NDA:
Quanto tempo...!
òCò
Chiedo umilmente perdono, ma sono stata impegnatissima con la scuola in
questo
periodo, e il poco tempo che son riuscita a ritagliarmi, l’ho
dedicato a disegnare.
Ma tra poco inizieranno le vacanze di Natale (*C*) quindi con ogni
probabilità
riprenderò in mano anche le due long su D.Gray-man e Fairy
Tail. :’D
Però questa one shot la volevo proprio pubblicare. Anche
perché avevo iniziato
a scriverla un po’ di tempo fa, quando non avevo ancora un
account qui su EFP.
E niente, l’avevo lasciata incompiuta. Ma il mio amore
spropositato verso il
RoyAi, mi ha spinta a finirla.
Così
eccola qui. *-*
Preciso subito, TROVO INGUARDABILE ROY COI BAFFETTI, e Riza la
preferisco di
gran lunga coi capelli lunghi. Quindi, anche se questa fic è
ambientata dopo la
fine della storia di FMA, ho deciso di lasciarli come erano prima che
lui
diventasse Fuhrer.
E niente...
buona
lettura! ♥
PS: Il titolo ovviamente è ispirato al disastro di proposta di Ed a Winry... *v*
-
Io sono l’uomo che sono solo per merito
tuo.
Io ho fiducia in me stesso, in quello che faccio,
solo perché so che tu ti fidi di me.
E se tu non hai fiducia in te stessa, questo vuol
dire che sono io che non ti sto dimostrando nel modo giusto quanto in
realtà mi
fidi di te.
E io mi fido di te.
Ciecamente.
Lo capisci questo... Riza?
«
E’ stata una bella cerimonia, non trova? ».
Roy Mustang
alzò lo sguardo verso Riza Hawkeye,
accennando a un sorriso. Erano seduti ad un tavolo, piuttosto lontano
dalla
pista da ballo, su cui i due giovani novelli sposi si stavano ancora
trattenendo,
esibendosi in un lento strascicato, lei quasi aggrappandosi alle sue
spalle,
con in mano le scarpette bianche in raso, lui, felice di essere
abbastanza alto
da riuscire a sorreggerla come si deve.
La sala del
ricevimento era praticamente
vuota. Molti degli invitati erano già tornati a casa, solo i
parenti e gli
amici più stretti erano rimasti. Amici più
stretti tra i quali loro due.
«
Sì, tutto è stato organizzato nel modo
giusto. I fioristi, soprattutto, hanno fatto un ottimo lavoro.
», rispose Riza,
guardando distrattamente la coppia che ballava.
Roy
scoppiò a ridere, attirando su di se lo
sguardo di una delle guardie del corpo che ormai lo seguivano ovunque.
Tossendo, si ricompose. « Fioristi? Tenente,
dov’è finito il suo romanticismo? Non
era dell’organizzazione che stavo parlando. »,
precisò, abbassando il tono di
voce.
Riza distolse lo
sguardo dalla pista da
ballo alla sua risata, e lo spostò su di lui. «
Ah, mi scusi. Sì… sì. E’
stata
una bella cerimonia. Edward e Winry sembravano davvero…
felici. »
Già,
felici. Le venne in mente la prima
volta che li aveva incontrati, a quanto aveva ammirato il coraggio di
Edward
Elric, e a come aveva pensato che Winry Rockbell le ricordasse un
po’ se stessa
da giovane, prima della morte di suo padre e della guerra di Ishival.
Le venne
in mente anche la volta in cui aveva parlato con Edward dei suoi
sentimenti per
quella che era da poco diventata sua moglie, e le scappò un
sorriso, mentre
tornava a guardarli.
Roy rimase in
silenzio per qualche secondo.
La sua attenzione non era catturata dalla coppia di sposi, ma piuttosto
dall’espressione della donna di fronte a lui. Dopo tutti
quegli anni, avrebbe
dovuto farci l’abitudine, si disse. Eppure vederla sorridere
in quel modo era
qualcosa che ogni volta, immancabilmente, lo riempiva di un calore
tanto
differente da quello delle sue fiamme.
« Le
piacerebbe essere così felice? », le
chiese, sporgendosi sul tavolo verso di lei.
