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IL
SAPORE DELLA FELICITÀ
“Tanuma-kun, posso parlarti un attimo?”
Discreta e gentile come sempre Touko Fujiwara era arrivata talmente tanto
silenziosamente che Tanuma non si era neppure accorto di lei, mentre usciva da
scuola dopo le attività del club.
C’era una deliziosa arietta estiva, calda e profumata, che scuoteva leggera le
cime degli alberi e accarezzava il viso dei pochi ragazzi ancora in giro per il
complesso scolastico; il ragazzo annuì, sorridendole con affetto: la madre
adottiva di Takashi, quello che poteva considerare a tutti gli effetti il suo
migliore amico, le piaceva tantissimo.
Aveva sempre addosso quell’odore di cucina e di pulito che ricordava di sua
madre, e quando le sue mani sottili accarezzavano il volto suo o degli amici che
lui e Natsume erano riusciti a farsi in quella città… Beh, era come venir
accarezzati dal sole.
“Certamente, Fujiwara-san.” disse lui, poggiando la cartella sul muretto e
guardandola negli occhi: “Se ha bisogno di qualcosa, sono a sua completa
disposizione.”.
La
donna sembrava sollevata dalle sue parole, Kaname potè quasi giurare di averla
vista sospirare .
“È
successo qualcosa di grave?” s’informò, non senza una punta di timore: Nishimura,
Taki e gli altri avevano trascinato Takashi a passeggio nel bosco e le
probabilità che potesse accadere loro qualcosa, visto il gran numero di yokai
che ronzavano attorno al ragazzo, erano discretamente alte.
Subito, la donna scosse la testa, rilassandosi, e rincuorando al contempo Tanuma:
“Niente di tutto questo. Volevo solo chiederti se saresti disposto a darmi una
mano a organizzare una piccola festa per Takashi-kun… Domani è il suo
compleanno.”.
Una
volta di più, la tenerezza insita nell’animo di quella donna lo fece commuovere.
“Io
e Shigeru ci abbiamo pensato molto e sarebbe una bella cosa, soprattutto ora che
Takashi-kun ha trovato degli amici speciali come voi.” disse lei, abbassando lo
sguardo e tormentandosi le mani: “Le persone che lo avevano preso con loro prima
di noi mi hanno sempre messo in guardia per il suo carattere chiuso e
introverso, per non parlare delle svariate bugie che, a sentire loro, lui
diceva.” sentendola confessare queste cose, Kaname sentì come una sfumatura
triste nella sua voce, “Ma Takashi-kun, anche se a volte si comporta in modo
strano, è il ragazzino più buono che abbia mai incontrato in vita mia.”.
Sorrideva con la dolcezza di una madre mentre parlava con lui.
“So
che ne ha passate tante, e spesso si ammala, anche con febbri particolarmente
alte. Ma gli voglio bene come se fosse figlio mio. E vorrei fargli capire quanto
noi, e credo anche voi tutti, teniamo a lui. Mi aiuterai, Tanuma-kun?”.
Gli
occhi di Touko Fujiwara erano talmente pieni di speranza che il moro non potè
dirle di no, e neppure voleva, in effetti.
Perché tutto ciò che la donna aveva detto corrispondeva anche a quello che
pensava lui.
“Conti pure su di me… Anzi, su di noi, Fujiwara-san.”.
§§§
Quando Tanuma, evitando accuratamente la strada che conduceva a casa Fujiwara,
riuscì a intercettare Nishimura, Taki e tutti gli altri amici, il sole era già
calato da un pezzo e i ragazzi stavano ritornando a casa.
Li
vide percorrere la strada lungo il fiume: ridevano e scherzavano malgrado la
calura.
Fortunatamente, Natsume non sembrava essere lì con loro.
“Tanuma-kun!” era stata Sasada la prima a vederlo e a corrergli incontro: la
lunga gonna colorata che indossava al posto della divisa scolastica svolazzava
al vento d’estate; quando anche il resto del gruppo notò il compagno, in breve
il moro venne circondato da tutti.
“Natsume dov’è?” chiese subito Kaname, guardandosi attorno con circospezione.
“È
tornato a casa prima, temeva che Touko-san e Shigeru-san s’impensierissero, non
vedendolo rientrare.” replicò prontamente Taki, con un broncio lungo un
chilometro: “E si è portato via Ponta…” borbottò la ragazza.
“Perché? È successo qualcosa?” chiese Kitamoto sospettoso.
Il
moro fece cenno loro di seguirlo fino alla riva del corso d’acqua, che scorreva
tranquillo, riempiendo l’aria del suo suono piacevole.
Seduti sull’erba, infine, Tanuma spiegò loro ciò che Touko-san voleva che
facessero.
Ripeté parola per parola quello che la donna gli aveva detto, spiando al
contempo i visi degli amici: le loro espressioni andarono in un battito di
ciglia dallo stupito al felice passando per il commosso.
Quando ebbe finito, l’unico rumore che si poteva udire era il frinire delle
cicale e il fruscio dell’acqua sulle rocce affioranti.
“Che stiamo facendo qui, allora? Mi sembra di capire che abbiamo una festa da
organizzare, o sbaglio?”
