Il loro era stato un
rapporto strano sin dagli inizi.
Insomma,
chi mai
potrebbe iniziare un’amicizia venendo spintonato sulle scale
dal ragazzo che si
cerca di aiutare in un coming out nemmeno pensato?
Non era nemmeno
un’idea presa in considerazione, al
principio, poiché nessuno dei due voleva avere a che fare
con l’altro. Le poche
volte che si erano incontrati, beh, c’era mancato poco che
non finisse in
rissa, se non ci fosse stato qualcuno a dividerli; forse avevano troppe
cose
inespresse da voler comunicare.
E poi, insomma,
c’era Kurt.
Era
ancora il periodo
in cui Dave non era ben chiaro su cosa fosse e cosa sentisse, Blaine era fermamente
convinto che l’altro
stesse cercando di portargli via il ragazzo, ed entrambi avevano dei
fermi
motivi per i quali avrebbero volentieri piazzato un pugno sul viso
dell’altro
alla prima occasione. E poi c’era da dire che Dave trovava le
sopracciglia
stranamente triangolari del riccio abbastanza inquietanti. Simpatiche,
ma
inquietanti.
Erano riusciti ad evitarsi
volentieri, complice anche il
frequentare scuole differenti, e Blaine ne era stato più che
felice, anche se
non ne aveva mai fatto parola con il fidanzato.
Poi l’estate era
finita, Kurt era partito per New York
insieme a Rachel, metà Glee Club si era diplomato ed era
iniziato il nuovo anno
al McKinley, l’ultimo per lui. Finalmente anche lui era un
Senior, si sarebbe
diplomato, si sarebbe lasciato alle spalle la stupidità e
l’ignoranza dell’Ohio,
e avrebbe raggiunto il suo fidanzato nella città che avrebbe
permesso loro di
vivere il loro amore in maniera genuina e alla luce del giorno.
Iniziò il primo
giorno dell’ultimo anno con quei pensieri
positivi impressi nella mente e un bel sorriso stampato in volto,
sorriso che
rimase finchè non arrivò a scuola e
trovò il modulo delle audizioni per il Glee
Club a terra, cosparso di scritte alquanto offensive. Si
chinò per rimetterlo
a posto, sospirando deluso dalla continua immaturità
dimostrata dagli studenti
del McKinley, ma finì con il sedere per terra quando
qualcuno lo spintonò, non
proprio casualmente, quel tanto che bastava per fargli perdere
l’equilibrio.
Avrebbe voluto dirne
quattro a quell’idiota che aveva
attentato al suo naso, ma prima ancora che potesse aprire bocca
qualcuno lo
fece per lui.
-Ehi brutto imbecille,
dovresti almeno chiedere scusa, sai!-
Quella voce, Blaine la
conosceva. Ma che diamine ci faceva
lì, in quella scuola? Non degnò nemmeno di uno
sguardo il ragazzo che lo aveva
spinto, il quale gli balbettò delle scuse ben poco
spontanee, soggiogato dalla
presenza dell’altro.
-Karofsky, cosa ci fai
qui?!- la voce di Blaine tradiva la
sua sorpresa, oltre al leggero fastidio per essere stato difeso senza
che
venisse richiesto. Insomma, chiunque andava bene, ma non QUEL Dave
Karofsky
che, a dirla tutta, non doveva neanche essere lì, in quel
momento; tuttavia,
accettò, seppur con riluttanza, la mano che gli venne
offerta, alzandosi con
poca fatica. E, anche se era un pensiero completamente assurdo, non
poté fare a
meno di notare quanto forte e sicura fosse quella stretta di mano.
Borbottò un
grazie a voce talmente bassa che dubitò
fortemente che Karofsky l’avesse sentito,
ma in qualche modo questo doveva essere avvenuto,
perché il più alto
aveva annuito e gli aveva lasciato la mano, tenuta fermamente per
alcuni
secondi più del necessario.
-Non sono fatti tuoi!-
David gli rivolse finalmente la
parola, liquidando la sua domanda con quella risposta brusca, ma poi
Blaine
alzò una delle due sopracciglia, che disegnarono un arco
così geometrico, e
cazzo se erano
inquietanti. Avrebbe detto o fatto qualsiasi cosa pur di non dover
assistere
allo spostamento di quell’irregolare linea di peli scuri.
-Per piacere, potresti
evitare di puntare quelle cose contro
di me? Mi fanno senso.-
-Non hai risposto alla mia
domanda. Cosa ci fai tu qui?
Primo, non frequenti più questa scuola. Secondo, tu non
dovresti neanche più
frequentarla, la scuola!- le sopracciglia di Blaine si alzavano insieme
alla
sua voce, le mani incapaci di rimanere ferme mentre ragionava nello
stesso momento
sulle sue parole. Si interruppe solamente al sospiro dell’ex
bullo.
