-Trick or Treat-
“ Dolcetto o Scherzetto?”
Link rimase sorpreso, quasi turbato.
«Ah… Aspetta un attimo…», gli disse, tornando indietro verso la stanza
dalla quale era arrivato.
Allen attese educatamente sul tappetino marrone posto prima
dell’ingresso, e i suoi occhioni si illuminarono quando vide Link
tornare con una busta di caramelle gommose. «Wow…», fece contento.
«Ecco», rispose Link, aprendo la busta e rovesciando l’intero contenuto
nel sacco del ragazzo.
[Shounen-ai - Link x Allen]
Fanfiction partecipante alla Challenge "Snack
Dolci" indetta dalla
community Dieci&Lode
Fanfiction classificata 2° al contest "Misunderstanding is the way!" indetto da WhatHasHappened sul forum di EFP
FanFiction pubblicata per il "Linkllen
Week 2011"
FanFiction pubblicata per il "Linkllen
Day
2011 (27/12)"
-Titolo: Trick or Treat
-Autore: XShade-Shinra
-Manga: D.Gray-man
-Pairing: Link x Allen
-Genere: Fluff caria denti,
Romantico
-Rating: Giallo
-Warning: AU
-Capitoli: One-Shot
-Prompt Dieci&Lode (tabella Snack Dolci): #03 -
Caramelle
-Disclaimer: Tutti i personaggi
di questa storia sono maggiorenni e
comunque non esistono/non sono esistiti realmente, come d’altronde i
fatti in essa narrati. Inoltre questi personaggi non mi appartengono
(purtroppo...), ma sono proprietà dei relativi autori; questa storia è
stata scritta senza alcuno scopo di lucro ma solo per puro
divertimento.
-Note: Lo so… Halloween è già
passato e comprendo anche che sia
anacronistico pubblicare questa FF sotto Natale, ma… non posso perdere
l’occasione del Linkllen day e la mia musa mi ha ispirata per questa
storia. Quest'anno ho saltato tutte le FFweek per vari motivi, ma
almeno perché
la giornata di oggi è un "day" ho voluto postare qualcosa (e ringrazio
tantissimo Gala per aver photoshoppato i banner per l'occasione! **).
Qui Allen non ha i capelli bianchi ma castani, e non ha né la
cicatrice né il braccio rosso, infatti se li dipinge addosso per il
suo travestimento da diavoletto.
Spero che questa FF in stile Halloween possa essere per voi una
piacevole lettura. ^^
Ah, già. È da tanto che vorrei leggere una FF Link/Allen ambientata
durante la notte del 31 Ottobre: ho chiesto a Rota, Black_Eyeliner,
Gala e valentinamiky, ma… nulla! T^T Comunque sono una che spera
ancora, quindi se trovaste un’altra FF con lo stesso tema, scritta da
queste autrici, non vi preoccupate: vuol dire solo che si sono
ricordate della mia richiesta e sono riuscite ad accontentarmi.
<3
Ai lettori. Ho provato a
modificare la disposizione del testo rispetto al solito mettendo
un'interlinea maggiore. Vi sarei grata se mi faceste sapere se
preferite leggere una storia così o con con i vecchi codici.
Grazie. ^^
- Trick or Treat -
«Quel signore cattivo del numero
tre mi ha dato solo una
ciambella, mentre a Lenalee due! Perché?», piagnucolò il piccolo Allen,
mangiucchiando un muffin mentre tirava su con il naso e cercava a
stento di trattenere due lacrimoni.
Kanda sorrise soddisfatto intanto
che
Lenalee faceva per dire
qualcosa a mo’ di scusa, ma venne anticipata da Lavi che la abbracciò
per le spalle, dandole un bacino sulla guancia.
«Perché Lena è più carina di te,
Allen!», ridacchiò, mostrando
la lingua al compagno di giochi.
Erano già le nove di sera e
i quattro bambini, nonostante
andassero appena alle scuole medie, erano ancora in giro. Naturalmente,
senza che lo sapessero, Mana e Bookman – rispettivamente patrigno di
Allen e nonno di Lavi – li seguivano per tenerli d’occhio, ma non era
certo la solfa di tutti i giorni: si trattava di un’eccezione, perché
quella era la notte di Halloween.
Le strade notturne in
quell’occasione si riempivano di demoni,
mostri, zombi e mummie, come a simulare un grande raduno delle creature
di Hollywood che avevano avuto un ruolo da protagonista nei film
d’orrore. Questa festività americana, derivante da una più antica festa
celtica, la Samhain, piaceva a grandi e piccini, perché creava una
sorta di
Carnevale oscuro al quale
tutti potevano partecipare. L’usanza voleva
che i bambini bussassero alle porte delle case per chiedere ai
proprietari un dolcetto o, se non fosse stata accolta la loro
richiesta, i piccoli mostri avrebbero fatto loro uno scherzo.
I quattro amici, dopo aver pregato
e supplicato le loro
famiglie, erano riusciti a estorcere loro il permesso per stare in giro
almeno fino alle nove e mezza, e si stavano divertendo a riempire i
loro sacchi di juta con i dolci che venivano offerti loro.
«Non è comunque giusto!»,
sostenne ancora Allen, finendo
il dolce e sgranocchiando subito dopo un cagnolino di marzapane.
«Sei stato fortunato: almeno
ti ha visto, fagiolino!», lo prese in
giro Kanda, sogghignando compiaciuto.
Il piccolo Allen era il più basso
tra i suoi amici e Kanda
adorava ricordarglielo in continuazione per iniziare a bisticciare.
Essendo amici sia di Lenalee che di Lavi, purtroppo, si incontravano
sempre, anche se non si potevano soffrire.
«Scommettiamo che alla prossima
casa non ti daranno niente
perché fai paura con quella faccia?!», disse Allen, arrabbiato,
guardandolo in cagnesco.
«Vuoi botte?!», rispose Kanda,
estraendo dalla fibbia la spada
di plastica del suo vestito da pirata.
«Provaci!», rispose Allen, pronto
a usare il proprio forcone,
del medesimo materiale dell’arma dell’amico, per difendersi.
«Ohi, ohi, ohi… ragazzi!»,
intervenne Lavi, mettendosi tra i
due – con il rischio concreto di buscarne anche lui, come spesso
succedeva. «I vostri dolci potrebbero cadere a terra!».
«Tanto nemmeno mi piacciono i
dolci! Ma almeno posso vantare di
avere il sacco più pieno di quello del fagiolino!», rispose Kanda,
spiazzando tutti. In effetti nessuno di loro lo aveva mai visto
mangiare dolciumi.
