Eccomi qui con la shot che ha partecipato al contest di Natale, sono
comunque molto contenta di come è venuta, mi sono cimentata in una
trama non facile, ma appena ho letto il contest la mia mente ha
partorito questa trama e ho dovuto scriverla. Non è la classica shot
natalizia me ne rendo conto però a me piace.
Se tutto va bene domani avrete anche notre dame, se no c'è da aspettare
un pochino. Ricordo che ho scritto anche una fantasi che si chiama il
pulsare velenoso del cuore, se vi va fateci un salto.
Sono molto orgogliosa di tutte le mie storie in corso.
Anno
del
Signore
2011.
Manhattan
è
un
tripudio
di
luci
e
suoni.
Tra
pochi
giorni
sarà
Natale,
e
qui
c'è
un
clima
di
festa
che
mi
rende
triste.
E'
da
anni
oramai
che
io,
in
questa
festa,
non
ci
vedo
niente
di
magico
e
niente
di
speciale.
Da
anni
la
odio.
Da
anni
vorrei
che
sparisse
dal
calendario
insieme
a
tutte
le
sue
canzoncine
e
filastrocche.
Mi
chiamo
Rosalie
Hale
e
la mia vita è un inferno.
Da
piccola
amavo
il
Natale,
in
parte
per
i
regali,
in
parte
per
il
clima
di
festa
che
si
respirava
a
casa
mia,
mamma
e
papà
stavano
a
casa
dal
lavoro,
ed
io,
libera
dalla
scuola,
passavo
la maggior parte del
tempo
con
la
mia
migliore
amica,
Vera.
Eravamo
inseparabili, e durante le festività passavamo praticamente tutti i
giorni insieme, solo il pranzo di Natale lo passavamo separate per
poi riunirsi subito dopo, raccontandoci dei regali che avevamo
ricevuto e giocando con alcuni di essi.
Quelli
sono stati i Natali più felici della mia vita.
Ero
una bambina serena, senza problemi, senza preoccupazioni, credevo che
il mondo fosse perfetto e che sarei stata sempre felice come lo ero
in quei giorni.
Mai
la mia realtà si è discostata così tanto dalla mia fantasia.
Crescendo
smisi di credere a Santa Claus, ma non per questo il mio amore per la
ricorrenza venne meno. Anzi...
L'amore
per questa festa era, se possibile, aumentato perché ne riuscivo a
comprendere lo spirito.
Era
l'amore quello che rendeva la ricorrenza magica, non i regali o le
feste. Era la magia dell'amore che si liberava nell'aria a rendere
tutto più speciale.
Ora
che so che l'amore non esiste, ora che ho preso coscienza del reale
significato di questa parola, sofferenza e delusione, e non certo
felicità e gioia come vogliono farci credere, mi rendo conto che il
natale non è altro che un'enorme menzogna, la più infame che si
possa raccontare ai bambini perché poi se la trascinano fino alla
fine della loro vita se non hanno avuto la sfortuna, come me, di
incontrare qualcuno che aprirà loro gli occhi.
Nel
mio caso l'ingrato compito di farmi crollare giù dal mio mondo
fatato tocco a Royce King.
Conobbi
Royce che andavo ancora al college, non frequentava i miei stessi
corsi ma era impossibile non notarlo sia per il modo di fare da duro
sia per la ricchezza che aveva e che gli consentiva di venire a
scuola come se fosse un modello di una qualche casa di moda.
Era
bello da impazzire, quando varcava la soglia del college tutte le
ragazze si voltavano a guardarlo sperando che lui notasse qualcuna di
loro, mentre i ragazzi lo fissavano per lo più con invidia, avendo
capito perfettamente che con lui non avrebbero mai potuto competere.
Tra
le ragazze che se lo mangiavano con gli occhi c'ero anche io, specie
quando lo vedevo varcare la soglia mentre si toglieva gli occhiali da
sole che non abbandonava mai, neanche di inverno e mostrava a tutti i
suoi bellissimi occhi azzurro ghiaccio.
Ricordo
ancora la prima volta che mi sorrise, sentii le guance avvampare e
nascosi il volto dietro lo sportello del mio armadietto. Non volevo
far capire a nessuno che mi piaceva, tanto meno a Royce, circolavano
voci sul fatto che per lui le donne fossero solo dei giocattoli e per
quanto lui mi piacesse molto avevo deciso che non sarebbe bastato un
suo sorriso a mandarmi a gambe all'aria.
