Vieri
aspettava.
Erano le 5 ed era sul porticciolo che aspettava. Guardava con sospetto
i passanti che non facevano altro che scambiarsi qualche battuta
sottovoce. Temeva fossero i tanti pettegoli di Firenze,
che si mettevano a ciarlare di una qualche reciproca
attenzione che Vieri aveva nei riguardi di Federico Auditore. Si sapeva
bene che tra gli Auditore e i Pazzi non scorreva buon sangue. Sarebbero
arrivati anche ad uccidersi, dicevano alcuni, il fatto che Ezio e Vieri
si litigassero per le strade non faceva altro che alimentare le lingue
di chi teneva il gazzettino dei pettegolezzi. Vieri sospirò.
Le 5 e un quarto.
Avrebbe aspettato un solo minuto e poi se ne sarebbe andato. Il piccolo
fagotto che aveva in tasca gli pesava in modo orribile, era come se
tutta Firenze l'avesse visto. L'ultima volta che Federico gli aveva
fatto un regalo era una piuma d'argento, una spilla, così
piccola che poteva portare appuntata alla blusa, senza che i suoi o
qualcun'altro se ne accorgesse. La portava in modo fiero e altezzoso
come al suo solito, ma Federico riusciva sempre a smontarlo con qualche
sua battuta. Così Vieri lo mandava a quel paese,
così, anche che se qualcuno sentiva, almeno non li avrebbero
accusati di sodomia. Ma l'avrebbero fatto uguale, ogni volta che
Federico gli teneva i fianchi. Li avrebbero accusati, se quando Vieri
cercava di dargli uno schiaffo, Federico rispondeva con un bacio. E
alla fine, quando Federico entrava dentro di lui, Vieri pensava che non
gliene sarebbe importato di meno se qualcuno li avesse addittati come
pervertiti.
Si era meravigliato tante volte, non trovava alcuna spiegazione logica.
Sarebbe dovuto nascere femmina, forse puttana. Oppure Federico era
estremamente bravo. E ciò lo riempiva di gelosia. Gelosia
perchè, sapeva che suo padre Giovanni era stato un playboy,
ai suoi tempi. E lo stesso Federico. Lo circondava sempre uno stuolo di
ragazze vocianti e fastidiose, quando era nei paraggi. E Vieri si
sentiva inferiore. Quindi aveva cercato di farlo suo, anche con i mezzi
più sporchi, affinchè nessun altra ragazza
potesse più toccarlo.
"Se credi che agendo così mi allontanerai da qualsiasi
creatura vestita di crinolina, ti sbagli di grosso."
"Stai zitto bastardo."
Una volta aveva preferito invertire i ruoli. Federico aveva accettato
perchè voleva vederlo sopra di lui, su di lui, verificare
cosa sapesse fare. Non che ne avesse bisogno in realtà, si
vedeva da lontano un miglio che il corpo di Vieri era magro ma
longilineo, armonioso e morbido, proprio come quello di una ragazza,
forse non adatto a spingere con il bacino, che sembrava piccolo e poco
forte. La prima volta che Federico aveva posato le mani su di lui era
stata un esperienza indescrivibile, si erano fatti male, ma avevano
continuato. Era stato entusiasmante e quasi una sfida, ma la faccia di
Vieri durante l'orgasmo era stata assolutamente impagabile.
Così, mentre pensava alla loro prima volta, ecco che la
spinta poderosa di Vieri lo aveva fatto gemere più del
dovuto. Federico si tappò la bocca, rimangiandosi
tutto quello che aveva pensato. Vieri si leccò le labbra con
fare soddisfatto.
Continuarono a farlo finchè il sedere di Federico non fu
diventato rosso.
Vieri si era seduto, spostando la saccoccia in velluto nero sulle
gambe. Non gli importava più se la gente lo vedeva. Federico
non era arrivato e il ragazzo si era ripromesso che dopo un minuto si
sarebbe incamminato verso casa. Ma aveva aspettato uguale, invano. Che
illuso, pensò. Si tolse il cappello e con aria avvilita
sbuffò. Poi una persona si sedette al suo fianco. Vieri non
ci fece caso. Sospirando un altro pò si alzò e
fece per andarsene, e gli cadde il fagotto dalle gambe. Si
chinò per raccoglierlo, ma una mano più veloce
della sua l'afferrò. "E' davvero pesante per un giovine come
te. E poi, non credo sia periodo di regali, non siamo ancora a Natale."
Vieri si girò verso quella voce profonda ma tanto
rassicurante, che sembrava la versione adulta di Federico. Ma non era
lui, era il padre!
"Gio-Giovanni Auditore?!"
"Buonasera Vieri. E' davvero una splendida serata non trovi?" Disse
Giovanni, in modo cortese.
Vieri era spaventato, oltre che allibito. Giovanni Auditore? Ma, la
loro rivalità tra famiglie? La gente? Federico?
Perchè c'era lui al posto suo?
"Cosa, cosa ci fa lei qui?"
"Sono venuto solo a fare una passeggiata. E siccome questo è
il mio luogo preferito, ho deciso di fermarmi un pò. Sai, su
questa stessa panchina ho conosciuto quella che sarebbe stata la mia
futura moglie."