« Di
cosa sta parlando? »
Roy sorrise
ancora, per poi tirarsi indietro
e darsi un’aria distaccata, mettendosi più comodo
sulla sedia. « Ci ho pensato
molto, sa? E devo confessare che a me non dispiacerebbe. Ora che sono
finalmente diventato Führer, sento il bisogno di avere al mio
fianco una
buona moglie con cui dividere questa responsabilità e
allietare le mie
giornate. »
Riza rimase
impassibile, mentre lo
ascoltava, guardandolo negli occhi. Solo la sua freddezza, le
permetteva di
rimanere lucida. Ma non tanto da continuare a sostenere il suo sguardo.
« …
Capisco. Se non ha già in mente qualcuno, potrei prepararle
una lista delle
possibili candid-… »
« Oh,
no, non ce n’è bisogno. Ho già in
mente una persona che sarebbe più che adatta. »,
la interruppe lui, coprendosi
la bocca con la mano, per nascondere un altro sorriso.
«
Bene. Mi fa piacere sentire che almeno
sulle questioni di cuore è più che diligente.
», rispose lei, pungente, con lo
sguardo fisso su un punto indistinto.
« Non
vuole sapere di chi si tratta? »
« Non
credo che siano affari che mi riguardano.
», replicò ancora, ostinandosi a non volerlo
guardare.
Roy non poteva
negare di starsi divertendo.
La guardava, e trovava quel suo lato così testardo e ligio
al dovere anche in
un momento come quello davvero divertente.
Si sporse di
nuovo sul tavolo, appoggiando
la testa alla mano. « Andiamo, tenente. La smetta di fare la
finta tonta. E’
troppo sveglia per permetterselo. », e a quel punto Riza lo
fulminò, facendolo
sorridere ancora. « Vuole davvero farmi credere che non ha
capito che sto
parlando di lei? »
Lei distolse per
l’ennesima volta lo
sguardo. « ... L’ho capito benissimo. Ma la sto
deliberatamente ignorando. »
« E
perché mai? »
«
Perché credo che gran parte di questo
discorso sia dettato dall’alcool. »,
replicò, facendo un cenno verso il
bicchiere vuoto davanti a lui.
« Ho
bevuto solo un po’ di spumante, tenete.
Sono più che lucido, e sono anche serio. Le sto chiedendo di
sposarmi. Non mi
sembra carino ignorarmi così. O forse è
perché intende rifiutare la mia
proposta? »
Ecco,
l’aveva detto. Così, senza neanche un
po’ di tatto o di riguardo. Così, come se le
stesse chiedendo l’ora.
Da bambina, suo
padre l’aveva sempre
trattata con indifferenza, se non con brutalità.
Più di una volta aveva
immaginato se stessa come una principessa, prigioniera di un mago
cattivo.
Sognava di essere liberata dal principe azzurro, come ogni bambina.
Sognava una
proposta di matrimonio con un anello luccicante.
Poi il mago
cattivo era morto.
Poi
c’era stata Ishival, e i suoi sogni ingenui e infantili si erano infranti, no ogni cosa in cui aveva creduto e riposto speranza, era esplosa in mille pezzi, come le case colpite dalle bombe.
E ora il suo
principe azzurro era diventato
comandante supremo.
Ormai non
pensava più all’amore. Per tutti
quei dieci anni che aveva passato al suo fianco, aveva cercato di
convincersi
di questo. Dieci faticosi, lunghi anni, in cui gli era stata vicina,
più di
chiunque altro, in cui l’aveva sostenuto o scosso quando ne
aveva avuto
bisogno. Ormai non pensava più all’amore,
perché quello che c’era tra di loro
era un legame ancora più profondo. Di totale fiducia, di
rispetto reciproco.
Eppure
qualcosa era
cambiato. Quel loro rapporto si era incrinato. Riza sentiva che si
stava
creando una specie di vuoto tra di loro, avvertiva come un senso di
lontananza.
Lei non riusciva più a tenere il suo passo. Non riusciva
più... a stare al suo
fianco.
