La Luce di Animata 1
La Luce di Animata
-Se
io profano con la mia mano indegna questo sacro scrigno, il peccato
è gentile. E le mie labbra, due pellegrini rossi di vergogna,
sono pronte ad addolcire quel tocco rude con un tenero bacio.-
Un leggero brusio proveniente dalla platea mostrò di riconoscere il celebre passo dell'opera Shakespeariana.
Il giovane, il
cui volto era in parte celato da una maschera, si inchinò
rigidamente per posare un bacio sulla tremula mano della ragazza che
gli stava di fronte.
-Buon pellegrino, non disprezzate...-
Un violento
fragore, accompagnato da un abbagliante lampo, impedì
all'incerta giovane di proseguire la famosa risposta di Giulietta.
Mentre il
pubblico confabulava, cercando di capire l'origine di quello strano
fenomeno, si udì distintamente un suono di passi. Un uomo
irruppe sul palco. Alto forse più di due metri e dalla
corporatura possente, si guardava intorno alla ricerca di qualcosa.
Posò lo sguardo sugli attori, i cui volti gli erano nascosti
dalle maschere.
-Dove sei Biancaurora?-
***
Cinque ore e cinquantaquattro minuti prima.
-Un po' di attenzione, per favore!-
La voce autoritaria della professoressa Stortoni impose il silenzio ai venti alunni del corso di recitazione.
-Sono
esattamente le 14:00 e la rappresentazione teatrale inizierà
puntuale alle 19:30. In queste poche ore che ci rimangono è
necessaria la cooperazione di tutti voi. Mentre io rivedrò
alcune scene fondamentali con i nostri protagonisti, voglio che le
comparse provino i costumi di scena.-
Mentre i
ragazzi si dirigevano dietro la pesante tenda con l'intento di
accaparrarsi i vestiti più belli, la professoressa tornò
a parlare.
-Biancaurora.-
Una ragazza dai tratti delicati si voltò verso la professoressa.
-Mi raccomando, attenzione a non rovinare le maschere! Dobbiamo restituirle al proprietario.-
-Sì, professoressa- rispose educata.
Quei pochi
secondi di svantaggio rispetto ai suoi compagni le costarono molto. Non
ebbe possibilità di scelta. Le compagne le avevano lasciato solo
un abito bianco molto simile ad una sottana e una maschera anch'essa
bianca.
Quando
Biancaurora prese in mano l'oggetto, capì perché tutti
l'avevano scartato. Mentre le altre maschere avevano dei graziosi
ghirigori, la sua era piuttosto grezza. Come se ciò non
bastasse, si potevano vedere i segni lasciati dal tempo, tanto che il
bianco era rosicchiato in più punti lasciando intravedere il
colore naturale del legno.
Rigirandosela tra le mani, pensò che quell'anonima maschera si addiceva molto al suo carattere.
Biancaurora di
particolare aveva solo il nome, risultato di una lite tra le due
sorelle maggiori. Elisa aveva pestato i piedi per giorni
affinché i genitori chiamassero l'ultimogenita come Biancaneve.
Francesca per ripicca aveva insistito sul nome di un'altra principessa,
Aurora. La madre con quel nome fiabesco aveva accontentato entrambe,
augurando alla sua figlioletta di vivere la vita come una favola.
Quest'aneddoto,
arricchito di fronzoli e romanticherie, veniva tirato fuori tutte le
volte che qualche estraneo mostrava una certa curiosità per
l'insolito nome. E nessuno poteva immaginare quanto Biancaurora si
rattristasse a sentirne parlare.
Quel nome
richiamava l'incantevole mistero dell'alba che tutte le mattine arriva
luminosa a rischiarare il cielo. E Biancaurora non era all'altezza di
simili aspettative. Non illuminava nulla lei, nemmeno se stessa. E il
più delle volte passava inosservata agli occhi del mondo.
Tenendo tra le
mani l'oggetto anonimo e la consunta veste, trovò un piccolo
stanzino dove avrebbe potuto cambiarsi. A differenza delle sue compagne
non ci teneva affatto a mostrare il suo corpo esile e privo di forme.
No, non era un corpo che destava invidie, ma piuttosto sguardi scettici
e battute maligne.
