Salve a
tutti! Per chi non mi conoscesse io son Jess.
L'altra sera vagavo per il tubo alla ricerca di video di cross-over
disney e mi sono dedicata ad una vera e prorpia maratona di ArielxJim.
Così è arrivata l'ispirazione per questa storia,
un genere nuovo per me. Spero vi piaccia e vi incuriosisca. Fatemi
sapere la vostra opinione, vi mando un bacio, a presto ♥
Capitolo
Primo
Ariel
ora fissava il regno con occhi diversi. Tutto ciò di
cui era perdutamente attratta e innamorata adesso acquistava un altro
valore.
Sognava piedi e strade, desiderava di
vivere fuori dall’immenso oceano, respirare aria
e scoprire a cosa
servissero tutti quegli strani oggetti che collezionava furtivamente.
Voleva
davvero realizzare quel suo sogno, ma non in quel modo.
“Ariel” chiamò Acquata sbucando
dall’acqua. Si appoggiò
sulla roccia più vicina, lì nella Baia della Luna.
“No… no, io non posso!” rispose la
sirena dalla lunga chioma
rossa senza neppure voltarsi per guardarla in viso.
“So che è difficile, ma pensa ad Attina; lei ora
è felice,
il re William è con lei un buon uomo. Non è
sempre stato questo il tuo sogno?
Vivere sulla terra ferma?”
“Non così, non sposando un principe che neppure
conosco, che
non ho mai visto. Parli di Attina poi, lei non
è più venuta a trovarci se non di
nascosto.”
Ariel si voltò per guardare la sorella. Gli occhi di Acquata
erano comprensivi e dispiaciuti.
“Il mio sogno non era proprio questo…”
sussurrò guardando il
lontano palazzo reale.
“Vorrei che le cose non fossero andate
così.”
“ Credimi, lo vorrei anche io…”
sentenziò Ariel prima di
voltare la coda e dissolversi nell’oceano in una manciata di
secondi.
Scivolava attraverso l’acqua sempre più veloce;
superava
coralli e piccole creature marine senza voltarsi, accarezzava anemoni e
conchiglie, mentre puntava dritta alla caverna delle meraviglie,
così come lei
la rinominò
qualche anno prima.
Vi entrò di getto guardandosi intorno come fosse confusa e
spaesata. I suoi occhi cominciarono a farsi lucidi e avvertì
come un pugno allo
stomaco prima che le lacrime iniziassero a solcare il suo viso roseo.
Ariel si
scaraventò sulle decine di oggetti appartenenti al mondo
umano, collezionati
con cura e amore, e gettò tutto sul suolo sabbioso cercando
di buttar via così
anche la sua tristezza e la sua rabbia.
Sapeva che sarebbe cambiato tutto. L’Ariel che desiderava di
scappare dall’acqua, la stessa sirena che sognava un amore
vero e puro, un
futuro gioioso e sereno, ora doveva far posto ad una prossima ragazza
umana,
senza la sua coda, senza più i suoi sogni.
“Fa parte del patto”
, cercava di riflettere e convincersi.
La pace tra il regno del re William e Atlantica era
stabilita da un legame accordato anni prima: quando il regno
dell’oceano fu
scoperto e messo in pericolo, fu deciso che, per mantenere la
serenità tra
loro, una delle figlie di Tritone avrebbe dovuto sposare il sovrano. Fu
così
che la più grande, Attina, fu data in moglie al re William.
Quest’ultimo, però,
aveva un figlio, avuto dalla regina defunta, Eric.
Erano passati ormai anni dal matrimonio ed Eric era
cresciuto.
“La più giovane delle
tue figlie, sposerà il mio Eric, è
deciso!” Con queste parole il re William
scrisse il futuro di Ariel, che ora sola distesa senza neppure
più lacrime,
fissava l’apertura più alta della caverna,
cercando di immaginare nuovi sogni e
nuove speranze.
“Ariel,
Ariel! Sei qui?” la rassicurante voce di Flounder
ruppe come vetro i suoi pensieri piombando nella caverna come una
saetta.
“Oh Flounder!”. Gli occhi di Ariel si accesero di
speranza
vedendo l’amico.
“Devi correre, vieni con me. C’è una
cosa che devi vedere
assolutamente!” disse frettolosamente con lo sguardo eccitato
e gioioso.
“Dove? Cosa c’è?”
“Non ora, vieni a vedere con i tuoi occhi!” sorrise
incitandola a seguirlo.
Ariel e Flounder nuotarono fino alla Baia dove prima la
sirena si era rifugiata.