«
Ho...
bisogno di rifletterci su. »
«
Riflettiamoci insieme, allora. Analizziamo i fatti. Ormai ci conosciamo
da più
di dieci anni, e conosciamo anche pregi e difetti di uno e
dell’altra come le
nostre tasche. In più lei è un mio sottoposto, la
mia segretaria personale, e capisce
bene cosa comporti la mia posizione attuale, non sarebbe una moglie
dalle mille
pretese impossibili. Senza contare il fatto che sposarmi e metter su
famiglia,
gioverebbe molto alla mia immagine di Fuhrer, e sono più che
sicuro che lei
saprebbe essere all’altezza di quest’immagine.
»
Riza
strinse il vestito nei pugni che aveva serrato sulle gambe.
« E
per ultima cosa, la più importante: sarei un buon marito.
Continuerei ad amarla
e a rispettarla come ho fatto in questi ultimi dieci anni, per tutto il
resto
della mia vita. »
Chiuse gli occhi. Non voleva sentire, non quelle parole. E
soprattutto
non voleva vedere il suo sguardo sincero mentre le diceva.
«
Allora, cosa mi risponde? »
S’impose
di prendere fiato e rimanere calma.
«
Ha…
ha proposto degli argomenti molto convincenti. Ma non è una
decisione che posso
prendere alla leggera. Come ha detto lei, si tratterebbe di diventare
la…
moglie del Führer. »
« La
cosa la spaventa? »
«
Non è quello che intendevo. »
« Cosa
intendeva, allora? »
Come
poteva spiegargli qualcosa che non capiva bene nemmeno lei stessa?
« La
prego di rifletterci su anche lei, signore. »,
sviò la domanda.
Roy
ora non sorrideva più. Non si era aspettato quella reazione.
Certo, non si era
neanche aspettato che lei gli buttasse le braccia al collo ed
esclamasse “sì!”.
La conosceva fin troppo bene per pensare una cosa del genere. Eppure
non
capiva. Non capiva perché anche se aveva detto “ho
bisogno di rifletterci su”,
il suo viso esprimeva un chiaro “no”.
Era
da un po’ di tempo a quella parte, ormai, che la sentiva
sempre più distante.
Fredda.
No,
non capiva. Non riusciva proprio a capire cosa le stesse passando per
la testa,
a lei, che conosceva quasi meglio di se stesso. Se solo
l’avesse guardato negli
occhi, forse, ci sarebbe arrivato. Tra loro non c’era mai
stato bisogno di
troppe parole. Era per questo, allora, che continuava ad evitare il suo
sguardo?
...
Cosa non vuoi che veda?
«
Non cambierò idea, se questo è quello che ti
preoccupa… Riza. », sussurrò a
bassa voce, tentando di sfiorarle la mano, che lei ritrasse di scatto.
« Non
sono ancora sua moglie. Non mi sembra il caso di prendersi tutta questa
confidenza e chiamarmi per nome. »
Non sapeva
neanche come rispondere a quella
freddezza. E’ vero, Riza era sempre piuttosto fredda nei suoi
confronti. Ma lo
guardava sempre negli occhi. Sempre. Così che lui poteva
capire se fosse
realmente offesa, o se invece stesse solo scherzando.
« Ha
ragione, mi
scusi. Stavo solo pensando che Riza Mustang suona davvero bene, non
trova? »,
provò a sdrammatizzare. Si rendeva conto anche lui che in
quel momento non era
la cosa migliore. Ma che altro poteva fare? Per quanto potesse non
capire, in
fondo, quella freddezza, quel rifiuto, lo ferivano.
« La
prego di smetterla. »
« Di
fare cosa? »
« Di
prendermi in giro. »
«
E’
questo che la impensierisce tanto? Crede che le mie intenzioni non
siano serie?
»
Riza si
lasciò andare a un sospiro, chiudendo
ancora gli occhi.
« La
conosco, signor Mustang. L’ho vista con decine di donne.
E’ proprio il fatto
che sia così... serio che mi preoccupa. »
« Ha
un’alta considerazione di me, vedo. »,
tentò di buttare ancora sullo scherzo.
«
Fin troppo alta. Ora, se vuole scusarmi, sono stanca. Mettere i tacchi
mi
distrugge. », si limitò a dire, alzandosi dalla
sedia e prendendo il cappotto
che una delle guardie del corpo di Roy le stava prontamente porgendo.
Guardie
del corpo, eh...?
Una
volta la tutela della sua
incolumità era affidata solo a lei. Sì, una volta
erano solo “loro due contro
il mondo”, si poteva dire.