Non
volevo essere una delle tante per un uomo, lui compreso, se una
persona voleva costruire qualcosa con me, quel qualcosa doveva essere
profondo e duraturo, non una semplice avventura.
A
quel sorriso ne seguirono molti altri, a cui io rispondevo a mia
volta sorridendo, ma a differenza delle altre ragazze presenti al
college, non mi facevo mai avanti con lui cercando di iniziare una
conversazione.
Avevo
deciso che doveva essere lui a cercarmi, e se non mi avesse cercato,
bhé me ne sarei fatta una ragione.
Non
passarono molti mesi che una mattina, mentre ero con la testa immersa
nel mio armadietto, sentii una voce sussurrarmi:
«Buongiorno,
è da un po' che ti osservo, sei una ragazza particolare, posso avere
l'onore di presentarmi? Mi chiamo Royce, Royce King e tu?»
«Rosalie,
Rosalie
Hale...»
«Lieto
di
fare
la
tua
conoscenza
miss
Hale,
posso
accompagnarti
alla
prossima
lezione?
Che
cos'hai»
«Letteratura,
grazie...»
Mi
accompagnò
all'aula
cominciando
a
farmi
domande
su
di
me,
sulla
mia
vita
sulla
mia
famiglia,
domande
che
mi
facevano
piacere
e
che
mi
facevano
sentire
orgogliosa
del
fatto
che
tra
tutte
le
ragazze,
era
proprio
con
me
che
stava
parlando.
Ancora
non
sapevo
che
per
me
sarebbe
stato
meglio
se
Royce
quella
mattina
avesse
rivolto
le
sue
attenzioni
altrove.
Da
quella mattina Royce prese l'abitudine di aspettarmi all'entrata e di
accompagnarmi ad ogni lezione, facendomi domande su domande e
ignorando tutte le mie.
Quando
gli domandavo qualcosa della sua famiglia lui glissava sempre,
sostenendo che non andavano affatto d'accordo e che non voleva
parlare di quelle cose perché correva il rischio di rattristarsi.
Già
completamente infatuata di lui gli credetti e decisi di non insistere
più con altre domande sulla sua famiglia.
Del
resto quale ragazza -mi dicevo- fa soffrire l'uomo che desidera con
domande indiscrete? Senza contare poi che sulla sua famiglia non
circolavano chiacchiere di nessun tipo, quindi evidentemente non
erano persone che davano adito a pettegolezzi.
Per
molto tempo andammo avanti così, vivendo il nostro rapporto nei
momenti di pausa scolastici e qualche volta a mensa anche se lui
stava quasi sempre con la squadra di basket di cui era capitano.
Mi
sarebbe piaciuto dare una svolta alla nostra storia, sapere che cosa
eravamo se per lui ero una ragazza come tante o se stavo cominciando
ad occupare un posto speciale nel suo cuore, perché lui stava
cominciando ad occupare un posto molto speciale nel mio.
Mi
stavo innamorando di Royce King, non ci mancava molto e poi avrei
perso definitivamente la testa per lui, mi era diventato necessario,
se ritardava alla porta dell'aula dove avevo lezione lo cercavo con
lo sguardo nel corridoio, preoccupata di poterlo trovare tra le
braccia di qualche ragazza più carina di me. La mattina passavo ore
a prepararmi per rendermi più desiderabile ai suoi occhi, avevo
sempre messo particolare cura nel vestirmi ma da quando avevo
iniziato a frequentare Royce la mia attenzione per la cura dei
particolari e per l'abbigliamento era aumentata.
Volevo
piacergli, volevo che mi trovasse seducente, io lo trovavo
bellissimo, sensuale ero attratta da lui fisicamente e mi stupiva la
sua maturità rispetto a tanti miei compagni di college che si
interessavano solo di football e di ragazze.
Royce
mi sorprendeva sempre con dei discorsi molto profondi e brillanti e
questo non faceva altro che aumentare l'attrazione e l'amore che
provavo per lui... Desideravo con tutto il cuore che anche lui mi
notasse e anche se cercavo di non mettergli fretta, il mio umore
peggiorava nel vedere che la situazione rimaneva immutata e che noi
due non ci muovevamo di una virgola dalla posizione di quiete che
avevamo trovato.