Da sotto la superfice Ariel notava una grossa ombra scura
delimitata dalla splendente luce del sole.
Si fermò ammirando e immaginando di cosa si trattasse.
Pensava già a tutti i nuovi oggetti che avrebbe potuto
scoprire e portare con
se, accantonando per un po’ così la tristezza e la
delusione.
“Wow” disse prima di arrivare a pochi metri da essa.
“Ma dove vai? Di qua!” decise Flounder per
allontanarsi dal
pericolo di essere visti.
Fecero silenziosamente capolino dall’acqua da dietro una
grande roccia scoprendo così l’ombra imponente.
Ariel sbarrò gli occhi meravigliata e affascinata. Dei tanti
velieri avvistati nella sua vita quello era sicuramente il
più bello. Aveva il
colore scuro dei tronchi degli alberi della terra vicina ed era
costellato di
dettagli color fumo, neri come neppure la notte lo era a volte.
Sembrava maestoso e rispettabile. Scintillavano le
rifiniture in argento e le imponenti vele issate.
“Guarda su!” disse Flounder sottovoce.
Ariel alzò lo sguardo all’albero maestro. Il sole
le impedì
di mettere a fuoco qualcosa che sventolava appena. Portò la
mano alla fronte
per parare gli occhi dalla luce e comprese la meraviglia
dell’amico.
Era una bandiera grigia con il simbolo dei pirati e una
grande freccia d’argento disegnata in diagonale.
“O mio Dio! M-ma, ma sono pirati!”
Ariel era eccitata e preoccupata al tempo stesso. Il cuore
le batteva forte e le sue pupille acquistarono vivacità. Non
era la prima volta
che Ariel incontrava una nave dei pirati, ma l’ultima volta
che accadde,
Athena, regina d’Atlantica nonché sua madre, perse
la vita.
Improvvisamente la bandiera cominciò a scendere
dall’albero
maestro facendo posto ad un più modesto stendardo blu e
bianco, con diversi
simboli su di esso.
Ariel sgattaiolò via immergendosi in acqua per raggiungere
una più alta roccia. Voleva guardare meglio chi stesse su
quel veliero cercando
di capire le intenzioni di quei pirati forse finti.
Flounder la raggiunse dopo pochi secondi.
“Ariel sei pazza! Scendi di lì, ti
vedranno!” l’avvisò
attento di non alzare troppo il volume della sua voce.
“Shhh! Solo pochi minuti”.
Da lì riuscì a vedere chi popolava la nave.
C’erano due ragazzi. Uno aveva i capelli lunghi biondi
legati insieme da un pezzo di stoffa. Portava una bandana rossa e aveva
con sé
una lunga e strana spada. Sedeva sul bordo del galeone, dando le spalle
alla
sirena e tenendo lo sguardo rivolto verso il regno della terra ferma.
L’altro, che sembrava più giovane, sistemava delle
funi
accanto ad un albero. Aveva i capelli molto corti e scuri,
così come anche il
colorito della sua carnagione. Ariel non poté fare a meno di
notare le due
pistole che portava alla cintura.
Entrambi non sembravano dei veri e propri pirati. Il viso
del ragazzo che la sirena poteva vedere era gentile, quasi
rassicurante, e gli
atteggiamenti dell’altro sembravano pacati e tranquilli.
Ariel diede un ultimo sguardo. Sembrava strano un intero
veliero occupato da due sole persone.
Fece così un cenno a Flounder acconsentendo la ritirata,
prima che però sentisse il rumore di quella che sembrava una
porta sbattere e
il suono di una voce maschile provenire proprio dall’oggetto
della sua
attenzione.
“Aspetta!” disse rivolgendo di nuovo lo sguardo
dinnanzi a
sé.
“Ma Ariel, siamo troppo vicini!”
Vide così una terza persona. Era un ragazzo, non moto alto,
dai capelli castani lunghi alle orecchie e con indosso una giacca scura.
Sorrideva a quello biondo ancora seduto sul bordo della
nave. Ariel riuscì a sentire il suono della sua risata.
“Perché sorridi, cosa vedi?” chiese
Flounder incuriosito.
La sirena non si accorse neppure che le sue labbra
acquistarono l’incurvatura di un sorriso mentre il suo
sguardo era attratto da
quel ragazzo.
Sembrava gentile e simpatico. Trovava divertente e
interessante osservarlo e seguire i suoi comportamenti.
Il ragazzo si avvicinò improvvisamente all’amico
biondo
affacciandosi proprio nella direzione in cui Ariel era appoggiata alla
roccia.
