I’m
holding on your rope
Got me ten feet off the
ground
And I’m
hearing what you say
But I just
can’t make a sound
-Leo,
stai bene?
Leo giardava spaventato l'ufficiale di polizia, spostando di tanto in
tanto lo sguardo sui comuli di cenere, tutto quello che rimaneva
dell'officina di Esperanza Valdez.
Non ricordava più niente dopo la donna vestita di terra,
nella sua mente c'era solo il buio.
Non riusciva a capire cosa fosse successo. Pareva che gli mancasse un
tassello nella memoria, che era, curiosamente, l'unico modo che aveva
per capire qualcosa su quanto accaduto e sul perché sua
madre
non fosse lì con lui, a rassicurarlo e ad impedirgli la
vista di
un così brutto panorama.
"Sarà
difficile che veda qualcosa di più brutto di questo."
constatò il bimbo. "Nemmeno
zia Rosa è così orrenda.".
L'ufficiale di polizia, un tipo con i capelli rossi e le lentiggini
alto quanto un lampione, lo fissava in attesa di una risposta, come se
la domanda non fosse abbastanza stupida di suo.
Leo lo fissò, muto come un pesce, con gli occhi colmi di
lacrime.
Il rosso si piegò sulle ginocchia, cosicché Leo
potesse guardarlo negli occhi senza spezzarsi l'osso del collo.
-Senti Leo, ehm...- iniziò
l'ufficiale di
polizia, tentando di trovare le parole adatte. -Hai visto nessuno
entrare nell'officina?
-Ma cos'è successo?-
replicò Leo.
Il rosso sospirò. -Stiamo cercando di capirlo.
Può
essersi trattato solamente di un incendio domestico, per quanto ne
sappiamo.
-Non lo è stato.- disse Leo.
-Ho parlato con
una donna nell'officina e l'ultimo ricordo che ho è di lei
che
mi parlava.
Gli occhi del tipo s'illuminarono. -Ah sì? Mi puoi
descrivere questa donna?
-Faceva paura.- iniziò il
ragazzino. -Era
alta più di tre metri, dormiva mentre mi parlava ed era
vestita
di terra.
L'ufficiale di polizia sospirò. -Ok, ho capito.
Diede una pacca sulla spalla a Leo e si alzò con
l'espressione di chi non è riuscito a cavare un ragno dal
buco.
-Non mi crede, vero?
-Sì che ti credo, Leo.-
rispose il rosso.
-Non è vero!-
replicò il ricciolino. -Nessuno lo fa.
L'uomo lo fissò per una manciata di secondi, poi disse: -Io
sì.
Leo non parve stupito dall'ennesima, palese, odiosa bugia.
-Dov'è mia mamma?
L'ufficiale di polizia fece orecchie da mercante e si
affrettò a
raggiungere i colleghi, lasciando il piccolo Leo senza uno straccio di
risposta.
Il figlio di Efesto posò nuovamente lo sguardo sulle macerie
e
provò nuovamente quella sensazione di calore e paura che
aveva
sentito mente parlava con la donna vestita di terra. Allora
capì
ed ebbe la terribile sensazione di essere stato lui a provocare quel
disastro.
Giunse a temere di aver provocato lui la fine di sua madre, che
riconobbe come il corpo sotto il telo, disteso sulla barella dell'ambulanza.
Avrebbe voluto dirle che gli dispiaceva, che non avrebbe più
giocato con il fuoco.
Ma era troppo tardi per
scusarsi.
You tell me that
you need me
Then you go and cut me
down
But wait…
You tell me
that you’re sorry
Didn’t think
I’d turn around and say...
-Mostrami
quello
che sai fare, su.- gli disse Tía Callida, sfidando un Leo di
tre anni mentre affilava un paio di coltelli. -Devi fare pratica con le
tue armi
già da subito, se vuoi diventare il mio eroe.
Sua madre era uscita per comperare dei pezzi di ricambio dal ferramente
locale e Tía Callida era magicamente ricomparsa per
accudirlo durante
l'assenza di Esperanza.
Tía Callida indossava sempre il solito vestito nero e il
solito
scialle, per questo motivo Leo si era ritrovato a pensare che fosse
rimasta vedova.