«Sembra che tu ne abbia di più
perché io li mangio nel
frattempo!», esclamò Allen, offeso, mentre Kanda alzava le spalle
facendo un versetto di dissenso. «Ora vedrai!», sbuffò il piccolo, per
poi rivolgersi agli altri suoi amici: «Andiamo!», li incitò, camminando
lungo il marciapiede, in testa al gruppo.
«A—Allen!», lo chiamò Lenalee,
raggiungendolo. «Sai che Kanda
non lo fa per cattiveria…», iniziò a dire, da perfetta paciera. Era
vestita da piccola strega, e per l’occasione il fratello maggiore le
aveva pettinato i lunghi capelli corvini lasciandoli sciolti.
Il diavoletto però sbuffò. «Non lo
sopporto!».
«Ma lui si diverte a bisticciare
con te!».
«Sì, però no—», Allen non fece in
tempo a terminare il proprio
pensiero che l’insopportabile voce di Kanda lo interruppe:
«Ehi, scommettiamo che non riesci
ad andare in quella casa a
chiedere “Dolcetto o scherzetto”?», lo sfidò, indicando una villetta lì
vicino, proprio lungo strada.
«E perché non dovrei riuscirci?»,
chiese il diavoletto.
Lavi sbuffò. «Avanti, basta
litigare e andiamo
avanti».
«Cos’ha quella casa?», domandò
ancora Allen, non capendo il
perché di quella sfida; sembrava una normalissima villetta con il prato
inglese, molto ben curata.
I tre ragazzi tacquero un attimo,
poi Kanda spiegò: «È la casa dove abita la famiglia
Lvellie. Il padre è il
temutissimo preside di una scuola superiore che mangia i bambini, e il
figlio è un robot».
«Un robot?», ripeté Allen,
sollevando un fine sopracciglio.
«Esatto. Si chiama Howard Link, e
frequenta le superiori; è
qualche anno più grande di noi. Ho saputo che Lvellie ha mangiato un
bambino e ha tenuto la pelle, usandola per rivestire il robot che fa la
parte del bravo figliolo!».
«Uhm… Mio fratello Deak lo
conosce: ha detto che, in effetti,
sta sempre per conto suo e non ride mai…».
«Perché ha un cognome diverso?»,
chiese però Allen, spiazzando
gli amici.
Fu la dolce Lenalee a rispondere.
«Perché è stato adottato».
Allen ci pensò un po’ su, poi
iniziò a marciare a passo spedito
verso quella casa.
«Ehi, Allen! Cosa vuoi fare?!»,
chiese Lenalee, preoccupata;
fece per correre dietro di lui, ma Lavi la fermò, acchiappandola per un
braccio.
«No, Lena! È pericoloso!».
«Ma, Allen sarà mangiato da
Lvellie!».
«Meglio così!», borbottò Kanda,
del tutto disinteressato alla
faccenda.
Lavi si girò verso l’amico
giapponese: «Non puoi permettere che vada
lì! Yuu, sei stato cattivo! Lo
dirò a Froi!». Kanda però continuò a mostrarsi totalmente indifferente
alla cosa, mentre Lenalee insisteva per andare a salvare Allen prima
che fosse troppo tardi, perché una volta aperta quella porta non
avrebbe più avuto il coraggio di intervenire.
Allen, invece, mentre andava verso
la villetta a schiera,
pensava che avrebbe sfidato mostri e creature demoniache, pur di
mettere a tacere quell’insopportabile Kanda, sperando in cuor suo che
le voci sugli abitanti di quella casa non fossero vere, sicuro del
fatto che il comportamento così freddo e distaccato di Howard fosse
dovuto al fatto che, forse,
aveva sofferto molto nella sua infanzia di
solitudine, proprio come era successo a lui prima di incontrare Mana.
Ormai il demonietto era giunto
davanti alla porta della casa e
nessuno dei tre spettatori era stato così coraggioso (o amico) da
intervenire, per cui si schiarì la voce con dei colpetti di tosse e,
timidamente, bussò.
Dovette attendere solo pochi
secondi, poi la luce dell’ingresso
che filtrava dalla porta a vetri lo investì, assieme all’ombra di un
uomo.
Allen ingoiò a vuoto, ma non si
mosse da dov’era. Kanda l’aveva
sfidato, e lui non aveva certo intenzione di comportarsi da vigliacco.
La porta dunque si aprì e mostrò
ai chiari occhi del ragazzino
l’immensa figura di un adulto dai lineamenti spigolosi e l’aspetto
marziale che associò subito all’immagine di un Hitler ariano.
«Sì?», domandò l’uomo, sorpreso di
ricevere visite. Allen però
non fece nemmeno in tempo a tendere verso di lui il proprio sacco che
vide qualcosa mutare, in parte celato dai baffetti di Lvellie, come un
sorriso. «Oh», fece l’uomo, girandosi poi verso l’interno, «Howard! C’è
un tuo amico».
Allen strabuzzò gli occhi a
quell’appellativo, ma non disse
nulla.
«Impossibile, padre. Io non
aspetto
visite». Una voce arrivò
dall’interno e poco dopo un ragazzino dai capelli biondi a caschetto
si avvicinò all’ingresso. Sembrava stupito della visita completamente
inaspettata, e anche in quell’occasione il padre fu il più veloce a
parlare, perché disse subito: «Vi lascio soli, prego».
«Ma, padre…», fece il ragazzo, che
non venne però ascoltato dal
genitore, il quale gli posò una mano sulla spalla, per poi continuare
a camminare in direzione della cucina.
Link si girò verso Allen e si
avvicinò a lui. Il demone non
poté fare a meno di notare la sua camminata marziale come quella del
padre, il suo viso perfettamente serio che lo faceva ancora più grande
della sua reale età, e, in ultimo, degli strani puntini rossi verticali
sulla fronte, come il bindi
portato dalle donne indiane.
«Salve». Link salutò Allen in
maniera formale, con estrema
educazione. «Non credo di conoscerti…».
«Scusa», rispose l’altro,
abbassando il capo. «Nemmeno io ti
conosco, ma oggi è Halloween, e… Dolcetto o scherzetto?», gli chiese,
tendendo il sacco di juta addobbato con alcune zucche sghignazzanti,
sorridendogli a sua volta ma in maniera molto più dolce.
Link rimase sorpreso, quasi
turbato.
«Ah… Aspetta un attimo…», gli
disse, tornando indietro verso la
stanza dalla quale era arrivato.