-Io sono, insomma, mi
hanno bocciato – buttò fuori a gran
velocità, come se prima quelle parole fossero state
pronunciate e prima
sarebbero state dimenticate – e allora ho deciso di passare
qui il mio ultimo,
definitivo anno di superiori.- lo
fulminò con lo sguardo quando vide che sul volto del
cantante iniziava a
dipingersi un ghigno divertito.
-Non provarci nemmeno nano
ingellato, non è stato
divertente! – gli inveì contro subito dopo; Blaine
scosse la testa, come a
voler scacciare via il sorrisetto che stava nascendo sul suo viso, e
tentò di
dipingersi una espressione neutra sul volto.
-Scusa, scusa. Mi spiace.
Ma, insomma, come mai sei stato
bocciato? Andavi così male?- gli chiese allora, tentando di
mostrare un minimo
di genuina curiosità.
Dave lo fissò
per alcuni istanti, mordendosi un labbro,
indeciso se rispondergli o meno. Si guardò intorno per
alcuni istanti,
accertandosi che non vi fosse nessuno abbastanza vicino da sentire la
loro
conversazione, prima di aprire bocca.
-No, non agli inizi. Poi
ho, insomma, sono uscito
dall’armadio e sai.. le cose sono un po’ cambiate,
e beh, non me n’è più
fregato molto dei libri.- scosse appena le spalle, quasi a voler
significare
che non importava, che era passato; ma i suoi occhi sembravano dire il
contrario. Si sistemò lo zaino sulla spalla, a disagio,
continuando a guardarsi
intorno, come se, adesso che aveva pronunciato quelle parole ad alta
voce,
chiunque potesse capirlo anche solo passandogli accanto. –Ma
non sono comunque
cazzi tuoi, questi. -
Blaine lo fissò
per alcuni istanti, senza espressioni
compassionevoli o di soddisfazione. Solo una muta comprensione. Dopo
quelli che
parvero secoli si sistemò anch’egli la tracolla
sulla spalla, sporgendosi per
battere una pacca sulla schiena dell’altro – e
dovette alzarsi in punta di
piedi per farlo, constatò David.
-Andiamo a lezione,
Karofsky.-
Si avviarono
così, l’uno accanto all’altro, senza
rivolgersi
la parola; quello fu probabilmente l’inizio, anche se non se
ne resero conto.
----------
Non
è che si parlassero poi così
tanto, però capitava che ogni tanto si salutassero nei
corridoi o si
ritrovassero la mattina al Lima Bean per un caffè prima
delle lezioni. Non che
si dessero appuntamento, ovviamente, semplicemente avevano scoperto di
avere
orari molto simili, ed era alquanto infantile ignorarsi dopo essersi
riconosciuti; quindi si avvicinavano al tavolo dov’era seduto
l’altro,
borbottavano un saluto e raramente si rivolgevano la parola. Dave non
poteva
negare, comunque, che quelle poche volte che accadeva si ritrovava a
pensare
che il nano non fosse poi così antipatico. Certo, era un
po’ troppo allegro –
chi mai avrebbe avuto un sorriso stampato in volto alle 8 del mattino?-
e a
volte perfino logorroico quando insisteva nel comunicargli le
novità di Hummel
o a commentare quell'inutile verifica di francese. Ogni tanto era anche
capace
di farlo ridere se ci si metteva d'impegno.
Insomma,
gli rodeva ammetterlo,
ma quel ragazzino riusciva comunque a metterlo di buon umore con la sua
spontaneità ed allegria, ed era anche difficile credere che
si sforzasse per
riuscirci.
Fu
per quello che il giorno in
cui lo vide entrare in caffetteria senza nemmeno un sorriso sul volto
gli venne
spontaneo chiedersi Perché.
Era
passato circa un mese
dall’inizio della scuola, ed era ormai diventato spontaneo
fargli un cenno per
farlo avvicinare al proprio tavolo; stare seduto da solo gli procurava
una
sensazione contrastante, di sollievo per non averlo intorno e di
fastidio,
perché ormai era così abituato a sentirlo parlare
all’infinito, mentre lui
fingeva di ascoltarlo, che, insomma, sembrava strano quando
ciò non accadeva.
Blaine
si sedette nel lato
opposto al suo, come al solito, poggiando il bicchiere stracolmo di
caffè con
malagrazia sul tavolo, muovendo appena la testa in un cenno di saluto,
gli
occhi fissi sullo schermo del telefono che teneva in mano.
Dave
ricambiò il saluto con un
po’ più di entusiasmo, tornando poi a sorseggiare
il suo caffè mentre
ricontrollava il compito di storia contemporanea che doveva consegnare
il
giorno stesso. Dopo
dieci minuti passati
in silenzio, però, e dopo aver constatato che il
caffè dell’altro era ancora
pieno – e ormai sicuramente imbevibile – decise,
per una volta, di iniziare
egli stesso la conversazione. Si schiarì le voce.
-Quel
caffè non si berrà da solo,
lo sai?- provò ad iniziare con una battuta sarcastica,
giusto per provocare
qualche reazione nell’altro, ma non ottenne alcuna risposta.
