dove muore la notte
Dove muore la notte
Inghilterra si è dimenticato quale fosse, il suono del
silenzio. Era abituato ad avere la casa piena di schiamazzi fin dall’alba dei
tempi, fin da quando la suddetta altro che era una capanna macilenta che
faticava a stare dritta sotto la pioggia. Attorno a lui c’è sempre stato
rumore, che fosse stato il clangore delle armi o il più rassicurante borbottio
cicalante di tanti individui all’opera, e anche nei periodi più cupi e tremendi
solo non lo era mai stato. Perché in fondo quel qualcosa noto al mondo come Isolazionismo
non era mai realmente esistito, non quando si ritrovava a condividere il tetto
con un fratello scostumato, una sorella indisponente e un dio solo sa cosa
taciturno e incomprensibile perennemente gravitanti attorno a lui, senza
contare colonie e dipendenze che dell’Impero erano la sussistenza. Non c’è mai
stato troppo spazio per la quiete, tra quelle mura. Inghilterra si è talmente dimenticato quale fosse il suono del
silenzio che ora, le stanze vuote, la cucina cheta, il salotto intonso, ne ha
quasi timore. Ha già soppresso molte volte l’istinto di chiamare Scozia per
ordinargli una commissione urgente, o di chiedere a Galles di smettere di
borbottare –perché ormai è un riflesso a vuoto che si ritrova a compiere anche
quando le suddette lamentele sono solo l’ombra di un ricordo. Addirittura non è
riuscito a trattenersi dal cercare Erin per chiederle di aiutarlo con un paio
di diavolerie informatiche che proprio non era in grado di risolvere – e s’è
ritrovato a fissare il vuoto spaesato, quando non l’ha trovata al telefono
intenta a parlare di nascosto con suo fratello. Il suono del silenzio è strano, e anche inquietante. Gli
pare di essere un estraneo in casa propria, e farebbe fatica, ora, ad ammettere
di aver gioito alla notizia che, presto, sarebbe stato l’unico abitante, che il
resto della famiglia aveva, finalmente, ciascuno la sua dimora. L’acqua bolle, e con mente assente Arthur cala le bustine,
visto che ha finito le foglie da infusione e fuori diluvia e non ha l’animo di
andare a comprarle. Una per ciascuna tazza più una per la teiera come da regola,
pensa, distratto, e le osserva intingersi per poi colorare l’acqua di un bella
tinta dorata che riesce a scaldargli il cuore per un attimo. Nonostante tutto
certe cose non cambieranno mai, e adesso potrà finalmente godersi il suo Earl
Grey in santa pace davanti al camino senza temere che qualcuno glielo rovesci
sulle ginocchia. Allunga la mano per prendere il suo mug e poter saggiare la
bevanda, e poi spalanca gli occhi, meravigliato. Accanto alla teiera, ci sono quattro tazze, non solo una. A
mollo ci sono cinque bustine, non due. Resta a fissarle per un tempo interminabile. Lotta contro l’istinto
che gli sta per far gridare “Il the è pronto, marmaglia”, e poi contro lo
sgradevole pizzicore che l’eccesso di vapore gli dà agli angoli degli occhi. Respira,
deglutisce, stringe i pugni per dar qualcosa da fare alle sue dita che paiono,
improvvisamente, un po’ troppo incerte sul da farsi, e poi con un sospiro
decide di svuotare le tazze in eccesso e di buttar via le bustine di troppo,
anche se sarebbe uno spreco. Insomma, sono cose che capitano. Non fa neanche in tempo ad allungarsi ad aprire il rubinetto
del lavello, che suona il campanello della porta d’ingresso, facendolo
sobbalzare. Non aspetta visite, per quel giorno. Il suo boss è già
venuto la mattina, Sua Altezza di sicuro non si presenterebbe mai a quell’ora e
il postino è già passato due volte. Diluvia, non può essere un passante, e le
fatine del giardino non si sono nemmeno allarmate. Magari è Rhiannon che s’è
scordata la spada di riserva su in soffitta. Oppure Kenneth che ha scoperto di