O
almeno io credevo che non ci muovessimo di una virgola, in realtà
Royce stava già macchinando nella sua mente un piano che definire
diabolico e geniale sarebbe senz'altro stato riduttivo.
Passò
qualche altro mese, mese in cui Royce si avvicinò a me anche dal
punto di vista fisico, infatti aveva preso l'abitudine di prendermi
per mano quando mi accompagnava a lezione; la prima volta che la sua
mano calda sfiorò la mia il mio cuore perse un ulteriore battito, la
sua pelle morbida a contatto con la mia mi aveva fatto rabbrividire
ed una strana sensazione di languore si stava impossessando del mio
basso ventre, avrei voluto baciarlo, lì in mezzo al corridoio,
davanti a tutta la classe, ma la parte orgogliosa di me mi diceva di
resistere, se mi fossi comportata come le altre, Royce non si sarebbe
mai interessato veramente a me, e mi avrebbe abbandonato.
Detestavo
questo mio lato orgoglioso, specie quando questo entrava in conflitto
con il mio lato passionale ed istintivo, ma anche stavolta decisi di
dargli retta e non feci niente di niente, mi limitai a stringere la
sua mano e a continuare a camminare, con il cuore gonfio di felicità
e pieno di tristezza dall'altra perché la situazione mi appariva
sempre più ingarbugliata.
Fu
verso la fine dell'anno scolastico che la tanto attesa svolta arrivò,
era in programma il solito ballo di fine anno, ed io ero in profonda
crisi: avrei voluto invitare Royce, ma temevo un suo rifiuto, del
resto invitare qualche altro ragazzo dopo che per quasi tutto l'anno
ero stata appiccicata a Royce mi sembrava ancora più assurdo.
Senza
contare che nella mia testa già ronzavano le voci maliziose delle
mie compagne che avrebbero malignato sulla fine della mia storia con
Royce e su quanto lui si fosse stufato di una ragazza noiosa e banale
come me.
Invece,
anche questa volta Royce mi stupì: come mi vide entrare a scuola mi
prese per mano e invece di condurmi a lezione mi portò in un luogo
appartato situato nel giardino dell'edificio.
Quando
si fermò prese le mie mani e le strinse nelle sue.
«Royce
che hai?» gli chiesi preoccupata da quel suo lungo silenzio...
«Rosalie,
in questo anno ho imparato a conoscerti e ad apprezzarti per la
splendida ragazza che sei ed ho visto dentro di te la splendida donna
che diventerai, ti va di diventare la mia ragazza e di venire con me
al ballo di fine anno?»
Non
riuscivo a credere alle mie orecchie, a Royce King io piacevo e non
mi trovava solo attraente no, gli piacevo tanto da volermi come sua
ragazza e voler venire al ballo con me, e non mi importava se non ero
stata io a chiederglielo, la felicità di aver raggiunto il mio
obiettivo era troppa per star dietro ai dettagli.
Royce
tra tutte aveva scelto me, se era un sogno non volevo essere
svegliata, mai.
Poi
accadde la cosa più bella di quel giorno. Royce mi baciò, e lo fece
con un trasporto e con una passione tale che per la prima volta in
tutta la mia vita mi sentii completa e felice.
Avevo
trovato la mia metà nel mondo ed ero convinta di essere lo stesso
per lui.
Da
quel giorno io e Royce fummo inseparabili, mi rendeva felice
completa, mi faceva sentire amata e speciale.
Spesso
mi ritrovavo a fantasticare sulla mia vita con lui, mi immaginavo
sposata, con dei bambini, immaginavo, di fargli passare il giorno di
Natale con me e la mia famiglia, dal momento che lui aveva problemi
con la sua.
I
miei genitori sarebbero stati felici di accoglierlo in quel giorno,
nella festa dell'amore più profondo ed assoluto.
Poi
gli avrei presentato la mia amica Vera, che nel frattempo aveva
trovato un ragazzo prima di me.
Sognavo
uscite di noi 4, speravo che Royce potesse andare d'accordo con Vera
ed il suo ragazzo così come ci andavo io.
