Passi che si
avvicinano.
Li sento
nell’incoscienza del sonno ed ancor prima di capirlo mi vedo
estrarre la bacchetta pronto a difendermi da un eventuale aggressore.
Così senza pensarci due volte lo immobilizzo. Questi
riflessi li ho sviluppati durante la guerra, dove anche un minimo
rumore poteva essere un agguato. Ho imparato a stare in guardia, anche
mentre dormivo, perché se commettevi anche il più
piccolo passo falso, beh eri morto.
Questi ricordi
sono come una doccia gelata e gli ultimi residui di sogno scompaiono
come neve al sole.
Mi alzo e vado
incontro all’aggressore che altri non era che:
«POTTER!»
gli urlo con sdegno «ma sei deficiente? Domanda stupida.
Certo che lo sei! Quante volte devo dirti che non devi avvicinarti di
soppiatto? Ecco! La prossima volta impari.» lo guardo mentre
tenta di liberarsi, ma è legato troppo stretto e il bavaglio
gli impedisce anche di parlare. Forse dovrei lasciarlo a terra, sarebbe
una punizione adeguata. Nessuno può disturbare il mio sonno,
e di certo svegliarsi con l’adrenalina a mille non fa bene
alla pelle.
Stupido Potter.
Mi dirigo in
bagno ignorandolo bellamente. Lui cerca di lanciarmi uno dei
suoi sguardi assassini, ma essere legato come un salame non
lo rende per niente minaccioso.
Mi faccio una
doccia e me la prendo comoda. Cerco di rilassarmi, visto che il mio
risveglio non è stato dei migliori. Ricordare i giorni di
guerra mi ha messo uno stato d’ansia addosso ed io odio
provare ansia. Non è per niente uno stato d’animo
fico, ti fa venire le rughe e le rughe non sono belle, quindi non posso
provare ansia.
Punto.
Anche
perché io sono bello e le cose non belle non fanno per me.
Esco dalla
doccia, mi infilo il mio morbidissimo accappatoio ed esco dal bagno
ancora gocciolante.
Vado in camera
ed apro l’armadio, mi metto a fissarlo cercando di decidere
cosa indossare quando alle mie spalle sento un tonfo, mi volto giusto
in tempo per vedere l’idiota-Potter cadere dopo aver cercato
di alzarsi.
E’
la scena più spassosa che abbia mai visto, e questo unita
alla sua faccia mi fanno scoppiare a ridere.
Rido
così tanto che mi vengono i crampi alla pancia.
Rido e lo
guardo ma più lo guardo e più rido.
Non riesco a
smettere, così in un momento di compassione lo slego. Lo
vedo sgranchirsi mentre io continuo a ridere.
Si alza e si
avvicina.
Il suo sguardo
è di fuoco, se potesse mi incenerirebbe. Poi però
mi abbraccia. Io resto un attimo basito ma è solo un momento
e lo stringo anch’io.
«Buon
Natale, amore» mi sussurra all’orecchio, tenendomi
ancora tra le braccia.
Io mi
irrigidisco.
E’
Natale, l’avevo scordato.
Io odio il
Natale.
Non lo
festeggio mai e questo lui lo sa. Sa che da quando i miei sono morti
per me il Natale è morto con loro. Era la nostra festa,
l’unica in cui ci riunivamo come una qualsiasi famiglia,
scambiandoci doni e cercando di non litigare tra noi, perché
come si dice: “A Natale si è tutti più
buoni” ed era vero. Era bellissimo. Ma adesso è
tutto finito e il Natale è diventato solo un giorno triste
dove i ricordi mi sommergono senza che io possa farci niente.
«Amore,
non fare così. Non deve per forza essere un giorno
triste.» lo sento parlare ma non riesco a seguirlo, mi
accarezza il viso, asciugando le lacrime che non mi ero accorto di
versare.
