da quando aveva scoperto di essere incinta. Marco
considerò le sue
parole solo come sfogo momentaneo, sicuramente se ne sarebbe pentita
nel giro
di un’ora.
-
Lo dici solo perché sei arrabbiata –
esclamò. – Domani
sarai di nuovo felice per il bambino.
-
Felice, Marco? – sbottò Aurora, sputando tutta
l’amarezza
che si teneva dentro da mesi. – Questo bambino per me
è una disgrazia, non una
benedizione! Non l’ho mai voluto, finché cercavano
di farlo non mi rendevo
conto di cosa sarebbe significato! Mi sta facendo perdere tutto, tutto! A causa sua non solo mi hanno
negato un ruolo da protagonista, ma mi hanno anche tolto quello che mi
avrebbe
permesso di sfondare! Io detesto
questo bambino, vorrei non averlo mai concepito!
Forse
si aspettava che lui replicasse, Marco non era mai
rimasto a guardare; perfino quando lei stava per sposare un altro, lui
l’aveva
trascinata via, facendo di tutto per riconquistarla. Tuttavia, Marco
non reagì,
non la sgridò per le parole che aveva detto. La
fissò per un momento senza
parlare, poi infilò il giubbotto, prese le valige e
uscì dall’appartamento.
♫
Da
quel momento, i viaggi di lavoro di Marco si
prolungarono, trattenendolo negli Stati Uniti anche per due settimane;
tornava
a casa solo per due o tre giorni, ma sembrava che lo facesse soltanto
per
controllare che non ci fossero state altre minacce d’aborto:
rivolgeva ad
Aurora una parola di saluto e qualche domanda durante i pasti, senza
mai
guardarla negli occhi. Anche quando chiamava non digitava il numero
della
moglie, ma quello di Davide, che lo teneva informato tramite Silvia.
L’assenza
di Marco era più evidente per Aurora, ora che
aveva perso il lavoro, e diventava insopportabile non appena lui
tornava,
perché mai era stato assente come quando non le parlava.
Aveva imparato a
passare le giornate a ricamare vestiti per il bambino in arrivo,
cercando
almeno in quell’attività di espiare
l’insofferenza che nutriva verso di lui.
Silvia le faceva spesso compagnia, invitandola a casa sua ogni volta
che
poteva, e nel frattempo tentava di convincerla a chiedere perdono al
marito.
-
Marco sto soffrendo moltissimo – le diceva appena il nome
dell’uomo usciva nei loro discorsi. – Si
è lamentato con Davide, so che gli
manchi. Sta solo aspettando che tu faccia il primo passo, secondo me.
-
Mi detesta – ribatteva Aurora. – Mi sono lasciata
sfuggire
delle cose tremende sul nostro bambino, non mi perdonerà
facilmente.
I
giorni passavano interminabili, poi, a metà
dell’ottavo
mese di gravidanza, mentre Marco era partito per uno dei suoi viaggi di
lavoro,
ricamando l’ennesimo pigiama Aurora, per la seconda volta,
sentì che qualcosa
non andava. Afferrò la mano di Silvia, seduta al tavolo
accanto a lei, e immediatamente
la sua amica capì cosa stava succedendo.
-
Davide! – strillò, in preda all’ansia.
– Le si sono rotte
le acque!
Davide
era accorso subito e aveva caricato in macchina
Aurora, lasciando Silvia con i bambini.
Il
viaggio era sembrato interminabile: Aurora, entrata in
travaglio, urlava per il dolore e la paura che qualcosa andasse storto.
Davide
cercava di calmarla, canticchiando le canzoncine che sua figlia aveva
appena
imparato all’asilo e dicendole che con lui poteva stare
tranquilla, perché lui
era sempre stato accanto alla moglie nel momento del parto e sapeva
esattamente
cosa fare; solo il giorno seguente Aurora avrebbe scoperto che, appena
erano
entrati all’ospedale, Davide si era dovuto sedere
perché rischiava di svenire.