aver lasciato il suo kilt preferito nel suo armadio – ha già controllato, non c’è
niente. Perplesso, si dirige ad aprire. Ancora più perplesso, si ritrova a fissare stralunato quel
poco del viso di Francia che s’intravede tra un ombrello che sicuramente ha
visto piogge migliori e uno spesso giro di sciarpa sotto il naso, un poco
arrossato dal freddo. Francis restituisce lo sguardo, quasi stupito di trovarsi
davanti proprio lui, ma si affretta ad incunearsi nel vano della porta prima
che possa reagire per evitare di bagnarsi inutilmente e per prevenire un’eventuale
porta chiusa in faccia. Poi, abbassa lo sguardo, sciogliendo un poco il nodo di
lana, e pare indeciso sul da farsi. -Non c’è… non c’è Scozia?- Inghilterra batte le palpebre, forse iniziando a
comprendere. Corruga un poco le spesse sopracciglia. -No. Ha cambiato indirizzo, adesso sta più a nord. Edimburgo,
se hai presente- Non era esattamente sua intenzione rispondere sgarbatamente,
ora che ci fa caso, ma le parole gli sono spuntate di bocca quasi
spontanee,come ogni volta che la rana gli rivolge parola. Si vede che catalizza
la sua acidità. Francis però non sembra essersi accorto dell’apparente ostilità.
Alza il capo, fissandolo come se lo vedesse per la prima volta, e poi
occhieggia oltre l’ingresso. -Cioè… sono già andati?- azzarda, con fare cauto e
guardingo. Non che Arthur stia capendo dove stia cercando di andare a
parare quel vinofilo maniaco, né che cosa l’abbia spinto ad attraversare la Manica per presentarsi
giusto davanti casa sua: solo, a sentirsi rivolgere quella particolare domanda
proprio da lui, la cosa pare assumere in toto il suo peso e la sua prospettiva.
Galles, Scozia e Irlanda del Nord hanno il loro Parlamento a Cardiff, Edimburgo
e Belfast; Irlanda ( o Eire, o come cavolo si fa chiamare quello squinternato)
è di là del Canale, America oltre l’Oceano, e il resto di quella cosa che non aveva mai osato chiamare famiglia sparsa per il mondo, lontano da
lì. È solo. Deglutisce a vuoto, e poi annuisce, mesto. Vorrebbe
rispondere che è quasi un a settimana e che, diamine!, sembra di stare in
paradiso, niente più haggis a colazione, niente lame volanti a tutte le ore,
niente più richieste strampalate, niente gonne e gambe al vento, niente più
crinoline incastrate nelle porte o bollette del telefono astronomiche, e anche
se comunque se li ritroverà tra capo e collo nel giro di qualche giorno, che
alla fine la responsabilità di tutto il Regno è ancora sua e i conti spettano a
lui, ha intenzione di godersi questa nuova situazione. Devolution, che bel suono ha in bocca. Solo che, stranamente,
niente di tutto questo gli esce di gola e lui resta lì a guardare la rana che
tenta di asciugarsi i capelli prima che, a suo dire, si gonfino per l’umidità,
e quindi, per favore, che lo faccia entrare, suvvia. O almeno, è quello che gli
sente dire, e la cosa lo infastidisce. -Non ti ho mai visto con quei ciospi fuoriposto nemmeno
quando avevamo un metro di fango alle caviglie –sbotta, innervosito. Francis lo
fissa, le dita ancora tuffate tra le ciocche bionde, come se improvvisamente il
mondo fosse uscito dai suoi binari, e poi ghigna, divertito. Il ghigno alla
francese, quello che sembra saperla lunga e lo innervosisce perché a volte ci
prende in pieno. -Ah, Angleterre, e
io che mi preoccupavo pure. Ma tu non cambi mai, vedo, e la cosa non può che
farmi sospirare. Per fortuna c’è il tuo frere
che pensa a te- -Tu non sei…- Ha già la risposta pronta. Tu non sei mio fratello,
deficiente, di fratelli ne ho fin troppi e grazie, sono più che abbondanti,
resta dove stai e non venire a darmi noia, anzi, tornatene a casa e fai un
favore ad entrambi. Solo che si accorge che in tutte quelle parole, si
