Angel
(
Valentine’s Day )
* * *
I
want your love let’s break the wall between us
Don’t make it tough
I’ll put away my pride
Enough’s
enough, I’ve suffered and I’ve seen the light
You’re my
angel, come and save me tonight.
(Aerosmith, Angel)
* * *
13 FEBBRAIO
“Ciao Ayako!
Ho portato i soldi per la gita scolastica!”
“Oh,
Finalmente!”
“Senti Aya, sei sicura di
cavartela da sola? Mi sembri un po’ stanca! Non ti sembra i esserti presa
troppi impegni? C’è la scuola e devi occuparti della squadra di basket, forse
hai esagerato ad offrirti per organizzare anche la gita?”
“Oh, no, non
preoccuparti, va tutto bene!”
“Beh, se
dovessi avere bisogno puoi chiedere a me, ti aiuto volentieri!”
“Grazie
Senpai! Ma non preoccuparti, me la caverò!”
“Ah, a
proposito, se hai un po’ di tempo, questa sera andiamo al cinema, ti va di
unirti a noi?”
Ayako ci pensò
un po’ e decise che in fondo le avrebbe fatto bene un po’ di svago: “Sì, per me
va bene.”
“Ok, allora a
questa sera! ^_^”
Ayako ripose i
soldi della compagna fra gli altri destinati alla gita scolastica della classe.
In effetti, da quando si era presa l’impegno di organizzare la gita, le sue
giornate erano diventate incredibilmente corte, era piuttosto stanca e sentiva
il bisogno di un po’ di tempo libero, per riposarsi, ma anche quel pomeriggio
avrebbe dovuto seguire gli allenamenti della squadra. Non poteva mancare a
quell’appuntamento, dopotutto i ragazzi facevano grandi sacrifici e in fondo
anche lei si sentiva membro della squadra e doveva fare la sua parte.
Disegnò una
crocetta su un foglio a fianco del nome della compagna che aveva appena pagato.
Sospirò. Manca solo Miyagi.
Proprio in
quel momento il ragazzo entrò in classe. “Ciao Ayacuccia!!” la salutò
calorosamente. La ragazza arrossì: non voleva essere chiamata in quel modo in
classe: la metteva in imbarazzo. “Miyagi, ti ho già detto di non chiamarmi
così!”
“Oh, scusami
Aya-chan”
-_-!
…Sigh…Ma mi ascolta quando parlo…neanche glielo avessi chiesto in arabo…,
pensò la ragazza, sconsolata. Poi alzò lo sguardo e rimproverò il compagno:
“Miyagi, non mi hai ancora portato i soldi della gita. Manchi solo tu! Io non
posso aspettare ancora per…”
“Ah, già!”, la
interruppe lui, “mi ero completamente dimenticato di dirtelo! Io non vengo.”
Lei lo guardò
sorpresa: “Come, non vieni?”
Lui, imbarazzato, si portò una
mano dietro la nuca, gli dispiaceva davvero non andare in gita per quei tre
giorni con la sua dolce Ayako, ma c’era qualcosa di più importante: “Io ho
pensato di rimanere a casa, per allenarmi. E’ vero, si tratta solo di pochi
giorni, ma non mi sembra giusto che gli altri della squadra rimangano qui a
lavorare mentre io vado a divertirmi in gita.”, disse così, ma in realtà gli
dispiaceva proprio lasciare il campo da basket, anche solo per tre giorni.
Ayako rimase
ad osservare quel ragazzo con l’aria da bulletto e con un talento straordinario
per il basket. Dovevo capirlo, pensò triste: le dispiaceva un po’ che
l’amico non venisse in gita. Passava buona parte della giornata insieme con
lui, prima in classe e poi in palestra, e ormai lo conosceva bene e lo
considerava un vero amico.
“Capisco…”
disse e si sedette al suo banco. Lui notò la sua aria pensierosa: “Ayacuccia
sei sicura di stare bene?”
“Sto
benissimo.” rispose seccata facendogli cenno con la mano di andarsene.
In quel
momento entrò il professore.
Miyagi non
aveva molto interesse per la lezione, pensava alla sua Ayako, era preoccupato
per lei: si occupava di troppe cose ed era sicuramente stanca. Avrebbe
bisogno di divertirsi un po’. Magari potrei chiederle di uscire con me, solo
per divertirci… ^///^ … Nooo… ma che sto pensando!! Non accetterebbe
mai!