Vera
fu la prima delle persone a me care che gli presentai, avevo riposto
tutte le mie speranze in quella cena, ed invece cominciò proprio da
lì la mia discesa verso l'inferno.
Solo
che allora non ne ero consapevole.
Avevo
lasciato a Vera il compito di scegliere il locale, volevo che fosse
lei ad organizzare la serata perché di lei mi fidavo, perché volevo
farla sentire importante e volevo farle capire che tra me e lei non
era cambiato niente.
Quando
io e Royce arrivammo al locale vidi il suo volto rabbuiarsi.
Alle
mie numerose richieste di spiegazioni iniziò a ripetermi che non
aveva niente, che non mi dovevo preoccupare.
Durante
la cena Royce si chiuse in un mutismo assoluto, tutte le domande che
Vera gli rivolgeva sembravano cadere nel vuoto.
Usciti
dal locale Royce mi disse chiaro e tondo che la mia amica Vera non
gli piaceva, che era troppo infantile per me, per noi, che una
bambinetta come lei non avrebbe mai potuto capire l'amore, la
passione ed il desiderio che provavamo l'uno per l'altro e che per
questo avrei dovuto passare meno tempo possibile con lei. In fondo
ora avevo lui, lui sarebbe stato il mio migliore amico, il mio
confidente il mio tutto.
Stupidamente
gli credetti, e rallentai fin da subito i miei contatti con Vera,
contatti che cessarono a metà del primo anno di università.
Arrivò
anche il tanto atteso ballo di fine anno, quella sera mi ritrovai in
camera mia a prepararmi, felice e triste allo stesso tempo. Felice
perché quella sera sarebbe stata la nostra serata, mia e di Royce, e
profondamente triste perché per la prima non c'era più Vera con me
a prepararci insieme per una festa.
Mi
mancava, tremendamente. Ma la tristezza passò presto non appena vidi
Royce davanti alla mia porta di casa, con in mano il bouquet di
orchidee bianche che scambiava quattro chiacchiere con i miei. Era la
prima volta che si incontravano, ed io speravo ardentemente che
almeno con i miei potesse andare d'accordo, speravo che potessero
prendere il posto di quella famiglia con cui non andava d'accordo.
Conoscevo i mie genitori abbastanza bene da sapere che non si
sarebbero fatti problemi ad accoglierlo come secondo figlio se Royce
mi avesse fatto veramente felice. E felice lo ero, o almeno credevo
di esserlo.
Il
ballo fu fantastico, io e Royce passammo tutto il tempo insieme, lui
mi teneva stretta a sé mentre ballavamo e mi sussurrava parole dolci
all'orecchio. Poi a festa finita mi chiese se volevo andare da lui,
visto che i suoi erano fuori città per affari. Accettai. Sapevo che
molto probabilmente saremmo finiti a fare l'amore ma non mi
preoccupava la cosa, sebbene fossi vergine ero convinta che Royce
fosse quello giusto e non mi sarei fatta problemi nel donarmi a lui,
lo amavo sopra ogni cosa.
Arrivati
a casa prese a baciarmi con foga e passione, ed io ricambiavo con
ugual trasporto, mentre le sue mani vagavano sul mio corpo iniziando
a spogliarmi e portandomi verso quella che doveva essere camera sua.
Una volta giunti nella stanza Royce finì di spogliarmi e poi si
spogliò velocemente mentre riprendeva a baciarmi sempre con più
passione. Non so ancora dove trovai la forza per fermarmi un attimo e
confessargli che ero vergine... Pensavo che in quel momento si
fermasse e mi mandasse via, invece mi disse una cosa che lì per lì
non capii appieno troppo sconvolta dal momento che stavo vivendo:
«lo
so per questo ti ho scelta»
Poi
mi amò in una maniera dolcissima ed intensa per tutta la notte,
certo un po' di dolore lo provai ed il piacere arrivò molto dopo, ma
rispetto alle mie amiche potevo ritenermi soddisfatta di come era
andata.
L'estate
fu perfetta, andammo in vacanza insieme e passammo il tempo a
rilassarci e ad amarci.