Vorrei dirgli
che ha ragione, perché razionalmente il suo ragionamento
è giusto ma non c’è la faccio. Lo
scosto da me, vado all’armadio e prendo le prime cose che mi
capitano. Ritorno in bagno ed inizio a vestirmi, il tutto senza neanche
una parola.
Non faccio
caso a cosa indosso. Mi asciugo i capelli con un incantesimo e poi
vado. Esco dal bagno come una furia, non lo guardo neanche ma con la
coda dell’occhio mi rendo conto che è nella stessa
posizione in cui l’ho lasciato, non si è mosso di
un millimetro.
Scendo di
corsa le scale, apro il portone e finalmente esco.
Mi dirigo
verso la Londra babbana cercando di non pensare a niente.
Cerco di
tenere i pensieri tristi fuori dalla mente, ci provo con tutte le mie
forze ma non ci riesco.
Mi siedo su
una panchina. Mi guardo intorno e mi rendo conto di trovarmi in un
parco pieno di gente, pieno di famiglie felici che si godono il Natale
in modo sereno.
Davanti a me
passano un gruppo di persone, tra loro c’è un
bambino biondo che non avrà più di dieci anni, mi
ricorda me alla sua età, mano nella mano con la mamma e
pochi passi più dietro il padre che li segue. Si sorridono,
felici di trovarsi insieme.
Non riesco a
guardarli così mi alzo e mi allontano mentre una lacrima
temeraria mi scivola sul viso.
Mi ritrovo a
percorre una strada che non facevo più da un po’.
I miei piedi
si muovono da soli ed io non ho la forza di contrastarli. Mi fermo
davanti ad un cancello. Lo sfioro con la mano indeciso se aprirlo o no.
Poi mi do una scrollata mentale e faccio scattare la serratura. Davanti
a me si aprono le porte della cappella nel quale riposano i miei
genitori.
Mi avvicino
lentamente alle lapidi, ho il cuore in subbuglio, manco da questo posto
da troppo tempo.
Gli sono di
fronte, fermo e immobile. Non riesco a respirare, vederli qui
è un tormento. Non riesco ad accettarlo, non riesco a
lasciarli andare.
Le mie
ginocchia cedono, e mi ritrovo inginocchio appoggiato sulle mani.
E le lacrime
non le controllo più. Piango. Piango per la loro mancanza,
piango per l’ingiustizia della vita. Piango tutto, come non
ho mai fatto. Quando le lacrime finiscono non provo più
niente, solo rabbia.
Sono
arrabbiato con loro perché mi hanno lasciato solo, se ne
sono andati senza di me, lasciandomi indietro.
Dei passi
dietro di me mi avvertono di non essere più solo, poi delle
braccia mi stringono in un abbraccio stretto, e l’odore
familiare di Harry mi entra dentro. Mi lascio andare contro di lui e
altre lacrime prendono a scendere senza che io possa fermarle. Lo sento
stringermi di più cercando di confortarmi. Ed in
questo momento capisco che non sono solo, c’è
Harry con me.
«Grazie»
lo sussurro piano, con la voce graffiata dalle lacrime.
«Draco
non devi ringraziarmi, io sono qui per te. Io ti
am-…» non lo lascio finire e lo bacio. Cerco di
fargli capire quanto sia importante per me, quanto io lo ami, quanto
sia felice di averlo accanto e come vorrei averlo al mio fianco per
sempre. Lo sento sorridere e interrompere il bacio, ci ritroviamo
entrambi con il fiatone poi mi accarezza le guance e sorride di nuovo
«Ti amo tanto» lo dice prima di schioccarmi un
bacio a stampo ed in quel momento mi rendo conto di essere felice.
Oggi
è Natale ed io sono felice, e questo è solo
merito di Potter, pazzesco!
….
Ci
smaterializziamo a casa. Un attico nel centro di Londra, super lussuoso
e super moderno che condividiamo da quasi tre anni.
Appena
tocchiamo terra, Potter mi prende in braccio ed inizia a salire le
scale. E’ euforico, sprizza felicità da tutti i
pori. Arriviamo davanti alla nostra stanza e lui senza posarmi entra.