Certo prima o
poi avrebbe dovuto dirglielo: il sentimento che provava per lei era diventato
così profondo che non riusciva più nemmeno a nasconderlo. Anche gli altri della
squadra né erano a conoscenza e forse anche la sua classe lo aveva capito.
Sentì un groppo in gola.
Domani è il
14.
Il giorno
successivo la scuola avrebbe festeggiato S. Valentino e lui aveva pensato che
quello sarebbe stato il momento adatto per rivelarle con onestà i suoi
sentimenti. Sakuragi, dopo una lunga discussione, lo aveva convinto che la cosa
migliore da fare era scriverle una lettera. Il rossino consigliava di
nasconderla nell’armadietto o nella cartella, ma lui aveva deciso di
consegnarla di persona.
Aveva già
preso un piccolo bigliettino rosa, ma non aveva ancora deciso cosa scriverle.
L’ora di
pranzo era vicina e la campanella non tardò a suonare. Miyagi raccolse la borsa
e aspettò che la sua piccola Ayako fosse pronta. Poi, preso tutto il suo
coraggio, la invitò a mangiare. “Scusami Aya-chan, io… io mi chiedevo se… per
caso… ti andrebbe di pranzare con me… oggi… prima degli allenamenti…”, lei lo
fissò, incapace di comprendere quanto gli fosse costata quella richiesta: “No.
Oggi non posso, devo andare in segreteria a prendere i moduli da compilare per
la gita.”
“Oh,…” il
ragazzo era dispiaciuto, ma nemmeno troppo sorpreso, non si aspettava certo che
accettasse. Ayako non sarebbe andata alla mensa quel giorno, ma nemmeno lui ci
andò. Si diresse direttamente in palestra e rimase a giocare, da solo,
aspettando che anche gli altri si unissero a lui.
I compagni non
tardarono ad arrivare, e anche la sua Ayako li raggiunse. Gli allenamenti
proseguirono per tutto il pomeriggio e la ragazza incominciava a sentire i
segni della stanchezza, la testa le faceva un po’ male e avrebbe voluto
andarsene a casa a dormire; si ricordò, però, che aveva promesso alle sue
compagne di classe di andare al cinema con loro, e si rassegnò all’idea che
anche quel giorno non avrebbe potuto riposarsi.
La sera era
ormai calata e Ayako stava aspettando che i ragazzi lasciassero gli spogliatoi
per tornare a casa. Miyagi, già pronto, si era seduto accanto a lei a farle
compagnia.
“Ciao Ayako!!”
La ragazza si
voltò: una delle sue compagne di classe era entrata, correndo, in palestra.
“Oh, ciao Yumi! C’è qualche
problema?”
“Beh, …ecco…
per questa sera … non si va più al cinema, alcune non possono venire e così
abbiamo rimandato… mi dispiace di fartelo sapere così tardi!”, disse la ragazza
ancora ansimante.
Ayako sorrise
“Non preoccuparti, non mi crea nessun problema!”, era decisamente sollevata a
quella notizia, quella sera avrebbe potuto riposarsi come sperava. Salutò
l’amica e quando uscì dalla palestra tirò un sospiro di sollievo. Miyagi
vedendola, interpretò quel sospiro come un segno di disapprovazione: “Senti
Aya-chan, se ci tieni ad andare al cinema,… ”, deglutì, “p…potrei accompagnarti
io… se vuoi…”
Lei lo fisso
sorpresa e scoppiò a ridere: “Ma non dire cavolate! Non verrei mai al cinema
con te! Non mi fido!”, lui ci rimase malissimo; lei continuava a trattarlo in
quel modo senza accorgersi di ferirlo profondamente ma non si perse d’animo e
ritentò: “Beh, allora potrei almeno accompagnarti a casa…”.
“La vuoi
smettere con questa storia una volta per tutte Miyagi! Sono stanca e non ho
alcuna voglia di scherzare ok?”
La ferita che
il primo rifiuto aveva provocato era solletico in confronto al dolore che gli
provocò quella frase. Si portò una mano allo stomaco e raccolse la sua borsa
avviandosi, mortificato, verso l’uscita.