Certe volte gli faceva anche pena, perché pensava alla sua
solitudine a causa della mancanza del marito come quella che provava
Esperanza Valdez.
Leo era seduto sul tappeto in salotto, giocherellando con una dozzina
di blocchetti Lego che zia Rosa gli aveva sbolognato come regalo di
Natale. Era una fredda giornata d'inverno e Tía Callida non
aveva
voglia di portare Leo a giocare nel cortile sul retro del condominio,
così decise che sarebbe stato meglio rimanere dentro casa e
accendere il caminetto.
La sedia a dondolo sulla quale era seduta Tía Callida
cigolava, andando
a ritmo con lo scoppiettio del fuoco. La babysitter sarebbe sembrata
uguale a qualunque nonnina dei cartoni animati se solo, al posto di
affilare coltelli, si fosse messa a lavorare a maglia.
La donna iniziò a cantare la solita nenia lugubre e
deprimente:
Leo si era chiesto più volte in che lingua cantasse, ma
arrivava
a concludere solo che non fosse né Inglese né
Spagnolo.
Iniziò a considerarla Cinese, ponendo fine al problema.
Mentre Tía Callida cantava, Leo fissava il riflesso delle
fiamme sulle lame dei coltelli con aria rapita.
Sul volto della donna comparve un sorrisetto. -Oh, so bene che vuoi
giocare con i coltelli, Leo. Ma può essere pericoloso.
Leo sostenne lo sguardo di Tía Callida, cercando di capire
dove volesse
andare a parare. Quella risposta equivaleva a un no? O a un
sì?
Per Tía Callida non avrebbe dovuto fare tanta differenza se
il gioco
fosse pericoloso o meno, soprattutto perché aveva provato a
uccidere Leo più e più volte.
Il sorriso della babysitter si aprì maggiormente, diventando
molto simile ad un ghigno. -Ma dovrai fare pratica con i pericoli, mio
piccolo eroe.
Tía Callida gli porse i coltelli e Leo sorrise felice,
afferrandoli per le lame ed iniziando a giocarci.
-Presto avrò bisogno di te,
mio piccolo
eroe.- disse Tía Callida, prima di riprendere a cantare.
-Gli eroi non
posso essere addestrati in altra maniera.
Leo la guardò confuso, continuando a battere il manico del
coltello contro il parquet
della stanza, ormai privo di lucentezza e roso dai tarli. Poi il bimbo
fece spallucce, tornando a concentrarsi sui coltelli che si ritrovava
tra le mani.
Leo minacciò più volte di uccidersi mentre
giocava, ma
era sicuro che, fosse sopravvissuto o meno, a Tía Callida
avrebbe
fattolo stesso effetto.
Solo quando, tredici anni dopo, Leo liberò la sua psicotica
babysitter dalla gabbia di Gea, Tía Callida parve volersi
scusare per
aver tentato di ucciderlo tutte quelle volte nel corso di quello
pseudo-addestramento per eroi.
Non le pareva un po'
tardi per scusarsi?
I’d
take another chance, take a fall, take a shot for you
And I need you like a
heart needs a beat
I loved you with a fire
red, now it’s turning blue
And you say “Sorry” like
an angel,
“Heaven let me think was you”,
But I’m
afraid...
A Leo non piacevano molto le
occhiate Calai lanciava a lui e a Festus, non più nelle
sembianze di una valigia.
"Non
bada certo a spese, questo qui." constatò Leo
con sarcasmo, ammirando lo sfarzo della reggia del dio.
Calai si aggiustò la maglia da hockey con un sorriso
bonario,
poi spiegò le ali color porpora e si
sollevò di
qualche decimetro da terra. Leo non riusciva a capacitarsi di come quel
tipo riuscisse a volare, dato che aveva la taglia di un bue.
-Stupido buffone...- borbottò
Zete, entrando nel campo visivo di Leo.
C'erano anche Jason e Piper: Leo era sollevato al vederli tornare sani
e salvi. Per fortuna, non tutti gli dèi erano degli
psicopatici
come Tía Callida.
Lo sguardo di Leo si posò sulla bellissima fanciulla che li
aveva condotti giù per la scalinata di
ghiaccio. Leo si
passò una mano tra i riccioli, scompigliandoli dopo che
qualche
valletto molto gentile aveva avuto l'onere di pettinarglieli.