Allen attese educatamente sul
tappetino marrone posto prima
dell’ingresso, e i suoi occhioni si illuminarono quando vide Link
tornare con una busta di caramelle gommose. «Wow…», fece contento.
«Ecco», rispose Link, aprendo la
busta e rovesciando l’intero
contenuto nel sacco del ragazzo.
«Grazie», ringraziò Allen,
sorridendo e facendo arrossire le
orecchie di Link.
«Di nulla…» rispose l’altro,
osservando il costume del ragazzo.
Era un semplice travestimento con jeans e lupetto neri, un guanto e
stivali del medesimo colore, una parrucca bianca, del cerone rosso e
una cicatrice violacea nella parte sinistra del viso, con un pentacolo
sulla fronte. Un mantello rosso, delle ali finte, un forcone di
plastica e un cerchietto con delle corna davano poi il tocco finale,
unite a un braccio interamente dipinto di rosso.
«Io vado, allora», disse Allen,
chiudendo il sacco e guardando
Link con tanto d’occhi. Era stato il più gentile tra tutti a donargli
quelle caramelle. «Ti chiami Howard Link, vero?».
«Preferisco farmi chiamare Link
dagli sconosciuti», rispose
lui.
«Io… io sono Allen. Allen Walker»,
si presentò il ragazzino,
prima di girarsi e andare via di corsa dai propri amici. «Grazie
ancora!», urlò allegro, saltellando via.
Link rimase ancora un po’ a
guardarlo, poi chiuse la porta e
spense la luce dell’ingresso, tornando placidamente in salotto.
Allen si affrettò a tornare dagli
altri. Lenalee e Lavi lo
guardavano preoccupati e fu accolto con gioia.
«Sei vivo!», dissero i due amici,
abbracciandolo.
«Sì, vedete? Non mi è successo
nulla!», li tranquillizzò Allen,
prendendo poi il proprio sacco per mostrare agli amici quanto fosse
gonfio. «Quel ragazzo gentile mi ha anche dato tutte queste
caramelle!». A sentire quelle parole, Kanda si avvicinò al gruppo e con
immenso stupore notò che Allen aveva veramente sbancato in quella casa.
«Ehi, andiamoci anche noi!»,
esclamò il giapponese. «Non
sopporto che lui abbia più dolci di me!».
«Ma… quella casa mia fa paura…»,
pigolò Lenalee, nascondendosi
dietro l’amico dai capelli rossi, vestito da lupo mannaro.
Anche a Lavi fece gola la
possibilità di prendere tutti quei
dolci e fu d’accordo con la proposta di Kanda.
«Non preoccuparti, Lena! Ti
proteggeremo io e Yuu!».
Allen sbuffò appena. «Ma io sono
andato per primo… Sono
io che ho rischiato!».
«Perché sei poco furbo,
fagiolino!», rispose il pirata del
gruppo, con un ringhio basso.
I tre allora corsero veloci fino a
quella villetta a schiera,
dove Lavi suonò il campanello, mentre Allen guardava la scena dal
marciapiede, lontano.
Questa volta fu direttamente Link
ad aprire, e i tre
spalancarono in contemporanea i sacchi, acclamandolo con un dolce
unisono “Dolcetto o scherzetto” – un po’ tirato da parte di Kanda.
Il biondo li guardò in tralice e
fece cenno di attendere. Lavi,
Lenalee e Kanda erano già certi di aver fatto un affare, ma il sorriso
sui loro visi si spense di colpo quando Link tornò da loro e mise una
mela rossa dentro ogni sacco.
«Questa è più salutare», disse per
poi chiudere la porta,
lasciandoli di stucco.
Allen, invece, testimone della
scena, rise a crepapelle,
ringraziando mentalmente Link per aver messo in atto, senza volere,
quella piccola vendetta.
*
Passò un altro anno e si fece di nuovo Halloween.
I ragazzi erano cresciuti e i loro
rapporti si erano fatti più
saldi, nonostante quello tra Kanda e Allen fosse comunque conflittuale.
Lavi e Yuu erano entrati alle scuole superiori, ma nonostante ciò non
avevano smesso di amare le feste, e anche quella notte organizzarono
un’uscita in gruppo per poter fare una scorpacciata di dolci nelle
settimane a seguire.
La serata era trascorsa veloce tra
un sorriso e una risata – e
una rissa mancata. Fu però Allen il primo a spegnere quel bel sorriso
che aveva in volto e farsi d’un tratto pensante, quando passarono
davanti a casa Lvellie.
«Allen?», lo chiamò Lenalee,
guardandolo preoccupata, senza
capire cosa gli frullasse per la testa. Come l’anno prima, nella
villetta c’era solo una luce accesa e nessuna decorazione della
festività.
«Arrivo subito, Lenalee», la
tranquillizzò, andando verso la
casa.
Gli amici dunque rimasero sul
marciapiede ad attenderlo,
chiedendosi cosa avesse in mente, ma ricordando subito che quel
ragazzo, quel Link, l’anno prima gli aveva regalato un’intera busta di
caramelle.
«Il solito Allen: pensa sempre ad
abbuffarsi!», rise Lavi,
poggiando il mento sulla spalla di Kanda, attento a non rovinargli il
vestito. Avevano deciso negli anni di tenere sempre gli stessi costumi:
pirata, strega, lupo mannaro e demone, come se fosse un loro
personalissimo rito.
«Mh… Secondo me c’è dell’altro»,
annuì convinta l’unica ragazza
del gruppo, che si era accorta del cambiamento d’umore dell’amico.
Allen, intanto, era giunto alla
porta d’ingresso della villetta
e aveva bussato con decisione, non avendo più paura dei due che ivi
abitavano. Molte volte si parla male delle persone che tendono a
isolarsi o ad avere comportamenti ostili, ma lui aveva visto la gioia
negli occhi di quell’uomo quando aveva pensato che Allen fosse un amico
del figlio, e la gentilezza di quest’ultimo nel regalargli quelle
caramelle. Non erano persone cattive, non per come le aveva viste lui.
Non passarono che una manciata di
secondi e la scena si ripeté
esattamente come quella dell’anno prima: la luce che si accendeva, la
porta che si apriva, il padre che chiamava il figlio e questi che
arrivava, ma una cosa cambiò. Un piccolo particolare che solo gli occhi
di Allen notarono: una piccola smorfia sulle labbra di Link, così
piccola che non poteva essere neanche un abbozzo di sorriso, ma ci
somigliava.
I capelli del ragazzo si erano
allungati, e li teneva ordinati
in un basso codino, ma aveva ancora quegli strani puntini rossi.
