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THE LOVE WE SHARE
MAKES US THE SAME
“Ehi,
Shun! Sono qui!”
La voce di Milo
fece alzare di scatto la testa al Saint di Andromeda, che venne affettuosamente
abbracciato da uno Scorpione esagitato e allegro: era veramente troppo tempo che
non si vedevano.
“Fatto
buon viaggio?” s'informò il greco, strappandogli di mano il bagaglio: “Spero che
la traversata non sia stata troppo burrascosa.” sogghignò il biondo, lasciando
che la sua voce calda riempisse la hall del piccolissimo aeroporto di Kobotek,
l'unico nel raggio di 100 km in quella parte della Siberia.
Il giapponese
annuì, sistemandosi la sciarpa per preparasi all'impatto col gelo che regnava
fuori: “Credo di essere crollato a metà del volo.” confessò il ragazzo,
stringendosi nel cappotto, “Mi ha svegliato la hostess.” borbottò imbarazzato.
Scorpio rise di
gusto, cingendo le spalle del più giovane con affetto: “Adesso andiamo a casa,
così potrai riposarti.” lo rassicurò, mentre lo scortava fuori dall'edificio.
All'esterno, c'era
un bel Sole, che faceva rilucere la neve come se fosse stata una distesa di
madreperla.
E una motoslitta ad
aspettarli.
“Athena-sama
come sta?” domandò il biondo, dopo aver caricato la valigia di Shun a bordo;
questi sospirò, saltando in sella al mezzo: “È in Cina, con Shiryu e Seiya.
Ikki-niisan l'ha convinta a riposarsi un po' e a casa ero rimasto solo io. Gli
altri sono tutti partiti... Devo ammettere che la Villa è incredibilmente triste
quando non c'è nessuno.”.
Ed era vero.
Per quanto avesse
trascorso solo mezza giornata da solo nella grande casa, Shun aveva sentito
fortissima la nostalgia per i fratelli, sparsi in varie parti del mondo: certo,
si sarebbero sicuramente rivisti di lì a un paio di mesi, nessuno di loro aveva
intenzione di sparire nuovamente dalle vite degli altri, però era una sensazione
spiacevole.
“Forza,
non fare quella faccia da baccalà bollito!” lo sgridò scherzosamente Milo,
avviando il motore: “Tieniti forte, Hyoga ci aspetta.”.
§§§
Isaac aveva
sentito, nel dormiveglia, il rombo della motoslitta che si avvicinava, ma non
aveva mosso il minimo muscolo, anzi. Si era abbozzolato maggiormente nella sua
coperta ed si era riappisolato, beandosi del tepore del caminetto acceso a pochi
passi dal divano su cui era disteso.
L'ex Marinas era
crollato esausto, dopo l'ennesimo tentativo di allenamento con Hyoga: si era
sforzato, eccome se l'aveva fatto, però il suo corpo ancora non rispondeva in
modo adeguato, lasciandolo spesso senza forze e prostrato.
In quei casi, il
Saint di Cygnus semplicemente lo riportava a casa per farlo riposare.
E così era successo
anche quel giorno.
Udì un passo rapido
attraversare il corridoio, poi la porta spalancarsi e sentì una folata di vento
gelido insinuarsi sotto gli abiti leggeri, portandolo ad appallottolarsi ancora
di più nel suo giaciglio, alla ricerca del calore perduto: che stava succedendo?
Perchè Hyoga era così agitato?
Poi ricordò.
Non doveva
raggiungerli quel ragazzo?
Si, insomma, uno
dei fratelli del russo... Shun, forse si chiamava.
Quel nome gli
ricordava qualcosa, qualcosa di spiacevole... Forse anche lui era stato uno dei
guerrieri di Athena che erano penetrati nel Reame Sottomarino di Poseidon...
