fatal desire
Mijn dodelijk Verlangen
Era tutto finito per
davvero: la Spirale di Sangue era stata finalmente sconfitta una volta
per tutte, e dopo tanti mesi di lotte durissime e dopo tante
incolmabili perdite, finalmente i cercatori avevano potuto tirare un
sospiro di sollievo e riposare.
Il vivace
chiacchiericcio al piano inferiore risvegliò Zhalia dal
sonno leggero nel quale era caduta solo qualche ora prima: emise un
sospiro e si alzò svogliatamente dal letto che Sophie le
aveva fatto preparare la sera precedente. Da quando Dante se ne era
andato, erano diventati tutti così iperprotettivi nei suoi
confronti: Lok e Sophie cercavano di non lasciarla da sola nemmeno per
un istante, mentre Metz aveva insistito affinché lei si
facesse vedere dagli psicoterapeuti della Fondazione Huntik . Le
avevano prescritto ogni sorta di antidepressivo, ma lei aveva
sistematicamente finto di assumere quelle sostanze: non voleva
stordirsi fino a dimenticare tutto, fino a non provare più
dolore, perché era proprio quest’ultimo il suo
unico legame con la realtà, l’unica cosa che
ancora la faceva sentire viva.
Dal giorno in cui
Dante l’aveva lasciata per sempre, la vita aveva smesso di
assumere significato per Zhalia, tuttavia ciò che la faceva
andare avanti era la profonda convinzione di dover proseguire la
missione e sconfiggere il Traditore anche per lui, che aveva dato la
propria esistenza per questo. Era questo il motivo per il quale, pur
sentendosi morire dentro, aveva continuato a combattere insieme ai suoi
compagni di squadra.
Ora finalmente aveva
adempiuto alla sua missione ed era libera, pensava, mentre scendeva le
scale della residenza Casterwill ed osservava di nascosto Sophie e Lok
scherzare e scambiarsi tenere effusioni. Si morse con forza il labbro
per trattenere le lacrime che le bruciavano negli occhi per
fuoriuscire: lei e Dante non avrebbero potuto mai più
passare del tempo insieme, le sue braccia forti non
l’avrebbero mai più stretta, non avrebbe mai
più sentito il profumo della sua pelle…
Facendo attenzione a
non fare rumore, la cercatrice uscì dal portone principale
dell’abitazione e si incamminò a piedi lungo le
calli di Venezia.
Dopo una decina di
minuti, eccola giunta di fronte alla casa di Dante: il luogo che
più di qualunque altro aveva considerato come casa, nel
quale erano custoditi i suoi ricordi più cari. Era da quando
si era infiltrata nella Spirale di Sangue che non vi metteva
più piede, ed il cuore le batteva forte in petto mentre la
chiave girava nella serratura dell’uscio: per lei era come
fare un dolorosissimo quanto necessario salto nel passato.
L’ampio salotto di casa Vale sembrava esser rimasto intatto,
con i divani in pelle bianca e gli esotici soprammobili in bella vista:
sfiorò con le dita il tavolinetto basso al centro della
stanza e, osservando la polvere che si era depositata sulle sue mani,
si ritrovò a piangere pensando a quanto tempo era trascorso
dall’ultima volta che il padrone di casa era stato
lì, domandandosi cosa poteva aver fatto Dante, cosa poteva
aver pensato e rammaricandosi di non essere stata accanto a lui. Si
sedette nel posto che il cercatore dai capelli rossi occupava di solito
e, nascondendosi il viso fra le mani, si concesse alcuni minuti di
sfogo: i gemiti ed i singhiozzi della ragazza risuonavano
malinconicamente nella casa vuota, aumentando il suo senso di vuoto e
la sua disperazione.
Dopo aver ripreso un
po’ il controllo di se stessa, Zhalia salì al
piano superiore, dirigendosi nella stanza di Dante: aprì
l’armadio del cercatore ed un flebile sorriso
animò le sue labbra quando si trovò davanti ad
un’infinità di trench gialli tutti uguali, il
segno distintivo del suo perduto amore. Prese un impermeabile e lo
indossò, stringendolo forte attorno al suo corpo: su
quell’indumento si poteva ancora sentire il profumo di Dante:
quell’odore così buono che le faceva perdere la
testa ogni volta che lui le era vicino e le faceva battere il cuore
come se fosse una liceale.