Una volta
indossata la veste si guardò allo specchio. Doveva ammettere che
le donava molto più degli abiti moderni che aveva lasciato
scomposti su una sedia. Non la stupiva più di tanto: non c'era
nulla di moderno che le andasse bene! E questo non valeva solo per gli
abiti, ma per tutto ciò che la circondava. Non aveva alcun
interesse per la tecnologia. Non sapeva nulla di politica e faticava a
ricordare i nomi di presidenti del consiglio e della repubblica. Veniva
a conoscenza dei grandi e terribili avvenimenti mondiali solo
perché ne sentiva parlare in classe o a casa. A scuola i suoi
voti erano mediocri e, in quei cinque anni di liceo, aveva evitato la
bocciatura solo grazie alla sua stupefacente capacità di
tradurre il greco, al contenuto estroso dei suoi temi e al suo amore
per la letteratura.
La letteratura.
Ecco cosa destava l'attenzione di Biancaurora. Anziché uscire
con i suoi coetanei o preparare le interrogazioni di filosofia e
chimica, trascorreva le sue giornate in compagnia di Shakespeare, Omero
e Dante. E non le importava se agli occhi degli altri la sua vita
apparisse patetica o inutile; quando leggeva, smetteva di essere
trasparente ed assumeva le sembianze dei suoi eroi. Diventava Antigone,
così da lottare contro una legge ingiusta che impediva la degna
sepoltura dei suoi fratelli. Come l'Ulisse di Dante, anche lei aveva
convinto i suoi compagni ad andare oltre i limiti imposti alla loro
umanità e per questo era stata punita. In preda all'accecante
gelosia di Otello, anche lei aveva ucciso l'innocente Desdemona.
Proprio quella
passione l'aveva spinta ad iscriversi al corso di recitazione, una
volta scoperto che quell'anno sarebbe stata portata in scena Romeo e
Giulietta. La scena del ballo in maschera, così come quella
ancora più famosa del balcone erano ben salde nella sua memoria.
Segretamente aveva sperato che le venisse assegnata la parte di
Giulietta. Ma la professoressa non l'aveva nemmeno presa in
considerazione, dando per scontato che un tipo timido e introverso come
lei non avesse alcun interesse ad avere un ruolo significativo.
La triste
verità era riflessa proprio davanti a lei. Chi avrebbe mai
apprezzato una Giulietta dai tratti così sfumati e labili come i
suoi? Indispettita dalla vista del suo volto, lo nascose dietro la
maschera. Mentre cercava di legare i due nastri dietro la nuca, i suoi
occhi colsero un baluginio proveniente dallo specchio. Solo quando la
maschera fu ben stretta, abbassò le braccia e tornò a
guardare lo specchio.
Sussultò e ci mancò poco che cacciasse un urlo spaventato.
Riflessa allo
specchio c'era una donna dall'aspetto stupefacente. La guardava con un
sorriso appena accennato mentre tendeva un braccio verso lei. Le dita
affusolate della mano erano appena arricciate come a volerle porgere un
elegante invito.
Nonostante il
timore, Biancaurora trovò naturale fare qualche passo verso
quella misteriosa figura dai capelli turchini. E più si
avvicinava, più si fortificava un'inspiegabile sensazione di
déjà vu. Quella donna dall'aspetto regale le era
familiare, un ricordo che la sua mente cercava invano di afferrare.
Quando i suoi
piedi incontrarono la parete su cui era appeso lo specchio, Biancaurora
sollevò una mano tremante poggiandola su quella sottile e
immobile della dama.
Quasi delusa
stava constatando come non fosse successo nulla, quando privata di ogni
forza si piegò su se stessa e fu avviluppata nel mondo dei sogni.
***
-Neferius non stare lì a compatirmi. Entra e accomodati.-
Il giovane
uomo, sorpreso dall'anziano padre a fissarlo, chiuse la porta alle sue
spalle ed entrò nella buia camera da letto. Si sedette su una
rigida sedia e parlò con voce profonda, in modo da celare la sua
preoccupazione.
-Padre mi avete fatto chiamare. Forse le vostre condizioni sono peggiorate?-
-Non dobbiamo nasconderci la verità. Io sto morendo, Neferius. A breve salirai sul trono di Animata.-
-Ma cosa dite? I guaritori sono ottimisti sulla vostra salute.-
-Taci- lo
interruppe Vicious con tono fermo e definitivo, l'ultimo frammento
rimasto della sua antica forza. -Non ti ho mandato a chiamare per
sentire le tue inutili illusioni.-
Il re
pagò quello scatto con una nuova crisi respiratoria. Dovette
trascorrere qualche minuto prima che riuscisse di nuovo a parlare.