A quei ricordi,
qualcosa in Isaac gelò: era la prima volta, dal ritorno a casa, che ripensava al
suo trascorso come Marinas di Kraken, e non voleva! Non voleva assolutamente!
Intontito, ma
troppo pieno di pensieri per riaddormentarsi decentemente, il giovane si tirò
seduto, sfregandosi l'unico occhio gonfio di sonno e avvolgendo le spalle con la
coperta: quando la vista tornò a essere nitida e definita, s'accorse della luce
del Sole che passava attraverso i vetri, e della porta spalancata da cui vedeva
chiaramente la sagoma del guerriero di Cygnus che si sbracciava.
§§§
Fuori, l'aria
frizzante del mezzogiorno siberiano accolse Hyoga, che interpretò il bel tempo
come un augurio per il tempo che lui e Shun avrebbero trascorso assieme.
Era quasi un mese
che non vedeva il fidanzato, un tempo irragionevole per la maggior parte degli
amanti, e per loro quasi insopportabile: sapeva, aveva sentito parecchie volte
Shun al telefono in quel periodo, ed entrambi erano stati concordi sulla
necessità, prima di ogni altra cosa, della ripresa di Isaac.
Tra l'altro, era
stato proprio l'Andromeda a decidere.
Seduti a tavola,
riuniti per consumare assieme la colazione, i ragazzi Kido si punzecchiavano
amabilmente, come erano soliti fare ogni qual volta si ritrovavano assieme in
una stessa stanza per più di dieci secondi: Saori sorrideva appena da dietro la
sua tazza di thè mentre Ikki tentava di mettere a tacere Nachi e Ichi, che si
erano convinti che anche lui sarebbe andato con Shun in Siberia, “unicamente per
infastidire i piccioncini”, come aveva fatto notare il Lupo.
Andromeda
arrossì, rischiando di strozzarsi con un pasticcino e soccorso prontamente dalle
fraterne pacche di Jabu sulla schiena.
Fu in quel
momento che, all'improvviso, la porta della sala si aprì, spostando l'attenzione
di tutti sui due servitori comparsi tra loro: “Tatsumi, che succede?” chiese la
Dea, alzandosi in piedi; fu la cameriera al suo fianco a rispondere alla domanda
della giovane donna.
“C'è
Hyoga-bocchan al telefono, ojou-sama.”.
Quel formalismo
non era molto congeniale ai ragazzi, ma era inutile cercare di far smettere le
donne di servizio dall'usarlo.
“Cosa
vuole il papero? Non è partito da neppure una settimana e già sente la mancanza
di Shun?” scherzò Seiya.
“In
realtà vuole parlare con lo scricciolo, e sembra anche piuttosto urgente.”
replicò invece il maggiordomo, facendo cenno al ragazzo di seguirlo; confuso, e
anche un po' spaventato, il quattordicenne andò frettolosamente dietro ai due
adulti, che lo scortarono fino allo studio di Saori.
Quando prese tra
le mani la cornetta, si accorse che gli tremavano.
“P-Pronto...?”
La voce stanca
dall'altra parte della linea era senza dubbio quella del Cigno.
“Scommetto
che Seiya ha cominciato a prenderti in giro, vero, leprotto?” era una bella
sensazione risentirla, dava un senso di sicurezza incredibile, come se il russo
fosse lì accanto a lui.
“N-Non
proprio,” lo rassicurò con una risata nervosa: “Che succede? Di solito non
chiami a quest'ora. È successo qualcosa?” domandò subito preoccupato.
Ci furono
parecchi istanti di silenzio da parte del biondo, tanto che Shun temette di aver
fatto qualcosa di sbagliato, poi di nuovo quella voce che tanto amava, solo più
bassa e stanca: “Dobbiamo rimandare il tuo soggiorno qui. Non sarà per molto,
solo che è accaduto qualcosa di veramente inaspettato... E ho bisogno di tempo,
abbiamo bisogno di tempo per sistemare le cose.”.
