Prologo
Sono sempre stata una ragazza alternativa, cioè, ho sempre
voluto fare cose diverse da tutti gli altri.
Quindi, ho pensato di creare una Draco/Hermione diversa da tutte le
altre.
Andiamo, ci sono così tanti cliché che ruotano
intorno
alla coppia, che è molto difficile trovarne una seria.
Non ho la presunzione di dire che la mia lo sia, ma spero possiate
scorgere un qualcosa di diverso in questa mia storia.
Qual è la mia idea? Se siete arrivati a leggere fino a qui,
è perché probabilmente la cosa vi interessa.
E' da un paio di notti, quando sto per addormentarmi, che mi balza
sempre in mente un'idea un po' malsana.
E se i nostri maghi
preferiti cantassero?
Dopo questo silenzio tombale, posso facilmente supporre
che mi
stiate mentalmente dando della pazza scriteriata che andrebbe subito
rinchiusa al manicomio, ma vi chiedo solo di fidarvi di me. Se
resterete delusi, le recensioni esistono per questo. Se la fic
vi
piacerà, le recensioni esistono soprattutto per
questo.
Prima di iniziare, precisiamo alcuni punti.
- Il
favoloso professor Piton, è l'unico di quanti citati nel
libro
ad essere morto. Ergo, tormenterà ancora i suoi ''alunni''
nella
sua solita maniera spietata.
- Le
canzoni sono tutte prese da Glee, difatti ogni personaggio di questa
fanfiction possiederà una sola voce (o quasi -
perché
potrebbero esserci eccezioni)
- Cercherò
di non rendere i personaggi troppo OOC, ovvero, la mia storia (e in
particolare l'amore tra Draco ed Hermione) si svilupperà
pian
piano.
- Ho
deciso di effettuare un cambiamento radicale in Hermione, tuttavia.
L'avvertimento OOC è riserbato in particolare a lei.
- Quando le
strofe delle canzoni saranno scritte in grasseto corsivo, stanno
cantando.
- Se
avete dei suggerimenti, o delle canzoni che vi piacerebbe in particolar
modo che venissero cantate, dite pure, anche se non prometto nulla.
- So
che ho detto di essere un'alternativa, ma il settimo anno (dopo la
Guerra) mi tocca inserirlo per sviluppare il mio progetto. E
sì,
un cliché l'ho usato pure io,
Blaise ci sta come migliore amico di Draco (dai, come può
uno
parlare con Tiger e Goyle?), ma resta come descritto dalla Row.
- Il titolo
è lo stesso - tradotto in italiano, visto che siamo in Italia -
di un episodio di Glee della seconda stagione.
- Come
vedrete, mi piace dare spazio anche agli altri personaggi.
- Questo
primo capitolo è corto, me ne rendo conto, ma d'altronde
è un semplice prologo.
Per quanto riguarda
l'aggiornamento della mia fiction Potrò mai sorridere
di nuovo?
temo che dovrete pazientare un bel po', visto che sono a corto di idee
- cioè un qualcosa di indefinito mi ronza in testa - e non
voglio fare pasticci mostruosi.
Disclaimer: i
personaggi, i luoghi, gli elementi
e quant'altro sono proprietà di J.K. Rowling. Questo scritto
non ha alcun scopro di lucro.
La Nostra Canzone
- Prologo -
Severus Piton
tamburellava le lunghe dita su un bracciolo della confortevole
poltrona dell'aula processi del Wizengamot. Con un'occhiata scocciata,
passò in rassegna i visi di tutti i presenti. Vi erano
alcuni ex alunni, alti funzionari del Ministero e poi, coloro che
l'avrebbero scagionato. Se in passato gli avessero detto che la sua
arma vincente in un processo - colui disposto a testimoniare in suo
favore, sarebbe stato Potter, avrebbe riso in faccia al malcapitato. Il
tutto, prima di chiamare d'urgenza il reparto malattie mentali del San
Mungo. Invece, si trovava nuovamente tra quelle catene, in attesa che
il sopracitato ragazzo contribuisse alla sua scarcerazione. Concesse un
sorriso al trio di diciassettenni che lo fissava - con sguardi privi dell'antico
astio - e dopo aver raddrizzato la schiena sullo scomodo
sedile, guardo dritto negli occhi il capo del Wizengamot: Kingsley
Shakebolt. Per sua enorme fortuna, egli conosceva tutta la storia e non
sarebbe stato difficile provare la sua innocenza al resto della corte.
D'altronde era anche merito suo se il Signore Oscuro era passato a
miglior vita. « Dichiaro
aperto il processo » esordì il Ministro, battendo
un colpo con il martelletto di legno finemente intagliato. «
Come si dichiara davanti a questa corte e all'intero mondo magico?
