Nota: Storia scritta
per il Concorso n°2 “La poesia ispira la prosa”del Magie Sinister
Forum e ispirata alla poesia di Heinrich Heine “La sua immagine”.
Il giorno più bello
Ero in cupi sogni,
fissavo la sua immagine,
e il volto amato
prese per incanto a vivere.
Sulle sue labbra si dischiuse
un mirabile sorriso.
Come per lacrime di nostalgia
brillavano i suoi occhi.
Anche dalle mie guance
scorsero le lacrime.
E, ahimè!, non posso credere
di averti perduta!
Morto. Un morto che cammina
senz’anima e cuore, un vuoto involucro di niente dove le catene del dolore
stanno spezzando ogni mio respiro.
Sento le fiamme avvolgermi il
corpo, la carne che mi brucia.
Vorrei che la mia vita finisse
ora.
“Vattene via da qui!” parole
perentorie senza neanche guardarmi negli occhi del tutto gonfi di lacrime.
Avrei voluto dirgli che mai avrei
sciolto quell’abbraccio, che mai avrei lasciato quegli occhi di delicata erba
fresca, ma nessuna parola mi uscì dalle labbra, soltanto lacrime e silenzi,
singhiozzi e dolore.
Sono qui, in questa casa, da solo
e il senso d’incapacità s’impossessa pian piano di me, un’inquietudine che mi
sale lungo la schiena.
Quando ti senti impotente la
rabbia ti assale, un fremito che ti oscura la vista, un arido deserto dove non
basta una miriade di miraggi a toglierti la sete.
Mi rivedo immobile in quella
stanza mentre i tuoi occhi avevano smesso di guardare il mondo, un incantesimo
rotto dal pianto di un bambino.
Un lampo
squarcia la notte, non riesce a rompere l’oscurità che circonda il mio essere,
un forte clangore risuona nella stanza, propagandosi nella mia testa. Una
strana sensazione cresce in me ancora con più intensità, un’erba maligna che mi
avvolge togliendomi ogni respiro.
Brandisco la
bacchetta come se fossi un cavaliere d’altri tempi pronto a combattere le
ingiustizie dell’umanità, ma non sono un cavaliere, sono soltanto un mostro,
non combatto contro i mali del mondo, uccido gli innocenti.
Ho ucciso te.
Getto
quest’inutile pezzo di legno e per un istante il tempo si ferma, un lungo
istante in cui la rabbia per la mia inutilità scorre nelle vene avvelenandomi
la carne.
Con furia cieca
distruggo ogni cosa attorno a me nella speranza che tutto questo mi aiuti a non
pensare, ma è uno sfogo che dura l’attimo di un battito d’ali di un’aquila, che
vola alta nel cielo, libera nell’aria solo sua.
Come te.
Voli nel cielo
guardandomi con disgusto, come merito di essere visto.
Forse non mi
osservi neppure. Ed è meglio così.
Osservo i resti
di quella che era la mia camera, osservo un dolore che non si placa. Un amore
che non muore. Una vita dispersa tra le dita.
Questa bestia
dentro di me non arresta il suo furore, ma cerco di recuperare la bacchetta: il
disordine non mi ha mai aiutato, il pensiero di ogni cosa rimessa nel suo
preciso ordine acquieta un poco il mio animo ferito.
La vedo
immobile tra l’armadio distrutto e il senso d’inutilità s’impossessa nuovamente
di me, ma dura l’attimo di un respiro, un attimo in cui i miei occhi si posano
su di te.
Su di voi.
Nel mio cuore
però ci sei solo tu, l’amore mi rende cieco di ogni altra persona.
Tra le mani un
amore che non ho mai conosciuto, due volti attraversati da una felicità che mai
è stata mia.
E mai lo sarà.
Ma tu lo eri.
Un invito che
per me era una condanna ed ogni volta che i miei occhi si soffermavano su quei
sorrisi, una lama mi entrava nella carne.
Un giorno più
cupo della notte mi aveva avvolto con le sue ombre di dolore, un altro giorno
triste nella mia vita, ormai dilaniata dalla tua perdita.
Pioveva fuori,
bagnata nel tuo abito bianco saresti stata ancora più bella e il verde dei tuoi
occhi avrebbe illuminato ogni cosa, come un faro cercato dal marinaio smarrito.