«Ciao…», lo salutò Allen, quando
Lvellie li lasciò soli.
«Salve. Sei tornato anche
quest’anno, Walker», lo salutò.
«Ti ricordi il mio nome?», chiese
stupito il diavoletto.
«Ho buona memoria», rispose lui,
abbassando il volto per poter
cercare nelle tasche due caramelle incartate singolarmente, che porse
al ragazzino – sperando
che non si notasse il leggero rossore sulle sue guance. «Tieni», gli
disse.
Allen però ridacchiò. «Ma non si
fa così: devi aspettare
che ti chieda "dolcetto o
scherzetto"!», gli spiegò con un sorriso.
Link si imbronciò. «Non mi
piacciono queste cose»,
disse sbuffando.
«Non preoccuparti!», lo
tranquillizzò l’altro. «Allora…
dolcetto o scherzetto?», gli chiese, tendendo il sacco verso di lui.
«Dolcetto», rispose dunque Link,
facendo cadere quelle due
caramelle nel sacco.
Erano pochissime rispetto all’anno
prima, ma Allen non era
interessato a quei dolci, quanto più a rivedere quel ragazzo. C’era
qualcosa nel suo sguardo triste che Allen voleva comprendere.
«Grazie», sorrise il diavoletto,
mordendosi poi il labbro
inferiore, colorato con il rossetto rosso di Miranda, una loro amica
più grande. «Senti…», soffiò, «Tu non festeggi Halloween?».
Quella domanda colse del tutto
impreparato Link, che lo guardò
strano. «No… è una festa stupida»,
rispose. «Mi piace solo perché c’è
tantissima zucca in giro e posso cucinare il tortino che tanto adoro».
«Tortino di zucca?», chiese Allen,
con occhioni sognanti e un
po’ di bava alla bocca.
«Sì».
«Sai cucinare?».
«Adoro cucinare. È l’unico hobby
che ho».
«Oh… che bello… Non ho mai
assaggiato un tortino di zucca…»,
sospirò Allen, perso in mille pensieri a proposito di quanto potesse
essere buono quel piatto.
«Vieni», disse di colpo Link,
prendendo dall’appendiabiti
l’impermeabile e un cappellino in stile inglese, uscendo poi di casa.
Allen
lo seguì e venne condotto nel giardino facendogli fare il giro della
villetta. Inizialmente non capì, ma quando la leggera brezza fece
arrivare un buon
odorino di dolci, allora, tutto gli fu chiaro. Cibo.
Link lo portò davanti alla
finestra della propria cucina, dove
fuori dal davanzale era poggiata una bellissima torta di zucca, messa a
stemperare dopo essere uscita dal forno.
«Wow…», fece lui, come l’anno
precedente. «L’hai fatta tu?».
«Esatto», annuì Link, prendendola
in mano e constatando che si
era raffreddata abbastanza. «Devi dirmi di nuovo dolcetto o
scherzetto?», chiese, porgendogliela.
Allen lo guardò incredulo.
«Per me?», domandò, senza
rispondere.
«Sì», annuì Link.
«Ma l’hai cucinata tu…».
«L’ho fatta anche la settimana
scorsa e l’ho già assaggiata con
mio padre: anche a lui piacciono i dolci», spiegò. «Non preoccuparti».
Allen, felice, poggiò in terra il
sacco e abbracciò il ragazzo
in uno slancio di gioia.
«Grazie, grazie!», trillò felice,
attento a non macchiare i
vestiti di Link con il trucco.
Il biondo, invece, arrossì e tentò
di scostarlo.
«Walker, non c’è bisogno!»,
ringhiò, cercando di celare
l’imbarazzo con modi poco gentili.
«Sei così gentile, grazie, Link!»,
continuò a urlare
imperterrito Allen, finché il ragazzo più grande non demorse e si
lasciò andare a quell’abbraccio, cingendo di rimando la vita di quel
demonietto con il braccio libero. Il cuore di Allen batté più veloce a
quella stretta e si liberò frettolosamente, non capendo perché gli
avesse fatto quell’effetto. Anche Lavi lo abbracciava spesso – anche
troppo! –, ma il cuore non gli si era mai comportato così.
«Gra—Grazie ancora!», esclamò,
prendendo il tortino di zucca, e
il sacco da terra.
«Di nulla», rispose Link, tossendo
piano, coprendosi la bocca
con un pugno.
«Ci… Ci vediamo», disse il
diavoletto, fuggendo via da
quell’acerbo sentimento che ancora non conosceva, ma che stava
lentamente sbocciando in lui per quel ragazzo dal cuore triste e solo.
*
Anche l’anno dopo il gruppo di amici rimase in giro la notte di
Halloween, a caccia di dolci e leccornie varie. Lenalee era entrata
nella stessa scuola superiore di Lavi e Kanda, mentre ormai solo Allen
frequentava ancora le medie e il giapponese non mancava mai di
farglielo notare con estrema indelicatezza, tanto che quella notte si
rovinarono trucco e vestiti in un’azzuffata.
Erano quasi le dieci e mezzo, e
sarebbero dovuti tornare a casa
per le undici, così si incamminarono sulla strada del ritorno, passando
davanti a quella di Lvellie e Link.
Allen camminò leggermente più
piano, rimanendo indietro a
fissare quella villetta. La luce principale era ormai spenta e si
vedeva dalla finestra solo una tenue lucetta blu, quella tipica del
televisore.
Probabilmente si erano già
addormentati, e Allen sospirò,
capendo che quell’anno non sarebbe riuscito a vedere il suo “amico”, ma
la voce di Lenalee lo fece tornare alla realtà:
«Va’ da lui», gli disse con un bel
sorriso in volto.
«Eh?!», chiese Allen, guardandola
senza comprendere.
«Vai da Link. Ti aspettiamo»,
disse ancora.
Allen la guardò sbattendo le
palpebre diverse volte, poi scosse
il capo. «Non ha senso… Disturberei…».
«Vi vedete solo una volta
all’anno… Forse ti sta aspettando».
Kanda sbuffò un “Vai, così ti
mangiano e non mi disturbi più!”,
ma venne ignorato.
«Lenalee… Io non…», iniziò a dire
Allen, ma Lavi lo prese per
un orecchio e lo scosse appena.
«Dai, Allen! Più tempo perdi qui e
più possibilità ci sono che
spengano anche la TV, muoviti!», disse concitato, spingendolo verso la
villetta.