Ayako si era
accorta di aver esagerato e di averlo trattato veramente male: in fondo si
stava solo preoccupando per lei.
Domani mi
scuserò.
* * *
14 FEBBRAIO
Miyagi non era
riuscito a chiudere occhio tutta la notte ed era giunto a scuola con almeno
mezz’ora d'anticipo sull’inizio delle lezioni. Era seduto al banco e rigirava
fra le mani il bigliettino rosa che avrebbe dovuto consegnare ad Ayako. Alla
fine aveva trovato qualcosa da scrivere.
Mi sento
così idiota… come può pensare Sakuragi che sia la cosa migliore…le parole
che la ragazza gli aveva detto il giorno prima continuavano a rimbombargli
nella testa: devi smetterla con questa storia una volta per tutte. Devo
smetterla, forse è meglio così, dovrei lasciar perdere e basta, tenere per me
tutto quanto e conservare ancora quel poco di dignità che mi rimane. Lei non è
il tipo di persona a cui fanno piacere queste cose…
Al diavolo
Sakuragi…, pensò, stropicciando con decisione il bigliettino e rimettendolo
in tasca.
Aveva deciso
di non consegnarlo.
“Ah ha! Ti ho
scoperto!”
Una voce lo
fece sussultare.
“A…A..
Ayako!”, la guardò terrorizzato: doveva essersi alzata anche lei piuttosto
presto quella mattina e chissà da quanto tempo era lì.
“Ti ho visto
sai! Avevi un bigliettino rosa in mano e l’hai nascosto in tasca! Chi te l’ha
mandato!!??” chiese lei agitata e curiosa. Lui si ritirò “n…nessuno!”
“Non mentire!
L’ho visto! Di chi è?? Un’ammiratrice vero? Dai fammelo vedere!”
Lui si
allontanò ancora di più con la sedia dalla ragazza, che continuava ad
avvicinarsi pericolosamente.
“NO”, disse
con decisione. Ma lei non lo stette a sentire lo aggredì cercando di mettergli
una mano in tasca per prendere il biglietto: “Dai Miyagi! Di cosa ti vergogni!!
Siamo amici no?”, “Ti prego Ayako, fermati” lei gli appoggiò una mano sul petto
e infilò l’altra, senza ritegno, nella tasca dei pantaloni. Si era appoggiata
completamente a lui e nascondeva la testa sulla sua spalla ridendo, mentre
muoveva la mano dentro la tasca per cercare il pezzo di carta, lui sentì le
guance prendere fuoco: sentirsi addosso le mani della ragazza gli diede alla
testa, si ricordò per un attimo del biglietto e cercò debolmente di
allontanarla da sé, ma non voleva: non avrebbe rinunciato a quella sensazione
per nient’altro al mondo. Afferrò la ragazza per la manica e si abbandonò
completamente a quel gioco. Si lasciò andare all’indietro mentre il cuore gli
batteva a mille, ma la sedia, pericolosamente inclinata, non tardò ad obbedire
alle leggi fisiche portando con sé i due ragazzi, che caddero a terra l’una
sull’altro.
“Ahi!” Miyagi
aveva battuto la testa.
Si portò una
mano alla tempia, sofferente più per la brusca interruzione che per il dolore.
Lei si sollevò spaventata “Oh, Miyagi! Scusa! Mi dispiace io…” lui la stava
fissando sconvolto e lei si ricordò di cosa teneva in mano: aveva ottenuto il
bigliettino tanto desiderato e la curiosità prese il sopravvento anche sulla
preoccupazione per l’amico. Si alzò svelta prima che lui potesse afferrarla e
aprì la busta estraendo il biglietto.
Me la sono
cercata, il ragazzo chiuse gli occhi come se quello avesse potuto farlo
scomparire.
Ayako gli
sorrise maliziosamente e lesse il pezzo di carta:
Ti
amo.
Ryota
Nient’altro.
Sul biglietto
era stato capace di scrivere solo quello, ogni altra cosa gli era sembrata
stupida, ma ora gli sembrava terribilmente stupida anche quella.
Lei rimase a
bocca aperta: pensava che fosse qualche lettera d’amore di un’ammiratrice, non
le era nemmeno passato per la testa che potesse essere un biglietto scritto da
lui.
Ma per chi
è??
