Rospetto Gobbetto

di Hanatamago
(/viewuser.php?uid=125046)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


 Rimaneva a piangere nel bosco per ore.
Non gli importava del freddo che penetrava nelle ossa, dell’immancabile raffreddore, della fame e della sete.
Rimaneva sotto quell’albero a piangere, a commiserarsi, a maledire i ragazzini che lo prendevano in giro.
Perché erano così cattivi con lui? Perché? Che aveva fatto di male? La sua unica colpa era stata quella di non nascere con un visino grazioso, solo quella.
Gli sembrava ancora di sentire le loro voci, sebbene fossero al villaggio.
“Ragazzi, guardate! Sta arrivando Mukotsu Il Rospetto Gobbetto!”.
“ Ma tua madre non si è spaventata quando ti ha visto nascere?”
“Sicuramente! È morta subito dopo!”
Dai bambini a cui si era avvicinato timidamente per chiedere di giocare insieme gli era stato risposto un “Sparisci! Non facciamo amicizia con i rospi!”.
Dalle bambine a cui aveva regalato margherite con un sorriso sincero gli era stato urlato con una smorfia di disgusto “Allontanati da noi, rospaccio!”, poi buttavano i suoi fiori e si allontanavano ridendo, continuando a prenderlo in giro per la sua stoltezza.
Allora correva a rifugiarsi nella solitudine e nel buio del bosco, chiudendosi sempre di più nel suo guscio di bruttezza che piano piano strisciava dall’esterno all’interno, rendendolo sempre più freddo, più cinico, più egoista.
Iniziava allora a fantasticare di essere bello, amato e soprattutto potente, abbastanza da potersi vendicare un giorno di tutti coloro che lo avevano ridotto in quello stato.
 
 
 
Ditemi pure che fa schifo, non mi offendo.





Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=905671