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Le
condizioni di Trot erano peggiorate
all’improvviso, quando gli ultimi raggi di sole erano sbiaditi e le luci
della città vi si erano sostituite, scivolando sul molo verso le barche
all’attracco. Il respiro strozzato della ragazza aveva riempito di colpo
l’aria polverosa; la lanterna tremava già, ma questo nuovo sussulto aveva quasi spento la fiamma.
Era bianca come un lenzuolo. Bill le teneva la
mano, sentendola bollente e sudata e piccola,
soprattutto, molto più piccola di quanto si sarebbe aspettato. A volte
dimenticava che – da quasi quarant’anni – il loro tempo
scorreva così lentamente. Brutta cosa, la vecchiaia.
Lo stoppino resisteva a stento. Bill non osava
alzare lo sguardo dal viso di Trot per verificare da
quante ore il delirio andasse avanti. No, non si sarebbe mosso di lì, non
finché la febbre non fosse scesa: le pezze bagnate già si
accatastavano nel punto più lercio del pavimento, ma la lotta
continuava, senza vincitori né vinti.
« Forza, bambina. » Era tutto quel
che riusciva a biascicare di tanto in tanto, dietro la pipa spenta, a denti
stretti. Non era mai stato bravo con le parole. « Non mollare. »
Anche Trot
farfugliava, ma i suoi mormorii erano ancora più vuoti e casuali.
Il marinaio resisté e insisté al
suo fianco. Erano venuti fuori da mille guai, insieme. Ma non si era mai
ritrovato a temere per la vita di Trot. Non era mai
stato così impotente. Ed era incredibile
quanto facesse male.
Il
pub era vuoto: di questi tempi gli affari non andavano affatto bene. Dietro il
bancone, Ruggedo puliva i bicchieri con un panno di
un colore indefinito, rimuginando sulla propria meschina condizione – era
dunque a questo che si era ridotto il
famoso e terribile Re degli Gnomi? Patetico
– e alzò gli occhi solo quando la porta del locale sbatté
forte, lasciando entrare un soffio di notte alle spalle di Capitan Bill.
« Ehi » disse meccanicamente, con un
cenno del capo. Poi si concentrò sulla sua espressione devastata e sul
suo atteggiamento nervoso: persino la gamba di legno tremava come una foglia.
« Tutto bene? »
Il vecchio aveva uno sguardo perso, folle.
Zoppicò con fatica fino al banco e si lasciò cadere di peso su
uno sgabello. Ruggedo si ritrasse appena.
« Mi serve aiuto » ansimò
Bill. « La ragazza. Trot. Sta male, molto male.
Le alghe... La licenza... »
Ruggedo riempì una pinta
e gliela passò. « Fammi un favore: comincia dall’inizio.
»
Capitan Bill bevve come un assetato. Ruggedo si chinò in avanti, puntando i gomiti sul
bancone, scrutando le gocce ambrate farsi strada tra quelle rughe di uomo
mortale. In tanti anni di vita a Oz, l’evidente
intensità di sentimenti di certe creature non aveva mai smesso di
stupirlo. Magari negli Gnomi non c’era abbastanza spazio per la paura e
l’amore insieme.
Oh – sorrise tra sé – se Kaliko avesse potuto sentirlo, di certo gli avrebbe detto
che non era vero.
La birra parve fare il suo dovere; il marinaio
abbassò il boccale, si passò il dorso della mano sciupata sulle
labbra e tirò un profondo respiro.
« Grazie » borbottò. Aveva
gli occhi rossi come braci. « Ho bisogno del tuo aiuto, Ruggedo. Sei l’unico che può aiutare la mia
bambina. »
« La ragazza che porti sempre con te su
quel rottame di barca? »
« Lei. »
Ruggedo strinse gli occhi. Il
silenzio di Bill dopo un’evidente critica ai propri mezzi di
sostentamento era piuttosto eloquente. « Che le è successo?