Quell'uso del
plurale preoccupò maggiormente il bruno.
“Stai
bene?” pigolò appena, stringendo con forza la cornetta fin quasi a far sbiancare
le nocche.
“Stiamo
benissimo, anche Milo e Camus-sensei... Solo che...”.
“Solo
che...?”.
Altro lungo
silenzio.
“Hyoga,
se non mi spieghi, non posso capire cosa sta succedendo. E non posso neppure
aiutarti se non so nulla.” cercò di far presente il bruno, sperando al contempo
che il fidanzato si aprisse, quantomeno con lui.
“Scusa...
è che anche per me è difficile realizzare una cosa del genere...” borbottò il
russo: “Isaac è vivo.”.
Quell'affermazione scatenò nel quattordicenne una reazione emotiva, se
possibile, più violenta di qualunque altra avesse mai avuto nella sua vita: gli
occhi gli si riempirono in un attimo di lacrime.
“C-Come
fai a esserne certo?” chiese.
Era felice per
Hyoga, qualunque altra paura e preoccupazione passava in secondo piano rispetto
a quella notizia.
“L'abbiamo
ritrovato a pochi passi dal punto in cui era... scomparso... È vivo, si è
svegliato finalmente, ma è ancora molto debole e...”.
“L'importante
è che stia bene. Noi possiamo aspettare per vederci. Ora è Isaac ad avere la
priorità... Ha sicuramente bisogno di avervi tutti accanto in questo momento...
E la presenza di un ex nemico non gli sarà sicuramente d'aiuto.”.
“Non
dire stupidate del genere.”.
Hyoga bloccò lo
sproloquio del più giovane con una semplice frase, pronunciata con tono
incredibilmente severo, che si addolcì però subito dopo: “Non è così, leprotto.
Come hai detto tu, dobbiamo stargli vicino, ma è innegabile che non sappiamo se
la sua mente abbia riportato un qualche danno, e finchè non saremo del tutto
sicuri che si sia ripreso, mi sembra più sicuro che a gestirlo siamo solo noi,
che lo conosciamo meglio di chiunque altro. Non voglio più sentirti fare
discorsi del genere. Tempo un paio di settimane e tutto sarà sistemato,
promesso. Non disfare la valigia, mi raccomando.”.
Shun annuì,
asciugandosi furtivamente gli occhi: “Tu però prometti che ti prenderai cura di
lui.”.
La risata del
fidanzato lasciò il giapponese di sasso, prima che questi riprendesse a parlare
con voce velata d'affetto: “Non cambiare mai, leprotto. Saluta tutti da parte
mia.”.
E finalmente,
avrebbe potuto rivederlo e riabbracciarlo.
Da sotto il
porticato di casa, il biondo vide chiaramente la motoslitta correre nella neve
verso di lui, sollevando una leggera polvere di ghiacchio, che splendeva
d'argento per i raggi del Sole, distinse i capelli lunghi del greco svolazzare
da tutte le parti, ed era certo che dietro di lui ci fosse Shun, saldamente
aggrappato per non cadere.
Si lasciò andare a
una mezza risata mentre si sbracciava nella loro direzione: sapeva che il bruno
non era molto avvezzo a viaggiare in quel modo.
Scese i pochi gradini giusto un attimo prima
che il mezzo, con una brusca frenata da parte di Milo, si fermasse a pochi
centimetri dal piede del Cigno, che guardò con estremo disappunto il pilota: “Ti
sembra il modo di guidare, krestnyĭ?”.
Con un sogghigno che ricordava molto quello
dello Stregatto di Alice, lo Scorpione balzò giù, sovrastando il ragazzo: “Certo
che si, vaftistikós.” replicò
semplicemente, scaricando la borsa del giapponese: “Dopotutto, nessuno si è mai
lamentato.”.