» chiese quindi, scoccandogli una rapida occhiata
d'intesa. «
Innocente » dichiarò, suscitando malcelati sussuri
di
sconcerto e indignazione. La sua avvocatessa, una maga piuttosto bassa
di circa quarant'anni di nome Melinda, fece il suo ingresso sulla scena
ed esordì con un «
Chiamo a testimoniare il signor Harry Potter » La voce chiara
e
sicura di chi la sa lunga, riempì la stanza del suo eco. Il
testimone si fece avanti, e dopo essersi sistemato gli occhiali sul
viso, racconto chiaramente quando accaduto durante la Seconda Guerra
magica, con ampiezza di dettagli ed estrema chiarezza. I brusii si
fermarono di colpo. Dopo
il Bambino Sopravvissuto, vennero chiamati anche i suoi migliori amici
ed alcuni suoi colleghi. Chi lo
colpì di più, fu Minerva
- l'algida professoressa di Trasfigurazione. «
Non posso certo affermare di conoscere gli avvenimenti come il signor
Potter, la signorina Granger o il signor Weasley, ma posso affermare
con sicurezza che il professor Piton è innocente. L'anno
scorso,
nell'apogeo del suo doppio gioco con Voldemort - tutti strabuzzarono
gli occhi, non era ancora usuale dire il nome di
Colui che non deve essere nominato
-
l'imputato ha cercato con ogni mezzo a sua disposizione di frenare le
aggressioni agli studenti mezzosangue o nati babbani, ed è
stato
una parte importantissima durante l'ultima battaglia »
disse. Dopo venti minuti presi dal Wizengamot per deliberare, il
verdetto fu unanime. Innocente.
Per la prima volta da tantissimo tempo, Severus Piton si concesse una
calda e sincera risata. Era libero.
Hermione Granger era giunta presto al binario nove e tre
quarti,
trovandolo vuoto. Lì, cullata dal vento, si concesse di
piangere. Proprio in quel posto era iniziato tutto, era iniziato quel
ciclo di avventure che le aveva brutalmente strappato la sua famiglia.
Per grazia divina, erano ancora sani e salvi. Chissà dove.
Ed anche quel lui che
si era sforzata di odiare con ogni fibra di sé - ma che non
riusciva a togliersi dalla mente, era ancora vivo da qualche parte. Ed
era stata proprio lei a salvarlo. Tra le lacrime, si concesse un
sorriso. Probabilmente non l'avrebbe più rivisto,
così
come non avrebbe rivisto i suoi genitori, ma forse una ''rottura''
netta sarebbe stata la più salutare. Ma come se invocati,
due
occhi enigmatici fecero capolino nella sua mente, facendole versare
nuove e più
amare lacrime.
Le asciugò tutte con un braccio, prima di prendere le sue
valigie e andarsi a sedere su una panchina esattamente davanti a dove,
di lì a poco, sarebbe arrivato il treno che l'avrebbe
ricondotta
a casa. In poco la stazione si gremì di volti felici e
spensierati e in tutta quella confusione ne riconobbe uno troppo
familiare. Nascose il volto tra i ricci ribelli - ringraziando per una
volta il cielo che esistessero - e abbassò la testa,
sconfitta. Dal suo cuore,
scatto matto. Lui, sarebbe stato tornato a scuola. Senza perdere tempo
in inutili supplizi mentali, andò alla ricerca dei suoi
amici. «
Hermione! » la voce squillante di Harry le scaldò
il cuore. «
Ciao tesoro » esordì, abbracciandolo
calorosamente, per
poi passare in rassegna anche i due fratelli Weasley. « Non ti
abbiamo più visto dal giorno del processo »
sussurrò Ginny. « Eravamo
preoccupati » aggiunse Ron. « Avevo
bisogno di un po' di tempo per riprendermi » tagliò
corto lei, regalando ai suoi amici un sorriso sincero. « Stai
meglio? » chiese Ginny, prendendola sottobraccio e
scostandosi un po' dal resto del gruppo. «
Si, Gin. Ho pensato molto a loro quest'estate, e sono giunta alla
conclusione che loro vorrebbero che io sia felice. Ogni tanto perdo
ancora delle ore nel ricordarli, ma ora sto meglio. Davvero »
ed
era vero, nonostante avesse omesso un piccolo particolare. Ma
d'altronde, nessuno avrebbe potuto capire.
