IL FIORE
DELL’AMBIZIONE
<<
Siamo tutti maledetti, sorella. >> Dichiarò Alessandro con un sorriso
amaro. << Tu, io, Efestione, Cassandro e i nostri genitori >>
A
quel tempo Tasmin non diede molta importanza alle
parole del fratello, perché credeva che stesse farneticando dopo una
consistente gara di bevute e che fosse ubriaco come al solito; ma soltanto alla
fine dei suoi giorni lei avrebbe pensato alle parole del suo re e ne avrebbe
fatto ammenda.
Era
vero. Erano tutti maledetti.
Il
loro cammino verso la gloria eterna aveva portato irrimediabilmente alla loro
distruzione in conseguenza ai loro desideri ambiziosi.
Come
era accaduto ai loro avi, il destino sarebbe stato crudele con ognuno di loro,
togliendo tutto quello che avevano amato e bramato in quegli anni e offrendo
solo come premio il dono della disperazione.
Ma
per loro sarebbe stato peggio. Fin dall’infanzia lo sapevano: non c’è gloria
senza sofferenza.
Tuttavia
loro avrebbero pagato un prezzo peggiore, rispetto a quello che era stato
destinato ai loro antenati.
Molto
peggio…
MOLTI
ANNI PRIMA
Una
giovane stava dormente tranquillamente nel suo letto in una stanza sfarzosa,
che poteva benissimo appartenere ad una casata reale.
All’improvviso
il suo dolce sonno fu interrotto drasticamente da un forte tonfo nel letto e
poi sentì una mano sfiorarle la pelle, come se le desse dei pizzicotti
fastidiosi.
La
fanciulla si svegliò di soprassalto, cercando il pugnale che teneva sempre
sotto il cuscino, quando si accorse che non era un ladro né un violentatore.
Era
suo fratello, ovviamente.
“Alessandro!”
esclamò divertita e allo stesso tempo infastidita, togliendoselo di dosso.
“Tess avanti sono tutti pronti, solo tu manchi! Sempre la solita
dormigliona!” rispose divertito cercando di farla alzare.
Lei
sbuffando tirò giù le coperte e si mise una vestaglia sottile, visto che erano
già in piena primavera e si alzò fissando il fratello.
Tess era il soprannome che Alessandro le aveva affibbiato quando
erano piccoli e da allora non la chiamava mai col suo nome di nascita, ma solo
con quel buffo “Tess” che la faceva sempre sorridere.
“Ricordati
che però in pubblico devi chiamarmi Tasmin,
altrimenti nostro padre si infuria come una bestia”
Alessandro
sorrise alzando le spallucce.
Il
loro padre, il re Filippo infatti disprezzava i nomignoli divertenti e buffi
perché li considerava giochi inutili che si facevano tra campagnoli e plebei,
non in mezzo alla famiglia reale e aveva vietato categoricamente i figli di
cambiare i loro nomi consacrati dagli Dei, in stupidi e indecenti soprannomi.
“Immagino
sarai elettrizzato…. Oggi è il gran giorno”
Alessandro
deglutì nervosamente e abbassò lo sguardo.
Quel
giorno sarebbero avvenuti i festeggiamenti al dio Dioniso, nonché il matrimonio
tra il loro padre e la giovane Euridice.
Il
tanto temuto giorno era arrivato.
“Nostra
madre cosa ha detto? Sta di nuovo confabulando nell’ombra, sussurrandoti
all’orecchio di tradimenti e congiure ai tuoi danni?” chiese ironica Tasmin pettinandosi i capelli lunghi castano ramato.
“La
conosci. Sono mesi che mi avverte sul fatto che nostro padre non mi darà mai il
trono se Euridice avesse un maschio…
e che il re ha messo delle spie nella mia cerchia per osservare le nostre
mosse”
Tasmin si girò nervosamente verso di lui.
“Nostra
madre è pazza lo sanno tutti, ha una mente troppo sospettosa e vede tradimenti
dappertutto. A forza di pensare male accadranno davvero delle cose brutte”
Alessandro
la guardò infastidito: non gli piaceva che qualcuno parlasse male di sua madre,
la regina Olimpiade, e chiunque l’avesse fatto ora era sotto terra oppure
scavava nei vecchi templi di Tebe; ma se si trattava della sorella lui chiudeva
un occhio e non badava molto alle parole di Tasmin
nei confronti della madre, con la quale non aveva mai avuto un buon rapporto.
Infatti
i rapporti tra la regina e la figlia erano minimi, si vedevano di rado e
parlavano solo se costrette; nel cuore di Olimpiade c’era spazio solo per il
figlio maschio, il tanto agognato erede al trono. E Tasmin
aveva imparato a vivere senza il suo affetto, cercando di non farsi coinvolgere
dai suoi pensieri di vendetta e di potere.
“Tu
cosa ne pensi invece?” All’improvviso la domanda di Alessandro la fece
ritornare alla realtà e lei rispose:
“Magari
nostra madre non avrà tutti i torti… se Euridice avesse un maschio e nostro padre governa per tanti
anni fino a farlo crescere e diventare un uomo, sarebbero guai seri per noi. Ma
non può preferire quel moccioso bastardo a noi. Siamo i suoi figli maggiori e
tu sei il suo unico figlio degno. Il trono spetta a te di diritto, che quella
puttana di Euridice e il suo disgraziato zio lo
vogliano o no.” La risposta audace e sincera della sorella, fece sorridere
Alessandro.
