Rin ormai era cresciuta ed era
diventata una bellissima ragazza, ma non si era separata da Sesshomaru,
anche dopo la fine di Naraku e di tutta la storia
della sfera. Sesshomaru, dopo qualche tempo, le aveva anche chiesto
se volesse andare a vivere tra gli umani, come le sarebbe convenuto, ma lei
aveva risposto che voleva restare al suo fianco. Il demone diceva sempre che
poco gliene importava, ma come sosteneva il suo fido Jaken
gliene importava eccome! Anche se non lo avrebbe mai ammesso, era felice di avere
accanto la piccola umana. Così passarono gli anni, Sesshomaru fece erigere per la sua Rin
un grande
palazzo in cima ad una montagna, e non le faceva mai mancare nulla, un
istruttore, abiti, tutto quello che lei desiderava diventava realtà. Tuttavia Rin se ne voleva occupare da sola della cucina, tutti i
giorni scendeva in città con Jaken e andava a fare la
spesa, poi tornava a casa per cucinare per il suo signore, che gradiva sempre
tutte le pietanze preparate, rendendola felice.
Un giorno nel villaggio, dove era solita
recarsi per comprare ciò che le serviva, accadde una cosa insolita: una certa
folla si era radunata al centro della piazza e parlava concitata. Subito
Rin, incuriosita, accorse a vedere cosa stava accadendo,
si fece largo tra la gente assiepata e vide una “cosa” verdognola, rannicchiata
per terra e legata come un salame che piangeva e si lamentava. Non riuscendo a
capire cosa fosse quello strano essere vivente così
maltrattato, si rivolse a un ragazzo li vicino. – Scusi, ma cosa sta succedendo?
- . Quando il ragazzo si voltò per guardarla la
riconobbe subito. – Rin! - . – Ah, sei tu Chung! – rispose subito lei, riconoscendo il mercante di
stoffe. – Quella cosa orribile dice di essere una principessa trasformata in un
ranocchio da una strega gelosa della sua bellezza, e vuole un bacio da un uomo
perché solo così l’incantesimo potrà essere rotto. Se nessuno la bacerà entro
la mezzanotte di questa sera resterà così per sempre.
– spiegò Chung, senza attendere che la domanda gli venisse rivolta di nuovo. – Ma
allora perché nessuno la bacia e la salva? – domandò Rin,
con tono innocente. – Ma… Dico, l’hai vista bene? – le
disse di rimando il ragazzo, guardandola stupito da tanta semplicità. – No, -
ammise la giovane - ma brutta che sia ora poi diverrà
bellissima no? - . Senza aggiungere
altro accorse ad aiutarla e la sollevò da terra, ma
non appena la vide in volto sbiancò. “Mamma quanto è brutta ora capisco” pensò,
sorridendo suo malgrado e non dando a vedere il suo ribrezzo. La slegò
velocemente e chiese in fretta. - Va tutto bene? – . La principessa trasformata
in ranocchio annuì, poi la scongiurò: – La prego mi aiuti - .
Rin iniziò subito a gridare: – Avanti, non c’è
nessuno qui di buon cuore che sia disposto a sacrificarsi per una principessa? -
. Non finì la frase che tutti si erano dileguati. La principessa, intuendo che
ormai per lei non c’era più alcuna speranza, scoppiò in lacrime, e a nulla
valsero le parole di Rin, era inconsolabile. In quel mentre sopraggiunse Jaken: accompagnava
sempre Rin in città per far sì che non le succedesse
nulla di male, come il suo signore gli aveva ordinato. Per non
spaventare la gente e non far capire che era un demone si metteva una parrucca
e una barba finta e passava per un comune vecchietto, il nonnino di Rin. Aveva finito le commissioni che la ragazza gli aveva affidato, quindi si avvicinò a Rin.
– Mi puoi spiegare che sta succedendo? – le chiese, notando
che nessuno era in piazza. Ma non appena vide
il mostro che la ragazza teneva tra le braccia, lanciò un grido agghiacciante,
non riuscendo a contenersi. – Jaken! Che modi! – lo sgridò la giovane, notando che la principessa
era scoppiata di nuovo a piangere appena il demone aveva urlato. Con pazienza Rin gli spiegò tutto, e, appena finì il discorso, il demone
guardò la “cosa” e disse: – Ma dove lo trovi un pazzo che si baci questa cosa?