Narcissa e Lucius Malfoy - scagionato per mancanza di prove,
ma
più probabilmente per una qualche bustarella sotto banco -
sorrisero nel vedere il loro adorato figlio che scendeva le scale della
villa di famiglia, nuovamente tirata a lucido, pronto per rimettere
insieme i cocci delle loro vite. Tutto si poteva dire di Lucius Malfoy,
ma non che non avesse compreso i suoi sbagli. Certo, non avrebbe mai
trattato un mezzosangue da suo pari - o almeno, non era nei suoi
progetti per l'immediato futuro - ma aveva compreso che la sacrosanta
legge babbana del Vivi
e lascia vivere
era di certo la via meno impervia. E lui, di combattere non aveva
più voglia. Troppi sorrisi, troppo amore e troppo calore
erano
stati trascurati da quando il Signore Oscuro era risorto. E se anche
lui in persona avesse suonato alla sua porta - sopravvisuto
chissà come - era deciso a chiudergli la porta in faccia.
Niente, valeva quanto la sua famiglia. Aveva impiegato troppo per
capirlo, ma giorno dopo giorno cercava di rimediare ai suoi sbagli.
Sorrise di cuore al figlio, prima di coinvolgerlo in un abbraccio breve
ma colmo di parole taciute. Con quel gesto - così poco da
lui -
gli stava chiedendo definitivamente scusa. Una volta per tutte. E dalla
risposta, capì di essere stato perdonato. Tornò a
prendere posto a tavola, mentre sua moglie si alzava - con le lacrime
agli occhi - e ripeteva, forse con più calore, il gesto da
lui
compiuto poco prima. A Villa Malfoy, vi era di nuovo - per quanto
possibile, un clima sereno. Lucius, dopo gli ultimi saluti,
entrò nel camino e scomparì in una folata di
fuoco verde.
Entrato al Ministero, salutò con più
cordialità di
quanto tutti si aspettassero i suoi colleghi e strinse persino la mano
ad Arthur Weasley, il quale rispose imbarazzato e sorpreso.
Un ragazzo moro, dalla pelle scura e due profondi occhi
neri,
superò la barriera del binario nove e tre quarti con un
sorriso
sulle labbra. Guardandosi intorno vide molti suoi vecchi compagni, ma
rivolse loro un semplice cenno di saluto. L'unico che voleva vedere,
anche se solo per un'istante, era colui che anni prima - al tempo del
Tremaghi - aveva rubato il suo cuore. Blaise Zabini, era cotto proprio
di lui: il salvatore del mondo magico. E colui che popolava i suoi
sogni più infuocati, stringeva una ragazza minuta con rossi
capelli. Sentì una morse infernale all'altezza del cuore, ma
con
rispolverata indifferenza continuò a camminare verso il
luogo
dove avrebbe incontrato i suoi amici, sorridendo compiaciuto ad ogni
sospiro malcelato delle ragazzine più piccole. Blaise Zabini
non
era uno che si potesse catalogare, era sempre stato un soggetto
singolare. Fermamente convinto della purezza del sangue, non aveva mai
chiamato qualcuno mezzosangue
o sanguesporco.
Innamorato di un ragazzo, non aveva disdegnato le attenzioni che il
genere femminile gli riservava. Sebbene non proprio bellissimo,
conquistava chiunque con il suo portamento e il suo carisma. E
quell'anno, era deciso a dare una svolta alla sua vita. Se Harry non
andava da lui, sarebbe andato lui da Harry. Semplice. A
qualunque costo, l'avrebbe conquistato.
Neville Paciock stringeva con amore la sua fidanzata, Luna
Lovegood,
mentre insieme si dirigevano dai loro amici. Tutti li accolsero con
calore, e per una delle poche volte fino a quel momento, si
sentì parte di qualcosa. Di un gruppo. Non era
più solo
il grassoccio e stupido Neville, c'era qualcuno che contava su di lui.
Quando lo vide strinse forte Seamus, il suo migliore amico, e mentre
Luna discuteva animatamente con Hermione riguardo a qualche strambo
animaletto di cui nemmeno voleva conoscere il nome, intavolò
con
la componente maschile più Ginny del gruppo un'accesa
discussione sui Cannoni di Chudley. «
Sono i migliori! » continua a ripetere Ron, cercando di
convertire al Chudleyismo - culto inventato da lui ai tempi dei
pannolini - i suoi amici. Senza
successo. Le risate, le urla, gli abbracci. Quella, era normalità
per Neville Paciock. Ad un certo punto, però, qualcosa
catturò il suo sguardo. Una fin troppo familiare chioma
biondo
platino. « Che
guardi Neville? » domandò la sua ragazza con aria
trasognata. «
Verme » sibilò lui, trasfigurando il suo volto in
una
maschera di disgusto puro. Preso com'era dalle sue recriminazioni
mentali verso quell'essere,
non si fece comunque sfuggire l'espressione di dolore che Hermione
aveva stampata in faccia. Tuttavia, non disse niente. Era sua amica, le
voleva bene e magari si era immaginato tutto. Non era quel tale ad
averle fatto cambiare umore in un nanosecondo.
Non era il caso si
sollevare un polverone di disastri per nulla.
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