Titolo:
Piume
Fandom:
Twilight
Personaggi: Bella
Cullen, Jacob Black, Renesmee Cullen, Edward
Cullen
Rating: Verde
Conteggio
Parole: 1494
(OO)
Note: Questa
storia partecipa alla Maritombola di maridichallenge,
con il prompt “Cuscino”.
Una
Jacob/Bella semplice semplice, niente di particolarmente complesso.
Non so che altro dire, perciò evito chiacchiere inutili e vi lascio
leggere. Sperando che gradirete...
Alexiel.
Piume
“Che diavolo è successo a questo... cuscino?”
La domanda le arrivò come un doppio interrogativo. Cosa diavolo è
successo a questo cuscino? Primo quesito. Questo è davvero un
cuscino? Secondo quesito.
Jacob teneva tra le mani i resti di una federa e qualche piuma
candida, che al minimo respiro o movimento volava via, per atterrare
dolcemente sul pavimento. In effetti, stonava abbastanza con il resto
della camera da letto, che invece sembrava la personificazione
dell'ordine e dell'armonia. In ogni caso, Jacob non si sentiva tanto
in ordine e in pace con se stesso in quella stanza. Non era mai
entrato nella camera da letto di Bella, e se l'aveva fatto durante
l'infanzia di Renesmee se l'era dimenticato. Quel giorno, invece,
c'era entrato quasi con disinvoltura, quando Bella l'aveva chiamato
perché la aiutasse a trasportare dei bauli – eccentrici, quei
Cullen – in garage.
“Hai bisogno di aiuto? Cos'è, anche ai vampiri scende la
pressione?”
“No. Ma te ne stavi in salotto senza fare nulla e ho pensato di
farti sgobbare un po'.”
“Premurosa. Non vedo l'ora che torni Edward.” si era morso la
lingua non appena aveva realizzato di averlo detto, e non solo
pensato.
Ed era stato proprio mentre Bella riordinava il contenuto di uno dei
bauli – che Jacob avrebbe accuratamente agitato per tutto il
tragitto – che aveva notato i resti di quel povero pseudo-cuscino.
Bella, impegnata a richiudere uno dei bauli, voltò distratta il capo
e poi strinse un po' le labbra perfette, coperte da uno strato
sottile di rossetto.
“Oh...” un immaginario rossore le imporporò le guance e Jacob,
afferrando il messaggio, lanciò un “Ugh, ew” e mollò quei
resti, che precipitarono accanto alle altre piume.
“Dio santo, Bells, non lasciare questa roba in giro!”
Stavolta l'immaginario rossore divenne talmente poco immaginario che
Bella sembrava fosse sul punto di soffocare e disintegrare i bordi di
legno del baule.
“Che hai capito! Non... non lascio tracce in giro. Di certo non
così palesi.” gesticolava freneticamente, come se volesse
scacciare immagini di fumo che non avrebbe voluto che Jacob vedesse.
“Non che non siate palesi.” mormorò Jacob, a bassa voce, ma quel
tono basso che funziona molto meglio di un urlo. E comunque, Bella
l'avrebbe sentito anche se avesse sussurrato appena.
“Non dire sciocchezze.”
Bella incrociò le braccia al petto e tornò a voltarsi verso i bauli
chiusi. Jacob sbuffò e piume sbucate da chissà dove volarono via.
“E allora? Che cos'è?” incalzò. Bella scrollò le spalle.
“Nulla...” rispose, senza guardarlo.
Jacob inclinò la testa da un lato e poi si avvicinò a lei, con la
testa ancora inclinata, e la fissò con una insistenza che sapeva di
curiosità. I capelli neri gli ricadevano da un lato e coprivano
parte del volto, ma Bella poteva vedere anche quella parte,
perfettamente, scrutando tra gli interstizi lasciati dalle ciocche
lunghe.
“Era in uno dei bauli.” cominciò, a voce così bassa che Jake
dovette avvicinarsi per assicurarsi di non capire male. “Non risale
a questi... giorni.”
Questa vita, avrebbe voluto dire in realtà, ma Jacob capì lo
stesso.
“Oh.” si limitò a dire.
Quindi, teoricamente, stava guardando un cuscino appartenuto a Bella.
La stessa Bella, tuttavia un'altra. Una Bella che non squartava
cuscini in momenti imbarazzanti.
“E perché mai avresti conservato i resti di un cuscino?” chiese.
Bella si strinse nelle spalle, come se quella parte del suo corpo
avesse cominciato a diventare più eloquente delle parole.
“E dai, Bells. Sai che non smetterò di domandartelo finché non me
l'avrai detto. E se me lo dici ora non lo saprà neanche Edward. O
Renesmee.”
D'accordo, l'avrebbe scoperto entrambi in ogni caso. Ma dallo sguardo
di Bella, Jacob capiva che era proprio lui quello che doveva rimanere
all'oscuro. O almeno, anche lui.
“E' così imbarazzante? Più del... wrestling?” azzardò Jake,
indicando con il cenno del capo il letto dietro di loro. Bella fu sul
punto di prenderlo a calci, ma si trattenne. Alice l'avrebbe uccisa
se avesse rovinato quelle scarpe.
“Ti odio quando fai così.”
Jacob rise e la sua espressione sembrò venire catturata da qualcosa:
un ricordo, una vita, una sensazione. La risata cominciò come una
specie di ululato, poi la bocca rimase bloccata nella smorfia di un
sorriso, ma era silenzioso, come pietrificato. Cristallizzato.