Anche
se era una giovane fanciulla, che apparteneva alla famiglia reale, aveva sempre
denigrato le etichette di corte e i falsi servilismi.
Se
pensavi una cosa dovevi dirla senza troppi preamboli oppure startene zitto e
non lamentarti: così lei diceva sempre.
“Almeno
tu mi dai coraggio… speriamo sia così.”
“E
quando sarai re ricordati della promessa fatta!” puntualizzò girandosi verso lo
specchio.
“Quando
e se sarò re, darò più diritti alla donne e in mancanza di figli maschi, può
succedere al trono una figlia femmina” Ripeté a manetta.
Il
suo sguardo tuttavia si fece subito serio.
“Ma
è una cosa impossibile Tess… non succederà mai, anche
se le future principesse avessero il tuo temperamento, il tuo carisma e il tuo
coraggio non potranno mai avere speranze di salire sul trono come regine.”
La
sorella sbuffò pensando a quelle meschine regole di corte.
“Che
odioso atto di disprezzo e maschilismo. Noi donne pensiamo meglio di voi
uomini, perché voi vi fate troppo trasportare dalle vostre passioni e dai
vostri impulsi, mentre noi donne sappiamo governare i nostri sentimenti e non
cedere alle tentazioni. Noi abbiamo… la giusta
misura” rispose sincera e teatrale, pensando che se fosse stato davvero così,
lei avrebbe potuto essere regina.
Ma
il destino aveva già scelto per lei prima che venisse al mondo: in quanto
femmina e figlia minore non aveva alcuna possibilità di salire al trono, anche
se, secondo lei, le apparteneva di diritto. Un re non dovrebbe essere scelto
per l’età o per il sesso ma per le proprie caratteristiche personali: un re
deve essere fiero, coraggioso, nobile d’animo, temerario e manipolatore.
Lei
le possedeva tutte mentre Alessandro no. Era un ragazzo di indole debole, che
si faceva sottomettere dalle proprie emozioni e confondeva troppo i sentimenti
con i suoi doveri.
Ma
lei era troppo affezionata al fratello per fargli un torto e considerava che la
sua folle ambizione l’avrebbe salvato dalle angherie dei suoi nemici, e alla
fine si sarebbe accontentata di fargli da spalla e consigliera quando sarebbe
diventato re.
“Sembri
Aristotele quando parli così” mormorò Alessandro.
“Forse
perché ascoltavo di nascosto le vostre chiacchierate” rispose ridendo
capricciosa. Da piccola infatti lei scappava sempre dalle grinfie delle sue
domestiche e ascoltava di nascosto le parole sagge che il vecchio Aristotele
insegnava ai suoi giovani studenti.
Alessandro
si avvicinò a Tasmin e le accarezzò dolcemente le
mani.
“Se
tu non fossi mia sorella ti sposerei. E la Macedonia avrebbe un’ottima regina,
se non la migliore di tutti i tempi” I suoi occhi dimostravano una pericolosa
sincerità
“E
se tu non fossi mio fratello…” Tasmin
lasciò la frase in sospeso, fissando inquisitrice Alessandro.
Fisicamente
era perfetto e bello come un Dio… tutte le ragazze
avrebbero sognato di passare una notte con lui, ma Tasmin
non era attratta dalle bellezze pure e perfette.
Alla
fine rise di cuore.
“Non
ti sposerei comunque! Abbiamo caratteri troppo diversi e ti sopporto solo
perché sei mio fratello. Ma so per certo che sarai un re migliore di nostro
padre.”
Anche
lei stava dicendo la verità, glielo si leggeva nei suoi profondi occhi blu; non
vaneggiava complimenti del genere, se non li pensava sul serio.
“Sarà
meglio che finisci di prepararti.” Mormorò Alessandro uscendo dalla stanza.
Tasmin respirò profondamente, pensando a cosa sarebbe potuto
accadere quella sera e si preparò.
Non
c’era dama di Macedonia che non invidiasse la bellezza della figlia maggiore di
Filippo.
Tasmin anche se aveva solo 15 anni possedeva già una bellezza
disarmante e audace: i suoi occhi blu incantavano tutti gli uomini di corte, i
suoi capelli castano ramato risplendevano sia alla luce del sole sia nel buio
della notte e il suo viso sembrava scolpito nel duro marmo e pareva una
bellezza non mortale.
Molti
infatti mormoravano che non solo Alessandro fosse figlio di un Dio, ma anche
che la sorella Tasmin avesse una discendenza divina a
causa della sua bellezza non naturale.
Entrambi
i figli si vantavano e godevano per queste supposizioni perché assistevano alla
loro ascesa e alla possibilità di ottenere una gloria pari a quella del loro
antenato Achille.
Sebbene
fosse una donna Tasmin infatti ambiva agli stessi
desideri del fratello cioè la gloria eterna; non voleva passare il resto della
sua vita dentro quattro mura con figli e marito. Voleva qualcosa di più… ne aveva diritto e sapeva di poterlo fare.
Al
contrario della sorella minore Cleopatra, che desiderava soltanto una vita
comoda e serena in mezzo agli allori.
<<
Una dilettante >> Pensava sempre Tasmin, per la
facilità in cui la sorellina otteneva le cose mostrando semplicemente un
sorriso viziato e infantile.
Mentre
camminava in modo elegante lungo i corridoi del palazzo, Tasmin
vide in lontananza un amico del fratello, Cassandro,
che parlava con un soldato.