Ammirava compiaciuto il paesaggio, sorrideva e appoggiava lo
sguardo su tutto ciò aveva dinnanzi. Ariel non riusciva a
staccare gli occhi da
quella figura fin quando però non sembrava guardare proprio
verso di lei.
“Uh!” esclamò la sirena nascondendosi
dietro la roccia in un
veloce movimento.
“Ti hanno vista?”
“Credo di no”
“Andiamo ora Ariel. Per oggi credo può
bastare…!” disse
Flounder ironico.
Ariel sorrise. “Si… hai
ragione…”
Prima di sparire nell’oceano pose l’ultimo sguardo
al
veliero e al ragazzo che ora sistemava anche lui le funi insieme
all’amico.
Pensò che la sua risata non era male e con un colpo di coda
tornò sott’acqua raggiungendo il pesciolino giallo.
-
Erano
passati tre giorni dall’arrivo del veliero e ogni
mattina Ariel tornava ad ammirare la vita dei tre giovani in nave.
Jim,
così si chiamava il ragazzo la cui risata rimase
impressa ad Ariel. Scoprì il suo nome mentre Alexander, il
giovane dai capelli
chiari, urlò il suo nome per farlo avvicinare.
Ogni mattina la sirena scopriva quante nuove espressioni il
suo volto potesse acquistare, avvicinandosi sempre di più
all’imponente nave.
Scoprì di Jim una cicatrice in volto, sopra
l’occhio destro e riuscì a
comprendere che il loro arrivo non era casuale. Parlavano spesso di un
qualcosa
avvenuto ad una locanda che sembrava essere estremamente importante per
loro e
che per la sirena divenne fonte di una costante curiosità.
Quella
mattina però, Ariel non poté andare a far visita
alla
Baia della Luna poiché aveva un incontro stabilitele dal
padre, il re Tritone.
“Ariel dobbiamo arrivare al Triangolo Sabbioso tra pochi
minuti. Dobbiamo sbrigarci!”
“C-certo padre… Arrivo subito..”
La sirena si torturava preoccupata le mani cercando di
respirare in modo regolare, promettendo a se stessa di non permettere
alla
rabbia di prendere il sopravvento.
Si mise da subito in viaggio con il padre e cinque guardie
reali verso la costa adiacente al palazzo del regno della terra ferma.
Quel giorno sarebbe stato l’inizio per lei di una nuova
vita. Il re William voleva che il giovane Eric e la sirena si
incontrassero affinché
potessero conoscersi e scoprirsi prima dell’imminente
matrimonio.
Ariel era preoccupata. Non sapeva chi aspettarsi, se un
ragazzo tutto muscoli e niente cervello oppure un principe egoista e
spavaldo
che desiderava per sé una moglie silenziosa e servizievole.
Nuotarono in fretta fino al Triangolo Sabbioso dove, al loro
arrivo, erano presenti due guardie del palazzo, il re William e una
figura
nascosta dietro quest’ultimo. La sirena capì da
subito che si trattava del suo
futuro marito.
Ariel
si appoggiò alla roccia più vicina
così come suo padre
mentre le guardie si posizionarono poco distanti da loro. Il re William
si
avvicinò insieme ai suoi ufficiali e subito dietro di lui
avanzava il principe,
il cui viso era ancora misterioso agli occhi della sirena.
“Re Tritone!” salutò il sovrano prima di
dedicare lo sguardo
alla piccola Ariel “Ariel, principessa, vorrei presentarti il
mio Eric,
principe del nostro regno!”.
Ariel abbassò lo sguardo in segno di rispetto,
così come
insegnatole dalla governante, e poté vedere poi per la prima
volta il viso di
Eric.
Il blu dei suoi occhi era intenso come il colore del cielo
al mattino e i suoi capelli neri sventolavano nella leggera brezza
dell’oceano.
Aveva indosso una divisa reale e portava alla cinta una spada
infoderata. Il
suo sguardo sembrava gioioso e spensierato come se per lui non fosse un
problema quell’incontro e le conseguenze che esso avrebbe poi
comportato.
Ariel pensò che il giovane era davvero bello e aggraziato,
ma
la sua preoccupazione non svanì.
Il principe si fece avanti lentamente, affondando gli
stivali neri lucidi nei milioni di granelli di sabbia scintillanti,
fissando la
sirena premurosamente. Le sorrise gentile, ma inconsapevole del motivo,
Ariel
cercò in lui il suono di una risata sconosciuta.
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