E adesso,
invece, quel mondo dipendeva da Roy.
No,
dal Comandante Supremo
Mustang.
«
Riza.
», la chiamò lui, alzandosi.
«
Cosa vuole? », gli rispose, senza neanche voltarsi.
«
Pensaci su. Ti prego. »
La pioggia
picchiettava leggera sulle
finestre del suo ufficio. Pioggia che non lo aiutava affatto a sentirsi
meglio.
Dentro di lui si agitavano una serie di emozioni, che, almeno mentre si
trovava
lì, nella sede del Commando Centrale, doveva tenere a freno.
Un Fuhrer che si
strappava i capelli dal nervosismo non sarebbe stato visto di buon
occhio.
E pure
quell’infinità di documenti che
doveva firmare entro mezzogiorno non erano per niente di aiuto. E lui
che aveva
pensato che la quantità di scartoffie sarebbe diminuita, una
volta lasciato il
ruolo di colonnello...
«
Sto aspettando una risposta, tenente. », se ne
uscì di punto in bianco,
ostentando una calma e un’indifferenza che non provava
affatto, mentre batteva
sulla scrivania per allineare una pila di fogli.
Riza
si bloccò con la mano a mezz’aria, rischiando
quasi di far cadere i certificati
che stava pinzando. Poi lanciò un’occhiata ad Jean
Havoc e Heymans Breda che
stavano entrando proprio in quel momento nell’ufficio per
ritirare i documenti
appena firmati.
« Le
avevo detto che ho bisogno di tempo. », gli rispose, cercando
di non farsi
sentire dai due ufficiali, ma senza risultato.
«
Tenente,
non si posticipa il lavoro! Perché non prende esempio dalla
dedizione del nostro
stimatissimo Führer? », li canzonò Havoc,
con un mezzo sorriso per evitare che la sigaretta
che teneva tra le labbra gli cadesse, mentre allungava una mano per
prendere i
fogli.
« Stia
attento, sottotenente Havoc. Potrei condannarla all’ergastolo
per questo
affronto. », asserì Roy, sbattendoglieli sul palmo
aperto.
«
Certo,
certo. », sorrise ancora lui, sarcastico.
Roy
aspettò finché i due ufficiali non ebbero
ritirato tutto quello che dovevano
prendere, poi incrociò le mani sulla scrivania, ed
alzò lo sguardo verso di lei.
«
Sono passati tre giorni. Non le sono bastati per prendere una
decisione? »
Riza rimaneva in silenzio,
senza dare cenno
di voler replicare, e continuando a pinzare fogli.
«
Voglio una risposta, adesso. Le giuro che
l’accetterò senza fare storie,
qualunque essa sia. E se fosse negativa, le giuro che non
insisterò oltre. »
Riza
posò l’ultimo
fascicolo sul tavolo, imponendo alla sua voce di non tremare.
«
Allora la prego di non insistere. »
«
E’
un no, quindi? »
«
E’
un no. »
«
Capisco. Va bene. Può… può andare ora.
»
E’
proprio vero che i cani sono i migliori amici dell’uomo.
E sono talmente
intelligenti che riescono a capire quando siamo tristi, e cercano pure
di
consolarci.
Era
questo che pensava Riza seduta sul tappeto del suo salotto, mentre
accarezzava
con dolcezza la testa di Black Hayate, posata sulla sua coscia.
Lasciò cadere indietro la testa, poggiandola
sul sedile del divano. Il
fermaglio le faceva male, così se lo sfilò,
facendo cadere i lunghi capelli
biondi sulle spalle. Continuando ad accarezzare Hayate, volse lo
sguardo verso
la finestra, che incorniciava un cielo scuro e uno sfondo di edifici
confuso
dalla pioggia. Era stanca, ancora più stanca di dopo una
missione finita in
sparatoria. Voleva solo chiudere gli occhi ed addormentarsi. Forse,
così,
quando si fosse risvegliata, tutto sarebbe stato come prima...
Poi,
all’improvviso, un suono acuto e fastidioso la fece
sobbalzare. Suono che
dovette ripetersi altre due volte, prima che lei fosse abbastanza
lucida da
capire che si trattava del campanello. Hayate le leccava una mano,
scodinzolando, quasi incitandola ad andare ad aprire. Così,
controvoglia, si
tirò su e si trascinò fino alla porta, e ne
aprì uno spiraglio, senza togliere
il catenaccio.
