Breathe

di CreepyLullaby
(/viewuser.php?uid=62152)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Non so perché certe cose finiscano

Non so perché certe cose inizino. D’altra parte non so nemmeno come fanno a finire, accade un giorno che ti svegli e la parola fine è scritta sul tuo cuscino del buongiorno. Credo che una fine, ogni fine, sia anticipata da qualcosa che ci avverte come un rumore diverso, una parola, un gesto. Nel mio caso fu una canzone, l’avevo già sentita altre volte ma non aveva suscitato in me grande interesse. Succede che la suddetta canzone ti passa accanto, ti entra nel petto e se ne esce così.. lasciandoti il freddo dentro e quella vaga sensazione di panico iniziale che tu limiti ad associare ad un’emozione del momento. Come quando hai i brividi freddi che ti lacerano la schiena e le braccia. Succede che sei in questo negozio pieno di televisioni con gli schermi enormi, succede che lui sta scegliendo quella giusta, succede mentre sei qualche metro più in là che quella melodia ti fischia nelle orecchie una domanda a cui hai paura a rispondere. Succede che lì, in mezzo al corridoio, proprio nell’esatto momento in cui si volta e ti sorride in mezzo a cento volti tutti uguali, in quell’ istante si ferma tutto, cessa anche il respiro. Ti passano mille fotogrammi di fronte.  Non so come in un giorno qualsiasi, in una pasticceria qualsiasi e ad un’ora qualsiasi, mentre ti rigiri la tua pasta fra le mani, alzando lo sguardo, ti rendi conto sarà l’ultima volta. Non so perché tenti di aggrapparti a quel momento con tutte le tue forze mentre conti tutte le linee  sulla sua fronte assorta, nell’atto di leggere un articolo di giornale. E non ci saranno più notti, non ci saranno più pasti, non ci saranno più promesse, non ci saranno più farfalle o aquiloni. Non ci sarà più vento. Non ci saranno più mura a circondare questi due corpi e a tenerli uniti, a rifletterne le ombre e i passi scalzi sul pavimento del corridoio la sera tardi. Quei sogni che avevi ripiegato con cura dentro alla valigia che avevi poi disfatto in un momento presa dall’euforia del ritorno, li avevi aperti davanti ad un paio di occhi dolci, eri entusiasta della tua calligrafia, della scelta delle parole. In quegli slanci spontanei, in quella voglia di entrare in un’altra persona e rimanerci impigliata per sempre, in quei passi incerti e lunghi. L’ingenuità del pensiero stesso ti preme contro la schiena e tenta di portarti via con lui. Ce n’erano troppi di quegli abbracci la mattina presto, ti avevano scoperta ancora sveglia e intorpidita con i piedi gelati. Un sorriso nel buio. Quel profumo familiare che ti entrava nelle narici e non usciva più. Un giorno di primavera che sapeva di autunno. Ti ritrovi ancora tu a muoverti nell’aria umida, fra coperte pesanti e capelli sparsi nella tua faccia per disegnare speranze brillanti. Ti ritrovi in una giornata di autunno, di un anno avanti,  immersa nelle ombre della tua camera, a far compagnia alla sera con i capelli ancora spettinati.





Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=883760