Strano.
-Oddio,
qualcuno ha trovato il
modo per farti star zitto? Dovevano inventarlo prima, il McKinley
avrebbe
gioito nel tappare la bocca alla Berry!- provò di nuovo,
tirando fuori il nome
della sua amica della terra di mezzo, cercando di scatenare qualcosa;
ancora
niente.
Sbuffò
spazientito, buttandosi
all’indietro e poggiandosi allo schienale.
D’accordo, non era un genio nelle
conversazioni tra uomini, a meno che queste non riguardassero
videogiochi e
finti commenti etero, e non era nemmeno un grande ammiratore del
ragazzo, ma
essere ignorato non gli piaceva affatto.
-Cos’è,
Hummel ti ha mollato?
Potevi anche evitare di sederti qui se..- ma si interruppe,
perché Blaine aveva
finalmente alzato lo sguardo da
quel
telefono e rivolto i suoi occhi nocciola verso di lui, spalancandoli a
quelle
parole.
Oh.
Cazzo,
ma perché si infilava
sempre nella situazioni più assurde? Cosa avrebbe dovuto
fare adesso,
consolarlo? Battergli amichevoli pacche sulle spalle e dirgli che tutto
sarebbe
andato bene? Non era decisamente il suo genere di cose, e dubitava che
il
riccio l’avrebbe realmente apprezzato. Più volte
gli aveva fatto capire la sua
convinzione che fosse attratto da Kurt, quando neanche lui aveva ben
chiaro se
quel ragazzo gli fosse mai piaciuto seriamente.
-Senti,
Blaine. Tu e Kurt avete
cercato di aiutarmi, due anni fa, quindi, ecco, se vuoi parlarne
sono,insomma..qui.-
Qualcuno
doveva zittirlo, in quel
preciso momento, e dirgli di smetterla di comportarsi come
un’idiota. Sul
serio, non era mica il protagonista di uno
stupido film per adolescenti, che diamine! Stava seriamente iniziando a
pensare
di alzarsi da quella sedia e abbandonarlo lì alle sue
espressioni sconsolate
quando la voce di Blaine – e l’aveva pure chiamato
per nome, prima! – lo
riscosse dai suoi insulti mentali.
-Io
ti ringrazio, Karosky,
ma..non c’è molto da dire, in realtà.
La NYADA ha bisogno di energie e
concentrazione e, beh, io sono una distrazione. E poi è solo
una pausa, sono
sicuro che durerà poco –
Il
suo tono era una mera
imitazione dell’allegria che di solito lo contraddistingueva,
e il sorriso
disegnato sulle sue labbra non arrivava agli occhi; ma Dave decise di
assecondarlo, annuendo appena, e constatando come gli occhi
dell’altro fossero
rivolti verso l’alto e stranamente lucidi, mentre ingurgitava
tutto d’un fiato
un caffè ormai troppo freddo.
--------
La
pausa non durò poco.
Anzi,
si poteva tranquillamente
dire che non finì affatto.
Arrivarono
le vacanze di Natale
in fretta, due mesi dopo quella fatidica conversazione al bar. Dopo
quel giorno,
Dave si era aspettato di vedere arrivare il nano con un sorriso
contento, prima
o poi, indicatore che la sua situazione sentimentale fosse tornata alla
normalità; invece, ogni giorno di più, Blaine
arrivava mogio e fissava il
telefono con sguardo speranzoso, come se si aspettasse un messaggio,
una
chiamata, un segno divino da un momento all’altro.
Patetico.
Insomma,
lui non era poi così
esperto di relazioni sentimentali – si poteva dire che
l’unica che avesse avuto
fosse una farsa inventata di sana pianta da una manipolatrice nata
– ma era
convinto che se in una storia non ci fossero grossi problemi di fondo,
tutto
poteva risolversi.
Andava
così, no? Lo stress, i
problemi, il lavoro, ci potevano essere situazioni esterne che
mandavano in
pappa il cervello e allora tutto sembrava faticoso, e arrivavano quei
momenti
in cui vuoi solo stare da solo e pensare a te stesso..ma poi passava.
Poi tutto
tornava come prima, no?
Che
senso aveva ridursi in quello
stato di ansia e tristezza? Perché se voleva delle risposte
semplicemente non
gliele chiedeva?
Un
giorno, poco prima che la
scuola chiudesse per le vacanze, all’ennesimo sospiro triste
donato allo
schermo del Blackberry, Dave perse la pazienza.
Sbatté
una mano sul tavolo,
infastidito, e guardò fisso Blaine negli occhi, che aveva
alzato da quel
dannato telefono al rumore provocato dal gesto dell’altro.
-Cos..-
-Piantala.
I tuoi sospiri da
femminuccia afflitta mi fanno venire il mal di testa. –
Non
gli fece nemmeno finire la
frase, sparò direttamente quella frecciatina, incrociando le
braccia al petto,
irritato.