Quando
si accorse della sua presenza, subito il ragazzo mandò via il suo interlocutore
e si diresse verso la sua direzione con passi veloci.
Le
parole che prima Tasmin aveva detto al fratello, sul
fatto che le donne sapessero governare le proprie emozioni e non cedere alle
tentazioni, stavano per andare in fumo.
Ogni
volta che lei scorgeva il viso bellissimo di Cassandro
il cuore le batteva forte nel petto, facendola sussultare e le mani tremavano
dal desiderio di sfiorarlo e dal timore di quello che provava.
Non
voleva sopportare ancora una volta quel dolce supplizio quando era in sua
compagnia e così decise di seguire un altro corridoio, sfuggendo alla vista di Cassandro.
Pensava
di averlo superato quando sentì una voce calda e affascinante dietro al suo
orecchio, che la fece sussultare.
“Scappi
da me ora?”
Tasmin riconobbe subito quella voce e si voltò con un sorriso
sarcastico sulle labbra; tutte le volte che guardava da vicino il viso di Cassandro, il cuore perdeva un battito e si concedeva 5
secondi, solo 5, per osservare quella bellezza che lei considerava indecente.
Non
era pura e angelica come quella di Alessandro… era
una bellezza maliziosa, penetrante e di potere.
Chiunque
sarebbe caduto sotto il suo incantesimo e difatti le sue avventure sessuali
erano note a tutti e aumentavano di giorno in giorno.
Tasmin infatti solo qualche anno prima aveva capito che la gente,
sia donne che uomini, non volevano la compagnia di Cassandro,
solo per rispetto o amicizia, ma solo per soddisfare i propri languidi piaceri…
Guardandolo
ancora nei suoi occhi verdi da felino pensò che quella gente, che moriva ai
suoi piedi, non avesse tutti i torti ad adorarlo in quel modo…
Scosse
la testa, ritornando alla realtà e gli sorrise:
“Se
tu credi che io pensi a te ogni minuto della mia esistenza ti sbagli di grosso,
Cassandro e pecchi di vanità così”
Lui
le sorrise di rimando, in modo affascinante.
“Lo
sai, la vanità è il mio peccato preferito”
Tasmin alzò il sopracciglio fingendosi offesa.
“Davvero
sconcertante se lo confessi a una principessa”
Lui
rise di gusto incurante degli sguardi inquisitori e curiosi dei servi e dei
soldati che passavano di lì.
“Andiamo
Tess, ci conosciamo da tutta una vita e sono amico di
tuo fratello… possiamo mettere da parte i convenevoli
per una volta”
Tasmin lo guardò infastidita.
“Solo
mio fratello può chiamarmi così; per te e per gli altri io sono la principessa Tasmin e dovresti portarmi un certo rispetto se non vuoi
letteralmente perdere la testa”
“Il
rispetto si guadagna con la fatica e la dedizione, l’hai sempre detto tu”
rispose puntiglioso.
“Infatti
e io credo di essermelo guadagnato. Persino da te” mormorò avvicinandosi.
Cassandro lanciò un’occhiata eloquente alla
scollatura del suo vestito e poi la afferrò saldamente per i fianchi per far
aderire il suo corpo al suo.
Tasmin sentì il respiro caldo e fresco di Cassandro
sulla sua fronte e il suo corpo accaldarsi sentendo che lui era così vicino a
lei e le sfiorava provocante il vestito.
“Lo
indosserai stasera? Se è così permettimi di essere il tuo cavaliere, non ti
mollerò un attimo e dedicherò il mio tempo unicamente a te” sussurrò audace
cercando di avvicinarsi al suo viso.
Tasmin deglutì nervosamente tentando di riprendere il controllo di
sé stessa e mise giù le mani di Cassandro dal suo
corpo.
“Dovrei
chiedere a mio padre” disse a fatica abbassando lo sguardo per non far notare
il rossore delle sue guance.
“Non
hai mai fatto decidere a lui per la tua vita e incominci ora?” chiese divertito
ma deluso per il fatto che lei si fosse allontanata come un fulmine da lui.
“Le
cose cambieranno presto suppongo” rispose sospirando mentre pensava all’evento
di quella sera.
Lo
sguardo di Cassandro si fece improvvisamente serio.
“Ti
preoccupa il fatto che la nuova moglie del re potrebbe essere la tua nuova
madre e che dia alla luce un erede degno di Filippo?”
Lei
lo guardò fisso negli occhi. I suoi occhi non facevano trapelare alcuna
emozione questa volta.
“Di
madri me ne basta una e non ne sopporterei altre e io considero miei fratelli
soltanto Alessandro e Cleopatra, gli altri sono solo figli bastardi, che non
meritano di succedere al trono”
Il
tono serio e duro di Tasmin fece sorridere Cassandro, pensando che quella ragazza così bella e regale
fosse così affine a lui caratterialmente.
“Sempre
giudiziosa e ambiziosa. Non cambi mai. Dì la verità…
vorresti tu il trono non è vero?”
Lei
lo guardò allibita, chiedendosi come facesse a sapere sempre quello che le passava
per la testa.
Sapeva
che negare era sbagliato e che l’avrebbe smascherata subito ma acconsentire
sarebbe stato un atto di superbia.
“Cosa
te lo fa pensare?” chiese soltanto.
“Dal
modo in cui agisci, in cui parli e come osservi le persone…
Ho notato come guardi tuo fratello” rispose beffardo. Sapeva di aver ragione e
questo fece arrabbiare ancor di più la principessa.