Prima di richiudere il
portone di casa alle sue spalle, la giovane donna lanciò
un’ultima intensa occhiata all’interno di quella
abitazione, poi scese in strada e prese un taxi, diretta verso
l’aeroporto.
Poche ore dopo Zhalia
camminava per le strade affollate del centro di Rotterdam, la sua
città natale: là dove tutto era cominciato, tutto
avrebbe avuto fine. Il vento gelido le sferzava la faccia e le
scompigliava i capelli: lei si stringeva più forte
nell’impermeabile di Dante e continuava ad avanzare senza una
meta precisa. Si fermò un attimo davanti alla vetrina di un
negozio e rimase stupita dalla figura che lo specchio rifletteva: una
donna dal viso scavato e pallido, gli occhi arrossati ed i capelli
scuri scarmigliati, che avvolgeva il suo corpo magrissimo in un trench
giallo che le andava enorme.
Certo, che era ridotta
ad uno schifo, si disse ironicamente: ora capiva perché
tutti le rivolgevano quegli sguardi preoccupati e le imponevano di
recarsi dallo strizzacervelli!
Continuò a
camminare senza veramente preoccuparsi di dove era diretta fino a che
non si fece sera, incurante delle persone che la guardavano storto,
incurante della pioggia che lentamente aveva iniziato a scendere dal
cielo: solo quando le sue gambe incominciarono ad accusare i primi
segni della stanchezza, Zhalia prese una stanza in un piccolo albergo
del centro.
Il suo alloggio era
costituito da una piccola camera da letto con vista sul porto di
Rotterdam: di notte, era uno scenario davvero suggestivo, dovette
ammettere la ragazza.
Si sedette stancamente
sul letto e, sospirando, pensò che avrebbe davvero voluto
fare una bella dormita, solo che ogni volta che chiudeva gli occhi
rivedeva il corpo di Dante freddo ed immobile in quella bara.
Tirò fuori dalla sua borsa un flacone con i sonniferi che le
erano stati prescritti e si disse che per una volta avrebbe
anche potuto prenderne uno, così si riempì un
bicchiere d’acqua e poi, con un sorso, mandò
giù una pillola. Beh, non era stato difficile, ma forse una
sola compressa era troppo poco, così ne prese
un’altra, ed un’altra ancora, fino a vuotare
l’intero contenitore.
Sapeva cosa sarebbe
successo ora: al torpore che già stava avvolgendo le sue
membra, sarebbe subentrata una sonnolenza sempre più
pesante; i battiti del suo cuore ed i suoi respiri sarebbero rallentati
sempre più fino a che il suo non sarebbe diventato un sonno
eterno.
Zhalia Moon non si era mai posta domande su cosa accadesse dopo la morte, ora però, mentre la sua coscienza si assopiva lentamente, si ritrovava a sperare con tutte le sue forze che ci fosse Dante a risvegliarla dal suo sonno mortale.
When she was just a girl,
She expected the world,
But it flew away from her reach,
And bullets catch in her teeth.
Life goes on,
It gets so heavy,
The wheel breaks the butterfly.
Every tear, a waterfall.
In the night, the stormy night,
She closed her eyes.
In the night, the stormy night,
Away she flied.
Paradise - Coldplay
Questa storia
partecipa al The
One Hundred Prompt Challenge con il prompt 065.morte.
♠ reilin's corner ♥
Come
chiesto da alcuni di voi, alla fine ho deciso di scrivere il sequel
della DeathFic "Je bent mijn overvanbaar Bloem": un'altra Deathfic su
Zhalia Moon. Sì perchè io non riesco a concepire la vita
di Zhalia senza Dante. Io credo che lei si comporterebbe proprio
così: porterebbe a termine la missione nella quale il suo amore
ha perso la vita e poi cercherebbe di ricongiungersi a lui in qualche
modo.
Il titolo della fanfiction è in olandese èd è traducibile come "Il mio desiderio fatale".
Ecco, mi sa che riprendere in mano i tankoubon di Versailles no Bara
non mi ha fatto bene, visto che non faccio altro che scrivere
storie tristi! Prometto solennemente che la prossima fic che
scriverò sarà almeno una lime a rating arancione!
>.<
E mentre, come molte di voi, aspetto la puntata di Huntik di domenica
nella quale assisteremo alla dipartita di Mr.Vale, vi saluto e
ringrazio chiunque leggerà, recensirà, aggiungerà
la storia ai preferiti o seguiti!
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