Il figlio di Efesto non le tolse lo sguardo di dosso fino a che ella
non posò il piede sull'ultimo gradino, dicendo qualcosa a
Piper
e a Jason; vide Jason replicare qualcosa, e la fanciulla dal vestito
bianco parve offesa.
Leo parve sconvolto e, quando Jason gli si avvicinò,
iniziò a tartassarlo di domande: -Che è successo
lì su? L'hai fatta arrabbiare? È arrabbiata anche
con me?
Ragazzi, sarebbe stato il mio appuntamento del secolo!
-Te lo spieghiamo dopo.-
tagliò corto Piper, saltando in groppa a Festus.
Lasciarono quel posto in men che non si dica - naturale, nessuno aveva
voglia di restare in compagnia di un dio fanatico dell'hockey e di
un'altro che sembrava uscito dalla copertina dei CD dei Journey di
Esperanza Valdez -, ma Leo non permise che l'argomento "fanciulla
bellissima che Jason ha fatto incavolare" cadesse così
facilmente.
Piper e Jason presero a raccontagli di come Chione (almeno adesso Leo
ne conosceva il nome) avesse quasi convinto il padre Borea a farli
diventare dei surgelati.
-Non posso credere che Chione abbia
fatto questo.- disse Leo, mesto. -Sembrava così carina.
Leo non capiva perché si fosse comportato come un tale
stupido al
palazzo di Borea. Avrebbe dovuto immaginarlo dal primo istante che una
famiglia di dèi della neve e quant'altro l'avrebbero odiato
a
prima vista: un figlio del dio del fuoco che volava su un dragone
sputafuoco dentro ad un palazzo di ghiaccio... beh, forse non
erastata una grande mossa.
E poi c'era Chione. Cavolo, si era comportato da totale ebete. Avrebbe
dovuto saperlo che sarebbe stata pregiudicata nei suoi confronti, dato
che lei era la dea delle palle di neve e affini mentre lui era il
figlio del dio del fuoco. La loro compatibilità sfiorava la
soglia del meno un percento.
La cosa che aveva fatto più male a Leo era il disprezzo di
cui
erano carichi gli occhi castani di Chione ogni volta che spostava lo
sguardo su di lui. Leo odiava non sentirsi accettato e, malgrado la dea
dei pupazzi di neve fosse letteralmente da sballo, non l'avrebbe
perdonata per quello che aveva fatto correre a lui, a Jason, a Piper e
a Festus.
Ricevette e scuse di Chione solo dopo tempo, quando, dopo che la dea
ebbe fatto di Talia una statua di ghiaccio, Leo Valdez le si
avvicinò con una fiamma che scoppiettava minacciosa sul
proprio
palmo della mano.
-Non ti azzardare.- ringhiò
il figlio di Efesto. -Sai, fiocco di neve, adesso è un po'
troppo tardi per le scuse.
That
it’s too late to apologize, it’s too late
I said it’s
too late to apologize , it’s too late
My
little corner:
Leo! *w*
Nutro un'ammirazione e una stima incredibile per questo "Elfo Latino di
Babbo Natale".
Penso che questo personaggio abbia subito troppi torti nella vita: la
perdita di una madre, il ripudio da parte della sua unica parente,
promesse mancate, si è trovato a fare da ruota di scorta
alla
coppietta [=Jason e Piper], e via discorrendo.
C'è da dire anche che io amo questa canzone: mi è
piaciuta dalla prima volta che l'ho ascoltata alla radio. È
anche facile da suonare al pianoforte: fate conto che in un'ora, dopo
qualche accordo alla cavolo, avevo già trovato le note e
imparato a suonarla... ^^"
Ho pensato che fosse perfetta per Leo eeeee... ecco qua! Beh, credo che
questa storia abbia rovinato una delle più belle canzoni di
sempre.
Alla prossima, mes amis!
Aly.
PS: Vi lascio anche il link al mio blog,
fateci un salto se ne avete voglia. =D
Credits:
Characters © Rick Riordan
Song & Lyrics © Timbaland ft. OneRepublic, "Apologize"
Title Font = Made With B
Text Font = Arial
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro.
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