- . – Jaken! – lo riprese di nuovo Rin. – Scusa, ma è un mostro. – replicò il demone. – Tu non
sei meglio di lei. - . – Ma Rin!
- . – Dobbiamo aiutarla! Forza Jaken,
prendi Ah-un, cercheremo nei
villaggi vicini qualcuno che sia disposto a baciarla. - . – Allora dobbiamo
cercare un cieco! - . – Jaken, continui? - . I tre girarono
per tutti i villaggi vicini, ma ogni volta furono
buttati fuori, chi gridava terrorizzato dal mostro, chi scappava rifiutando,
chi ascoltava tutta la storia ma si metteva a ridere e chiedeva di essere
pagato per fare una cosa del genere. Continuando a girare si fece sera, e non
trovarono nessuno disposto a baciare la principessa, quest’ultima si era ormai era rassegnata a restare un
ranocchio brutto per tutta la vita. Se ne tornarono stanchi e sconcertati a
casa, lungo la via del ritorno l’esserino
pianse continuamente, Rin non sapeva più come
consolarlo, dopotutto le faceva pena, per quanto mostruoso potesse essere. Jaken decise allora di prendere la situazione in pugno. – Suvvia!
– esclamò con fare rassicurante. - Non è poi la fine del mondo! Anche io sono bruttino, ma non ne faccio una tragedia! - . –
Oh, ma voi non siete brutto… - rispose con voce suadente
la principessa. - Come? – chiese subito Jaken,
accertandosi di aver sentito bene. – Io vi trovo molto affascinante. – continuò
il ranocchio. – Eh? – Jaken era visibilmente
arrossito. Rin sospirò. ”Deve essere davvero
disperata, questa poveretta, per trovare affascinante Jaken…”.
Jaken guardò negli occhi l’esserino
che si erano portati quasi fino a casa, solo allora vide che aveva due
splendidi laghetti azzurri. – Bellissimi… - sussurrò, quasi a se stesso. – Cosa? – chiese il ranocchio, preso alla sprovvista. – I tuoi
occhi… sono bellissimi. – le rispose Jaken, con un
coraggio che non aveva mai avuto. Il ranocchio arrossì, da quando era stato
trasformato non era mai stato adulato in quel modo. Rin,
vedendo che trai due si stava creando un certo legame,
ebbe un’idea improvvisa, e si rivolse alla principessa. – Senti, io ho bisogno di aiuto in casa, che ne dici di restare con noi? - . Jaken si mostrò felice dell’idea, ma subito nella sua mente
comparve l’immagine del suo signore infuriato, e
chiese tremante. – Rin… sei sicura che padron Sesshomaru accetti? - . – Ma se è proprio lui a dirmi sempre che dovrei prendermi un aiuto
in casa, che non devo fare tutto da sola! – replicò la ragazza. Poi, rivolta
ancora verso il ranocchio: - Sai occuparti di una
casa? - . – Beh, sì… - disse l’esserino. - Anche se
sono una principessa sono sempre una donna, e da piccola mi piaceva spesso entrare
in cucina ed aiutare la servitù in tutte le faccende domestiche… - . – Bene, allora è deciso, verrai a stare a casa da noi. - . Giunti a casa trovarono ad accoglierli un
Sesshomaru piuttosto spazientito. - Ma dove siete stati? – chiese, la voce che tremava, ma non
per la rabbia, bensì per l’attesa e la trepidazione: erano ormai le undici
quando il suo servitore e la fanciulla erano
rincasati, e il demone era assai preoccupato, pensava fosse successo loro
qualcosa di male. I due appena rientrati raccontarono tutta la storia della
principessa, e parlando non si accorsero che passò la mezzanotte: sfumarono le
speranze del ranocchio di tornare come prima, e di nuovo iniziò a piangere in
silenzio. Solo Jaken si accorse delle lacrime che
rigavano il volto della sua nuova compagna di viaggio, e per quanto gli era possibile la consolò. – Qui non hai nulla di cui
preoccuparti… La bellezza è un concetto relativo, quello che può essere bello
per uno può essere brutto per un altro e viceversa. –
Poi, diventando un po’ violaceo, balbettò: - E… io… ti trovo molto bella. - . –
Grazie. – sorrise la principessa riconoscente. – Non ti ho ancora chiesto come
ti chiami. – cambiò discorso il piccolo demone, sentendosi in imbarazzo. – Mei mei. - . – Mai udito nome più
bello. Seguimi, ti mostro la tua stanza. - . – Grazie.