Vieri non riusciva a spiccicare una parola sensata, nemmeno una battuta
saccente. Giovanni era diverso da suo padre, gentile ed autoritario
allo stesso tempo. Pensò all'istante che Federico fosse
fortunato ad avere un padre come Giovanni. Il suo umore
peggiorò drasticamente.
"E poi ho visto un ragazzo fin troppo triste su questa panchina.
Aspettavi qualcuno?"
"S-si." Non seppe mentire a quell'uomo. Sentiva le lacrime salirgli
agli occhi. Si girò per dare mezza schiena all'Auditore,
mentre quest'ultimo si rigirava tra le mani il piccolo fagotto.
"Sai pure oggi uno dei miei figli era triste. Era triste
perchè non poteva uscire. Ultimamente i dottori ci mettono
in guardia di stare coperti alla sera, ma quel testone di Federico
preferisce saltare di tetto in tetto solo con la sua stupida
giacchetta..."
Al nome di Federico, Vieri si allarmò "Sta bene?"
"Ha qualche decimo di febbre e ha un mal di gola così forte
che non riesce a proferire parola. Ad un certo punto però la
febbre è iniziata a salirgli sempre di più e ha
cominciato a delirare a proposito di un appuntamento..."
A Vieri si bloccò il respiro. Non poteva credere che con una
semplice febbre, avesse potuto dire di loro due. Non l'avrebbe mai
fatto. Non poteva, era la prima regola, non scritta, non verbale, ma la
prima in assoluto.
"Non parlare e non nominare il mio nome al di fuori delle nostre
scappatelle."
"Diceva che doveva incontrarti, Vieri de Pazzi. Ora non so che tipo di
rapporto intrattieni con mio figlio e sinceramente non mi importa. Le
nostre due famiglie si odiano si, ma non credo ci sia motivo
perchè anche le generazioni future debbano portare con loro
anche l'odio dei genitori verso altri della loro età, che
non c'entrano nulla, in una faida tra casati."
Vieri rimase a bocca aperta.
"Cosa le fa pensare che anche noi non dovremmo odiarci?"
"Perchè siete giovani e pieni d'inventiva. Le nuove
generazioni hanno bisogno di unirsi e stabilire fondamenta sicure per
la nostra Firenze, non distruggerla."
"Parlate come sapeste che prima o poi queste cose cesseranno, Signore."
"Infatti prima o poi cesseranno. Io ci credo, figlio di De Pazzi. E tu?"
Ancora una volta, Vieri si ritrovò senza una risposta da
dare. Giovanni Auditore si alzò dalla panchina.
"Federico starà bene in due o tre giorni al massimo. Ma ci
teneva davvero molto al vostro appuntamento. Quindi non essere triste
giovanotto, altrimenti le belle ragazze non guarderanno i musoni come
te." E sorrise. Vieri sorrise imbarazzato e si mise il suo cappello.
"Per favore, Signore..." Disse, prima che l'Auditore si allontanasse.
"Dimmi."
"Il fagotto. Potreste consegnarlo a Federico da parte mia? Come regalo
di buona guarigione." Vieri sperava in una risposta positiva. Di
quell'uomo, era sicuro che poteva anche fidarsi.
"Certo ragazzo. Ora torna a casa, si è fatto tardi."
Vieri annuì, più rinfrancato che mai.
Concentrato sui suoi passi, Vieri pensò allo strano
incontro. Giovanni Auditore era un uomo davvero bravo e affidabile, di
parola e affascinante. Non come suo padre. Da suo padre, un uomo
abbastanza burbero, da cui cercava di ottenere tutte le attenzioni
possibili, non ci riusciva in alcun modo. Era sempre messo da parte.
Federico sapeva di quella sua sofferenza, ma non era bastato a
confortarlo. Era sempre la stessa storia. Vieri tornava a casa,
mangiava una fetta di pane imburrato, suo padre si presentava alla
porta, chiedendo dove fosse stato per tutto il pomeriggio. Vieri
scrollava le spalle, credendo che l'indifferenza della risposta non
avrebbe influito sul padre e invece scatenava di più
chissà cosa, sentendolo gridare così forte, che
credeva che la cristalleria di sua madre si sarebbe frantumata in
qualsiasi istante. "NON TI PERMETTERE DI AZZUFFARTI ANCORA CON QUEL
LURIDO FEDERICO! LA FAMIGLIA AUDITORE E' LA NOSTRA DISGRAZIA, E' DA
SCONFIGGERE, DA CACCIARE DALLA NSOTRA BELLA FIRENZE! DEVI COMBATTERE
OGNI GIORNO PER LA CONQUISTA DEL TERRITORIO FIGLIO MIO..." E via ancora
con altre espressioni più colorite.
Vieri si sdraiò nel suo letto, sentendo ancora, attraverso
le pareti, la voce di suo padre. Ne aveva abbastanza, ma non poteva
fare nulla per fermarlo.
Si tolse le scarpe, la giacca, i guanti, il cappello e tutto
ciò che gli era d'impiccio, per ritrovarsi sotto le coperte
a sonnecchiare.
E si ritrovò a pensare al papà di Federico. Lui
si che era fortunato. Aveva un padre meraviglioso.
Avrebbe dovuto tenerselo più stretto quel ragazzo. Non
voleva perderlo. E non voleva perdere altre lezioni di vita da quella
che stava considerando il suo nuovo eroe.
E forse figura paterna.
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