Sarai il faro
che mi guiderà nel buio che mi attende?
Pioveva anche
dentro di me, ed io ero ormai perso in un mare in tempesta che agitava i miei
sogni, il mio desiderio di essere accanto a te su quell’invito.
Stringerti ed
essere felice nel giorno più bello.
Mi è rimasto
soltanto un desiderio nel cuore, nient’altro che un nulla che non potrò mai
toccare.
Sognare ad
occhi aperti non è mai stato per me, nemmeno nella notte posso perdermi nella
felicità di una finzione, soltanto tristi sogni di una realtà che m’incatena al
dolore di averti persa e ad una promessa fatta tra i venti che si agitano in
me.
Mi ricordo il
giorno in cui ho ricevuto il tuo invito, stavi per sposare il tuo James, l’odiato
Potter che ti ha strappata da me. Chi voglio prendere in giro, sei uscita dalla
mia vita soltanto per colpa mia.
Tu e James,
abbracciati, sorridenti, mi guardavate aspettando una risposta al vostro
invito: sarei dovuto venire al vostro matrimonio.
Avrei preferito
morire piuttosto che vederti sposare un altro, stare accanto a qualcuno che non
fossi io per l’eternità.
Vorrei morire
adesso e raggiungerti in volo sul mondo, ma io sono destinato all’inferno, ad
essere un dannato tra i vivi.
Le immagini del
tuo corpo esanime e del tuo sorriso si sovrappongono, si confondono e a me non
rimane nient’altro che soffrire: ti ho persa allora e ti ho persa ora, fuggita
per sempre dalla mia vita.
“So che non
verrai, ma nel mio giorno più bello vorrei averti accanto, vorrei…”, nessun
saluto, nessun Sev, soltanto parole
precise, parole che mi avevano colpito all’istante.
Immaginavo di
esser seduto su una panca, in fondo, celato tra gli altri invitati, mentre ti
guardavo, bella all’altare che sorridevi al tuo amato, un sorriso che mai mi
sarebbe appartenuto.
Osservavo
quella foto e mi sembrava che le tue labbra sorridessero all’immagine di me
nascosto nella parte buia della chiesa, che sorridessero a me.
E avevo pianto,
amare lacrime che scendevano goccia dopo goccia, lente, a ricordarmi ogni
istante che avevo perso nel tenerti lontana.
Adesso non
sorridi più, la tua bocca è immobile, una scultura ormai morta che vive nei
ricordi.
Nel pianto che
riprende a spezzarmi il cuore, una ferita che riprende a sanguinare.
I singhiozzi
rompono la notte e non riesco a fermare questo mare in tempesta. Non posso. Non
voglio. Voglio solo piangere ogni lacrima che ho dentro, prosciugare ogni
essenza fino a morire per vederti un’ultima volta sorridere.
Bramo quel
giorno che sarà il più bello per me.
Voglio morire
qui, nella solitudine di questa casa, in questa notte dove i tuoni coprono i
miei lamenti, dove la pioggia cancella i miei dolori al passo straniero,
inginocchiato a piangere l’unica donna che io abbia mai amato e che amerò per
sempre.
Il giorno più
bello sarà quando ti sfiorerò per un attimo, per ora non posso far altro che
vivere ogni giorno nel rimorso di averti ucciso, nel tormento di una promessa
che devo mantenere.
Nel giorno
peggiore ti ho persa per sempre.
***
Avevo perso
l’unica donna che avessi mai amato, avevo perso te, Lily, in una sola notte la
mia vita era finita, insieme a te avevo esalato
l’ultimo respiro.
Ho vissuto con
la speranza che un giorno avrei posato nuovamente i miei cupi occhi su di te, i
tuoi occhi verdi sono stati l’ancora che mi ha tenuto immobile in questo mare
agitato dove una tempesta infuriava da tempo.
Nella Stamberga
Strillante esalavo il mio ultimo respiro, sarei venuto da te, ti avrei sfiorata
di nuovo, sarebbe stato il giorno più bello che aspettavo da tempo.
Il destino non
ha voluto concedermi neppure questa effimera felicità, nemmeno l’ultimo
desiderio di un condannato era stato accolto: ero rimasto in vita e nulla
avrebbe avuto più senso.