“Quello
che guarda con occhi invidiosi mio fratello sei tu non io” rispose fredda.
Anche
lei aveva c’entrato nel segno.
La
prospettiva del trono era la debolezza e l’ambizione dei due giovani che
ambivano al potere e alla gloria ma in modo diverso.
Cassandro era bellissimo, violento, instancabile nel
perseguire le proprie ambizioni e avrebbe anche giocato sporco e calpestato i
suoi familiari e amici per arrivare al potere.
Lei
invece non avrebbe mai agito così. Detestava gli intrighi e gli inganni che si
attuavano alle spalle di qualcuno, soprattutto se era un amico o un familiare;
era un cosa indegna e deplorevole; lei avrebbe ottenuto ciò che voleva giocando
ad armi pari senza nascondersi o ordire complotti.
Cassandro sorrise non negando ciò che aveva appena
detto.
“Può
darsi. Ma sappiamo entrambi che non basta l’appartenenza di sangue per farne un
re degno”
“Alessandro
ce la farà sicuramente se qualcuno non gli mette i bastoni tra le ruote”
rispose guardandolo sospettosa.
“Quel
qualcuno non sarò io” sussurrò freddo fissandola.
Tasmin non riusciva a credergli e non doveva neppure. Tutti sapevano
dei desideri di Cassandro di scavalcare Alessandro o
chiunque altro per saziare la sua sete di potere e quando lui si metteva in
testa una cosa alla fine ci riusciva sempre.
Può
darsi che era stato incalzato dal padre Antipatro, un
nobile che si era inserito abilmente nella cerchia del re, oppure che la sua
sete di gloria sarebbe passata con gli anni a venire, ma di una cosa Tasmin era sicura: lei aveva paura di lui.
La
sua arroganza e strafottenza nel modo in cui lei si rivolgeva a Cassandro era soltanto una maschera per non far trapelare
quello che sentiva veramente nell’animo… lei aveva
paura di lui ma allo stesso tempo lo desiderava.
Era
sempre stato così fin da piccoli, lei osservava di nascosto quel giovane
ragazzo che diventava ogni giorno più bello e affascinante, accorgendosi più di
tutti del suo modo di pensare. Gli altri non se n’erano accorti ma lei aveva
capito che l’animo di Cassandro covava soltanto la
bramosia del potere e la perfidia tramandatagli dalla famiglia di usurpatori e
ricattatori.
Non
c’era spazio per qualcos’altro, né dolcezza, né rispetto, né amore.
E
Tasmin non doveva farsi coinvolgere da un tipo come
lui; anche se l’attirava più di ogni altro, lei doveva stargli lontana se non
voleva farsi travolgere dalla sua personalità magnetica e rimanerne distrutta.
“Stasera
sarai tutta mia, te lo garantisco” sussurrò Cassandro
sorridendole affascinante e si avvicinò sempre di più al suo viso.
Lei
sghignazzò nervosa:
“E
io ti garantisco che non avrò l’umore adatto stasera per fare compagnia a qualcuno”
“Cambierai
idea” rispose sicuro facendo un passo indietro e allontanandosi infine.
Tasmin lo guardò mentre andava via… sì,
certamente era l’uomo più attraente e misterioso che avesse mai incontrato.
Ma
lui avrebbe trovato pane per i suoi denti, perché lei non era sprovveduta e
nemmeno debole.
Non
avrebbe ceduto a lui.
Colava
vino da tutte le parti quella sera.
Non
c’era uomo o donna alla festa che non fosse ubriaco marcio a tal punto da
cadere per terra o far qualcosa per danneggiare il proprio onore.
Alessandro
e Tasmin si erano seduti ad una tavola guardando
entrambi con occhi malinconici e commiserevoli le scene fuori luogo che
vedevano dinnanzi a loro.
All’improvviso
uno degli uomini più fidati del re, Clito, si
avvicinò ad Alessandro portando sulle spalle una giovane ragazza.
“Alessandro
ti ho trovato la ragazza giusta!” esclamò divertito
Tasmin sorrise dentro di sé perché sapeva che quella ragazza
sicuramente non rientrava nei gusti del fratello… a
lui piaceva qualcos’altro o meglio qualcuno… Non ne
parlavano mai perché erano questioni troppo private ma lei sapeva da tempo cosa
celava il cuore del fratello, e la cosa non le piaceva per niente.
“Come
ti chiami dolce fiore?” chiese ancora Clito
sorridendo come un ubriaco.
“Antigone”
urlò la ragazza che stava ancora sulle spalle dell’uomo.
Clito vedendo che Alessandro non osava muoversi e non voleva di
certo prendere l’iniziativa, prese tutta per sé quel bel fiorellino e andò a
spassarsela dietro un angolo.
Il
re Filippo intanto gridava e cantava frasi senza senso in preda all’euforia e
si avvicinò ai due figli maggiori. Il suo alito puzzava di vino e sulla testa
aveva una corona di fiori tutti malmessi e sciupati.
Tra
le braccia aveva una ragazza che poteva avere l’età di sua figlia e certamente
non era Euridice.
Ancor
prima di passare la notte di nozze, lui già si divertiva con un’altra
fanciulla.
Tasmin alzò il sopracciglio e lo guardò come se pensasse che
quell’uomo così rozzo e irascibile non potesse essere veramente suo padre.
Era
talmente ubriaco che quasi non si capiva cosa stesse dicendo ad Alessandro:
“C’è
sempre qualcosa di delizioso quando torni da una battaglia! Ed è il sapore di
una nuova donna!” urlò gioioso e diede un bacio alla fanciulla che aveva tra le
braccia.