L’espressione
di Blaine passò in
pochi istanti dal sorpreso all’incredulo.
-Scusami?!
– il tono era quello
di una persona che sperava di aver completamente travisato
ciò che aveva appena
udito, poiché avrebbe risposto in malo modo.
Ma
quello non sembrò dissuadere
Dave dal continuare con le sue battute irritate, anche se non riusciva
a capire
perché la cosa lo infastidisse tanto.
-
Ti ho detto di piantarla. Se
hai voglia di sapere che fine farà la tua storia, smettila
di aspettare e
chiama Hummel. E’ più di un mese ormai che
continui così. –
In
quel momento la mascella di
Blaine aveva raggiunto livelli paragonabili con quella del genio di
Aladdin.
Nonostante
la sua allegria e la
sua facilità nel fare amicizia, il riccio era un tipo
alquanto riservato quando
si trattava dei suoi problemi, in particolare se questi riguardavano la
sua
relazione con Kurt; in quel periodo le poche persone con cui ne aveva
parlato,
quelle di cui sapeva di potersi fidare, gli avevano consigliato
all’unanimità
una sola cosa: dagli tempo, aspettalo.
E
lui così aveva fatto, senza
permettersi di pensare ad altre alternative; perché
ciò che Karofsky gli stava
proponendo era di prendere la situazione in mano, di mettere da parte
la paura
di ciò che affrontare la situazione poteva portare.
Il
poter rischiare non gli era
neanche passato per l’anticamera del cervello.
-
Fatti gli affari tuoi,
Karofsky. –
La
frase gli era uscita più
fredda di quel che aveva voluto, ma andava bene anche così,
visto che sembrava
aver avuto l’effetto desiderato, forse anche per
l’uso del cognome, che già da
qualche tempo era stato abolito durante le loro conversazioni, sebbene
qualche
volta a Dave scappasse comunque.
L’espressione
del giocatore di
football si distese leggermente, diventando non rilassata, ma neutra;
le labbra
erano strette in una linea sottile, come contratte per trattenersi dal
dire
altro.
Blaine
si alzò dal tavolo
velocemente, afferrando in malo modo il cappotto nero appoggiato allo
schienale, e si diresse verso l’uscita senza dire
un’altra parola.
Soltanto
quando lo vide uscire
davvero dal locale, David si concesse di sospirare, frustrato.
D’accordo, forse
era andato un po’ troppo oltre, ma qualcuno doveva pur dire a
quel ragazzo come
stavano realmente le cose, doveva accettarlo. Andare avanti, quelle
stronzate
li.
Osservò
per alcuni istanti il
bicchiere di caffè, ancora pieno, lasciato dal riccio;
rimase con gli occhi
castani puntati sull’immagine rappresentativa del locale,
prima di afferrarlo
con la manona.
-
Fanculo. –
Si
lasciò scappare a denti
stretti, prima di portarsi alle labbra il caffè freddo
dell’altro;
probabilmente, si disse, era dovuto alla temperatura inusuale del
liquido, ma
constatò che aveva un odore diverso dal solito.
Particolare.
---------
Blaine Anderson è passato da Impegnato a
Single.
Non
vi aveva prestato attenzione
all’inizio, troppo impegnato a controllare le altre notizie
sulla home di
Facebook, la maggior parte delle quali provenivano dai suoi vecchi
amici del
liceo – soprattutto Azimio, particolarmente dedito alla
condivisione di parti
femminili - ed era
una delle tante
piccole scritte che si perdevano tra link, foto e cazzate varie.
E
poi, si era quasi dimenticato
di averlo tra gli amici. Non che l’avesse voluto lui,
ovviamente, ma quando
aveva ricevuto la richiesta aveva accettato senza farsi troppe domande;
Blaine
sembrava distinguersi dai comuni teenagers del mondo, i quali passavano
metà
della giornata ad aggiornare continuamente il social network e
condividere
tutto ciò che gli passava per la testa, e quelle poche volte
in cui appariva
qualcosa di suo erano video musicali, alcuni anche interessanti.
Anzi,
a volte avere la
possibilità di contattarlo si era addirittura rivelato
vantaggioso, come quando
si dimenticava cosa ci fosse da studiare per i corsi che seguivano
insieme.
Dopo
qualche minuto, scorrendo la
pagina, finalmente se ne accorse – infondo quel grosso cuore
rosso spiccava sul
bianco predominante – e aggrottò le sopracciglia.
Alla
fine, dunque, Hummel si era
deciso a mollare il nano ingellato.
Provò
una strana sensazione
nell’apprendere quella notizia, un misto tra menefreghismo
– erano cazzi loro,
infondo – unito ad un pizzico di dispiacere per
l’hobbit e… cosa,
soddisfazione?
Massì,
probabilmente quella
voglia di sorridere era dovuto a quello; sotto sotto, lui
l’aveva sempre
pensato che quei due non stavano così bene insieme. Insomma,
Kurt sembrava un
tipo alquanto rompimaroni e Blaine poteva anche essere il tipico
fidanzato
accondiscendente, ma fino ad un certo punto.