»
« Avvelenata. Credo. » Aveva ripreso
a tremare, ma stavolta il suo sguardo rimase fermo. « Una settimana fa
abbiamo ricevuto una grossa ordinazione di erbe medicinali. Siamo andati a est
seguendo il Fiume Munchkin... Abbiamo trovato quelle
strane alghe blu... A Trot piacevano, ha detto che erano
un colore diverso in mezzo a tutto questo verde. Un modo per ricordarci del
mare. »
« Va’ avanti. »
Capitan Bill si passò una mano sul volto
stanco. « Non so. Non so cos’è successo. È cominciata
due giorni dopo. La febbre, la nausea. Stanotte l’ho lasciata
addormentata, ma... Per Lurline! L’ho
già vista stare male in California, ma qui mai. Non pensavo che qualcuno
poteva ammalarsi in questo posto.
»
« Questo posto non è più una
favola, Bill. »
« Già, l’ho capito. »
Ruggedo riprese in mano
straccio e bicchieri. « Bene. Allora che vuoi da me? »
Capitan Bill alzò gli occhi e lo
fissò come se lo vedesse per la prima volta.
« Tu... Tu devi aiutarmi. Io non ho la
licenza di maneggiare la magia e... senza Glinda...
» Deglutì, come se le parole gli costassero uno sforzo immenso.
« Voglio dire, sappiamo tutti chi sei e quello che hai fatto. Eri un
grande stregone. Dev’esserci qualcosa che puoi
fare per Trot. »
« L’hai detto: lo ero. » Il
bicchiere stava per finire in pezzi, tanto la stretta si era fatta forte. «
Fin dalla guerra, quando mi ha illuso di darmi asilo per imprigionarmi in
questo immondezzaio luminoso, la vostra adorabile piccola Ozma
mi ha strappato tutto – potere, magia e credibilità. Tu non hai la licenza? Io meno che mai. Hai
sbagliato persona, vecchio. »
« Non... Non può essere. »
Bill incespicava sulle parole, ma lo sgomento non gli impedì di aggrapparglisi al gomito. Ruggedo
lo fulminò con lo sguardo, solo per scoprirsi ricambiato di nuovo da
quella luce di follia. « Tutti parlano di te, tutti... Dicono che hai ancora
qualcosa che... Dicono... Io ti sto implorando!
»
Ruggedo strappò via
bruscamente il braccio. Il bicchiere gli cadde di mano e finì in mille
pezzi sul pavimento. Capitan Bill scivolò in avanti, faccia sul banco, e
rimase lì a singhiozzare come un bambino.
Lo Gnomo gli voltò le spalle.
« Hai sbagliato persona »
ripeté, quasi a se stesso. « Qui ci vengono solo i disperati. Tu
non puoi permetterti di esserlo, se hai qualcuno da salvare. »
Il sibilo della seconda pinta che si riempiva
coprì i singulti del marinaio.
Faceva
caldo e faceva freddo. Non si sentiva il corpo e lo stomaco le faceva male da
morire. Non era più sicura di niente; solo, quando aveva aperto gli
occhi, aveva capito che Capitan Bill non c’era.
Trot era una di quelle
persone abbastanza assennate da non lasciarsi mai ottenebrare del tutto: pur
nella febbre, pur nel vortice di ombre che le danzava in testa, sapeva che era andato a cercare aiuto, e
che l’unico aiuto cui potesse aver pensato era di natura magica. Non
poteva permettere che si mettesse nei guai per salvare lei. Se la sarebbe
cavata. Erano venuti fuori da mille guai,
insieme.
Era stata la ragione a farla alzare dal letto e
scendere dalla barca – ma era stato il delirio a guidare i passi
successivi.
Faceva freddo e faceva caldo. Non si sentiva le
braccia e le mani le sudavano. Non era più sicura di niente; solo, non poteva lasciare che Capitan Bill si
mettesse nei guai per lei.
Jack
tirò su il colletto, come aveva visto fare agli umani che uscivano di
notte, e affondò le dita nodose nelle tasche. Le strade semibuie della
Città di Smeraldo si stendevano vuote all’eco dei suoi passi.
Era cambiata, quella città. Era stata la
guerra a cambiare tutto – tutti gli Oziani lo
dicevano, sì, ma forse neppure loro si rendevano conto di quanto le cose fossero diverse. Un tempo
non ci sarebbe stata nessuna insegna a illuminare i vicoli; non ci sarebbe
stato nessun vicolo a inquietare i viandanti notturni; non ci sarebbero stati
viandanti notturni in cerca di affari per tirare avanti.
Un tempo non c’era il commercio, ma la
magia.