Shun, intanto, era rimasto sulla motoslitta,
con le ginocchia che non smettevano un attimo di tremare per la buona dose di
fifa che aveva preso possesso di lui: era la seconda volta che saliva su uno di
quei trabiccoli, e non gli garbava come esperienza.
Avrebbe voluto attirare l'attenzione del Cigno
su di sé, ma era imbarazzante farsi vedere così spaventato per una cosa del
genere...
Ma subito, la sua
attenzione venne attratta da una figura magra, e alquanto malmessa, che lo
osservava dal portico: gli altri due, persi nel loro battibecco, non si erano
accorti che Isaac fosse uscito.
Shun non l'aveva
mai visto di persona, ma il fidanzato gli aveva parlato spesso di lui,
dell'occhio perduto per salvarlo, ed era innegabile che quella persona fosse
l'ex Marinas di Kraken: e l'Andromeda lo trovava magro, forse troppo, e
quell'aria malaticcia... Non gli piaceva per nulla: a tratti, nei suoi occhi,
leggeva anche disperazione, oltre che infinita debolezza.
Il suo primo
impulso fu quello di saltare giù dal mezzo e corrergli incontro, assicurarsi che
stesse bene, era il prezioso compagno di addestramento di Hyoga dopotutto, ma lo
sguardo pieno d'amore, e le braccia tese verso di lui, del biondo che gli stava
di fronte cancellarono ogni proposito.
Si lasciò scivolare
giù, mentre il biondo lo afferrava al volo, stringendolo con affetto e
baciandolo piano sulle labbra sottili e fredde.
“Spero
che le scarse doti di guidatore del mio krestnyĭ
non ti abbiano turbato troppo.” scherzò il
biondo, poggiandolo a terra con attenzione; Shun scosse la testa, tenendo il
braccio ancora attorno alla vita dell'altro: “Dovresti essere più rispettoso nei
confronti del tuo
nazukeoya.”.
Il bruno venne rapito dallo Scorpione, che lo
avvolse in un abbraccio spezzaossa: “Visto? Prendi ad esempio lui, insolente!”.
Poi, senza calcolare minimamente lo sguardo di
Hyoga, semplicemente Milo trascinò il giapponese su per i gradini, lasciando la
borsa da portare al Cigno: “Forza, entriamo. Fa troppo freddo per restare a
chiacchierare fuori!” esclamò, spalancando la porta di casa.
Sbirciò un momento nel salottino, per
assicurarsi delle condizioni di Isaac lì, eppure del Kraken non c'era neppure
l'ombra: ma dove mai poteva essere finito?
Quando anche il russo, accortosi a propria
volta della mancanza del coetaneo, fu rientrato dietro di loro, Milo si decise a
parlare.
E lo fece chiamando a gran voce l'altro
figlioccio.
Che gli rispose da un punto imprecisato oltre
la cucina dell'abitazione: i tre udirono un rumore di passi strascicati e, un
secondo dopo, un Isaac carico di cuscini, lenzuola e coperte comparve davanti a
loro.
Quando il volto del ragazzo si fece vedere da
dietro il cumulo di biancheria, Shun si spaventò nel vederlo forse più magro e
malato di prima.
“Si
può sapere cosa stai facendo?” chiese lo Scorpione, innervosito mentre gli
strappava il pesante fardello dalle braccia.
Barcollando come un ubriaco, il Kraken collassò
venendo preso al volo da uno Hyoga preoccupatissimo, che lo riportò subito sul
divanetto.
Milo mollò tutto tra le braccia responsabili
dell'Andromeda per correre al fianco dei due ragazzi.
“Cosa
ti sei messo in testa?” domandò il russo, passandogli una mano fresca sulla
fronte calda: “Dovresti riposare, non fare le faccende domestiche.”. lo
rimpreverò, stringendogli poi la mano scarna: stava perdendo peso a vista
d'occhio.
Isaac non riusciva a guardarli negli occhi
intanto che cercava di spiegarsi.