Girò il
biglietto per vedere a chi era destinato, ma non c’era scritto nulla. Ayako si
sentiva le mani gelare, era imbarazzata per quello che aveva fatto e sapeva di
aver esagerato. Ma voleva sapere di chi si era innamorato.
Forse
dovrei fermarmi qui, la cosa non mi
riguarda, si disse, ma prese la busta e la girò:
Ayako
Sul retro
della busta c’era scritto il suo nome.
Il mio nome.
Non è possibile.
Si sentì
trafiggere. Lei era la destinataria di quelle parole. Sentiva di aver fatto
qualcosa di terribile, poteva percepire la vergogna che il compagno stava
provando in quel momento e non ebbe nemmeno il coraggio di alzare lo sguardo.
Lui si alzò in
piedi, con la testa china e le passò accanto urtandole il braccio.
“R...Ryota,
io…”
Lui non si
fermò ad ascoltarla, uscì dall’aula con le mani in tasca. L’umiliazione che
provava era enorme tanto da fargli desiderar di morire, di sparire per sempre,
di non vederla mai più.
“Ryota ti
prego aspetta!” gridò la ragazza, ma lui era già andato. Lei corse fuori
dall’aula e si guardò intorno ma non c’era più traccia del ragazzo.
Miyagi non
tornò più in classe per tutta la mattinata, e lei continuò a fissare il suo
banco vuoto, preoccupata e disperata. Non aveva mai pensato che lui fosse
innamorato di lei in quel modo. Certo, spesso aveva tentato di farle la corte,
ma aveva sempre creduto che scherzasse. Ora doveva affrontare la cosa: quello che
aveva fatto era imperdonabile, sentì le guance avvampare al solo pensiero di
come si era comportata quella mattina con lui. Quella che lei aveva sempre
creduto un’amicizia era in realtà qualcosa di molto più grande e lei non lo
aveva mai capito.
Sono
davvero stupida.
Il pomeriggio
si diresse in palestra, imbarazzata all’idea di incontrarlo: sapeva che la
scuola non gli importava, ma non avrebbe mai saltato gli allenamenti. E infatti
lui era là, già in campo a giocare con gli altri. Questa volta non la salutò
come sempre e non le rivolse nemmeno la parola.
Mi odia,
pensò la ragazza, e come posso biasimarlo, mi odio io stessa per quello che
ho fatto. Rimase a guardarlo a lungo mentre si allenava in campo: era
davvero bravo, era abile e veloce e quella era la sua forza.
E’ un
playmaker straordinario. Lo vide andare a canestro aggressivo e arrabbiato,
una rabbia che doveva sfogare e di cui lei era la fonte.
Gli
allenamenti finirono presto quella sera e lui fu il primo, come al solito, ad
uscire dallo spogliatoio, ma questa volta non si fermò con Ayako: le passò
accanto senza nemmeno salutarla e uscì dalla palestra.
La ragazza
sentì un groppo in gola, avrebbe voluto mettersi a piangere, ma a cosa sarebbe
servito? Era disperata all’idea di perdere un amico e si detestava, si odiava
terribilmente. Un dolore forte la colse e fu costretta a chinarsi a terra
stringendosi una mano sullo stomaco. Gli altri ragazzi stavano uscendo dallo
spogliatoio e la videro accasciarsi a terra.
“Ayako!!
Ayako! Ti senti male ?”
“Ayako, come
stai?”
“Va tutto
bene, sono solo un po’ stanca” rispose la ragazza cercando di rialzarsi, ma non
ci riuscì.
“Ti portiamo a
casa noi, non ti sforzare”, Hanamichi la guardava preoccupato: “vieni, ti porto
sulle spalle”, disse e la sollevò di peso. La ragazza venne accompagnata a
casa: era grata ai ragazzi per quello che avevano fatto, ma avrebbe voluto che
ci fosse Miyagi a starle vicino.
Una volta in
casa si distese sul letto, e scoppiò in lacrime, pianse a lungo, sola nella sua
stanza, liberandosi di tutto quello che aveva trattenuto in quella orribile
giornata.