Poi
arrivò il momento di andare all'università, avevamo fatto domanda
per la stessa università non sopportando di stare separati neppure
per un giorno e stranamente ci accettarono... Fu in quel periodo che
Royce cominciò a cambiare atteggiamento nei miei confronti, mi stava
sempre addosso in maniera quasi ossessiva, chiedeva continuamente
cosa facessi, dove fossi, chi avevo come compagno di banco ai corsi,
mi diceva che dovevo dare pochissime relazioni ai miei compagni di
corso, perché loro erano solo invidiosi di noi due e avrebbero fatto
di tutto per portarmi via da lui.
Pretendeva
che tornassi in stanza appena finite le lezioni se tardavo di qualche
minuto me lo trovavo davanti alla porta a passeggiare su e giù
nervosamente, come mi vedeva mi assaliva, chiedendomi dove fossi
stata e come mai avevo tardato, poi mi spingeva in camera e faceva
l'amore con me in fretta e furia più come a voler marcare il
territorio che come modo per amarci.
Dopo
un paio di mesi provai a parlarci, gli dissi che così non potevamo
continuare, non ne potevo più dei suoi continui dubbi su di me e sul
nostro amore o si dava una calmata o lo avrei lasciato. Non ero un
suo oggetto, ma una persona e volevo che di questo si rendesse conto.
Appena
finii il discorso Royce scoppiò a piangere come un bambino, si scusò
per come mi aveva trattato dandosi dell'idiota per avermi fatto
soffrire, purtroppo si era scoperto molto geloso di me dopo la nostra
prima volta insieme e la paura che io potessi essere di un altro così
come ero stata sua lo faceva reagire in quel modo.
Mi
chiese di aiutarlo, dicendomi che solo io potevo placare quel mostro
colmo di gelosia che aveva dentro di sé, e quando io gli chiesi cosa
dovessi fare lui mi propose di sposarci.
Ero
perplessa, e anche impaurita pensavo di essere troppo giovane per
sposarmi, ma lo amavo veramente molto e se il matrimonio poteva
ridargli un po' di serenità avrei acconsentito volentieri a
sposarlo.
Accettai
la sua proposta e gli chiesi di poter avere una bella cerimonia con
amici e parenti, volevo che quel giorno fosse speciale per me e per i
miei familiari, volevo che mi vedessero finalmente felice ed al
sicuro con l'uomo che avevo scelto di amare per tutta la vita.
Ma
anche stavolta Royce disse che non era possibile, che il vedere la
mia famiglia lì riunita non avrebbe fatto altro che renderlo ancora
più triste per il non poter avere la sua lì visti i pessimi
rapporti in cui erano.
Ancora
una volta per il troppo amore cedetti, trovammo una chiesetta
sperduta nei dintorni dell'università e ci sposammo lì. Niente
abito bianco in grande stile, nessun padre ad accompagnarmi
all'altare, solo io lui ed il prete che ci sposava.
Basta
l'amore mi dicevo, con l'amore che nutrite l'uno per l'altro puoi
superare anche questa mi dicevo.
Ma
l'amore non basta, specie quando non è vero amore.
I
miei genitori ci rimasero malissimo per non essere stati invitati
alle nozze, ci tenevano a presenziare al giorno più bello per la
loro unica figlia, io ero già nervosa di mio e litigai con loro
accusandoli di volermi portare via da Royce, e giurai che non li
avrei più cercati.
I
primi tempi dopo il matrimonio Royce sembrava davvero migliorato, era
meno nervoso e mi lasciava i miei spazi, ma la calma non durò a
lungo.
Ben
presto Royce cominciò a ritardare la sera sempre più inquieto e
nervoso, tornava tardi la notte e se gli chiedevo spiegazioni mi si
fogava contro dicendo di non intromettermi che aveva problemi ai
corsi che era nervoso e che dovevo lasciarlo in pace. Una notte non
sentii il suo corpo vicino al mio e cominciai a girare per la casa
che avevamo preso dopo le nozze. Sentii la sua voce provenire dal
piccolo studiolo, e mi avvicinai piano...
«Sì
papà
qui
tutto
bene
e
lì
da
voi?
No
chiaro
che
ancora
non
sospetta
di
niente,
le
dico
sempre
che
ho
problemi
con
i
corsi
e
che
mi
deve
lasciare
in
pace.
Ovvio
che
sono
felice
di
essere
entrato
nella
famiglia
a
tutti
gli
effetti,
sognavo
di
diventare
come
te
fin
da
quando
ero
piccolo.»