Ma
infondo lui non li conosceva
così bene, e non poteva dire che quella sua supposizione
fosse esatta;
comunque, si erano lasciati.
Scosse
violentemente la testa,
come a scacciare quelle stronzate dalla testa, e riprese a vagare sul
web,
controllando i risultati delle ultime partite di Baseball. Aveva
iniziato a
pensare a come organizzarsi per Capodanno, quando un lampeggio al lato
sinistro
dello schermo, in corrispondenza dell’icona di Facebook,
attirò il suo sguardo.
Blaine Anderson ti ha inv…
Incuriosito,
aprì la
pagina del social network, per trovarsi
davanti la finestrella della chat aperta, una sola parola scritta
all’interno.
“Grazie”
D’accordo,
adesso era confuso.
Cosa aveva fatto, perché lo stava ringraziando? Per un
istante gli venne in
mente che avesse sbagliato persona, ma poi accantonò
l’idea, visto che di norma
se uno sbagliava destinatario poi inviava almeno un “Scusami,
ho sbagliato
persona”; almeno, la gente normale faceva così.
Non
aveva voglia di perder tempo
a fare congetture, quindi fece la cosa più scontata e logica.
“Perché mi stai
ringraziando?”
Tamburellò
le dita sulla
tastiera, in attesa della risposta che arrivò poco dopo.
“Perché se non mi avessi detto
quelle cose, probabilmente avrei
aspettato invano una risposta. Invece mi hai fatto pensare, e ho
chiesto io
stesso. Quindi, grazie Karofsky”
“Guarda che ce l’ho un
nome” fu più forte di lui scrivere
velocemente quella frecciatina; ma continuò a digitare
subito dopo “E
comunque, non ho fatto niente. Mi ero solo rotto di sentirti sospirare
durante
il momento caffè, sei fottutamente fastidioso da depresso.
Quasi ti preferisco
quando non chiudi bocca.”
“Beh, mi ha aiutato lo stesso, quindi..
grazie ancora, David. Buone
vacanze”
Non
fece in tempo a rispondere
che l’altro non risultò più on line.
Dave
allontanò lo sguardo dallo
schermo, appoggiando la schiena alla sedia, non sapendo cosa pensare.
C’erano
solo due pensieri che in quel momento vorticavano nella sua testa:
primo,
l’hobbit aveva lasciato o si era fatto lasciare grazie alla
sua esasperazione
della settimana prima; secondo – e lo faceva sentire un vero
idiota – si chiese
come dovesse suonare se il suo nome lo avesse pronunciato.
A
quell’ultima idea sentì lo
stomaco sussultare agitato, e si convinse che fosse per
il pensiero assurdo e stomachevole, e non per
altro.
I
suoi occhi scuri rimasero
comunque fermi a fissare l’ultima frase nella chat.
----------
Per
Blaine le vacanze passarono
troppo in fretta.
Non
erano state le migliori della
sua vita, si era goduto appena la magia e l’allegria
natalizia, troppo occupato
a rimuginare tristemente su come la sua relazione - quella che pensava
sarebbe
durata per sempre, nonostante le difficoltà e i problemi
– fosse naufragata
senza che lui se ne rendesse conto.
Le
cose erano peggiorate quando
Kurt era tornato da New York per trascorrere il Natale con la famiglia;
avevano
deciso di incontrarsi, per parlare con tranquillità, senza
l’ostacolo della
distanza che rendeva il tutto più difficile.
Blaine
aveva sperato fino
all’ultimo minuto che i problemi sorti negli ultimi mesi
fossero dovuti
soltanto al problema dell’essere distanti, e che una volta
insieme avrebbero potuto
chiarire e risolvere ciò che non andava; però,
quando si era ritrovato davanti
Kurt, bello come sempre, l’espressione più matura,
più vissuta, aveva capito
che la loro relazione era cambiata.
Probabilmente
era cambiata già
mesi prima, quando Kurt gli aveva chiesto quella pausa, di cui Blaine
non aveva
mai capito realmente l’utilità. In quel momento,
gli fu chiaro che non c’era
nulla da poter sistemare.
Erano
stati bene insieme, si
erano amati molto. C’era ancora un profondo affetto che
ardeva dentro di loro,
qualcosa che ci avrebbe messo un po’ a passare del tutto..ma
era finita. Erano
diventate persone diverse, che volevano cose diverse: per quanto
l’amore può
essere importante, in una relazione si devono avere obiettivi
comuni,altrimenti
questa non sarebbe durata.
E
Blaine capì che era proprio
quello che era successo.
Non
ci furono colpe da
distribuire, ne rancori da portare; erano entrambi abbastanza
intelligenti da
capirlo. Si volevano troppo bene per ferirsi.
Ovviamente,
ci mise un po’ a
farsene una ragione e, benché si dissero
“Rimaniamo amici!” con tutta la buona
intenzione di riuscirci, per un po’ non sarebbe stato
possibile. Vedersi faceva
male.