- . Sesshomaru e Rin li
videro allontanarsi. La fanciulla sospirò soddisfatta.
– Credo che quei due si piacciano, - commentò con un sorriso innocente -
che bello! - . Sesshomaru notò l’osservazione
ma non diede segno di averla sentita, si sedette con un sospiro che
attirò subito l’attenzione della ragazza. - Va tutto bene signor Sesshomaru? - . – Sì, Rin, sì. –
rispose lui, non volendola farla preoccupare. La spalla sinistra gli doleva,
ora più che mai sentiva dolore nel punto dove avrebbe
dovuto esserci il braccio. Si diede un paio di colpetti sulle spalle per
cercare di farsi passare il male, ma non andava via. – Aspettate che vi faccio
un massaggio… - disse Rin,
avvicinandosi e iniziando a massaggiare la pelle tonica che sentiva sotto la
leggera tunica di Sesshomaru. - Siete
tutto teso, per questo vi fanno male le spalle… Mi è venuta un’idea: perché
non fate un bel bagno caldo? E’ una sera così bella, per restare immersi nella
sorgente termale, a guardare le stelle e rilassarsi… - .
L’idea della fanciulla piacque a Sesshomaru
che aveva costruito il palazzo proprio attorno a una sorgente termale, appena
aveva trovato il posto adatto: l’aveva fatto per rendere la casa più
accogliente per Rin, poi così, per un bagno caldo a
mezzanotte, bastava scendere in giardino e restare al sicuro dietro le mura di
casa. Rin notò il cenno di assenso
del suo signore e disse: – Corro a prendere una spugna così vi lavo la schiena.
– e andò subito in una stanza accanto. Sesshomaru intanto uscì in giardino, si tolse la stola di
pelliccia e la depositò a terra, dietro di lui in poco tempo arrivò Rin. – Aspettate, vi aiuto a
spogliarvi. - . Da dietro gli sciolse la cinta e gli
aprì la tunica, delicatamente gliela sfilò di dosso e accuratamente la ripiegò
e posò su una roccia. Una lieve brezza primaverile fece ondeggiare i lunghi
capelli argentei del demone, scoprendo un dorso perfettamente scolpito, e due
spalle che sarebbero state capaci di sorreggere il mondo da sole. Sesshomaru si sciolse la seconda cinta che reggeva i pantaloni
lasciando che gli scivolassero di dosso da soli, sollevò un piede ed entrò in
acqua sotto gli occhi attenti di Rin, che subito raccolse
e ripiegò anche l’ultimo indumento che il demone si era tolto. Poi,
inginocchiatasi dietro di lui che era vicino alla riva, gli scansò i capelli che
gli ricoprivano la schiena e prese a lavargliela con delicatezza, poi lo
massaggiò di nuovo, come aveva fatto dentro casa. – Vi
sentite meglio? – chiese la fanciulla. – Sì, molto
meglio. Hai delle mani d’oro Rin. – rispose il demone
con una gentilezza per lui inconsueta. – Vi ringrazio, signor
Sesshomaru, siete molto gentile. - . Sesshomaru stesso chiese alla ragazza di fare un po’ di
conversazione e domandò: – A parte la principessa, come è
andata la giornata? - . – E’ stata pesante, ma è andata bene. Io e Jaken abbiamo fatto ottimi
acquisti in città, e poi… - iniziò Rin, incerta sul
se proseguire o no. - E poi? – la incalzò Sesshomaru. – Non so se ricordate quel ragazzo di cui vi ho
parlato… - riprese titubante la ragazza. – Il mercante
di stoffe? - . – Sì. Oggi, prima della
principessa, mi ha fatto tante domande. - . – Domande? Di che tipo? - . –
Voleva saperne più su di me… Perché non abitavo nel paese, che tipo di vita conducevo e se avevo qualcuno. - . – E
tu che gli hai risposto? – stranamente Sesshomaru
stava provando una sensazione di rabbia mista ad apprensione. – Che sto bene, che ho voi che vi prendete cura di me, e che sono
felice, che voi mi rendete felice… - rispose Rin. “Ops ho ancora parlato troppo come al mio solito…” sospirò,
ma ormai il guaio era fatto e il suo signore non sembrava aver sentito. Si
sgranchì le braccia, intorpidite. Sesshomaru, notando