La
portarono in sala parto d’urgenza, preoccupati dalla
nascita prematura, e mai con in quel momento Aurora provò il
desiderio di avere
accanto a sé suo marito. Chiudendo gli occhi e respirando
secondo le istruzioni
dei medici, le tornarono alla mente le immagini di quando si erano
conosciuti:
Marco che le chiedeva di uscire con lui; Marco che la portava al
cinema; Marco
che le toglieva la maglietta per la prima volta, tremando leggermente;
Marco
che la scopriva con Ettore; Marco che tornava a parlarle
perché ne aveva
bisogno; Marco che faceva l’amore con lei mentre Cat Stevens
cantava Sad Lisa, a pochi giorni
dalle sue
nozze; Marco che la rapiva fuori dalla chiesa per impedirle di sposare
un
altro; Marco che aveva gioito alla notizia di un bambino; Marco che la
notte
trovava nella stanza insonorizzata con la chitarra in mano, intento a
comporre
la canzone per il loro bambino…
Spinse
con più forza, mescolando lacrime di dolore a lacrime
di tristezza: era stata una stupida a dirgli quelle parole, il lavoro
non era
importante quanto la vita che batteva nel suo ventre. La mano che ora
stringeva
non sarebbe dovuta essere di una sconosciuta infermiera, ma quella
calda di
Marco, che avrebbe sorriso in preda ad una felicità
disarmante di fronte alla
creatura che ora stava emettendo un flebile vagito.
Smise
di spingere quando il pianto si fece più alto, poi
sbirciò per vedere il bambino che aveva dato alla luce. Si
rese conto in quel
momento di non piangere ancora, di lacrimare e basta per motivi troppo
banali,
troppo insulsi rispetto a quello che era appena accaduto.
-
E’ una bambina – annunciò il medico.
Aurora
smise di tremare nel momento stesso in cui
l’infermiera sistemò la neonata tra le sue
braccia; si sentì più sicura
osservando quel corpicino minuscolo, accarezzando cautamente le sue
guance.
- Voglio una
femminuccia, e l’avrò.
Le
parole di Marco risuonarono nella sua testa, ma
nonostante la tristezza lei non riuscì a reprimere un
sorriso.
-
Ha deciso come chiamarla?
-
Giulia – rispose Aurora, pervasa da una gioia
indescrivibile. – Come vuole il suo papà -.
♫
-
Mamma, ho fame.
-
Un momento, Laura, ora la mamma è impegnata.
-
Tia Uoa?
-
Eh, Gabriele, la zia Aurora è sdraiata perché ha
bisogno
di riposare.
-
MAMMA!
-
Ci penso io, Silvia – esclamò Davide, prendendo la
mano di
Laura, che correva intorno al letto di Aurora per attirare
l’attenzione. –
Posso lasciarti Gabriele?
-
Sì, lui è un angelo -. Silvia fece
l’occhiolino ad Aurora.
– L’angelo dell’annunciazione.
La
sua amica sorrise, mentre cullava tra le braccia la
piccola Giulia.
-
Te la fanno tenere?
-
Sì, le sue condizioni sono stabili, nonostante sia nata
prematura. Le fanno qualche controllo ogni tanto, ma mi consentono di
abbracciarla quando mi manca troppo.
Silvia
sorrise. – E tu che temevi di non amarla abbastanza!
-
Già…
Il
volto di Aurora si rabbuiò. Pensierosa, la donna
gettò
uno sguardo alla finestra, sperando di vedere suo marito nel giardino
dell’ospedale.
-
L’ho chiamato appena ti si sono rotte le acque –
disse
Silvia, interpretando le sue riflessioni. – Ha dovuto
comunque aspettare il
primo volo, e Los Angeles è lontana…
-
Lo so -. Aurora sospirò. – Ma in realtà
credo che non
verrà.
-
Sei matta? Non vede l’ora di tenere sua figlia tra le
braccia!
-
Lei sì, ma io sono di troppo. Non credo abbia troppa
voglia di trovarsi faccia a faccia con me.
Calò
il silenzio, interrotto solamente dai suoni di
Gabriele, che si sforzava di parlare; poi, improvvisamente, alcuni
passi
risuonarono nel corridoio, più rumorosi di altri: qualcuno
stava correndo.
-
Ma chi…? -. Silvia si affacciò per controllare,
strabuzzò
gli occhi e uscì dalla stanza.
-
Silvia, che cosa succede? – le chiese Aurora.