C’era
stato dell’imbarazzo quando
entrambi avevano porto all’altro un pacchetto regalo,
probabilmente rendendosi
conto solo in quel momento di quanto dovessero sembrare ridicoli,
lì impalati,
palesemente a disagio. Dov’era finita la loro
spontaneità?
Blaine
aveva pensato a lungo se
dargli comunque il regalo che aveva comprato appositamente per lui
– un morbido
maglioncino in cachemire delle ultime collezioni invernali –
poiché lo aveva
preso all’inizio di quell’infausta pausa, quando
era ancora convinto che tutto
si sarebbe risolto entro pochi giorni. Lo aveva tenuto vicino al
computer,
osservando la carta colorata quando la mancanza di Kurt, della sua
voce, era
troppa da sopportare, facendosi forza nel pensare al sorriso felice che
avrebbe
avuto il suo ragazzo quando l’avrebbe avuto tra le mani.
Invece,
c’era stata quella
chiacchierata con Dave, le poche certezze rimaste erano crollate e lui
aveva
dovuto accettare che quel regalo non avrebbe avuto più lo
stesso significato;
era anche stato tentato di riciclarlo a qualche suo cugino, o
indossarlo lui
stesso. Lo aveva relegato nell’angolo più nascosto
dell’armadio, perché averlo
davanti agli occhi gli ricordava che la loro relazione era finita.
Ma
era il regalo di Kurt. Lo
aveva scelto pensando a lui, a come sarebbe stato perfetto con la sua
carnagione chiara e gli occhi azzurro cielo; era un regalo pieno di
affetto ed
era giusto che lo avesse lui.
E
quando scartò il suo regalo –
una spilla argentea a forma di nota musicale –
capì che Kurt aveva pensato la
stessa cosa. Seduti a quel che un tempo era il loro
tavolo al Lima Bean, una cioccolata calda tra le mani, Blaine
si rese conto che per quanto l’amore sarebbe passato,
l’affetto rimasto sarebbe
cresciuto e maturato sempre di più.
Quel
pensiero lo fece sorridere
veramente dopo tanti giorni.
--------
Il
secondo semestre cominciò
sotto una coltre di neve e frenesia, anche se quest’ultima
era molto più
concentrata per i Senior, i quali si videro gettare addosso, da
professori
frustrati, l’ansia per gli esami di fine anno, che avrebbero
decretato la loro
uscita dal liceo e, per molti, il modo per fuggire da quella cittadina
troppo
piccola per i propri sogni, in cerca di lidi più lontani e
ben più fruttuosi.
Blaine
era, ovviamente, tra
questi. La sua rottura con Kurt non aveva certamente cambiato la sua
volontà di
studiare a New York, volontà che era sempre stata supportata
dai suoi genitori,
i quali volevano il meglio per il futuro del loro unico figlio.
Ecco
perché dopo qualche
settimane erano completamente dimentichi gli sguardi malinconici verso
lo
schermo del cellulare, e per Dave era ormai normale trovarlo la
mattina, seduto
al loro tavolo, la superficie piena di fogli colmi di appunti e il moro
immerso
nel correggere l’ultimo compito di questa o
quell’altra materia.
L’atleta,
invece, manteneva la
calma. Blaine non riusciva a capacitarsi nel vederlo così
tranquillo quando i
loro professori non facevano altro che ripetere quanto gli esami di
fine anno
fossero importanti, non facendo altro che aumentare la pressione che
già li
studenti avevano iniziato a percepire.
Quando
glielo aveva chiesto, Dave
aveva semplicemente alzando le spalle, incurante, liquidandolo con un
semplice
“Ci sono già passato.”
Quindi,
già da un paio di
settimane si ritrovavano al Lima Bean per il caffè
quotidiano, che Blaine si
ritrovava a bere freddo, mentre Dave al massimo ricontrollava un
compito prima
della consegna; la maggior parte delle volte, invece, rimaneva
semplicemente a
rilassarsi, sorseggiando il liquido caldo e amaro, osservando il moro.
Non
sapeva dire con precisione
quando avesse iniziato a vedere Blaine come un ragazzo.
Forse
da quando era iniziato quel
loro rituale mattutino, o forse da quando aveva rotto con Hummel..o
forse era
sempre stato così, e lui era semplicemente stato troppo
ottuso per
accorgersene.
Eppure
un giorno, durante Storia
Contemporanea – uno dei pochi corsi che seguivano insieme
– si era ritrovato ad
osservarlo, a qualche fila di distanza. Aveva lo sguardo concentrato,
intento a
scrivere infinite pagine di appunti, alternando gli occhi dal foglio
alla
figura del professore; si era accorto solo dopo che era in grado di
ricordarsi
esattamente il profilo del suo volto, e lo strano tic nervoso del
mordicchiarsi
il labbro inferiore mentre scriveva con foga.