Non c’era modo di combattere
contro l’insistenza di Lavi,
quindi il demonietto annuì, sistemandosi meglio la parrucca bianca e
correndo verso la propria meta.
Arrivò velocemente davanti a
quella porta e prese un profondo
respiro prima di bussare. Il cuore gli batteva forte, un po’ per
l’insicurezza, un po’ perché in cuor suo non vedeva l’ora di poter
rivedere quel ragazzo.
Si sentì un po’ di frastuono, poi
si accese la luce
dell’ingresso e un’ombra più bassa di Lvellie venne ad aprire. Era Link
– con i capelli ancora più lunghi.
«Ciao…», sussurrò Allen. «Scusa
per l’ora».
«Io… ti stavo… Non importa!»,
disse Link, distogliendo lo
sguardo.
Anche Allen era cresciuto ed era
ancora più carino dall’ultima
volta – lo si poteva vedere dai punti dove il cerone era stato
tolto dai pugni di Kanda.
«Mi stavi?», chiese invece Allen,
curioso.
«Speravo che venissi…», spiegò
lui, arrossendo.
Allen fece un versetto stupito e
sorrise, allungando subito il
sacco verso Link.
«Dolcetto o scherzetto?», chiese
al ragazzo.
«Dolcetto», rispose lui, come era
consono fare, dandogli una
sola caramella incartata.
Allen sorrise felice ugualmente e
fece per ringraziarlo, ma
Link lo fermò, porgendogli una bicchiere, che aveva posato su un mobile
dell’ingresso prima di aprire la porta, con dentro un budino di
cioccolato, e sopra delle scagliette di cioccolato e una piccola tomba
di marzapane, con tanto di ossa e fiori.
«Per te», gli disse.
Allen prese quel bicchiere e
sorrise, quasi commosso.
«Oh, Link…», sussurrò, mentre il
biondo immergeva un cucchiaino
di plastica nel budino, cosicché il demonietto potesse mangiarlo
subito. «Sei così buono con me…».
A quelle parole il ragazzo tedesco
arrossì ancora di più.
«Walker… io… volevo darti anche
questo», disse lui, dandogli un
post-it verde a forma di mela.
Allen lo prese e lesse un
indirizzo.
«È il mio nuovo indirizzo. Tra
pochi mesi, appena la casa sarà
completata, ci trasferiremo. Ecco perché speravo di vederti, oggi».
Allen annuì e lesse attentamente
il post-it. Era un po’ fuori
mano, ma sarebbe sicuramente passato anche l’anno venturo.
«Grazie, Link», disse di nuovo,
mettendo quel prezioso
foglietto in tasca. «Ci vediamo l’anno prossimo, allora». E detto
questo, corse via, iniziando già ad assaggiare quel budino, il più
buono che avesse mai mangiato in vita sua.
***
Anche l'anno successivo i due si videro nella
notte di Halloween. Il piccolo demone andò a trovare il serio ragazzo
e venne premiato con dei dolcetti e le loro ormai consuete caramelle.
Per loro era diventato
un rito, e
presto Allen si accorse che
non aspettava altro se non di vedere quel ragazzo il giorno del 31
Ottobre.
Il
quinto anno, però, complice
anche Lenalee che sembrava aver
capito molte cose, il ragazzo, dopo aver ricevuto il dolce e scambiato
qualche parola, diede a sua volta un fogliettino a Link. Il
biondo lo
prese con occhi persi, come se avesse paura di quello ce ci poteva
essere scritto all’interno, credendolo forse un addio.
«Link, io… quello è il mio numero
di cellulare…», disse Allen.
«Ci possiamo sentire qualche volta… Se vuoi…».
Il ragazzo dai capelli biondi
legati in una treccia ci
restò molto male a quelle
parole, sussurrando un imbarazzante: «Io non ho cellulare», facendo
capire per la prima volta
ad Allen quanto Link fosse
realmente solo, e d’un tratto capì che quei dolci che gli regalava ogni
anno, probabilmente, non potevano essere assaggiati da nessun altro. E
fu quella volta che Allen, tornato a casa, non si mise subito a
mangiare i dolci che gli aveva regalato il biondo – quell’anno erano
degli adorabili fantasmini di marshmallow –, ma si mise a piangere,
soffrendo per l’incredibile solitudine che doveva provare Link, la
stessa che anni prima Allen aveva provato quando viveva in mezzo alla
strada.
E fu quell’anno che capì di
provare qualcosa di molto profondo
per Link, proprio come sosteneva la sua amica Lenalee, avendone poi la
certezza quando Mana, a Natale, lo chiamò in soggiorno, porgendogli il
telefono e dicendo che un certo Link Howard lo cercava per fargli gli
auguri, e il suo cuore esplose di gioia.
*
Erano ormai passati in totale sei anni da quando Allen e Link si
erano conosciuti. Ormai Halloween era una festa sacra per loro, e
anche se fossero stati in punto di morte Link avrebbe atteso
pazientemente Allen a casa, e quest’ultimo, di rimando, avrebbe fatto
di tutto per arrivare a casa Lvellie.
Ma Allen ormai non sopportava più
il vedere Link solo in quella
villetta – addirittura più grande della precedente – come non riusciva
a
sopportare quella lontananza di un anno. Sembravano, però, quasi aver
paura di chiedere di più all’altro, come avessero il terrore di poter
rompere un sottile filo dove entrambi camminavano.
Così, il giorno del 31 Ottobre, il
diavoletto, mentre si
truccava per assumerne le
sembianze come ogni anno, capì che quella logorante situazione non
poteva durare in eterno o quel filo sarebbe stato corroso dal tempo.
Dopo essersi infilato la corta
parrucca bianca per nascondere i
capelli castani, prese il cellulare e compose il numero di un nuovo
membro del loro gruppo – un amico d’infanzia di Lenalee tornato da poco
dalla Cina con la propria ragazza –, che aveva fatto subito amicizia
con Allen.
«Ciao, Bak. Senti, hai presente
quel costume da vampiro? È un
problema se me lo presti? Passo a prenderlo tra poco… Sì, lo so che non
è nemmeno il tramonto, ma devo fare una cosa…».
Solo un’ora dopo, Allen era già davanti a casa di Link, truccato e
vestito di tutto punto.
Piovigginava, ma un buon ombrello
aveva riparato il demone,
senza che il vestito e il make-up si rovinassero.
Nonostante l’ora, il sole già era
scomparso, celato dalle nuvole
nere cariche di pioggia che preannunciavano un nubifragio, facile da
intuire anche a causa della calura data dall’umidità nell’aria.