“Io
volevo solo... Preparare la stanza per... Shun.” riuscì a dire, ma anche quelle
poche parole lo lasciavano esausto: cosa diamine prendeva al suo corpo?
I due lo fissarono stupiti, poi si guardarono
negli occhi con rassegnazione; Milo allungò la mano a scompigliare i capelli del
ragazzo malato: “Ora vedi di dormire un po', Shun è in grado di prepararsela da
solo la stanza. Anche se non so di quanta utilità sia cambiare le lenzuola.”
sogghignò, guadagnandosi da parte di Cygnus una gomitata decisa nelle costole.
Due minuti dopo, già Isaac era immerso in un
sonno profondo mentre Shun, di ritorno dalla camera, cercava il più possibile di
essere silenzioso per non disturbare.
Vedendo i due così concentrati su Kraken,
Andromeda era indeciso se rivelare loro quello che aveva visto nello sguardo del
ragazzo suo coetaneo: chissà, poteva anche sbagliarsi, magari aveva equivocato,
forse non era disperazione ma semplice stanchezza e nulla di più.
Ma quella magrezza eccessiva non era naturale,
era come se le preoccupazioni e i sentimenti che aveva visto stessero divorando
l'altro adolescente dall'interno: e non era un bene.
“Mi
spiace che stia succedendo tutto questo... È colpa mia...” bisbigliò Hyoga,
piano, ma abbastanza perchè l'udito piuttosto fine dell'Andromeda registrasse le
sue parole.
Non tardando a
rispondere con un abbraccio pieno d'amore: nessuna parola, solo un gesto.
§§§
Quando Camus rientrò, fece in tempo a vedere il
più anziano, e in quel momento fragile, dei suoi allievi portato via a braccia
nella propria stanza dal Cigno: senza attendere il ritorno del biondo per
chiedere cosa fosse successo, si precipitò in cucina.
Lì, Milo e Shun sembravano intenti a cucinare,
o almeno a tentare.
“Sei
arrivato, finalmente.” l'Acquario salutò il quattordicenne con calore: “Ti
aspettavamo.” aggiunse, prima di voltarsi verso il compagno, in una muta
richiesta di spiegazioni.
“Non
è successo nulla, Camus-mama, Isaac è solo ancora un po'debole e ha bisogno di
dormire in un letto, non su un divano.”.
Ma questa risposta non era del tutto
soddisfacente per il francese.
“Si
è alzato, vero?” Camus sembrava avesse visto un fantasma mentre sussurrava
queste parole.
Milo non potè mentire.
Aquarius sospirò, levandosi la sciarpa e
gettandola sul tavolo: “È... È colpa mia.” disse in quel momento Shun, smettendo
di rimescolare la zuppa, “Si è alzato per preparare la stanza per me.” confessò
il bruno.
Camus lo guardò stupito: “Davvero ha fatto
questo?”.
Milo annuì: “Confermo, è uscito dalla nostra
stanza con una pila di lenzuola tra le braccia.”.
Il francese restò in silenzio a rimuginare per
qualche minuto, poi si alzò: “Vi lascio il pranzo da preparare, vado a vedere
come sta.” concluse, sparendo nel corridoio.
La porta accanto era socchiusa, e la voce di
Hyoga che borbottava qualcosa era l'unica cosa che il rosso sentiva provenire
dall'interno.
Entrò, senza nemmeno bussare.
Trovò Isaac seduto sul letto, col pigiama
infilato per metà e l'espressione assonnata, e Hyoga che armeggiava
nell'armadio: Kraken fece per alzarsi, per accoglierlo e salutarlo, ma Camus lo
bloccò con una semplice occhiata, un misto tra “se osi alzarti ti
lego” e “vedi di riprenderti in
fretta.”.
“Hyoga,
tu torna di là, ci penso io a lui.” annunciò l'uomo, sedendosi sulla poltroncina
nell'angolo della camera.