-Mentre riposavo l'ho vista tornare.-
-Chi, padre? Chi sta tornando?-
-Chi altri se
non lei? La sovrana spodestata. Quella maledetta- sputò con
rabbia mentre un antico timore attraversava gli occhi grigi.
Neferius rimase
senza parole. Aveva un ricordo molto vago di quella donna e in fondo al
cuore non capiva perché suo padre la temesse. Dopotutto era solo
una fragile fanciulla.
-Voglio che te ne occupi personalmente. Partirai immediatamente e andrai all'Antico Tempio.-
-Sì, padre. Ma non temete. Sono sicuro che la troverò ancora immersa nel sonno a cui l'avete condannata.-
-Lo spero per
te e per il tuo regno, Neferius. Ma se così non fosse, portala
qui da me. Stavolta mi assicurerò che il suo sonno non venga
turbato mai più.-
***
Quando
riacquistò coscienza, Biancaurora ebbe la sensazione di aver
dormito per interi decenni, tanto il suo corpo le appariva intorpidito.
Nonostante la profonda stanchezza, si costrinse ad aprire gli occhi.
Appena ebbe
liberato la vista dagli ultimi resti del sonno, il panico la travolse.
Non si trovava più nell'angusto stanzino del teatro, ma in una
grande sala illuminata da una luce fioca. Questo fatto, però,
passava in secondo piano, perché quello che l'atterriva
maggiormente era qualcos'altro. Il suo corpo era intrappolato
all'interno di una teca trasparente. Da come luccicava doveva essere di
cristallo o, pensò tremando, addirittura di diamante.
Presa dalla
smania di liberarsi, sollevò il busto mandando in mille pezzi la
preziosa trappola. Stupita notò come i cocci anziché
ferirla scivolavano lungo il suo corpo come gocce di rugiada. Ne prese
uno tra indice e pollice senza riuscire a comprenderne la consistenza.
Quando
provò ad alzarsi dal suo giaciglio, avvertì di nuovo
quella profonda stanchezza. Allarmata si chiese quanto tempo avesse
dormito e, soprattutto, chi e come l'avesse condotta in quello strano
luogo. Guardò l'orologio e costernata vide che era trascorsa
appena mezz'ora da quando la professoressa Stortoni aveva invitato gli
allievi a provare i costumi di scena.
Forse era ancora all'interno del teatro, pensò guardandosi intorno. O forse stava semplicemente sognando.
-Non state sognando, mia Raljica.-
Una voce
impalpabile interruppe il silenzio in cui era avvolta. Biancaurora
cercò la fonte di quel rassicurante suono. Prima a destra, poi a
sinistra. Non c'era nessuno.
-Sono qui, mia signora.-
Biancaurora
aguzzò la vista e solo allora potè notare un'ombra
proprio davanti a lei. La fioca luce che filtrava dalla finestra la
attraversava rendendola quasi invisibile.
-Chi sei?-
-Sono Ableis, la vostra consigliera.-
Biancaurora
aggrottò le sopracciglia. Quello doveva essere per forza un
sogno. La notte scorsa aveva letto fino a tardi e adesso era crollata.
-Non è un sogno, mia signora. Siete tornata!- affermò gioiosa l'evanescente figura.
-Tornata dove? Dove sono?- chiese esasperata.
-Siete ad Animata, il luogo di cui siete la legittima sovrana.-
Note:
Ciao a tutte! Questo racconto partecipa al Contest "In sei ore"
di Vienne e, in attesa di conoscere il risultato, ho deciso di
pubblicare il primo capitolo. Poiché il racconto è
ultimato, gli aggiornamenti saranno piuttosto rapidi.
Il contest si
caratterizza per due limiti: innanzitutto l'intera vicenda deve
svolgersi nell'arco di sei ore (non stupitevi quindi dei riferimenti al
trascorrere del tempo); in secondo luogo, a ogni partecipante è
stato assegnato un oggetto (nel mio caso la maschera).
Spero davvero che la storia possa incuriosirvi e magari anche piacervi.
Al prossimo capitolo,
Agnes.
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