«Mi auguro non peggiori», si disse
Allen, mentre citofonava
alla porta, sperando di tutto cuore che Link fosse a casa. Poggiò sia
il
parapioggia nel portaombrelli accanto al tappeto con la scritta
welcome, sia una busta là vicino.
L’attesa fu più lunga del solito,
ma presto la porta si aprì, e
un Link piuttosto stupito salutò Allen.
«Salve, Walker…», salutò, sempre
formale e educato, portandosi la lunga treccia bionda dietro la spalla.
«Ciao, Link», salutò l’altro di
rimando, sorridendo.
«Come mai così presto, stavolta?»,
chiese lui, facendo per
girarsi, ma il demonietto lo trattenne.
«A—Aspetta!», gli disse, avanzando
d’un passo. «Quest’anno non
sono venuto a fare “dolcetto o scherzetto”», spiegò, porgendogli,
invece del solito sacco con le zucche in feltro, la mano. «Vuoi venire
con me e i miei amici a festeggiare Halloween?», gli chiese dolcemente,
guardandolo dritto negli occhi.
Link non seppe cosa dire davanti a
quell’invito – in tanti anni
nessuno lo aveva mai invitato a fare qualcosa assieme a lui, se non i
compiti, per poter copiare o prendere ripetizioni – e rimase impalato
davanti all’ingresso.
Allen allora rise. «Non accetto un
“no” come
risposta. E se per caso piovesse
andremmo a casa di Lavi a guardare un film e a fare qualche gioco di
società», spiegò, sperando di tutto cuore che il tempo reggesse: lui
odiava i film dell’orrore.
Link sospirò arrossendo e scosse
il capo in segno di diniego. «Walker, io non posso…», disse
triste.
Allen però non si diede per vinto:
non era il tipo da
abbandonare i propri obiettivi per un semplice rifiuto. «Link, per
favore!», disse
concitato. «So che siamo più piccoli
di te, ma Halloween non è una festa da bambini: anche gli adulti si
vestono e vanno in giro. Forse non abbiamo più l’età, ma ti assicuro
che è divertente!».
Il biondo borbottò qualcosa, ma
Allen non la capì e gli fece
cenno di ripetere.
«Io… non ho nemmeno un vestito…»,
spiegò.
«Lo immaginavo», rispose Allen,
prendendo la busta che si era
portato appresso, porgendola verso Link. «Te l’ho portato io. È il
vestito nuovo di un amico: lo ha comprato da internet ma gli stava
grande, così me
lo sono fatto prestare».
Link fece per ribattere,
ma Allen, a quel punto, gli
mise il manico della busta in mano.
«Link, ci terrei tanto…», gli
disse, vedendo le orecchie del
ragazzo tingersi di porpora. «Almeno prova. Se poi quest’anno non ti
piacerà, allora, non te lo chiederò più».
Link farfugliò ancora qualcosa, ma
alla fine cedette.
Non aveva mai partecipato a una
festa o era mai uscito in compagnia, e
forse quella sarebbe stata la sua occasione, anche perché quel ragazzo
era diventato come una droga per lui, che lo portava a desiderare la
notte di Halloween più del suo stesso compleanno e gli dava una
sensazione che non aveva mai sentito, più forte ogni anno che passava.
«Entra», disse allora al
demonietto, che sorrise e finalmente
varcò la soglia di quella casa.
«Permesso…», fece lui, educato,
pulendosi gli anfibi sul
tappeto interno per non sporcare il pavimento.
Link chiuse la porta dietro di lui
e chiese: «Che vestito è?».
«Da vampiro», rispose Allen. «Nel
nostro gruppo manca proprio
un pipistrello».
«Ma brilla al sole?», chiese lui,
facendo una smorfia, mentre
iniziava a camminare lungo l’andito.
Allen rise.
«No, tranquillo. È un abito per
vampiri in vecchio stile… Come
quelli di Anne Rice».
«Conosci la Rice?», domandò Link,
incredulo. Solitamente i suoi
coetanei erano troppo presi da Facebook, telefonini, motori e donne per
poter dedicare il loro tempo alla lettura.
«Sì, e mi sono piaciuti parecchio
i suoi libri…», sussurrò
Allen. Fortunatamente il suo viso era ben coperto dal trucco,
altrimenti Link avrebbe visto il rossore affioratogli sulle guance. Era
un
po’ imbarazzante dire a quel ragazzo che gli era piaciuto un libro dove
il protagonista non era senz’altro un 100% etero.
«Se però ti piacciono i libri sui
vampiri non consoni, ti
consiglio anche la trilogia di Guillermo Del Toro e Chuck Hogan. Sono
vampiri strani ma interessanti», aggiunse Link, mentre toglieva il
vestito dalla busta.
Era la prima volta che i due
avevano una discussione del
genere, così specifica, e sembravano proprio a loro agio, anche se
c’era una strana elettricità nell’aria.
«Sicuro che siano per Halloween?»,
chiese Link, sorpreso che
abito e mantello neri fossero in velluto e la camicia con pizzi vari.
«Bak dice così», annuì Allen. «Ci
sono anche dei canini finti
da qualche parte; e sono ancora sigillati, tranquillo», lo informò.
Il biondo rimise tutto nella busta
e fece accomodare Allen nel
proprio salotto largo e ammobiliato con cura, che aveva una parte che
fungeva da cucina divisa da un ingresso ad arco.
«Vado a indossarlo e torno. Tu
stai pure qui», disse Link,
facendolo accomodare su una poltrona rossa, per poi andare verso la
cucina.
Allen fece un versetto a indicare
che aveva capito e si sentì
completamente accettato da Link: lo aveva fatto entrare in casa e lo
stava addirittura per lasciare solo in una stanza, come fosse realmente
un amico.
Dalla poltrona dov’era seduto, il
demonietto vide una lucina
gialla accendersi per un attimo per poi spengersi assieme a un piccolo
tonfo; dopodiché, Link fece ritorno in salotto. In mano recava un
vassoio di cartone, come quello tipico delle pasticcerie.
«Ti avevo preparato questi… Puoi
iniziare a mangiarli, se
vuoi», disse il padrone di casa, abbassando il vassoio perché Allen
potesse vedere i piccoli muffin rotondi al cioccolato fondente, bagnati
nella codetta e con quattro strisce di liquirizia ai lati. Sembravano
proprio dei buffi ragnetti pelosi.
«Oh», fece Allen, modellando le
labbra in un caldo sorriso.