«
Cosa... cosa diavolo ci fa qui? »
Roy era
appoggiato allo stipite, che respirava a fatica come se avesse appena
finito di
correre. Cosa che non era neanche poi tanto lontana dalla
realtà, visto che era
letteralmente scappato dalle guardie del corpo che lo avevano tampinato
anche
quando aveva detto che sarebbe andato a prendere delle sigarette che
non
avrebbe fumato neanche.
«
Le… le avevo giurato che non avrei insistito oltre. Mi
dispiace, ma non riesco
a rispettare questa promessa... », ansimò,
guardandola con un sorriso triste.
Riza rimase
a fissarlo, mentre piano piano le
saliva un nodo alla gola. Non sopportava di vederlo ridotto in quello
stato. E
non sopportava di esserne lei la causa.
Strinse
forte la maniglia della porta, poi la
chiuse per togliere il catenaccio.
«
E-...
entri, è fradicio. », lo invitò,
aprendo del tutto la porta e facendosi da
parte per farlo passare.
Roy si
lasciò cadere sul divano, posando i gomiti sulle ginocchia e
coprendosi il viso
con una mano, che poi si passò tra i capelli umidi di
pioggia.
«
Voglio
sapere perché, Riza. Almeno questo me lo devi...
», mormorò tra i denti.
«
Non credo di... doverle niente, signore. », gli rispose,
porgendogli un asciugamano.
Roy alzò lo sguardo verso di lei, lasciandosi andare ad un
altro sorriso
malinconico.
«
No, hai ragione. Scusami. Sono venuto qui, ti ho costretta a farmi
entrare in
casa tua, e adesso pretendo pure di farti parlare. Sono solo un uomo
patetico.
Un uomo inutile. Sta piovendo, no? Non sei tu a dirmi sempre che sono
inutile
quando piove? »
Riza
si lasciò cadere sul divano, al suo fianco, trattenendo un
sospiro, mentre lui
si metteva l’asciugamano attorno al collo.
«
Dimmi perché, ti prego. C’è…
c’è forse un altro? »
Che
cos’altro poteva pensare, infondo? Riza era bella, anche
più che bella, e non
solo esteriormente. Era fin troppo facile innamorarsi di lei, Roy lo
sapeva
bene. Era troppo presuntuoso pensare che avrebbe sprecato la vita ad
aspettarlo...
«
Un-…? Ma che domande mi fa?! Crede sul serio che abbia il
tempo di andare in
giro a sedurre uomini?! », esclamò Riza, indignata
dall’assurdità di quella
frase.
«
Allora è perché non mi ami. »
... O
forse in realtà non l’aveva mai perso un secondo
ad aspettarlo, ed era stato
lui a fraintendere tutte le parole che non si erano mai detti se non
con qualche
sguardo in tutti quei dieci anni passati insieme.
Non
aveva fatto che pensare a questo, negli ultimi tre giorni. Forse, se si
fosse fatto
avanti prima... Eppure nello stesso istante in cui aveva deciso di
voler essere
il capo di quella nazione, aveva anche deciso che solo quando ci fosse
riuscito, le avrebbe chiesto di sposarlo. Solo quando avrebbe avuto
qualcosa da
offrirle. Solo quando si fosse sentito di meritarla veramente.
Riza
non riusciva più ad evitare il suo sguardo, e neanche le sue
domande. Non quando
diceva delle sciocchezze come quelle.
Prese in mano l’asciugamano che ormai Roy aveva
abbandonato sulle
spalle, e glielo mise in testa, sfregandogli i capelli umidi. Lui
continuava a
guardarla, impaziente. Con quell’espressione
indispettita, le sembrava quasi un bambino. Un bambino che diceva
davvero delle
enormi sciocchezze.
«
Come… Come potrei non amarti, Roy? », gli sorrise
debolmente.
Roy
per un attimo si perse in quelle parole, e in quegli occhi che
finalmente lo
guardavano, sinceri, mentre dentro sentiva un peso sciogliersi
lentamente.
« E
allora sposami. »
«
No. », s’irrigidì Riza, lasciando cadere
le mani dalla sua testa.