Non meritavo di
vivere quel momento tanto agognato.
***
La vita va
avanti inesorabile e non sai mai ciò che ti aspetta fin quando non ti capita.
***
Mi sono
lasciato convincere dalle due donne che mi sono davanti, mai la parola “strega”
fu usata in modo più appropriato, ancora oggi mi chiedo com’è possibile che
ceda davanti ai loro sguardi.
La donna che ho
imparato ad amare come una madre.
La donna che ho
imparato ad amare e che mi ama nonostante ciò che sono.
Una cena, una
stupida cena di fidanzamento.
Harry Potter e
Ginny Weasley si fidanzano, la mia felicità è immensa a questa notizia e lo è
ancora di più da quando ho saputo che il sottoscritto è invitato.
Hanno fatto le
cose in grande, cena per una moltitudine di persone, inviti che lanciano
profumo di rose quando si aprono con loro due sorridenti che si abbracciano
felici e innamorati.
Davvero
commovente.
Il mio sguardo
dovrebbe far capire che odio queste festicciole, odio queste dimostrazioni di
affetto, vorrei solo starmene davanti al camino, a leggere un libro con la mia
bellissima amata, non chiedo di meglio, ma ahimè nessuno domanda il mio parere,
tantomeno queste due donne che mi sono davanti e che parlottano tra di loro
guardandomi appena.
- Mia cara, se
aspettiamo che lo faccia lui questo passo, non si farà mai giorno. – non
riuscivo a sentirle, bisbigliavano appena.
Le donne e i
loro segreti, mai capirò!
E mai voglio
capire!
- Ma,
professoressa, non… al diavolo, mi sa che ha ragione, non ne ha proprio
l’intenzione. – continuo a non capire cosa si stanno dicendo, e forse, a
giudicare dagli sguardi che mandano in questa direzione, è meglio così.
Si avvicinano
entrambe alla mia scrivania.
- Severus mi
vuoi sposare? – rimango immobile, spiazzato da questa proposta, le parole mi
muoiono in gola.
- Non
spetterebbe all’uomo fare questa proposta? – l’unica cosa idiota che riesco a
pronunciare, avrei dovuto gridare solamente “sì”, ma forse non ne sono capace,
ma una proposta fatta da una donna che te lo chiede sbattendo le mani sul
tavolo non è propriamente normale.
- Oh, per
Merlino, Severus, rispondi e basta! – esordisce scocciata Minerva, la guardo
torvo per un attimo poi torno a guardare Hermione.
Per la prima
volta nella mia vita lascio parlare il mio cuore mettendo a tacere ogni
ragione.
- Mi dispiace.
– c’è delusione nei suoi occhi, mentre Minerva vorrebbe Cruciarmi e dire
qualcosa, ma non glielo permetto, - Hermione… - alza gli occhi che stanno per
piangere, le prendo la mano, - non sono bravo in queste cose, ma… - vedo
Minerva che scalpita e le regalo una mia alzata di sopracciglio.
- Andiamo, Severus,
sono troppo vecchia per queste cose, ti vuoi dare una mossa! – non bado alle
sue parole.
Prendo la
bacchetta da sotto il mantello e Materializzo uno stelo d’erba, di un verde
brillante, con un incantesimo lo avvolgo su se stesso, prendo la mano di Hermione
e lo faccio scivolare lungo l’anulare. Mi guarda con un misto d’incredulità e
curiosità mentre Minerva batte furiosamente le dita sul braccio.
Ho la gola
secca, ma sono deciso a fare quel che devo, quel che voglio; m’inginocchio e il
mio sguardo si lega a quello della mia piccola Grifondoro.
- Hermione vuoi
sposarmi? So che sono…
Senza darmi il
tempo di aggiungere altro mi circonda il collo con le braccia: - Ti amo,
Severus, e voglio sposarti. Sì, ti sposto! – urla tra le lacrime di gioia che
le solcano il viso.
La bacio con
passione mentre dal piccolo anello d’erba sbocciano tre minuscoli fiori neri.
È il giorno più
bello della mia vita.
Vedo Minerva,
la forte, coraggiosa e orgogliosa Minerva, regalarmi un sorriso materno mentre
una goccia di commozione le scende lungo la guancia.
È davvero il
giorno più bello.