quel movimento, si preoccupò per lei. - Sei stanca, Rin? - . – Un po’. – ammise la ragazza. – E’ stata una
giornata lunga. - . - Anche a te non farebbe male un
bagno caldo. – osservò il demone. – Già avete ragione. - . – Rin? - . – Sì? – . - Perché non
entri in acqua con me? - . Rin
a quelle parole sobbalzò arrossendo e avvampando come un peperone. Se avesse
potuto guardare il suo signore in faccia avrebbe
notato, però, che la sua carnagione bianchissima si stava tingendo di un po’ di
rosso anch’essa. – Con…con lei signor Sesshomaru? –
chiese la ragazza, pensando di aver sentito male… – Se
ti ho messo in imbarazzo scusami, - le scuse uscirono a fatica dalla bocca del
demone, che non ne pronunciava mai - esco e ti lascio il posto. - . – Oh no,
no, - si affrettò a rispondere Rin - non mi avete
messo in imbarazzo. - . Di certo non lo avrebbe mai ammesso davanti a lui. – E’
che… - cercò di trovare le parole giuste - la vostra proposta mi ha colto solo
un po’ di sorpresa. - . – Ci conosciamo da anni ormai – spiegò Sesshomaru – ma
non te l’ho mai fatta prima perché eri solo una bambina. Ma…
ora… sei quasi una donna. - . Quasi una
donna. Anzi, una donna. Sesshomaru la stava trattando come una donna! Rin si sentì talmente lusingata che finì con l’accettare:
non che prima non desiderasse unirsi al suo signore nel bagno notturno, ma ora
si sentiva diversa, come se con quelle parole Sesshomaru
avesse rotto tutti i suoi indugi. Si tolse il kimono, lasciandolo cadere a
terra con un leggero fruscio, ed entrò in acqua tutta tremante per l’imbarazzo.
Sesshomaru si voltò verso di lei solo
quando fu completamente immersa in acqua, con le gambe al petto. – Va
tutto bene? – chiese gentilmente. – Sì, sì. – si affrettò a rispondere Rin. - Non mi sembri a tuo agio. –
sorrise il demone, vedendo gli occhi della ragazza che si muovevano spaesati.
– Mi conoscete sono solo un po’ timida. – replicò la fanciulla. In realtà si sentiva più che altro felice, ma non
voleva apparire sfrontata, visto che il suo signore era tanto gentile con lei.
Man mano che i minuti passavano Rin si sentiva
meglio, stava diventando molto più distesa e rilassata. Senza notare che Sesshomaru la guardava con la coda dell’occhio, lasciò
andare le gambe, e alzò gli occhi al cielo, beandosi della bellezza delle
stelle. Passarono alcuni minuti di pesante silenzio, quando il demone le iniziò
di nuovo a parlare. – A cosa stai pensando? - . – A tutto
quello che è successo oggi. E’ stata una giornata formidabile, il mercante,
la principessa ed ora questo… E’ la prima volta che qualcuno mi considera una
donna o quasi. - . Alla ragazza uscì un piccolo risolino, non
si riusciva a capire se di felicità o incredulità. Sesshomaru
si affrettò a cambiare discorso, ora era lui a sentirsi quasi imbarazzato,
forse perché l’osservazione di Rin gli aveva fatto
ricordare che quando l’aveva chiamata “donna” si era
trattenuto a stento dall’aggiungere l’aggettivo “splendida”. – Così
sembra che quel ragazzo sia interessato a te… - iniziò
ad insinuare. La fanciulla guardò il suo signore
innocentemente. - Interessato a me? In che senso? – . Non aveva il minimo
dubbio su quale fosse il senso dell’espressione, ma
non poteva credere che il demone l’avesse detto sul serio. – Rin… Ricordi,
quando ti ho chiesto se non avresti preferito andare a vivere una vita normale
tra gli umani? – iniziò pazientemente Sesshomaru. –
Sì, signor Sesshomaru. Ma io HO una vita normale, e
sto sempre con gli umani, visto che passo più tempo in
paese che qui. – rispose lei. Forse aveva sentito bene, e il discorso che il
demone si preparava a farle, lo sapeva, non le piaceva
affatto. – In ogni modo… - continuò il suo signore - La loro vita, laggiù
è, ed è sempre stata, diversa dalla tua. Ci sono regole… - .
