Maybe
Maybe
“Zoro?” lo chiamai un paio di volte, ma non mi sentì.
Certe volte mi
domandavo chi fosse, sempre all’erta ma quando si addormentava,
bhè, in quei momenti davvero non sapevo cosa inventarmi per
riuscire a svegliarlo.
C’erano momenti in cui avrei volentieri commesso un omicidio.
Ma forse, questa volta
potevo anche pensare di lasciarlo dormire. Daigo è un vero e
proprio terremoto. Di carattere, in queste occasioni assomiglia alla
sottoscritta, anche se tante volte ho visto dipingergli sul visetto
paffuto tante espressioni di Zoro.
Ora capisco Genzo. Non deve essere stato facile starmi dietro quando ero piccola.
Il piccolo terremoto
Daigo, come ama chiamarlo Robin, ha letteralmente distrutto il suo
papà oggi. Tanto stanco da non sentire nemmeno la porta della
cabina chiudersi.
Meglio così.
Almeno non avrò nessuno a dirmi di smetterla.
Anche se l’unico che dovrebbe darsi un freno qui, è proprio il caro Zoro.
“Zoro…”
odiavo quando iniziava, ma poi mi ritrovavo a non poterne più
fare a meno. E lo richiamavo sempre indietro, strattonandolo per la
maglietta e riportandolo sopra di me.
Dio, quell’uomo mi avrebbe fatto impazzire.
“Nami…” sentirlo sussurrare il mio nome in quel modo era esilarante, e spiazzante.
Lo odiavo con la stessa intensità con cui lo amavo.
Coerente? In questi casi no.
“Non
provare nemmeno ad alzarti” bofonchiai bloccandolo brillantemente
tra le gambe e segnando così un punto a mio favore. O forse a
suo favore. In quei casi, poco aveva importanza eravamo entrambi
vincitori e perdenti allo stesso tempo.
Lo sentì soffiarmi una risata nell’incavo del collo ed un brivido mi scosse.
“Ma se fino a due minuti fa volevi che la smettessi” carogna e lurido approfittatore.
“Ormai ci sei” lo punzecchiai attirandomelo ancora più addosso, soffocando un gemito a quel contatto.
“E se faccio così?” il gemito seguente non riuscì a trattenerlo.
Mai avrei pensato di arrivare a certi livelli. Solo al pensiero mi sentivo arrossire.
Ma sinceramente, non avrei cambiato nulla. Nulla che riguardasse lui e la mia scelta.
Adoro quella Nakama
matta, adoro il mare ed i mandarini. Le girandole ed il sole. Il vento
tra i capelli e l’odore di salsedine che trasporta. Il rum, le
risate spensierate dei miei compagni di viaggio, le frottole di Usopp,
i sorrisi solari di Rufy e quelli rari di Robin. La timidezza di
Chopper e l’essere farfallone di Sanji.
Adoro lui e la vita che mi sta facendo vivere.
“Beccata”.
Sorrido e mangio un
altro pezzo di dolce rubato dalla dispensa di Sanji. Tanto lo ha
lasciato a posta per me, quindi non corro rischi. In tutti i casi, non
li correrei.
“Ho voglia” brontolai affondando ancora la forchetta e prendendo un altro pezzo.
“Potevi chiamarmi” ribatte Zoro, ma lo sbadiglio enorme che fa ancor prima di terminare la frase mi fa sorridere.
Scuoto il capo e gli punto contro un dito.
“Se aspetto te allora qua facciamo mattina” mi diverto a prenderlo in giro. E lui lo sa.
“Simpatica”
ribatte acido venendomi incontro e prendendo posto a sedere nella sedia
a fianco alla mia. “È buona almeno?” mi domanda.
Annuisco e prendo
l’ultimo pezzo. Dirigo la forchetta verso la sua bocca, ma mentre
lui già si pregusta il tanto agognato boccone, faccio una
deviazione e me lo mangio lasciandolo a bocca asciutta.
“Ehi!” ribatte piccato e io rido per quella sua espressione imbronciata ed incredula.
“Sono io quella incinta, non tu” gli faccio notare.
Zoro sospira scuotendo il capo.
“Dove vai?” chiedo quando lo vedo prendere il piatto ed alzarsi dal tavolo.
Rovista nel frigo e torna con una nuova fetta di dolce.
“La dividiamo?” mi chiede riprendendo il proprio posto e portando un nuovo boccone alla mia bocca.
“Buona” mugugno guardandolo mangiarne anche lui un po’.
Alle volte mi chiedo come sarebbe andata se non avessi incontrato loro.
“Nami”.
Lo guardo e non so mai cosa aspettarmi da lui.
“Fa che sia femmina questa volta”.
tbc...
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