Jack non pensava spesso a queste cose. Quelli
come lui, che ai più parevano stupidi
perché non avevano una testa
degna di tale nome, non avevano alcun ragionevole diritto di preoccuparsi del
nuovo regime instaurato dalla Regina, né del fatto stesso che adesso non
fosse più Ozma ma ‘la Regina’: un
puro titolo, freddo e senz’anima. Eppure in quel momento,
nell’intrico di stradine che portava al molo, sentì il proprio
sorriso caricarsi di amara ironia. Erano cambiate tante cose, e lui, maledizione, avrebbe sempre avuto quella
sua strampalata natura a ricordargli tutto ciò che Oz
aveva perso.
Le poche stelle non riuscivano a schiarire la
fila di barche attraccate, ma ai suoi occhi finti il buio non aveva colore.
Eccola lì: la terza da sinistra. Jack si mosse più spedito,
avvertendo stavolta un senso di fierezza nel ghigno che un vecchio coltello gli
aveva inciso in volto. Stupido, eh?
Era già quasi sul ponte quando comparve
la figura.
Si fermò imprecando a mezza voce. Ruggedo gli aveva assicurato che per quella sera Jinjur se ne sarebbe stata alla larga dal molo. Non che
temesse l’idea di un confronto con una qualunque guardia – era
pulitissimo, come sempre – ma
un inconveniente del genere gli avrebbe fatto perdere del tempo prezioso.
D’altro canto la sagoma in piedi sul molo non sembrava ricondursi a
nessuna guardia reale di sua conoscenza: era troppo minuta. Se non altro questo escludeva sicuramente Tik Tok.
Jack rimase immobile al suo posto, cercando il
tono più disinvolto delle corde vocali che non aveva, per ogni evenienza.
Ma non ci fu nessuna conversazione. La figura traballò un po’
verso di lui, mise un piede in fallo e d’un tratto cadde lunga distesa a
terra, cogliendolo di sorpresa.
« Per Lurline!
» imprecò tra sé.
Poi ancora silenzio. Restò lì per
qualche istante, sospettoso: cosa doveva fare? Andare ad aiutare quello che
poteva essere un poveraccio, rischiando invece uno spiacevole incontro? Oppure
tirare dritto e continuare a cercare l’uomo di cui aveva bisogno?
Fu il singhiozzo a scuoterlo. Un singhiozzo
arido, tremulo, che si portava dietro una voce di ragazzina – una voce
familiare.
« Bill... »
La schiena di legno di Jack
s’irrigidì più di quanto non fosse già. Un solo
pensiero – un nome – gli traversò la testa.
Ozma.
Senza averlo programmato, corse da lei e si
chinò al suo fianco.
Non era Ozma. Sembrava
più giovane, e aveva capelli più chiari e vesti più umili,
e anche se aveva gli occhi chiusi Jack li immaginò più luminosi.
Gli ci volle un po’ per riconoscerla: come si chiamava la bambina che era
andata a vivere a Palazzo assieme a Dorothy, tanti anni prima? Trot, giusto?
Ma sì, la figlia adottiva di Capitan
Bill... dell’uomo che era venuto a cercare.
La osservò a lungo, combattendo con un
crescente senso di frustrazione. Tutto questo tempo, tutte queste differenze,
e ancora il pensiero di Ozma era in grado di fargli
tutto quel male. Non avrebbe dovuto
permetterselo. Lui non era un rammollito. Era sopravvissuto anche senza di lei;
era andato avanti. Non aveva bisogno della ragazza allegra e sorridente che una
volta era semplicemente se stessa e
che gli voleva bene come a un fratello. Se l’era ripetuto ogni volta,
ogni singola volta che aveva rischiato di cedere – eppure eccolo
lì, a correre verso una ragazzina con la segreta speranza che si
trattasse di lei. Ridicolo.
Distesa sul fianco, il viso seminascosto tra i
capelli, Trot sembrava febbricitante. Jack non era
esattamente dell’umore giusto per preoccuparsi della salute di
chicchessia, e d’altro canto da un pezzo aveva smesso di curarsi degli
altri; tuttavia c’era un che di profondamente sbagliato nei brividi che
scuotevano quel corpo esile, avvolto da una giubba da marinaio troppo grande.