Famiglia
quale famiglia...
«Tranquillo
papà
con
James
ho
già
parlato,
non
proverà
a
fregarci
la
roba
anche
stavolta,
sa
benissimo
cosa
gli
tocca
sennò...»
Roba?
Famiglia? Ma chi era Royce? Chi avevo sposato?
Tornai
a letto, ringraziando Dio che non mi avesse visto, ma da quella notte
qualcosa dentro di me si spezzò, cominciai a non fidarmi più di
lui, e quando mi lasciava sola in casa frugavo alla ricerca di indizi
che mi facessero scoprire chi fosse Royce veramente.
Dovetti
quasi rischiare la vita per scoprirlo.
Una
sera fui trattenuta più a lungo in Università, quando rincasai mi
aspettavo di trovare mio marito in salotto pronto ad aggredirmi per
il mio ritardo ed invece lui non c'era.
Il
non trovarlo lì mi spaventò quasi più che la sua sfuriata, ma
decisi di non preoccuparmi e mi recai in camera a cambiarmi, mentre
mi avvicinavo sentivo delle voci ridere e scherzare, la porta era
socchiusa e quando mi affacciai trovai Royce a letto con un'altra.
Mi
crollò il mondo addosso, spalancai quella porta e mi avventai contro
di lui e la sua amante urlandogli di tutto, fu allora che Royce si
rivelò per quel che era realmente...
Tirò
fuori la pistola e me la punto contro, urlandomi di smetterla di
urlare e di lasciarlo in pace altrimenti...
«Altrimenti
cosa
Royce...»
«Altrimenti
ti
ammazzo,
come
ammazzo
tutti
coloro
che
si
mettono
sulla
mia
strada...»
«Ma
chi
sei
veramente
eh?
Chi
sei?»
«Colui
che
succederà
a
mio
padre
a
capo
della
sua
organizzazione
criminale,
colui
che
ti
ha
raccattato
dalla
monotonia
in
cui
stavi
e
ti
ha
scelto
come
compagna,
malgrado
tu
sia
insignificante,
colui
che
ti
mantiene,
ora
stai
buona
vattene
e
lasciami
in
pace»
«Certo
che
me
ne
vado,
vado
alla
polizia
e
ti
denuncio,
brutto
stronzo...»
«Oh
no
mogliettina
cara
non
farai
niente
di
tutto
questo...»
E
mi colpì con il calcio dell'arma facendomi perdere i sensi, poi
sentii uno sparo e poi più niente...
Mi
risvegliai molto tempo dopo in ospedale, accanto al mio letto trovai
un agente di polizia che mi spiegò come ci ero finita lì, mi disse
che solo la chiamata tempestiva dei vicini che avevano udito lo sparo
aveva evitato che io morissi dissanguata. Mi disse anche che già da
tempo erano in corso indagini sul padre di Royce e mi svelò tutte le
menzogne che mi aveva raccontato mio marito...
Mi
nascosero per un tempo indefinito, ero sopravvissuta e per mio marito
rappresentavo ancora una minaccia, quindi fino a che non lo
arrestarono io sparii dal mondo, nemmeno con la mia famiglia in
teoria avrei potuto avere contatti. Come se ne avessi ancora una.
Quando
alla fine lo presero mi chiesero di testimoniare contro di lui, se
non ci fossero state prove sufficienti per una condanna per
associazione a delinquere almeno quella per tentato omicidio non
gliela avrebbe tolta nessuno.
Lo
feci, lo feci guardandolo negli occhi, lo feci e mentre parlavo mi
rendevo conto di quel che Royce mi aveva portato via, la mia
famiglia, i miei amici, i miei sogni. Ero sola oramai.
Pochi
giorni prima di natale arrivò la sentenza che condannò Royce per
tentato omicidio e associazione a delinquere.
Da
quel giorno io sono sola, mi sono trasferita qui senza conoscere
nessuno, un posto in cui stare soli per me valeva l'altro, chiamare i
miei mi sembrava fuori discussione, specie dopo come li avevo
trattati, avevo provato due o tre volte a farlo ma riattaccavo sempre
appena sentivo la loro voce.
In
questo periodo i ricordi mi perseguitano, è vietato per me
ricordare, è vietato per me pensare al natale, è vietato tutto.