* * *
15 FEBBRAIO
Ayako
socchiuse gli occhi disturbata dalla luce che filtrava dalla finestra, guardò
la sveglia e si decise ad alzarsi anche se era ancora presto. Si guardò allo
specchio. Gli occhi erano ancora gonfi per il pianto della notte scorsa e per
la stanchezza, ma lo sguardo era risoluto. Aveva riflettuto e aveva capito
molte cose. Si pettinò i capelli ricci e li legò in una coda, come sempre.
Rimase un po’ ad osservarsi e poi li sciolse. Così sono più carina,
pensò, chissà se Miyagi verrà a scuola oggi? Devo assolutamente parlargli.
Sono stata così cieca, se solo me ne fossi accorta prima, gli avrei evitato
tutta questa sofferenza.
Fu felice di arrivare a scuola e vedere che Miyagi
era già in classe. Si sedette al banco e rimase a pensarlo per tutta la
mattina. Le fece tenerezza mentre cercava di difendersi dal professore
d’inglese che lo sgridava per non aver fatto, ancora una volta, i compiti.
Non le fu facile rimanere concentrata nemmeno in
palestra, dove il playmaker continuò a sfogare la sua rabbia che non sembrava
placarsi.
Era più che decisa a parlargli, aveva pensato e
ripensato più volte a quello che doveva fare e stava aspettando la fine degli
allenamenti per poter rimanere da sola con lui.
I ragazzi erano nello spogliatoio. Miyagi, non si era
affrettato a prepararsi; anzi era rimasto tra gli ultimi, insieme a Mitsui e
Sakuragi. Lei tirò fuori dalla cartella i moduli compilati per la gita: quello
era l’ultimo giorno disponibile per consegnarli. Li riordinò aspettando che i
ragazzi finissero di cambiarsi. Finalmente i tre uscirono, ridendo, dallo
spogliatoio dirigendosi insieme verso l’uscita.
“Miyagi, aspetta!”
Il ragazzo colto di sorpresa si fermò; Ayako lo stava
chiamando, ma non ebbe il coraggio di voltarsi verso di lei. Gli altri due si
bloccarono sorpresi dal tono serio della ragazza: il playmaker non aveva
raccontato loro nulla di quello che era accaduto il giorno prima.
“Che c’è?” rispose, cercando di mantenere un tono
indifferente, lei fece un respiro profondo per calmare il suo cuore che batteva
spaventosamente forte, “Devo andare consegnare i moduli per la gita in
segreteria… puoi accompagnarmi?”
Con la borsa legata sulla fronte, il ragazzo si mise
le mani in tasca e fece per andarsene: “Non mi va”. Ayako fu sorpresa da quel
rifiuto, ma voleva assolutamente parlargli: “Perché non vuoi venire?”
“E’ solo una perdita di tempo”, rispose il compagno
di classe, seccato.
Lei non riuscì a trattenersi: “Beh, non mi sembra che
tu abbia molte cose da fare!”
Il giocatore si voltò, offeso: “Cosa ne sai tu di
quello che devo fare!? Non mi va di venire con te alla segreteria.”
Lei, testarda, non volle rassegnarsi e tentò
un’ultima volta: “Miyagi, ti prego, ho bisogno di parlarti, … da sola…”
Il ragazzo si aspettava quella frase, ma non era
ancora pronto a parlare di quello che era successo e ad accettare le sue scuse:
“Che cosa devi dirmi che i miei amici non possono ascoltare?”, la provocò.
Ayako si sentì sconfitta.
Aveva distrutto la sua possibilità di spiegargli come
stavano le cose.
Poi ebbe un’idea.
Posso fare
ancora qualcosa, pensò. Lei lo aveva umiliato e
ora poteva fare la stessa cosa con se stessa: gli avrebbe detto di fronte a
tutti come stavano le cose, umiliandosi, e in questo modo, forse, avrebbe
potuto dimostrare quanto teneva al suo perdono.
Il numero 7 la stava fissando e aspettava la sua
risposta. Lei raccolse tutto il suo coraggio, molto di più di quello che
credeva di avere, e avanzò, fermandosi a pochi centimetri dal suo viso. Si alzò
lievemente in punta di piedi e lo baciò. Appoggiò appena le sue labbra su
quelle del ragazzo, ma fu abbastanza per sconvolgerlo. Era arrossita fino alle
orecchie; Mitsui e Sakuragi la stavano fissando attoniti a bocca aperta. Lei
non poté più resistere e corse fuori dalla palestra.