nasconde, infida, una bugia colossale, talmente enorme che non può dirla lo
stesso e far finta di nulla come al solito, no, oggi non potrebbe, non ce la
farebbe. Boccheggia a vuoto, sentendo le guance arrossarsi inesorabili per la
figura meschina, e poi tace, sospirando,e fa un passo indietro. -Ho appena fatto il the – comunica, piatto. Ho tre tazze di
troppo e tre bustine in disavanzo, aggiunge, mentalmente, e per fortuna la rana
è sempre stata fantastica, a leggere i suoi silenzi. -Oh, meraviglioso, avevo proprio voglia di qualcosa di
caldo!- chioccia, anche se lo sanno perfettamente tutti e due che a Francia il
the non è che garbi poi molto, preferisce di gran lunga un bel ristretto all’italiana
e poi chiacchiere e sorrisi, ma il modo in cui lo dice e l’energia che ci mette
e la naturalezza con cui avanza nell’ingresso e lascia la giacca sull’appendiabiti
spiazzerebbe anche il peggiore dei misantropi. -Che ne dici se poi ti sforno qualche biscotto? L’ultima
volta ricordo di averti lasciato la farina, spero che tu non l’abbia buttata. Oppure,
sai cosa, ti faccio le madeleine, con questo tempo ci vogliono proprio…- E improvvisamente Inghilterra scopre che, mentre Francia
continua a parlare e si fa strada in cucina rimboccandosi le maniche e
iniziando a spalancare le scansie, il suono del silenzio è di nuovo sepolto da
grida, insulti, borbottii, frecciatine, risate, strilli e schiocchi di baci e
che può ancora ricacciarlo in un angolo sperduto di quella casa, sepolto dal
profumo di frollini e da quel retrogusto di rose appena colte che gli ricorda
di quando l’abbraccio della rana era il luogo più sicuro dove rifugiarsi, e dimenticarselo
nuovamente, sapendo che, forse, non ci sarà più bisogno di
ascoltarlo.
Note a piè di pagina. A cavallo tra il
luglio e il settembre del 1998 sia la
Scozia che il Galles che l’Irlanda del Nord ottennero la cosiddetta
“Devoluzione dei Parlamenti”. In sostanza, ciascuna delle tre Nazioni possiede
un Parlamento autonomo per legiferare sui provvedimenti da prendere sul proprio
territorio. L’Inghilterra,
invece, resta “non devoluta”, ovvero per le decisioni di carattere territoriale
si riunisce il Parlamento del Regno Unito in seduta non plenaria (ovvero sono
presenti solo i parlamentari eletti in Inghilterra, per farla molto breve). Ora, ovviamente il
fatto che alla Devolution sia corrisposta un trasloco da casa delle suddette è
una mia personale e opinabilissima interpretazione della cosa XD Rammento, per chi
ancora non lo sapesse XD, che Rhiannon, Kenneth ed Erin sono i nomi umani che
ho scelto per Wales, Scotland e Northern Ireland. Sempre secondo la mia
personale interpretazione dei fatti, Irlanda (o Eire) non è fratello in senso
stretto di Iggy & Co, ma più probabilmente un cugino –non è chiaro nemmeno
a loro. L’haggis è il pasticcio di rognoni tipico della Scozia, il kilt mi
auguro lo sappiate, la crinolina serve a mantenere ampia la gonna di Galles e
le telefonate “segrete” di Erin a Irlanda sono una (mal) trasposizione dei ben
noti problemi dei rapporti irlandesi. E queste sono le note tecniche. Per le note pratiche:
il the viene preparato con le bustine solo ed unicamente per sottolinearne l’eccesso,
la rana preferisce il caffè perché credo che nella realtà sia un dato di fatto e
il fatto che la danna mi abbia convinto della cosa non c’entra un tubo, se
non sapete cosa sono le madeleine
leggete Proust che sicuramente è più bravo di me a spiegarlo (XD), i due
pisquani restano i due pisquani e devo confessare che mi sono dilettata a
scrivere la cosa qui. Detto questo, porgo i
miei omaggi, e mi dileguo. Grazie a chi vorrà lasciare la propria opinione,
bella o brutta che sia ^^
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