Mi guardo
intorno meravigliato. Non riesco a riconoscere la stanza, non sembra la
stessa di questa mattina. Su ogni superficie ci sono petali di rose.
Delle candele disegnano il percorso fino al letto, ed esattamente al
centro del materasso c’è un piccolo astuccio. Lui
mi lascia andare, appoggiandomi lentamente a terra. Mi fa segno di
avanzare ed io lo faccio.
Mi avvicino
lentamente, salgo sul materasso e prendo in mano l’astuccio.
Prima di
aprirlo gli chiedo con gli occhi cosa sia ma lui sempre senza parlare
mi fa segno di aprirlo. E’ in fibrillazione così
lo accontento.
Dentro ci sono
due anelli. Due vere d’oro sottili.
Lo guardo
sorpreso, non credendo ai miei occhi.
Non
può essere quello che penso. Non può.
Harry mi
toglie di mano l’astuccio, stacca gli anelli e me ne porge
uno.
Io lo
prendo senza parlare.
Poi lo vedo
alzarsi ed inginocchiarsi. Mi prende la mano e mi guarda negli occhi.
«
Draco Lucius Malfoy, vorresti farmi l’onore di diventare mio
amico, mio compagno e mio amante per l’eternità ed
unirti con me nel sacro vincolo del matrimonio?»
Io sono
bloccato. Non so cosa dire. Non ho mai pensato a questa
eventualità, ed ora ritrovarmelo davanti ed in ginocchio
mentre mi chiede di sposarlo, mi ha spiazzato.
Lo guardo
torturarsi le labbra con fare nervoso e capisco di dover dire qualcosa.
Ma cosa?
Il silenzio si
protrae ed Harry comincia a perdere sicurezza. Vedo il suo sguardo
oscurarsi e diventare freddo.
Lo sento
allontanarsi ed in questo momento comprendo a pieno cosa è
successo.
Gli blocco le
mani con le mie, impedendogli di allontanarsi. Poi mi alzo portando lui
con me.
Lo fisso e un
lieve sorriso comincia ad affiorare sul mio viso.
«Si,
Potter. Lo voglio.» mi esce un tono solenne, serio e
innamorato.
Vedo i suoi
occhi accendersi poi mi abbraccia e mi solleva da terra tenendomi
stretto.
Restiamo
così non so per quanto. poi finalmente mi bacia.
Ci baciamo e
tutto il resto sparisce, ci siamo solo noi.
La passione ci
divora rendendoci suoi schiavi, ci spogliamo e ci perdiamo
l’uno nell’altro. Facciamo l’amore e
tutto sembra nuovo, come fosse la prima volta ed è stupendo,
raggiungiamo il piacere insieme e ci lasciamo cadere sul letto.
Restiamo
così, abbracciati. Senza parlare, solo sentirci, pelle
contro pelle, anima contro anima e cuore contro cuore.
Sto per
appisolarmi quando sento il bisogno di parlare.
«
Sai Potter? Questo, grazie a te è diventato il giorno
più felice della mia vita. Grazie a te sono riuscito a
perdonare i miei per essere morti, grazie a te sono riuscito a
lasciarli andare, grazie a te ho ricominciato a vivere, una vita intera
non basterà per ripagarti di tutto quello che hai
fatto.»
«Draco
io non ho fatto niente, e non ho bisogno di niente. Mi basta solo che
tu prometta che resterai al mio fianco per sempre, tutto il resto non
conta.»
«Te
lo prometto.» lo bacio e tutto quello che sento
è felicità.
Natale,
che giorno magnifico!
Buon Nataleeeeee.
Piccola sorpresa per
voi, ci tenevo a postarla entro oggi.
Sicuramente ci
saranno degli errori ma domani la ricontrollerò e
rimedierò di sicuro.
Ora scappo, un bacio
a tutti.
Buone Feste!
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