Miyagi era rimasto lì, impalato e incredulo, con
ancora la sensazione delle calde labbra di Ayako che premevano sulle sue.
La borsa era caduta in terra.
Mitsui gli passò una mano davanti agli occhi come per
risvegliarlo, ma lui non si mosse “Hey Miyagi?? Pronto?? Sei ancora vivo??”,
Hanamichi scosse il ragazzo: “MA DICO SEI SCEMO!! AYAKO TI HA APPENA BACIATO E
TU TE NE STAI QUI IMPALATO COME UN PESCE LESSO!?? DEVI ASSOLUTAMENTE
RAGGIUNGERLA!!”, lui si riscosse sentendolo urlare: l’amico aveva ragione,
doveva raggiungerla. Fece qualche passo all’indietro, titubante, poi si decise
e corse fuori. Si fermò sulla soglia della porta guardandosi intorno per
cercare la sua Ayako.
Non c’è più! Dove può essere andata?
Ah, già! In
segreteria!
Corse quasi disperato dentro la scuola, lungo i
corridoi, verso la segreteria cercando la ragazza. La vide da lontano, mentre
s’avvicinava all’ufficio con i moduli in mano, “Ayako! Ayako, fermati!…”, lei
continuò imperterrita a camminare ma lui, ormai senza fiato, la raggiunse e le
mise una mano sulla spalla costringendola a voltarsi. La ragazza lo aveva
sentito, ma non aveva avuto il coraggio di fermarsi. Sapeva che l’avrebbe raggiunta,
ma quel gesto brusco la colse di sorpresa: i fogli le scivolarono dalle mani e
si sparsero in terra.
“Oh, scusami.. io…”, fece il ragazzo ancora ansimante
per la corsa. Si chinò per raccogliere i fogli e per riparare al danno che
aveva fatto con la sua irruenza. Ayako si inginocchiò accanto a lui,
silenziosa, per aiutarlo nella raccolta.
Miyagi si fermò per riordinare il plico di fogli che
teneva in mano e lei gli porse quelli che aveva raccolto per unirli ai suoi. La
vide nascondere il viso fra i capelli: adorava i suoi capelli e il loro profumo
e quando erano sciolti la rendevano ancora più bella. Appoggiò i fogli a terra
pervaso da una emozione indescrivibile. Quando lo aveva baciato aveva visto
realizzarsi il più impossibile dei suoi sogni, ora toccava a lui rendere quel
sogno ancora più bello. Allungò una mano per sfiorarle la guancia, poi le prese
il viso fra le mani e chinandosi su di lei, la baciò. Di nuovo sentì il calore
delle sue labbra che ricambiavano il bacio. Assaporò la bocca morbida della
ragazza perdendosi nella dolcezza dei suoi movimenti. Lei la socchiuse
permettendo alle loro lingue di sfiorarsi e di incominciare a giocare
lentamente; portò una mano ad accarezzargli timidamente i capelli dietro la
nuca, dov’erano più corti; lui si abbandonò a sensazioni sempre più intense
tanto da temere che il suo cuore potesse scoppiare.
Si scostò da lei, per riprendere fiato, sconvolto da
quelle emozioni. Non riusciva ancora a credere che stesse accadendo tutto per
davvero. Appoggiò la fronte a quella della ragazza. Desiderava dire mille cose,
parlarle, raccontarle quello che provava. Rimase, così appoggiato a lei per un
po’ cercando le parole, poi la baciò sulla fronte:
“sono felice”, disse.
Lei sorrise e gli mise le braccia al collo stringendo
a sé il suo playmaker con l’aria da duro, ma con il cuore tenero.
“Anch’io sono felice”.
Rimasero legati l’uno all’altra finché il ragazzo si
ricordò dei moduli che dovevano essere consegnati. Si separò da lei anche se
controvoglia, raccolse i fogli e si rimise in piedi. Le allungò la mano per
aiutarla, lei si alzò e scosse la gonna dalla polvere.
“Andiamo Aya, ti accompagno alla segreteria”, disse
il ragazzo mettendole un braccio intorno al collo e stringendola a sé: “tanto
non ho niente da fare!”.
“Lo sapevo”, disse lei sorridendo e abbracciandolo
stretto, “ti voglio bene”.
- FINE -