– Non mi piacciono le regole. A me piace la vita qui, al palazzo, con voi e Jaken! Cosa mi potrebbe offrire di
meglio una vita tra gli umani? – protestò Rin,
comportandosi come una bambina. Non le piaceva proprio la piega che stava
prendendo il discorso. – Una famiglia. – continuò imperturbabile Sesshomaru. – Oh… Ma io ce l’ho
una famiglia! Siete voi e Jaken, è sempre stato così, e sempre lo sarà! - . – Io
parlo di una famiglia tutta tua. - . – Mia? - . A Rin
tornarono immagini sfocate dei pochi anni passati insieme ai genitori e al
fratello, subito rimpiazzate di quando viveva con il suo signore e lo “zio” Jaken. – Sei una ragazza bella e giovane, prima o poi dovrai trovarti un buon marito… Metter su casa,
con dei bambini… e tutto quel genere di cose lì, insomma, ecco cosa intendo… -
. Sesshomaru finì frettolosamente il discorso, non era stato facile farlo: non gli si confaceva la parte del
padre apprensivo, e in fondo, anche se fin da quando aveva testato Tenseiga su Rin sapeva che
sarebbe successo, gli dispiaceva anche solo pensare che un giorno se ne sarebbe
andata sul serio. Tuttavia non era giusto negarle
quello che le spettava. La reazione della fu diversa
da quella che si aspettava: pensava che l’avrebbe guardato con gratitudine, o
che avrebbe sorriso, invece le si gonfiarono gli occhi di lacrime. – Ma che cosa state dicendo… - singhiozzò, - Volete dunque che
me ne vada? - . - Non fraintendermi, - l’interruppe il
demone - non voglio cacciarti via. Voglio solo che tu abbia il meglio dalla
vita, restando qui con me ti priveresti di qualcosa
che ti meriti. - . Quelle parole furono ancora più difficili da dire per Sesshomaru: voleva molto bene a Rin,
e se avesse vissuto con lui gli avrebbe offerto tutto ciò che di meglio poteva
avere una ragazza umana… Ma era proprio questo il
problema. Lei era UMANA, e una vita con due demoni non le si
poteva confare. La ragazza continuava ancora a singhiozzare, in breve
non resse più, e scoppiò in lacrime. – Rin… Perché
fai così? – le chiese il demone, sempre più perplesso davanti alla reazione
della fanciulla. – Perché non
voglio andare via da voi! Non voglio un’altra famiglia! Perché
non voglio un’altra vita che non sia con voi! Sesshomaru!
- . Senza contenersi, in lacrime, gli si era gettata al collo,
trasportata dalle emozioni, non lo avrebbe mai fatto in condizioni
normali. Il demone rimase immobile, incredulo alla reazione di Rin, alle sue parole, e incredulo soprattutto perché
improvvisamente si rendeva conto che era felice di tutto quello. – Ri.. Rin…
- sussurrò piano. – Non mandatemi via… - singhiozzò
lei, ancora abbracciata a lui. – Non voglio che tu te ne vada. Voglio solo che
tu sia felice. - . – Io lo sono, e lo sarò, solo restando al vostro fianco, con
voi. - . Sesshomaru prese il volto della fanciulla tra le mani, con delicatezza le asciugò le lacrime
con un dito. - Non piangere. Hai degli occhi troppo belli per
sprecarli con le lacrime. - . Si stupiva lui stesso di quelle parole, ma
gli uscivano dal cuore. – Se tu sei sicura che qui sei
felice… - continuò. Rin non lo fece finire: - Sì, lo
sono, lo sono. - . I due si persero l’uno negli occhi
dell’altro, Sesshomaru strinse tra le braccia Rin, ricambiandone l’abbraccio. – Rin…
- sussurrò ancora. Sotto il chiaro di una splendida luna piena i demone la baciò, poi, prendendola in braccio, uscì dall’acqua,
continuando a baciarla e a stringerla a sé. La adagiò delicatamente sulla stola
di pelliccia che era lì per terra, e si stese su di lei, solo allora si fermò e
prima di continuare le chiese: - Sei sicura di volerlo? - . – Più di ogni altra cosa al mondo. – rispose la ragazza. E così
giacquero lì per terra consumando il loro amore tutta
la notte in un piacere immenso. Un mezzo demone proprio come l’odiato fratello.
Il suo unico amore nato proprio dal suo unico odio.