Natale è la celebrazione di ciò che ho perso e che non ho più.
Natale è per me un giorno di dolore.
Il
campanello suona, lo lascio andare sperando che chiunque sia capisca
che non è il caso e sparisca.
Ma
chiunque sia non demorde quindi per non far preoccupare gli altri del
palazzo decido di aprire.
Davanti
a me c'è un ragazzo alto, muscoloso, capelli biondo scuro ed occhi
azzurri. Mi guarda e mi sorride, ha dei denti bianchissimi e
perfetti.
Seccata
gli chiedo che c'è, chi è e che cosa vuole, sono volutamente
sgarbata, mai come in questo periodo ho poca voglia di vedere gente.
Mi
dice di chiamarsi Emmet Mc Carthy e mi chiede se il giorno di Natale
posso dare una mano a servire il pranzo all'associazione di
beneficenza che ha aperto da poco nell'edificio accanto al mio, ogni
aiuto è ben accetto, se ho altri impegni posso almeno portare un po'
del cibo che cucinerò per il classico pranzo e lasciarlo da loro.
Per
un attimo mi fermo a pensare che ha una bella voce, ma poi torno in
me e lo mando al diavolo insieme al suo natale.
Sbatto
la porta e torno a sedermi sul mio divano, quando il campanello suona
di nuovo a lungo.
Di
nuovo lui, Emmet, che mi chiede come mai sono così acida, in fondo
non mi ha chiesto niente di sbagliato, come mi sono permessa di
trattarlo così?
Come
mi sono permessa mi chiede? Ma che ne sa lui di quel che ho passato
io? Niente... Cerco nuovamente di cacciarlo via, ma lui mi risponde
che non se ne va se io non gli spiego il perché della porta in
faccia.
Non
so perché, ma faccio ciò che mi chiede, gli racconto la mia vita,
quel che ho passato, cosa provo sotto le feste natalizie, il
desiderio di rivivere quell'illusione che avevo da bambina e che ora
ho scoperto essere una menzogna.
Gli
parlo dei miei genitori di quanto mi mancano, di che pessima figlia
sono stata. Di quanto mi sento sola in questo periodo.
Ma
lui mi blocca, mi dice di smettere di credere a queste cose, che
l'unica menzogna che ho vissuto è stata quella con Royce, che la mia
famiglia mi vuole ancora bene, che sta solo aspettando di sentirmi,
che il natale è la festa dell'amore più puro e che non c'è niente
di sbagliato nel credere all'amore, che amare è la cosa più bella
del mondo, è ciò che ci fa sentire vivi, che ci fa battere il
cuore, che ci spinge a non mollare nei momenti bui.
Non
ce la faccio a sentirlo parlare ancora, il mio cuore fa troppo male,
e scoppio in un pianto dirotto. Fino a che non sento due braccia, le
sue, cingermi e stringermi a sé.
Mi
sento bene, mi sento protetta, mi sento cullata, l'odore di
quell'uomo mi riporta a casa, lenisce le mie ferite, ricompone i
cocci del mio cuore.
Non
so niente di lui, ma so che ha messo in atto il processo di
guarigione del mio cuore.
Lo
guardo a lungo, in quegli occhi azzurri, come quelli di Royce, ma
diversi, per il calore che emanano, per la luce che hanno, per la
gioia di vivere che trasmettono.
Gli
sorrido dapprima goffamente, poi lo ringrazio e gli prometto che ci
penserò, ma che non garantisco di guarire dalle mie ferite.
Emmet
mi risponde che lo sa che non è facile, ma che mi vuole aiutare, mi
dice di prendermi il mio tempo, lui tra tre giorni sarà
all'associazione, se andrò lì vuol dire che sono pronta per
ricominciare a vivere se no, non sarà un mio rifiuto a farlo
desistere dal convincermi che non sono io quella sbagliata.
Se
ne va chiudendo dolcemente la porta dietro di sé ed io mi metto a
riflettere. E se avesse ragione? Se la mia famiglia e Vera fossero
davvero felici di risentirmi? Se gli mancassi davvero?
Decido
di provare, di toccare con mano se c'è del vero nelle parole di
Emmet, se davvero per Rosalie Hale ci può essere una seconda
opportunità.