La studiò ancora, dubbioso.
Trot aprì gli occhi
di scatto. Li puntò su di lui, mostrandogli che erano sì
luminosi, ma velati. Le labbra le tremarono convulse mentre si sforzava di
articolare di nuovo il richiamo di un minuto prima.
« B-Bill?...
C-Capitan Bill? »
Jack avrebbe voluto alzarsi e filare, davvero. Ma, andiamo, non poteva
lasciarla così. Era una ragazzina, per amor di Lurline
– e no, non c’entrava il
fatto che gli avesse ricordato Ozma, non
c’entrava per niente.
« No. Sono Jack. Jack Testa di Zucca,
ricordi? Ci siamo conosciuti quando lo Spaventapasseri ti ha portata a Oz. »
Trot non reagì, non
sembrò riconoscerlo in alcun modo. Jack esitò ancora per un
attimo, ma alla fine la sollevò tra le braccia e
s’incamminò verso la barca di Bill, la terza da sinistra.
Trot gli si
rannicchiò addosso, stringendo forte la sua camicia e sussultando come
se piangesse.
Note dell’autrice
Contesto: Emerald City Confidential,
un videogioco punta-e-clicca prodotto da Adventure’s Planet, che ridipinge
Oz in chiave noir introducendo argomenti impegnativi
come la malavita. Poiché non si tratta di una rivisitazione o di una
rilettura, bensì di un eventuale
futuro degli avvenimenti dei romanzi
di Baum, ho ritenuto più opportuno postare
questa storia qui, come una otherverse, che non
piuttosto nella categoria Videogiochi > Altro. Anche perché ho
mantenuto moltissimi riferimenti ai libri – ad esempio l’accenno a Kaliko, il nuovo Re degli Gnomi che nel gioco non è
assolutamente mai menzionato.
(Bando
alle formalità, cari lettori: ve lo consiglio davvero. Sarà
che conoscendo i retroscena dei personaggi ho potuto apprezzare ogni minima
allusione alle versioni originali, ma io
ne sono rimasta conquistata. ♥ For Lurline’s sake!)
I.
Capitan Bill e Trot sono arrivati a Oz nel nono volume della saga, The Scarecrow of Oz. Bill è un vecchio marinaio dall’espressione
piuttosto sgrammaticata (ergo quel non
pensavo che qualcuno poteva ammalarsi in questo posto: omettendo il
congiuntivo cercavo di mantenere l’IC, anche se rendere l’idea in
italiano è molto più difficile di quanto pensassi); Trot è una ragazzina di buona famiglia cresciuta con
lui condividendo i suoi viaggi per mare. In Emerald
City Confidential sono passati quarant’anni
dalle vicende del primo romanzo e, poiché a Oz
il tempo funziona in modo diverso che sulla Terra, Trot
ha l’aspetto di una diciotto-diciannovenne (in
realtà dovrebbe avere quasi cinquant’anni!).
II.
Canonicamente parlando, Ruggedo è Roquat, il Re degli Gnomi detronizzato nell’ottavo
volume dei Libri di Oz (Tiktok of Oz). Nel
videogioco gestisce un pub alla Città di Smeraldo, poiché durante
la guerra contro i Fanfasmi – avvenimento che
ha sancito il cambiamento del mondo di Oz, dove la
magia è stata rimpiazzata dal commercio e in molti casi dal contrabbando
– gli è stato concesso asilo politico dalla Regina Ozma. Non ha la licenza di esercitare la magia, ma ha un
certo ‘metodo’ per aiutare i disperati.
III.
Jack Testa di Zucca è, nei romanzi di Baum, un
personaggio allegro, ingenuo e positivo, mentre in Emerald City Confidential è
diventato un contrabbandiere sarcastico e sprezzante [un figo.
L’ho detto ♥]. Questa storia si
propone anche e soprattutto di indagare su cause e conseguenze di una tale evoluzione.
Gli
avvenimenti di questo primo capitolo, per quanto idealizzati, sono più o
meno canonici – infatti la
protagonista del videogame, la detective Petra, indagando su Capitan Bill a un
certo punto scoprirà di un periodo in cui Trot
si è gravemente ammalata, e...
E
lo saprete presto, se mai vorrete seguirmi. ♥
Thanks for reading,
Aya ~