Aveva
pensato che, senza tutto
quel gel in testa, nessuno poteva negare che Anderson fosse un bel
ragazzo.
E
ne era rimasto scioccato.
Prima
di tutto, da quando aveva
accettato il fatto di essere gay non si era mai ritrovato veramente ad osservare un ragazzo e a
ritrovarsi attratto; in
secondo luogo, Blaine non era il suo tipo. Certo, c’era da
dire che lui non
aveva un tipo, in fin dei conti, ma fermandosi a riflettere, quelle
poche volte
in cui ci aveva pensato, non se l’era immaginato come lui.
Non così basso,
sicuramente.
All’inizio,
quando era ancora
confuso e negava fino allo stremo, aveva anche pensato che dovessero
piacergli
i tipi come Hummel, dalla bellezza quasi eterea, dalle movenze sinuose
e il
corpo esile, femmineo. Nella sua ignoranza, era convinto che sarebbe
riuscito a
farsi piacere più facilmente un ragazzo, se questi gli
avesse ricordato una
ragazza.
Ovviamente,
col tempo si era
accorto che non solo Kurt non era poi così femmineo, ma che
a lui piacevano gli
uomini. Quelli muscolosi e tonici, indubbiamente virili.
Insomma,
il contrario di Blaine
Anderson.
Anche
se, si ritrovò a pensare,
durante le ore in palestra si era accorto che il moro era comunque
muscoloso,
anche se non appariscente; e la mascella aveva una linea forte, virile,
soprattutto quando era coperta di barba non fatta da un paio di giorni,
che gli
dava un’aria più matura e meno da gentleman.
Aveva
cercato di evitare quei
pensieri imbarazzanti e poco consoni a lui, perché insomma,
Blaine non era
nemmeno un suo amico! E, cosa ancor più importante, lui non
aveva tempo né
voglia per quelle stronzate.
Ma
c’era anche altro che lo
frenava, benché non lo avrebbe ammesso nemmeno a
sé stesso: era fermamente
convinto che il riccio pensasse ancora ad Hummel, e che quindi fosse
inutile
farsi certi pensieri. Perché complicarsi la vita
inutilmente?
Era
solo molto confuso e
stressato per lo studio, sicuramente.
Poco
importava che anche Blaine
pensasse le stesse cose.
Il
punto è che per lui era stato
più difficile: Blaine era fiero di essere ciò che
era, la sua sessualità non lo
aveva confuso e ormai era abituato a sentirsi attratto dagli uomini;
benché i
primi tempi, offuscato dalla gelosia, non vi avesse fatto caso, aveva
poi
dovuto ammettere che David Karofsky era indubbiamente un bel ragazzo,
con un
suo fascino particolare. Non un modello, non un palestrato, nonostante
avesse
notato che gli allenamenti di football gli avevano lasciato un fisico
comunque
non da buttare.
Ovviamente,
quei pensieri avevano
sempre avuto ben poca importanza finché stava con Kurt;
benché per lui fosse
normale provare attrazione per altri anche se era innamorato, visto che
era dotato
di occhi come le altre persone del mondo, il suo amore per
l’ex ragazzo era
sempre stato al suo posto. Nessun belloccio di turno poteva sovrastare
ciò che
il ragazzo rappresentava per lui, ciò che
l’azzurro dei suoi occhi gli faceva
provare. E così era stato finché non si erano
lasciati, e i sentimenti,
lentamente, avevano iniziato a dileguarsi.
Entrambi
erano diventati pian
piano consapevoli, con il passare dei mesi, dell’attrazione
verso l’altro;
entrambi erano fermamente convinti che non avrebbero mai palesato quel
sentimento.
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Con
la fine di Marzo, le cose a
scuola andarono peggiorando per Dave.
Piano
piano l’ansia per gli esami
di fine anno era arrivata anche a lui, e l’aveva colpito con
molta più forza
rispetto all’anno prima, complice la pressione dei genitori
che non volevano
fosse bocciato di nuovo.
Il
punto era che, come l’anno
passato, iniziarono a circolare voci per i corridoi della scuola: tutti
sapevano che Blaine era gay, e tutti gli studenti, tranne i primini, lo
avevano
visto passeggiare mano nella mano con Kurt Hummel, il primo omosessuale
dichiarato che il McKinley avesse mai avuto; tutti avevano iniziato a
notare,
con l’inizio della scuola, che lui e Karofsky sembravano
diventati amici. Molti
avevano giurato di aver visto lo sguardo di Dave soffermarsi
più a lungo del
dovuto quando Blaine gli camminava davanti.
L’anno
prima, era andata meglio.
La maggior parte si era limitata a lanciargli occhiate quando camminava
nei
corridoi, a ridacchiare se passava loro accanto, e i più
temerari a lanciargli
sottili insulti, mai nulla di pesante.
Era
per quello che, nonostante le
persone più vicine a lui ne fossero a conoscenza, aveva
evitato di renderlo
pubblico una volta tornato al suo vecchio liceo. Non che se ne
vergognasse, ma
non voleva sprecare l’opportunità di passare il
suo ultimo anno in maniera
tranquilla.