«
Perché? »
«
Perché no. »
«
“Perché no” non è una
risposta. Non l’accetto. », insistette lui,
aggrottando
le sopracciglia, continuando a non capire.
Riza
sospirò, abbassando lo sguardo. « Roy…
ti rendi minimamente conto di quello che
mi stai chiedendo? Tu sei a capo di questa nazione. »
«
Quando ti ho chiesto se questo ti spaventava, mi hai detto che non era
così. »
«
Non è diventare la mira dei giornalisti, essere seguita
giorno e notte da delle
guardie del corpo, o la possibilità di presa in ostaggio,
che mi spaventa. Ma
che cosa succederebbe se per un’azione sbagliata, una parola
sbagliata, dovessi
rovinare la tua reputazione? Se… se dovessi distruggere il
sogno della tua
vita? », rispose, tornando a guardarlo.
Ecco, adesso era tutto chiaro.
Quasi gli veniva da ridere, per
l’assurdità di quella situazione. In
fondo, erano davvero simili, loro due. Sempre a preoccuparsi per
l’altro, mai
pensando a se stessi.
«
E’
questo che ti preoccupa? Di non esserne all’altezza?
», sorrise, sfiorandole il
viso.
«
Non parlare come se mi stessi compatendo. »,
s’irrigidì nuovamente.
« Ti
stai preoccupando per una sciocchezza. », affermò,
mentre il suo sorriso si
allargava.
«
Non è una sciocchezza. », Era lui, quello che ne
diceva.
Appoggiò
la fronte contro la sua. « Sì che lo è.
Credi che farei tutto questo per una
donna che non fosse all’altezza di diventare mia moglie, la
moglie del Fuhrer?
».
Riza
sospirò. « Hai una considerazione fin troppo alta
di me, Roy. »
«
Ah! Non eri tu quella che ne aveva una troppo alta di me? »,
ridacchiò lui.
«
Smettila di scherzare. »
«
E’
solo questo che ti preoccupa? »
«
Non dire “solo”. E’ una cosa importante.
»
« E solo per questo sei disposta a
sacrificare la mia e la tua felicità? », si
scostò, inarcando un sopracciglio.
Anche
Riza si accigliò. « Non sto sacrificando un bel
niente. E poi non cambierebbe
nulla, no? Le cose continuerebbero a rimanere come sono state fino ad
adesso. »
«
No, ti sbagli. Se rifiuti di sposarmi, ti faccio trasferire in un'altra
città.
»
«
Cos-…?! Mi stai ricattando?! », esclamò
lei, stizzita.
«
Non ti sto ricattando. Ma non potrei sopportare di vederti ogni giorno,
comportarmi
come se nulla fosse, sapendo che non puoi... non vuoi essere mia.
»
« In
dieci anni non ti è mai passato per la mente questo
pensiero. », mormorò lei,
distogliendo lo sguardo.
«
Non è vero. Sono solo stato bravo a non farlo vedere. Ma
adesso sono arrivato
al limite. Non mi va più di fingere, Riza. »,
disse, scuotendo la testa. « Non
ci riesco neanche. », e le accarezzò la guancia
col dorso della mano.
Inutile
negarlo, dopo quella sera non ci sarebbe riuscita neanche lei, neppure
con
tutto il suo autocontrollo. Erano state dette troppe cose che non
potevano più
essere rimangiate, o ignorate. E dentro di se, cominciava a rendersi
conto che non
avrebbe neanche voluto farlo.
Non
voleva lasciare che la sensazione del suo tocco caldo se ne andasse.
Alzò
la mano, esitante, per sfiorare la sua sul proprio viso.
«
Immagino… Immagino che sarà difficile trovare in
un'altra città un appartamento
a buon mercato come questo. E non me la sento neanche di affrontare le
spese e
la fatica di un trasloco. »
« Mi
sembrano argomenti molto convincenti. », ripeté le
parole che gli aveva detto
lei durante il ricevimento.
«
Mh… »
«
E’
un sì, quindi? »
«
…
E’ un può darsi. », replicò,
indispettita.
Roy
sorrise. « Beh, è un passo avanti. »
-
Chiediamoci
che fine abbia fatto il povero
Black Hayate...
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