“Troverai
che è molto più confortante dell’autocommiserazione!” disse infine andandosene
a godere della compagnia.
Alessandro
non replicò perché non era per niente motivato ad ascoltare le deliranti
farneticazioni del padre e abbassò lo sguardo.
Tasmin gli accarezzò la mano e gli chiese:
“Ti
va bene se ti lascio un attimo solo? Ce la fai a sopportare questa mandria di
pecoroni?”
Per
la prima volta in quella sera lui sorrise.
“Non
sei la mia tata Tess! Vai pure e divertiti almeno tu”
Lei
lo guardò ironica come se stesse dicendo che lei non avrebbe mai potuto
divertirsi ad una serata in cui si celebrava il matrimonio di suo padre con una
puttanella e che presto i loro figli avrebbero ottenuto più diritti rispetto ad
Alessandro o a lei..
Quando
Tasmin passava in mezzo alla folla normalmente gli
uomini si giravano a guardarla ipnotizzati oppure allungavano le mani ma questa
volta erano talmente ubriachi fradici che neanche se ne accorgevano della sua
presenza.
In
lontananza vide sua sorella Cleopatra che chiacchierava divertita con alcune
ancelle e sembrava non accorgersi del pessimo umore che albergava nell’animo di
suo fratello o di sua sorella.
All’improvviso
sentì qualcuno afferrarle la mano e lei si voltò indispettita.
Cassandro era lì di fronte a lui e la scrutava
attentamente come se volesse denudarla all’istante; anche lei lo guardò notando
la sua tunica aperta, da cui si intravedeva il petto forte e muscoloso.
Aveva
i capelli castani lunghi e mossi e i suoi occhi verdi brillavano estasiati
mentre la guardavano.
“Mi
avevi promesso che sarei stato il tuo cavaliere stasera” disse lui
sorridendole.
“Io
non ti ho promesso niente”
Lui
fece finta di niente e sorrise stranamente in modo dolce.
“Ho
un dono per te…”
Le
mostrò una rosa blu, che teneva fra le mani e gliela porse gentilmente.
Le
rose blu erano le preferite di Tasmin e le adorava
alla follia, ma purtroppo in Grecia quei tipi di fiori scarseggiavano.
Lei
lo guardò interrogativa chiedendogli dove l’avesse trovata.
Lui
le sorrise senza dire niente e mise delicatamente la piccola rosa nei capelli
della ragazza sfiorandole appena l’orecchio; quel leggero contatto scatenò una
tempesta dentro di lei e fu davvero difficile per lei trattenersi e restare
immobile.
“Un
fiore così bello merita di appartenere a una dama ancor più bella” esclamò
facendosi improvvisamente serio.
Lei
non rispose cercando di non pesare il complimento che aveva appena ricevuto e
lo ringraziò solamente.
“Vuoi
almeno concedermi…?” Cassandro
le porse il braccio per farla unire a lui e lei dopo un attimo di reticenza
accettò.
Nella
sala c’era tantissima gente ed era molto difficile non rischiare di essere
spinti o pestati per cui Tasmin si teneva saldamente
al braccio di Cassandro e qualche volta si avvicinava
senza volerlo al suo petto, sfiorando la sua pelle abbronzata e non bianca come
la sua.
Sentì
la tenue risata provenire dalle labbra di Cassandro
ma la principessa non osò alzare il viso per vedere se fosse davvero così o
frutto della sua immaginazione e cercò di ignorarlo il più possibile.
Cassandro a sua volta sembrava incantato da lei, da
quella sua espressione sicura a tratti ambigua e sconosciuta a tutti, persino a
lui.
La
sua bellezza era così eccentrica che poteva rapire chiunque e aveva colpito
anche lui, che aveva mille donne e uomini ai suoi piedi pronto a soddisfarlo.
Forse
perché era irraggiungibile che era così irresistibile ai suoi occhi e non solo
per un fatto fisico; Tasmin era come una gemma
speciale e preziosa che lo avrebbe condotto sicuramente verso il potere e gli
avrebbe permesso di entrare nella casata reale.
Se
questo era l’unico motivo per cui la desiderava fortemente, cioè soltanto per i
propri scopi politici, non lo sapeva ma era certo di una cosa: sul suo onore
lui giurò che prima o poi lei sarebbe stata sua.
Era
come una sfida per Cassandro: più lei gli sfuggiva e
non lo voleva più sentiva crescere dentro di lui il suo desiderio.
All’improvviso
sentirono degli schiamazzi vicino a loro e notarono un ragazzo che camminava in
modo un po’ sbandato e goffo.
Quel
ragazzo strambo era il figlio illegittimo di Filippo e per ragioni poco chiare
lo aveva inserito a corte come se fosse uno di loro, e tutti quanti lo
consideravano pazzo e un demente mentale. Il re gli aveva dato il suo nome,
anche se quel tipo non poteva di certo meritarlo.
“Il
giullare di corte!” esclamò divertito Cassandro
rivolgendosi a Filippo III.
“Ogni
volta che lo vedo mi sale il sangue il cervello” rispose Tasmin
trattenendo la rabbia.
“Come
siamo crudeli. Sei sua sorella in fondo e visto che è più debole e docile di
voi, dovresti dargli il tuo sopporto” mormorò in tono ironico pur sapendo quale
sarebbe stata la sua risposta.