In
quel momento il proprietario dei passi entrò nella
camera, respirando affannosamente. Si tolse il sudore dalla fronte e si
avvicinò al letto di Aurora, senza riuscire a togliere lo
sguardo dalla
bambina; le prese le manine tra le sue e le baciò, mentre
gli occhi
cominciavano ad inumidirsi.
-
Marco… - mormorò Aurora.
Marco
portò lo sguardo su di lei e le rivolse un sorriso
ancora più bello di quello che aveva visto sul suo volto il
giorno in cui gli
aveva annunciato che aspettavano un figlio. Le accarezzò i
capelli e li baciò,
poi poggiò la fronte su quella della moglie.
-
Ti amo – sussurrò, e in quelle poche sillabe
Aurora poté
giurare di avergli sentito tremare la voce.
♫
E ti amo, ti amo da sempre,
anche se ti conosco da un giorno.
Aurora
aprì gli occhi lentamente, sentendo il suono di una
chitarra. Quando riuscì a guardarsi intorno, riconobbe il
profilo di Marco, che
sedeva accanto alla finestra, davanti alla culla in cui dormiva Giulia;
tra le
mani stringeva la sua chitarra acustica.
-
Ti ho svegliata? – chiese Marco, senza smettere di
suonare.
-
Tranquillo, fra poco sarebbe passata l’infermiera, devo
dare la poppata alla piccola.
-
E con questa scusa puoi tenerla qui quanto ti pare!
-
Già, hai scoperto il mio piano!
Marco
scoppiò a ridere, contagiando anche Aurora.
-
Tu perché sei qua?
-
Mi hanno permesso di restare visto che mi sono perso la
nascita.
Aurora
aggrottò la fronte. – Strano.
-
Il primario è un mio amico – rivelò
Marco, nascondendo le
labbra dietro una mano come se le stesse confidando un segreto.
-
Oh, ora è tutto chiaro. Puoi contare su di me, non lo
dirò
a nessuno.
-
Sei proprio l’alleata perfetta.
-
Cosa stavi suonando?
Marco
ricominciò la canzone dall’inizio. –
E’ la mia
ninnananna per Giulia.
-
E’ bellissima.
-
Mai quanto lei.
-
Mai quanto te.
Marco
rise. – Questo dovrei dirlo io! –
esclamò, prendendo
il braccio la bambina per portarla da Aurora. – Hai il volto
di una madre, non
c’è niente di più bello.
-
Sì che c’è: un padre che suona la
chitarra. Ed è anche mio
marito, che fortuna sfacciata che ho.
-
Ti ritieni fortunata ora?
-
Sì – rispose Aurora, senza neanche pensarci
troppo. – Di
lavori ce ne sono tanti, non importa quanto ci metterò a
trovarlo. Ma non c’è
niente di più bello che vedere l’uomo che amo con
in braccio nostra figlia.
-
Hai ragione, siamo bellissimi – concordò Marco,
facendo
scivolare Giulia tra le braccia di Aurora.
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Dedicata a Giulia ♥
Non potevo che farla nascere dal mio personaggio preferito :)
Salto nel tempo e...
troviamo Marco e Aurora alla prese con una bambina. Perché?
Boh, ascoltavo "E ti amo" (ormai tutte le storie su di loro sembrano
essere incorniciate da Masini!) e ho pensato di scrivere di loro due,
poi sentendo alcune frasi mi è venuto in mente: - E se quel
miracolo fosse una bambina? -.
Credo di non avere mai pensato che potesse essere un maschietto, c'era
solo la piccola Giulia nella mia testa, doveva essere loro
figlia.
Non penso che, d'ora in poi, andrò avanti da questo punto,
ma scriverò sempre di loro due "giovani", nel momento in cui
Aurora entra nella band di Marco. Però ho già in
mente qualcosa su Silvia e Davide (idea partita dalla frase che lei
dice sul "tentato tradimento" del ragazzo)!
Detto questo, ringrazio le persone che recensiranno, quelle che amano
il personaggio di Marco o le storie su di lui e, soprattutto, gli unici
due che le seguono tutte, e sanno che mi sto riferendo a loro :)
Grazie per la lettura ♥
Medusa
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