Peccato
che ai pettegolezzi non
si poteva porre fine, soprattutto quando questi erano veri.
La
prima granitata ricevuta per
quel motivo – al melone, che neanche gli piaceva –
fu terribile e umiliante,
soprattutto perché accompagnata da uno spintone che,
cogliendolo all’improvviso,
lo fece finire per terra. Avrebbe voluto rispondere a quegli idioti per
le rime,
ma gli occhi gli bruciavano e il liquido ghiacciato gli provocava dei
brividi
mentre scendeva lentamente lungo il collo. Li sentiva ridere, e voleva
solo
sprofondare.
-
Ehi!-
Oh
no, non lui. Quello fu l’unico
pensiero che Dave riuscì a formulare, prima di sentire dei
passi veloci
avvicinarsi al gruppetto.
-Sparisci
Anderson, se non vuoi
fare la fine del tuo fidanzatino!- era stato uno di quegli idioti a
parlare,
probabilmente il capo.
La
voce di Blaine era irritata ma
decisa, come se ormai fosse abituato a certe battutine.
-Sparite
voi piuttosto, prima che
la coach Beiste lo venga a sapere!-
Oh,
le paroline magiche.
Dave
sentì solo dei ringhi e dei
borbottii confusi, e quando riuscì ad aprire gli occhi vide
il gruppo di bulli
andar via e una mano porta verso di lui. Come quando si erano
incontrati di
nuovo.
Pensò
per alcuni istanti se
accettare o meno il suo aiuto, ma prima che potesse decidere, Blaine
sospirò
irritato e lo afferrò per un braccio, tirandolo su a fatica.
-Grazie..
– borbottò Dave,
imbarazzato e confuso. Cazzo, bruciava veramente.
Senza
dire altro, Blaine iniziò a
trascinarlo verso il bagno più vicino, senza mai lasciare la
sua stretta.
Una
volta dentro, prese dalla
borsa un piccolo asciugamano, lo inumidì con
dell’acqua calda – se così poteva
definirsi la temperatura dell’acqua al McKinley – e
glielo porse, con un
piccolo sorriso.
-Tieni,
passalo soprattutto sugli
occhi. Ti darà un po’ di sollievo. – il
suo tono era calmo e gentile, i
movimenti meccanici, come se fossero stati ripetuti decine di volte.
Dave intuì
che non si era sbagliato quando intravide, nella borsa ancora aperta
dell’altro,
ciò che sembrava essere una maglia di ricambio, che lui
ovviamente non aveva
con sé.
Rimasero
in silenzio per molti
minuti, l’unico rumore era quello del lieve strofinare
dell’asciugamano sulla
pelle dell’atleta.
Fu
Blaine ad interromperlo per
primo.
-Mi
spiace che ti abbiano preso
di mira per colpa mia..insomma, sai, perché pensano che
usciamo insieme. Potevi
passare il tuo senior year in santa pace se..-
Ma
Dave non lasciò che finisse di
parlare.
-Sai,
dovremmo veramente uscire
insieme.-
Blaine
non finì la frase, la
bocca leggermente aperta per lo stupore; gli occhi erano fissi in
quelli
castani di lui, e notò come il suo viso, finalmente pulito,
fosse
incredibilmente serio.
Deglutì,
e non si lasciò tempo
per pensare. Per una volta, voleva dar retta all’istinto del
momento.
-Si..dovremmo.-
Si
guardarono a lungo,
consapevoli che le cose sarebbero state un po’ diverse da
quel giorno in poi.
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Spazio dell’autrice:
Salve!
Si, sono quell’imbecille
che ha abbandonato “Le fatiche di Blaine” e che
invece di aggiornare ha scritto
questa luuuunga shot.. purtroppo, l’ispirazione mi ha
tormentato per giorni e
ho finito per dare a questo la preferenza!
Cosa
dire? Io adoro la
Blainofsky..se non pensassi che i Klaine sono assolutamente perfetti,
sarebbe
la mia OTP incontrastata… ecco perché
è al secondo posto!
Spero
che vi piaccia..l’idea
sarebbe quella di una raccolta, perché ho taaaaante ideuzze
che mi piacerebbe
scrivere..ma soltanto se riceverò qualche parere positivo!
La storia non è
betata, e poiché la pubblico alle due del mattino,
perdonatemi gli eventuali
errori!
Vi
avviso sin da subito che non
so, in caso, quando potrei aggiornare..insomma, a gennaio ho esami e
dovrei
anche iniziare a studiare seriamente! >_< Vedremo!
Insomma,
fatemi sapere se l’idea
è da continuare oppure se è bene che rimanga
l’unica shot!
La
dedico ai miei amori del
gruppo You’re Killing Me Now! E al mio amore, per essere il
mio Dave.. anche se
lui non lo sa!
Buon
Natale gente!
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