“Quello
è schizzato e gli mancano certamente diverse rotelle…
Non ci penso nemmeno a considerarlo mio fratello; è una vergogna per tutti noi
avere un principe in quello stato che fa l’idiota davanti a tutti; se mio padre
avesse un po’ di giudizio avrebbe dovuto infilarlo in qualche tempio a venerare
gli Dei senza farlo vedere da nessuno” Cassandro
ancora una volta fu sorpreso dalla schiettezza della principessa, che sembrava
non voler seguire a tutti i costi le regole rigide di corte e che pensava con
la sua testa senza farsi manipolare da nessuno.
La
guardò con ammirazione, avvertendo che lei aveva del sangue freddo proprio come
il suo.
“Giustamente
se fosse arrivato nella mia famiglia un demente mentale avrebbe ottenuto il
destino che gli auguri tu.” Sussurrò nuovamente.
“Io
credo che la tua famiglia l’avrebbe assassinato per il disonore” replicò Tasmin guardandolo seria.
“Anche
in questo caso hai ragione”
Infatti
la famiglia di Cassandro non tollerava delle
debolezze all’interno del proprio nucleo familiare…
tutti dovevano fare la propria parte per ottenere il potere e l’appoggio del
re; ovviamente uno smidollato come Filippo III non sarebbe servito a nulla anzi
avrebbe denigrato il loro buon nome.
“Una
principessa non dovrebbe essere così cinica” mormorò sorridendole.
“Se
non impari a essere forte in questo mondo, presto o tardi qualcuno potrebbe
calpestarti come un verme o pugnalarti alle spalle”
Il
suo tono sembrava duro e freddo ma nascondeva una profonda malinconia e tristezza… lui lo notò ma non disse nulla per rincuorarla.
Non era il tipo da consolare la persone né riusciva a farle stare bene.
E
non avrebbe di certo cambiato la sua natura da predatore per una donna.
All’improvviso
lo zio di Euridice, Attalo,
incominciò a fare un discorso in onore del re e del suo matrimonio, così Tasmin ritornò dal fratello Alessandro per ascoltare
attentamente.
Anche
Cassandro la seguì.
Attalo stava brindando alzando un calice pieno di vino.
“Brindo
al matrimonio del nostro re e di mia nipote Euridice,
regina macedone di cui possiamo essere fieri!”
Il
pubblicò acclamò i due neosposi e Attalo sentendosi
potente urlò ancora.
“A
Filippo e ad Euridice! E ai loro figli legittimi!”
Questo
era troppo… Tasmin sentì la
collera salirle lungo il corpo e bruciarle gli occhi…
come si permetteva quel lurido vecchio a denigrare loro, i figli maggiori del
re, chiamandoli bastardi?
Avrebbe
tanto voluto lanciargli in testa uno scudo per far zittire la sua voce da serpe
ma qualcuno la precedette.
Alessandro,
con una furia inaudita che la sorella non aveva mai visto prima in lui, lanciò
un bicchiere nel petto di Attalo e gli urlò:
“Come
osi?! Figlio di un cane! Vieni avanti!!”
Attalo sgranò gli occhi sorpreso ma quando si accorse che era stato
offeso da quel moccioso sguainò la spada e si avvicinò pericolosamente ad Alessandro,
che corse verso di lui con una furia omicida negli occhi.
La
sorella e i suoi amici cercarono di fermarlo e lo trattennero per le spalle, e
così fecero altrettanto i familiari di Attalo per
impedire un disastro.
“Silenzio!”
A stento il re riusciva a reggersi in piedi ma cercò ugualmente di alzarsi su
un tavolo per mettere ordine nel suo palazzo.
“Alessandro
in nome di Zeus calmati!” gli gridò Tasmin allarmata
cercando di calmarlo ma la furia del fratello era intrattenibile. Attalo aveva offeso la dignità della sua famiglia, che era
il suo punto debole.
“Questo
è il mio matrimonio non una rissa pubblica!” gridò il re per fermarli e per
dimostrare la sua autorità.
“Moccioso
insolente!” disse Attalo che era bloccato da alcuni
soldati.
“Chiedi
scusa prima di disonorarmi!” ordinò Filippo al figlio.
“Tu
difendi l’uomo che ha dato a mia madre della puttana e a me del bastardo?? E io
disonoro te!!”
“Ah
sembra di sentirla quella!! Attalo è della famiglia
adesso, proprio come te!”
“Allora
scegli i tuoi parenti con più attenzione! Non ti aspettare che io stia ad
assistere alla tua vergogna!”
“Vergogna?!”
esclamò il re, che faceva finta di non capire.
“Tu
mi insulti!” gridò Attalo toccandosi il petto ferito.
Alessandro
ebbe uno scatto d’ira disumano e si liberò dalla presa degli amici, per
avvicinarsi a lui.
“Io
insulto te!! Un uomo che non è degno di leccare la terra su cui cammina mia
madre! Cane che insulti la tua regina!!”
“Vergogna??
Non ho nulla di cui vergognarmi moccioso arrogante! Io sposo un’altra giovane
se lo voglio! E faccio tutti i figli che mi pare e né tu né quell’arpia di tua
madre potrete impedirmelo!”
“Perché
pazzo ubriacone devi pensare che tutto quello che faccio provenga da mia
madre?” chiese Alessandro sentendosi esausto e tradito.
“Perché
conosco il suo cuore, per Era! E vedo lei nei tuoi occhi. Tu desideri troppo
questo trono! E noi qui tutti sappiamo che quella lumba
di tua madre mi vuole morto!!”