Corro
al telefono e compongo il numero di casa.
Mi
risponde mamma, la mia bellissima e splendida mamma.
«Mamma,
ciao
sono
Rosalie...
Mamma
non
piangere...
Mamma...
Ti
voglio
bene,
volevo
solo
dirti
che
mi
manchi
e
augurarti
buon
natale...»
Faccio
per riattaccare ma mamma non si accontenta, vuole sapere dove sono,
come sto, che mi è successo, e anche con lei parlo racconto tutto
quel che è successo, quel che ho passato con Royce, il perché non
mi sono fatta viva, il timore di averli persi per sempre.
E
man mano che parliamo scopro che almeno su questo Emmet ha ragione, i
miei mi vogliono ancora bene, non hanno mai smesso di pensare a me,
di volermi bene, mi hanno perdonato il mancato invito al matrimonio e
mi chiedono se possono venire a trovarmi, sotto queste feste, per
stare insieme come negli anni passati, non ce la faranno ad essere
qui per natale ma per il 27-28 sì...
Dico
loro che è perfetto, che non vedo l'ora siano qui di nuovo con me,
di nuovo insieme, come un tempo, quel tempo felice che potrebbe
tornare presto.
Riattacco
il telefono, felice come la bambina di un tempo, un passo avanti l'ho
fatto, ora manca solo Vera perché tutto ritorni come era prima,
forse anche meglio.
Chiamo
anche lei, all'inizio non è facile, per niente, troppo tempo siamo
stato lontani, troppo ha lungo l'ho abbandonata, ferita, ma le voglio
bene, e molto, la prego di perdonarmi, anche se so che è difficile,
le dico che mi rendo conto di meritare il suo odio, ma che spero
ugualmente in un suo perdono, perché lei è stata e sarà per sempre
la mia migliore amica ed io le vorrò per sempre bene. Infine le
racconto tutto di Royce, di ciò che ho passato, ed ora è lei a
piangere, a dispiacersi per non essersi intromessa maggiormente, per
avermi lasciato libera di allontanarla, per avermi lasciato sola.
Mi
dice che vuole vedermi, ma che non può perché sta per avere un
bambino, ma mi promette che appena sarà nato mi avvertirà e se
vorrò potrò andare a trovarla. Il pensiero di lei col pancione
aumenta ancora di più i miei singhiozzi, almeno lei il sogno di
diventare madre lo ha realizzato, io ancora no, ma comincio a non
disperare, chissà che non capiti anche a me prima o poi.
Ci
lasciamo con la promessa di sentirci presto, ed io mi sento più
sollevata e felice, manca ancora tanto alla mia guarigione completa
ma non sono sola ora lo so.
Guardo
il mio appartamento spoglio, buio e decido di comprare in piccolo
alberello di natale con le lucine, piano piano voglio far rivivere la
magia di questa festa. Decido anche di andare a comprare qualcosa per
il pranzo di natale, voglio fare le lasagne, per cui esco e vado a
fare spese.
Ci
sono luci, suoni colori intorno a me, e man mano che cammino la
sensazione di fastidio sparisce, per far posto ad una sensazione di
pace e serenità.
Tre
giorni dopo, con un sorriso sul mio volto sono di fronte alla porta
dell'associazione con in mano la teglia delle lasagne, suono alla
porta ed un Emmet sorpreso quanto mai mi apre...
«Sei
qui...»
«Sono
qui,
sono
di
nuovo
viva,
grazie
a
te.
Avevi
ragione
sai?
Ed
io
torto.
Mi
potrai
mai
perdonare
per
come
ti
ho
trattato?»
«Non
c'è
niente
da
perdonare,
almeno
da
parte
mia,
c'era
solo
un
cuore
da
guarire
e
spero
che
mi
concederai
l'onore
di
aiutarti
a
farlo,
non
ti
conosco
ancora
molto,
ma
ti
reputo
speciale,
voglio
conoscerti
meglio,
voglio
starti
vicino,
aiutarti
nei
momenti
bui,
che
dici
Miss
Hale,
me
lo
concederai
questo
piacere?»
«Sarebbe
un
onore
per
me
Mister
Mc
Carthy.»
E
prendendogli la mano ci avviamo al tavolo della mensa, di nuovo viva,
di nuovo felice di nuovo amata.
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