«Sono bellissimi», disse, prendendone uno e mangiandolo, dimenticandosi
perfino del “dolcetto o scherzetto”. «E sono anche ottimi!», aggiunse,
con la bocca piena.
Link annuì e posò il vassoio sulle
sue ginocchia, andando poi
verso la porta, diretto alle scale.
«Torno subito», disse, prima di
sparire, lasciando Allen a
rimpinzarsi di quelle golosità in stile Halloween, con il cuore e lo
stomaco gonfi – di gioia.
Non passò che un quarto d’ora, e Allen sentì dei passi provenienti
dalle scale. Dal rumore, completamente diverso da quello di prima, Link
doveva aver cambiato i propri calzari.
Senza riuscire ad attendere oltre,
il demonietto si alzò – con
la bocca sporca di codette e cioccolato – e gli andò incontro. Non
stava più nella pelle: voleva assolutamente vedere Link vestito a
maschera.
«Allora, come va?», chiese Allen,
uscendo dal salotto e
trovandosi di fronte Link vestito di tutto punto.
«Non sono riuscito a mettere i
denti… Magari lo faccio prima di
uscire».
Il vestito di Bak gli stava una
meraviglia. Si era sciolto la
treccia, preferendo tenere i capelli raccolti in una semplice e morbida
coda bassa, si era leggermente colorato il volto con del cerone o del
fondotinta bianco, dandosi un aspetto più cadaverico, e aveva marcato
di scuro sottozigomi e occhiaie. Il risultato finale, unito a quel
camicione gotico, a quell’abito e agli anfibi che Link doveva aver
tirato fuori dalla propria scarpiera, era stupefacente.
Link vide l’espressione sul volto
di Allen e arrossì appena –
tradito dalle orecchie non pitturate.
«Come… come sto?», chiese lui, non
capendo bene se il ragazzo
fosse sorpreso in bene o in male, ma felice di avergli suscitato una
qualche emozione.
«Stai benissimo, Link», si
complimentò Allen, avvicinandosi a
lui per aggiustargli il colletto del camicione.
Non erano mai stati così vicini.
«Ora sei pronto per venire con
noi!», esclamò il demone,
contento. «Sembra che anche il tempo sia dalla nostra parte».
Link guardò fuori dalla finestra,
notando che in casa
cominciava a farsi buio a causa delle nubi, ma aveva però smesso di
piovigginare.
«Sì…», annuì, un po’ imbarazzato.
«Hai un sacco?», domandò Allen.
«Non in stile Halloween», rispose
lui.
Allen lo aveva immaginato.
«Allora userai il mio, poi ci
divideremo i dolcetti», sorrise
il demone, per niente preoccupato.
«Grazie…», disse Link, abbassando
lo sguardo per non dover
guardare quel sorriso gentile che lo turbava. Avrebbe voluto
addirittura voltarsi e dargli le spalle per un attimo – il tempo di
calmarsi –, ma sarebbe stato terribilmente ineducato. «Walker… però…».
«Però?».
«Io non credo di riuscire a dire
“dolcetto o scherzetto”… È
infantile e non l’ho mai fatto…».
«Facciamo una prova», disse allora
Allen, senza scomporsi.
«Prova a dirlo a me, e ti dirò cosa meriteresti».
I due si guardarono nuovamente
negli occhi e Link cedette,
decidendo di “piegarsi” ai voleri del ragazzo: «Va… Va bene», annuì.
Il cuore di Allen batté più
velocemente, aspettando che il
biondo parlasse, e lo incoraggiò con un altro sorriso.
Link dunque si schiarì la voce e
fece la prova:
«Dolcet—Walker, è così stupido…».
Allen, senza pensarci, si schiaffò
la mano destra sul volto,
sporcando il guanto di cerone e trucco, ma non facendoci assolutamente
caso; non era quella la sua priorità.
«È solo un modo per stare in
nostra compagnia, Link… io… io non
voglio che tu rimanga solo anche quest’anno…», mormorò il ragazzo,
arrossendo e mettendo a nudo il suo rossore nelle parti non più coperte
dal trucco.
Il biondo lo guardò, commosso da
quelle parole, e soppresse il
desiderio di abbracciarlo, come lo sopprimeva ogni volta che vedeva
quel piccolo demonietto davanti alla sua porta, anche se in
quell’occasione lo sforzo per contenersi fu molto maggiore del solito.
«Ok», rispose lui, tossicchiando
ancora una volta. Si vedeva
lontano un miglio che era fortemente imbarazzato da tutto ciò.
«Dolcetto o scherzetto?», chiese dunque, cercando di impostare una voce
profonda e baritonale, come quella che avrebbe potuto avere un
probabile Dracula, guardando il proprio interlocutore negli occhi.
Allen sorrise, contento che Link
ci fosse riuscito nonostante
la sua maschera di serietà e compostezza, e si avvicinò a lui per il
verdetto.
Gli cinse le braccia al collo e si
alzò in punta di piedi, così
da colmare la distanza tra i loro visi.
«Dolcetto…», sussurrò, più dolce
del miele, reclinando appena
il viso di lato, mentre chiudeva gli occhi, e posando poi un bacio
sulle labbra morbide e calde di Link.
Il vampiro trasalì a
quell’inaspettato bacio.
Solo nei suoi sogni più proibiti
quel ragazzino vestito da
demone, ma dal cuore buono e gentile verso di lui come fosse un angelo,
cercava più contatto, che non si fermasse alle
semplici chiacchiere, e solo in certi momenti di profonda tristezza e
solitudine immaginava di scambiarsi dei baci con lui. Non era mai
andato oltre, perché sapeva che mai e poi mai sarebbe potuta succedere
una cosa del genere, e invece Allen era lì, proprio davanti a lui –
incollato a lui – che lo stava baciando.
Dopo l’improvvisa emozione
iniziale, Link capì che quella
sarebbe stata l’occasione della sua vita che tanto sognava e comprese
che se non avesse fatto qualcosa quel ragazzino si sarebbe allontanato
– forse per sempre –, quindi decise di non perdere più tempo e lo
abbracciò per la vita, stringendolo forte, per fargli capire che non
voleva che si allontanasse da lui. Poi una mano strisciò sulla schiena
del demonietto, che sospirava soffocato a quella risposta che aveva
desiderato con tutto il cuore, arrivando fino al capo e insinuando le
dita tra i capelli finti della parrucca, muovendola appena dalla sua
sede, per avere così la possibilità di spingere quel viso contro la
propria bocca, in modo che le sue intenzioni fossero ben chiare: non
voleva che quel bacio finisse così, ma che si trasformasse in qualcosa
di più.