All’improvviso
Tasmin scorse in una lontana finestra la loro madre
che guardava la scena, portandosi una mano alla bocca.
“Potete
sognarvelo tutti e due ma non succederà!” continuava a urlare senza sosta il
re.
Era
sceso un silenzio tombale nella sala e Alessandro continuava a guarda il padre
e Attalo con disprezzo.
“E
tu?? Tu che gli stai sempre appiccicata sei d’accordo con lui?”
La
domanda del re sconvolse Tasmin e lo guardò dubbiosa
chiedendosi se si rivolgesse proprio a lei.
Lo
sguardo furioso del re non tralasciava dubbi e la principessa deglutì
sentendosi osservata e tutti aspettavano una sua risposta.
Cosa
avrebbe dovuto dire? Il re non si era mai interessato alla sua opinione, perché
era una donna, forse ora era talmente ubriaco che non l’aveva neanche
riconosciuta.
Si
voltò verso Alessandro che aveva uno sguardo da invasato e traumatizzato allo
stesso tempo; non avrebbe ricevuto aiuto da lui perché già non sapeva badare a
se stesso.
Scorse
sua sorella Cleopatra che si era nascosta dietro una tenda per non farsi
coinvolgere in quella rissa e per timore che il padre si arrabbiasse pure con
lei.
Alla
fine Tasmin guardò fisso negli occhi il padre e disse
alzando la voce:
“ Si
sono d’accordo con Alessandro. Non riconosco né Euridice
come mia regina né il bastardo che porta in grembo come futuro re!”
Aveva
detto quelle parole con tale sfrontatezza e sincerità, che rimasero tutti a
bocca aperta e nessuno osò fiatare.
Cassandro da dietro sorrise ammirando la
spregiudicatezza di quella giovane fanciulla; certamente non le mancava il
coraggio, tipico degli uomini macedoni.
Il
re restò allibito sentendo quella risposta e poi rise a crepapelle:
“Ma
tu guarda che bei figli che ho! Meritereste una punizione esemplare per la
vostra insolenza!”
“Filippo
è il vino che ti fa parlare ora, lasciali stare e aspetta fino a domani
mattina” Chi parlò fu il saggio Parmenione, fido
consigliere del re che cercava sempre e ovunque una soluzione diplomatica.
Ma
il re non lo stette a sentire e ordinò nuovamente ai suoi figli:
“Adesso
io vi ordino di chiedere scusa al vostro parente!”
Alessandro
guardò prima il padre poi Attalo, che aspettava
davvero delle scuse da parte di quei mocciosi ma il principe stava zitto come
una tomba.
Anche
sua sorella non si sarebbe scusata per nulla al modo, potevano persino
frustarla ma restava ferma nella sua posizione.
“Chiedete
scusa!” gridò Filippo.
“Non
è un parente per me!” disse infine Alessandro rivolgendosi ad Attalo con arroganza.
Tasmin restava dietro le sue spalle, non dicendo nulla. Gli animi si
stavano riscaldando troppo.
“Buona
notte vecchio. E quando mia madre si risposerà, ti inviterò al suo matrimonio”
Alessandro sputò quelle parole come se fosse veleno e ormai non gli importava
più nulla di cosa dicesse suo padre. Lui non si sarebbe mai scusato con un
verme simile.
Prese
la sorella per un braccio e si incamminò verso l’uscita.
“Bastardo!”
Il
grido del re fece voltare i suoi figli.
“Obbediscimi
vieni qui!”
Questa
volta Filippo si rivolgeva unicamente ad Alessandro, perché la cosa che più
detestava era il fatto che qualcuno lo insultasse e rinnegasse la sua autorità.
Il figlio aveva fatto quell’errore e come erede al trono, meritava di essere
castigato come si doveva per fargli imparare la lezione.
Alessandro
deglutì timorosamente, guardandosi attorno e notò che Attilo
rideva di gusto vedendo quella scena.
All’improvviso
anche lui notò la madre che osservava la scena da una finestra piccola,
nell’ombra e quando lui la guardò lei svanì dalla sua vista.
Il
principe lanciando un ultimo sguardo ferito al padre decise di disobbedirgli e
se né andò dalla sala, seguito a ruota dalla sorella che sentiva che sarebbe
accaduto un disastro.
Infatti
il re in uno scatto di rabbia prese la sua spada, pronto ad uccidere il figlio,
ma inciampò mentre cercava di scendere dal tavolo e per colpa del vino e della
rabbia non riusciva ad alzarsi e cominciò a farneticare frasi senza senso.
“E’
questo l’uomo che condurrà tutta la Grecia alla Persia?”
Gridò Alessandro sdegnato guardando in che condizioni fosse il padre.
“Non
riesci neanche a passare da un tricheglio all’altro…”
Il
re lanciò un grido disumano.
“Sei
esiliato bastardo!! Bandito da queste terre, non sei mai venuto qui! Non sei
mio figlio!”
Una
lacrima scese lungo le guance di Alessandro, che deluso e arrabbiato, se ne
andò per non ascoltare le frasi deliranti del padre. Tasmin
e altri suoi amici lo seguirono con delle facce sconvolte.