Le labbra tornarono a chiudersi lentamente, ma la sua espressione
restò ridente. Dolce e dolorosa, come quando ami da lontano.
E forse fu quell'espressione a far parlare Bella, alla fine.
“Ho pianto su quel cuscino il giorno che sono venuta a trovarti,
dopo lo scontro con Victoria. E poi l'ho fatto a pezzi, perché mi
sentivo... uno schifo.”
Pronunciò quelle parole così in fretta che Jacob si sentì
destabilizzato quando, sul finale, si interruppe di colpo per cercare
una parola. Quella giusta, o quella sbagliata.
Poi cadde il silenzio e le piume rimasero immobili al loro posto,
senza spostarsi di un millimetro. La stanza era ferma, come bloccata
nel tempo e nello spazio, e quelle piume portavano dentro di loro un
ricordo lontano. La federa lasciata sul pavimento, azzurra, era
impregnata del ricordo di vecchie lacrime. Sembrava così ingiusto
che fosse lì, ora. Era come se la realtà dovesse spezzarsi per
inghiottirla da un momento all'altro.
“Perché l'hai tirata fuori?” chiese Jacob, atono.
Avrebbe voluto
ridere, cercare di sdrammatizzare, ma a un certo punto ricordò il
dolore, ricordò parole, ricordò il buio che non poteva scacciare.
Ricordò un calore inebriante che, sciocco, aveva pensato di poter
emanare da solo per scaldare lei. C'era tanto di quel calore, invece,
che sarebbe stato stupido pensare che potesse appartenere a una sola
persona, se anche quella persona fosse stata un mutaforma.
“Riordinando... l'ho vista. E ho pensato di non volerla lasciare in
una busta di plastica in fondo a un baule.” rispose Bella,
semplicemente. Jacob annuì.
“Non starebbe meglio altrove. Men che meno qui.” si costrinse a
dire lui. Di nuovo, avrebbe voluto dire qualcos'altro, reagire
diversamente.
“Lo so. Pensavo di bruciarla, o di lasciar volare via le piume
o...” la sua voce si spezzò, o almeno quello sembrò l'effetto.
La
voce di Bella era così piena di armonia che era facile, molto più
che in un umano, individuare momenti di imperfezione. Era come
ascoltare il pianista più bravo del mondo suonare e poi,
inaspettatamente, cogliere una discordanza, una nota sbagliata. Non
sapeva se fosse più triste quel particolare o le parole che aveva
pronunciato. Forse era l'insieme a essere triste. Forse erano loro
quelli tristi.
“Dovresti seppellirle. Federa e piume, intendo.” disse Jacob.
Non
sapeva neanche come avesse potuto dire quella frase, proporre quella
soluzione. Ma il fuoco non avrebbe bruciato quei sentimenti, avrebbe
solo reso tutto più doloroso, recidendo una cosa che era sempre
esistita. L'aria le avrebbe portate lontane, ma il vento è
imprevedibile, e un giorno quelle piume sarebbero ritornate. Anche se
loro non l'avrebbero mai saputo.
La terra. Quello era il posto dei sentimenti perduti. Delle cose
perdute. La terra non avrebbe rifiutato le lacrime, non avrebbe
rifiutato il dolore. Finché non fosse sparita da sotto i loro piedi,
la terra sarebbe stata lì per accogliere quel segreto. Molto meglio
di un baule pesante e polveroso.
“Seppellirle...” disse piano Bella, per saggiare il sapore della
parola. Nella sua mente l'idea era già stata elaborata, solo che
aveva bisogno di avere bisogno di tempo. Tempo che scadrà, un po'
più di un solo secondo.
“Sì, forse hai ragione.”
Come sempre, dissero i suoi occhi. Jacob annuì di nuovo. Si
guardarono a lungo, in mezzo a quel campo di piume candide, leggere
come lacrime. Ma niente era come prima, e quelle lacrime non
sarebbero più scese. Niente aveva il sapore del dolore, se non
un'eco che si ripeteva all'infinito tra le parenti chiuse di un cuore
paralizzato dalla morte.
Potevano solo vivere di ricordi e lasciare che quel cuscino
squarciato vivesse come unico testimone di una vita mancata. Un
rimpianto leggero, trasportato via da un respiro e riportato indietro
da un passo. Eppure, sarebbe sempre volata via, senza rimanere ferma
per essere osservata e, magari, afferrata definitivamente una volta
per tutte.
Solo sotto la terra avrebbe riposato per sempre.
Quando Renesmee entrò correndo nella stanza, seguita a breve
distanza dal padre, Bella e Jacob erano ancora lì. Le piume
vorticarono in una danza bianca all'arrivo travolgente della
ragazzina, e Bella sussultò insieme a Jacob quando quelle piume
iniziarono a sfiorarli.
Poi Edward entrò silenzioso e poggiò una mano sulla spalla della
figlia:
“Andiamo, la mamma ha delle cose da mettere in ordine.”
Guardò entrambi e annuì – non come aveva annuito Jacob – e
Jacob sorrise a Renesmee.
“Quando finisci viene a giocare con me, Jake?” chiese lei.
Jacob non smise di sorridere, una piuma incastrata nei capelli, sotto
l'orecchio.
“Sicuro, Ness. Aspettami di là, sarò da te in un secondo.”
Solo Bella continuava a vedere le piume che volavano.
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