La vita
all’ombra di un tiglio…
E’
strano pensare come una semplice pianta riesca a scandire ogni momento
della tua vita. Ti sembra qualcosa di inanimato però, ogni volta che la
guardi, sembra che ti stia mandando dei dolci messaggi telepatici. Vuole
farti capire che, anche se non si può muovere, lei potrà essere sempre
accanto te, ti accoglierà sempre sotto le sue frasche, sarà testimone
silenzioso di tutto ciò che succede.
Un
tiglio…Il “mio” tiglio…
Quando
cambiai casa, la prima cosa che mi rimase impressa fu quell’immenso
prato, pieno di fiori ma senza alcun albero. Avevo quasi cinque anni e
quella vista, seppur piacevole, mi pareva asettica e spoglia. Notai subito
una fragile piantina verde, alta più o meno come me. Ricordo ancora che
chiesi a mia madre cos’era quella specie di ramoscello, fragile e
profumato come una rosa appena sbocciata
-
È un tiglio – mi disse lei placidamente – Tra qualche anno potrai
ripararti sotto i suoi imponenti rami, ti ci potrai arrampicare, imparerai
ad amarlo. –
Non
riuscivo a capire appieno il significato di quelle parole, per me erano
buttate lì, a caso, solo per confondere una bambina semplice ed
innocente. Da quel giorno, ogni volta che uscivo, diventò un’abitudine
andarmi a misurare con quell’esile pianta. Era un gioco semplice: capire
chi dei due stesse crescendo più velocemente. Una volta mia madre mi vide
e, osservandomi dalla finestra, cominciò a ridere molto divertita.
Sembravo proprio una stupida ad aver intrapreso una sfida del genere.
Gli
anni passarono…
Avevo
diciotto anni quando, per la prima volta, mi accorsi che quel piccolo
alberello era cresciuto e ora si stagliava imponente sopra di me. Ero
triste quel giorno, ero appena ritornata dal funerale di mia madre,
l’unica persona che amavo veramente, al di sopra di ogni cosa. Piansi
molto sotto a quel tiglio, protetta dall’ombra dei suoi rami. Sembrava
che piangesse con me, quando ognuna delle sue foglie gialle cadeva per
terra, con la grazia e la delicatezza di una piuma. Guardai in alto, nella
speranza di svegliarmi da un brutto sogno e mi sembrò di vedere un volto,
in quella corteccia levigata. Qualcuno che mi sorrideva con dolcezza, con
un velo di compassione negli occhi. Fui talmente colpita che non mi
accorsi della farfalla che si era posata sul mio naso. Non era stagione,
eppure c’era, e si trovava proprio lì, davanti a me. Osservai i rami e
li vidi tutti in fiore, pieni di piccole farfalle multicolore. Ero dentro
un paesaggio agreste pieno di animaletti e di paesaggi maestosi, dominati
solamente dalle sagome degli alberi.
Aprii
gli occhi e mi resi conto di essermi addormentata e notai che quel
paesaggio autunnale non era cambiato. Tuttavia, non so rendermi conto
tuttora dove fosse finita la realtà e dove cominciò il sogno. Ma non
aveva importanza, d’ora in poi, quel tiglio sarebbe stato il mio
confidente, l’unico che non mi avrebbe mai tradita.
Per
molti anni ancora mi ritrovai seduta sotto di lui, in compagnia di un buon
libro oppure di qualche foglio e di una penna. Feci tanti disegni che lo
ritraevano come protagonista, immenso ed imponente in confronto alle
piccole piantine sopra di lui.
Sotto
le sue frasche conobbi quello che sarebbe stato mio marito, lì sotto
persi la verginità. In tutte le occasioni più importanti lui c’era, mi
guardava silenzioso, impotente di fronte al corso degli eventi.
Il
giorno del mio matrimonio organizzai una piccola festa e misi un tavolino
pieno di frutta vicino a lui, come per renderlo partecipe della mia
immensa gioia. Lo guardai con soddisfazione, per dirgli che ce l’avevo
fatta, che non ero più la giovane ragazza piagnucolona che lui conosceva,
ero una donna, una donna che aveva realizzato i suoi sogni.
Cambiai
città, cambiai casa. Non potevo andarlo a trovare molto spesso e, delle
volte, mi capitava persino di dimenticarmi di lui, come se non fosse mai
esistito. Ormai avevo una famiglia, avevo dei figli, non potevo più
sognare come facevo un tempo, dovevo guardare in faccia la realtà, anche
se era dura da accettare.
Ma
ora sono di nuovo qui, dopo tanti anni. Sono ormai vecchia, mio marito è
morto, i miei figli sono grandi e hanno avuto, a loro volta, dei figli.
Non so bene perché sono ritornata qui, dove mi trasferii quando ero una
bambina…forse, perché sono sicura che questi saranno i miei ultimi
giorni di vita. E’ primavera, le rondini hanno ripreso a volare e le api
volano indaffarate da un fiore all’altro, per portare il cibo
all’alveare. Sembra che non sia cambiato niente, solo io sono diversa.
Perfino il mio tiglio sembra lo stesso di settant’anni fa.
Mi
siedo sotto i suoi rami, cercando di trovare un po’ d’ombra per
ristorarmi. Mi appoggio al suo tronco perché la vecchiaia ha reso deboli
le mie ossa. Sento un dolce tepore che avvolge l’aria attorno a me, un
calore naturale e piacevole da sentire…ho capito che la mia ora è
giunta. Riapro gli occhi e vedo una farfalla, sul mio naso. Era la stessa
che vidi moltissimi anni prima e, alzando lo sguardo, ne vidi tantissime
che giravano tutt’intorno a me. Guardai davanti a me e notai un uomo, lo
stesso volto che mi parve di vedere quel giorno sulla corteccia…un viso
gentile e immortale. Si avvicinò e si mise in ginocchio davanti a me. Mi
sussurrò ad un orecchio:
-
Tu sei sempre stata legata a me ed io, indissolubilmente, lo sarò per
sempre a te. Ora dormi tranquilla.–
Mi
posò la mano sugli occhi e mi addormentai, senza svegliarmi mai più.
Una
piccola pianta di tiglio era appena nata vicino al mio corpo. Mia nipote
mi ritrovò, inerme, sotto a quel grande albero. Poi vide quel piccolo
bocciolo vicino a me e, tempo dopo, anche lei cominciò la sua sfida
personale.
Il
cerchio della vita si ripete all’infinito, senza mai cambiare persone,
senza mai cambiare luogo, ogni anno passerà…lasciandoti solamente il
piacevole ricordo di qualcosa di immateriale, di non tangibile, di
incomprensibile…che starà sempre dentro i nostri cuori.
Fine.
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