<<
E ora che succederà? >> Si chiedeva in continuazione Tasmin
mentre seguiva il fratello; dubitava veramente che il re bandisse Alessandro ma
certe volte non rinnegava mai le parole dette per non mostrarsi troppo debole o
sentimentale con i figli… se Euridice
avesse un maschio, Alessandro rischierebbe sicuramente la vita…
All’improvviso
delle guardie del re fermarono il cammino di Alessandro e gli ordinarono di
fermarsi e di andare subito dal loro signore; di rimando il principe li cacciò
urlando che li avrebbe fatti frustare per la loro insolenza e continuò a
camminare come se nulla fosse successo.
I
soldati però presero per le braccia la sorella del principe e le ordinarono di
seguirli nella stanza del re; Tasmin non riusciva
nemmeno a ribellarsi o a urlare, aveva soltanto un’espressione accigliata e
preoccupata. Cercò lo sguardo di Alessandro ma lui se n’era già andato via.
“Ora
basta soldati. I figli del re devono riposarsi, rimanderemo tutto a domattina”
All’improvviso Efestione, migliore amico di
Alessandro e uno dei soldati più forti dell’esercito, si materializzò a fianco
della principessa e il suo sguardo duro e minaccioso bastò ai soldati per
convincerli a tirarsi indietro.
“Suppongo
che dovrei ringraziarvi” mormorò Tasmin rivolgendosi
a Efestione.
“Andate
da vostro fratello, sono sicuro che ha bisogno del vostro supporto” rispose lui
semplicemente.
“Probabilmente
dovresti andarci tu, invece” la principessa gli lanciò un’occhiata che non
tralasciava dubbi. Lei sapeva.
E
dal suo sguardo pieno di disprezzo e duro Efestione
capì che non le piaceva per niente cosa stava succedendo tra lui e Alessandro.
Non
rispose alla provocazione e se ne andò, facendo un inchino.
Rimase
da sola nel corridoio a pensare cosa lei e il fratello avessero combinato… ci sarebbero state sicuramente delle
conseguenze.
“Sai…”
Ad
un tratto Tasmin sentì una voce dietro di lei e
sospettò fosse un altro soldato venuto a darle ordini.
Ma
quando si girò non era nessuno di questi. Era Cassandro
che le stava sorridendo come una canaglia.
“Le
doti che più ammiro negli uomini, e anche nelle donne talvolta, sono
l’ambizione e la sfrontatezza. Ma devo dire che tu Tess
superi tutte le mie aspettative”
Sorrideva
mentre diceva il suo buffo soprannome e si avvicinò a lei per guardare il suo
bel viso.
Tasmin sospirò. Era inutile ordinargli di smetterla con i soprannomi
o di parlarle sempre in quel tono informale; ormai tanto c’era abituata e lui
non avrebbe mai cambiato il carattere così arrogante e presuntuoso.
“Questa
volta le doti che dici tu potrebbero costarmi la testa e il mio nome”
“Il
re era ubriaco fino al midollo stasera, sono sicuro che domattina non si ricorderà
più niente”
Tasmin lo guardò negli occhi e per la prima volta gli pose una
domanda personale e audace:
“Se
per caso il re cacciasse me e mio fratello sentiresti la nostra mancanza?”
Lei
si avvicinò pericolosamente al suo viso senza indugio o imbarazzo, aspettando
una sua risposta.
“Di
tuo fratello no…” La risposta che sentì era
terribilmente seria e Cassandro diminuì ancor di più
la distanza fra di loro; Tasmin sentì il suo respiro
caldo e delizioso sul suo viso e questo la stordì.
Alla
fine riprese il controllo di sé stessa e si allontanò da quelle labbra
invitanti che se l’avrebbero baciata in quel momento lei non si sarebbe tirata
indietro.
Quei
pensieri la sconvolsero.
“Cosa
vuoi da me Cassandro?” domandò con un fil di voce.
Sentì
una risata strozzata.
“Non
lo capisci?”
“Ho
delle teorie a riguardo… e nessuna mi alletta”
rispose sincera alzando il viso.
“Sono
sicuro che cambierai idea…” sussurrò con voce
profonda.
Si
riavvicinò a lei e le sfiorò delicatamente il viso col dorso della mano, e con l’altra
le accarezzò saldamente la schiena.
Un
brivido le percorse tutto il corpo e dovette resistere con tutte le forze per
non cedere, e alla fine scacciò via le sue mani con violenza e gli disse:
“Non
sono la tua puttana Cassandro e nemmeno una fanciulla
ingenua da rigirarti come ti pare per avere un minimo di potere. Se lo vuoi,
conquistalo da solo, ma da me non otterrai mai niente”
Dopo
aver detto ciò, se ne andò via lungo in corridoi senza mai voltarsi indietro ma
perse senza accorgersene la rosa blu che Cassandro le
aveva regalato quella sera.
Lui
la raccolse da terra e respirò il suo profumo inebriante, sorridendo
soddisfatto.
Ma
se il re avesse davvero cacciato i suoi due figli maggiori, per lui sarebbe
stata la fine dei suoi sogni.
Tuttavia
si convinse che il destino non gli avrebbe remato contro questa volta; anzi
l’avrebbe riunito nuovamente a lei.
Era
una sfida molto allettante e ambiziosa; per questo gli piaceva così tanto.
Sorridendo
e tenendo ancora la rosa blu di Tasmin fra le mani,
se ne andò nelle sue stanze.
FINE
CAPITOLO
Perdonate
per le inesattezze storiche! Lo so che Alessandro non ha avuto una sorella che
si chiamava Tasmin ma gli altri nomi non mi piacevano
per niente eheh
Spero
che vi sia piaciuto e che leggerete il prossimo capitolo!