Con un sospiro, entrambi schiusero
le labbra e le loro lingue
strisciarono fuori per accarezzare quella dell’altro con gentilezza,
senza forza o costrizione, poi il loro bacio si approfondì con sospiri
più bassi e soffocati. Le labbra si congiunsero perfettamente
con quelle dell’altro, e racchiusero così i movimenti febbricitanti e
inesperti delle loro lingue. I corpi si cercarono tra loro, esigendo
più contatto e si incastrarono perfettamente, come se fossero fatti
apposta per unirsi, come due pezzi di un puzzle.
Solo quando ormai l’aria venne
meno e la saliva iniziò a
colare dai loro menti, allora, i due si separarono, uniti ancora da un
traslucido filo di bava. Avevano il fiatone ed erano rossi in volto.
Allen fece per dire qualcosa, ma
Link lo fermò, tornando a
baciarlo un’altra volta, sentendo già la mancanza di quelle labbra che
sapevano di zucchero, ed erano il miglior “dolcetto” che avesse
mai ricevuto in vita sua.
Intanto, la pioggia aveva ripreso
a
cadere, ma i due non se ne
accorsero, impegnati com’erano con quei loro baci ardenti. Si erano
desiderati talmente tanto che, impegnati a baciarsi nel corridoio,
davanti alle scale, non si accorsero nemmeno del tempo che passò e di
quando raggiunsero quasi meccanicamente la poltrona, per continuare a
baciarsi più comodamente. Erano imbarazzati all’idea che l’altro
potesse sentire l’eccitazione che cresceva nel cavallo dei loro
pantaloni ma non l’avrebbero ascoltata quella sera, perché quella
magica notte sarebbe stata riempita solo da baci e parole
appena sussurrate, per vivere il loro amore lentamente, esattamente
com'era sbocciato.
§Fine§
XShade-Shinra
OMAKE [leggermente erotico]
Un anno dopo, nello stesso giorno,
Allen attendeva Link in
salotto, mentre si rimpinzava di immancabili caramelle e di dolciumi –
quel Halloween
il biondo gli aveva preparato un teschio interamente composto da
cioccolato bianco.
Quando sentì i passi del tedesco
scendere le scale si alzò e
gli andò incontro, proprio come l’anno prima. I loro costumi non erano
cambiati – erano sempre il diavoletto e il vampiro –, ma quella volta
Link
aveva deciso che avrebbe fatto un travestimento perfetto in tutte le
sue parti.
Allen lo guardò e quasi non
credette ai propri occhi. Non solo
il trucco era impeccabile, su quel vestito che ormai Bak gli aveva
regalato, ma Link era riuscito a mettersi anche i canini finti.
«Ehi, ora sembri un vampiro vero,
Link!», esclamò Allen,
veramente colpito.
«Scemenze, Walker: i vampiri non
esistono», disse lui serio,
scostando lo sguardo e preferendo osservare la carta da parati di casa
propria.
«Ahah!», rise Allen,
abbracciandolo. «Sei bellissimo».
Il ragazzo biondo arrossì e
nascose il volto nell’incavo del
collo del ragazzo, il quale si strinse forte a lui, felice.
«Mh, Link?», lo chiamò poi. «Tuo
padre a che ora torna?»,
domandò piano, arrossendo leggermente.
Il vampiro ingoiò a vuoto a quella
domanda che nascondeva
molteplici significati. Ormai i due si erano fidanzati e avevano perso
la loro verginità proprio dentro quelle mura, in un piovoso pomeriggio
mentre guardavano un noioso film distesi sul letto del biondo.
«Penso per le sei…», rispose lui,
guardando l’orologio a muro
che indicava appena le cinque. «P—Perché?».
«Perché… mi farebbe piacere
qualche carezza da te… Prima di
uscire con gli altri…», sussurrò, leccandogli l’orecchio.
Link arrossì, capendo di avere
inteso fin da subito le sue
intenzioni. «Sei il Diavolo, Walker…», gli
rispose, stringendolo.
«No, Link. Sono solo un semplice
diavoletto», rise l’altro,
strusciandosi contro di lui, facendolo gemere.
«Mi costringi a comportarmi da
vampiro, Walker…», rispose
Link, con un soffio.
«E cioè?», chiese Allen, senza
ricevere però risposta. Link
infatti decise di fargli sperimentare sulla propria pelle cosa volesse
dire far venire “voglia” a un vampiro, e gli baciò il collo con
gentilezza, poi, però, i suoi “istinti da succhiasangue” presero il
soppravvento e lo morse al collo, attento a non fargli male con quelle
piccole e acuminate protesi di plastica.
«Ohw… Link… Ahwn…», soffiò l’altro
a denti stretti, senza
riuscire a nascondere la propria eccitazione a quel gesto, sentendosi
completamente alla mercé del ragazzo. «Ahhw…», continuò a fare
dei versi di goduria, sentendo le mani di Link che iniziavano a
spogliarlo piano e la sua bocca muoversi, mordendolo in un altro punto.
«Oh, Link… Sì…».
«Walker, sei rumoroso…», si
lamentò Link, imbarazzato, ma Allen
non prese bene quella pausa, perché gli saltò letteralmente addosso,
aggrappandosi con le gambe alla sua vita, facendo strusciare i loro
bacini.
«Andiamo in stanza, Link…», lo
pregò voglioso. «Voglio fare
l’amore con te…».
Il biondo a quelle parole lo baciò
d’impeto e iniziò ad
armeggiare con la zip dei propri pantaloni per avere più contatto con
Allen, ma il rumore del citofono fece spaventare i due, che si
staccarono subito, riassettandosi velocemente i costumi.
«Mio padre è in anticipo e deve
anche aver dimenticato le
chiavi!», esclamò Link, andando ad aprire il portone, sperando che il
genitore non notasse le loro arie un po’ trafelate. «Buon pomeriggio,
padre», disse
subito Link, spalancando l’uscio e trovandosi invece davanti Lavi,
Kanda e Lenalee.
«Dolcetto o scherzetto?», chiesero
in coretto i tre, ghignando
con l’aria di chi avesse proprio capito di aver interrotto qualcosa e
andasse fiero del proprio gesto – infatti il sorriso del
giapponese era il più compiaciuto. Poi tesero verso Link i loro sacchi
di juta: «Siamo venuti a prendervi!».
«Scherzetto. Che mi avete già
fatto», rispose Link atono,
chiudendo loro la porta in faccia. Al momento aveva altro da fare.
§Fine§
XShade-Shinra
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