Taki saltò su, trascinando con sé anche Sasada: “Abbiamo poco tempo! Per fortuna
domani è domenica, quindi non abbiamo lezioni al mattino! Dobbiamo solo
dividerci i compiti!”.
Nishimura lanciò un sasso nel fiumiciattolo: “Quel Natsume… Poteva dirci che era
il suo compleanno!” borbottò il ragazzo, “Avremmo potuto preparare qualcosa di
meglio, con più tempo a disposizione.”.
“Smettila di borbottare come un vecchio!” lo rimproverò Kitamura, dandogli un
pugno sulla spalla: “E sbrighiamoci a tornare a casa, stasera avremo molto da
organizzare.”.
I
ragazzi si salutarono, ripromettendosi di incontrarsi il mattino dopo di buon
ora, e sparirono attraverso i campi come tanti fantasmi, fino a quando neppure
le loro voci s’udirono più tra gli alberi e il vento.
§§§
Che
sapore aveva la felicità?
Per
Natsume, quella mattina piena di sole, aveva quello delle frittelle ben calde
che Touko gli aveva preparato per colazione, assieme agli auguri sentiti, e
quello del thè dolcissimo che Shigeru gli aveva versato.
Aveva il sapore del sakè che Hinoe gli aveva fatto bere nel momento in cui,
tornato in camera propria per cambiarsi, aveva trovato al suo interno una vera e
propria festa organizzata dal confusionario gruppo di spiriti.
Era
stato Nyanko-sensei a dir loro che era il suo compleanno.
E
per festeggiare, Hinoe era riuscita a fargli trangugiare un’intera tazza di
liquore, tra l’esaltazione generale.
Natsume doveva ammetterlo: la gola gli bruciava pazzescamente e si sentiva come
se avesse ingurgitato del metallo bollente, a giudicare dallo stomaco che gli
doleva, ma era un sapore che non avrebbe scambiato neppure col più dolce dei
mieli. Perché anche loro erano un pezzettino della felicità che aveva a lungo
inseguito.
E
che si era finalmente decisa a mostrarsi.
Lasciò il gruppo di yokai a far festa senza di lui mentre sgattaiolava fuori
dalla camera e scendeva al piano di sotto con circospezione, sia mai che ce ne
fossero altri appostati in qualche angolo, e riuscì finalmente a uscire nel
cortile inondato di sole.
Touko e Shigeru erano intenti a stendere i futon ma lo salutarono calorosamente
mentre varcava il cancello, raccomandandosi di tornare presto e di non cacciarsi
nei guai e rinnovando i loro auguri.
Anche l’erba sembrava più soffice del solito, quel mattino, mentre si lasciava
andare a una passeggiata a piedi nudi sulla riva del fiume.
E
quando, a pochi passi di distanza dai primi alberi di un boschetto, Takashi vide
Hiiragi, effettivamente non se ne stupì più di tanto: la notizia doveva essere
sfrecciata alla velocità della luce tra gli yokai della zona, e lo spirito che
assisteva Natori non poteva non esserne al corrente.
Tra
le mani, accarezzato dal vento caldo, ella teneva un bouquet di fiori
coloratissimi e profumati, tra i cui petali multicolori v’era depositato un
biglietto, dalla calligrafia inconfondibile.
Incredibile quanti regali, quanti frammenti di luce fossero giunti a bussare al
cuore del ragazzo in quella giornata, meravigliosi e semplici come solo i
miracoli possono essere: quelli veri, come il sorriso di una famiglia, il
chiasso degli amici riuniti e le frasi non dette, ma comunque intuite, piene di
sentimenti.
Da
dietro la maschera, Natsume poteva giurare di averla vista sorridere, prima di
sparire in un soffio di brezza.
Distratto e ancora inebriato dal profumo che mandavano i fiori, il ragazzo mosse
meccanicamente i propri passi attraverso il bosco, lasciandosi cullare dal
frinire delle cicale e dai rumori della vita tutto attorno.
Non
se n’era accorto, ma il Sole, lentamente, aveva compiuto già un mezzo ciclo nel
cielo e quando, arrivato al limitare della proprietà dei Tanuma, Takashi era
uscito dal bosco, era già mezzogiorno.
In
quella domenica di Luglio, il sapore della felicità, per Natsume, divenne anche
quello delle lacrime di commozione che dagli occhi erano andate a morire tra le
sue labbra: non stava sognando gli amici riuniti nel giardino di Kaname, che si
sbracciavano per farsi vedere, non stava sognando i Fujiwara intenti ad
apparecchiare i bassi tavolini con l’aiuto di Taki e Sasada.
Non
stava sognando.
Quel sapore dolcissimo, miscuglio di tutte le emozioni e di tutti i regali che
aveva ricevuto quel giorno, non era solo nella sua testa.
Era
reale.
E
lo sarebbe sempre stato nei suoi ricordi.
“Natsume! Dannato!! Potevi dircelo che era il tuo compleanno!!”
“Nishimura, smettila… Ecco, Natsume, questo è il nostro regalo! Tanti auguri!”.
“È
bello essere felici, vero, Takashi-kun?”
Dedicata a Carolina, per il suo continuo supporto e per l'amore che anche lei ha
verso Natsume!
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