Se il biondo era stupito da quell'affermazione,
non lo diede a vedere: si limitò a rivolgere un cenno di saluto verso entrambi
prima di lasciarli soli; Isaac teneva però il viso ostinatamente basso, e
malgrado Camus tentasse almeno di incrociarne lo sguardo, ogni tentativo si
rivelava vano.
“Milo-papa
mi ha detto che ti sei alzato...” non c'era rabbia nella voce del Gold Saint,
solo preoccupazione: “Perchè l'hai fatto? Non sei ancora in forma per muoverti
da solo.”.
Qualcosa, Camus era convinto di aver capito del
comportamento di quel ragazzo che ormai aveva riconosciuto come figlio suo, al
pari del biondo Saint di Cygnus, ma voleva che fosse lui a parlargliene.
Per confortarlo, Aquarius allungò una mano,
poggiandogliela sulla spalla sussultante.
“Io
voglio essere amico di Shun, non voglio che mi veda come il nemico che sono
stato in passato...” sembrava così indifeso mentre singhiozzava dicendo queste
poche poche parole: “Non voglio che la mia presenza sia disagevole per lui e che
ne risenta il suo rapporto con Hyoga...”.
“Guarda
che è normale avere paura.” lo rimbeccò Camus: “Però posso assicurarti che Shun
non è assolutamente il tipo da covare sentimenti del genere.”.
“Lo
so! Ho visto i suoi occhi, sono puliti e gentili!” gridò il ragazzo, sull'orlo
di una crisi nervosa, con la voce arrochita per il pianto: “E non dubito dei
sentimenti di Hyoga... Ma voi siete tutti Saint di Athena, io sono l'ex Marinas
di Kraken e-”.
Un sonoro ceffone s'abbattè sulla sua guancia,
mandandolo lungo disteso sul materasso.
Camus lo sovrastava, fissandolo con occhi
glaciali.
“Non
è vero. Non osare mai più dire una cosa del genere. Tu sei Isaac, sei un mio
allievo e non sei assolutamente un nemico, né nostro e neppure della Dea
Athena.” la voce del francese suonava stranamente incrinata: “Nessuno ha mai
pensato il contrario, né Milo né Hyoga e tantomeno Shun... Pensi che potremmo
mai rifiutare la tua presenza, noi che siamo la tua famiglia?”.
Gli occhi verdi del giovane si riempirono di
lacrime tanto più la guancia pallida pulsava per lo schiaffo.
Le dita fresche del rosso sfiorarono la pelle
tumefatta del più giovane, prima che questi venisse fatto sedere e abbracciato
dal suo maestro: “Ricorda sempre che è l'amore che condividiamo gli uni con gli
altri a renderci umani... A renderci uguali. Non importa il passato.”.
§§§
Quando i due
udirono un leggero bussare alla porta, non si erano accorti di aver trascorso
più di mezz'ora abbracciati, con il più giovane dei due che picchettava di
lacrime la spalla del Gold Saint.
Si staccarono, appena in tempo prima che
entrasse Shun, e che dalla cucina giungessero suoni non propriamente
rassicuranti per la preparazione di un pranzo decente.
Rivolgendo un cenno all'ex allievo si alzò,
andando incontro al giapponese: “Che sta combinando Milo di là?” chiese con tono
rassegnato; Andromeda semplicemente scrollò le spalle, “Si è aperto lo sportello
delle pentole e sono cadute tutte.” confessò il giapponese, chinando leggermente
la testa.
Aquarius uscì, richiudendo la porta alle spalle
del Bronze Saint.
Tra i due ragazzi cadde un silenzio inquieto e
imbarazzato.
“N-Non
ci siamo ancora presentati.” disse all'improvviso Isaac, con voce appena appena
udibile: “Non ce n'è stato tempo.” lo rassicurò Shun, muovendo un passo in
avanti; il biondo abbassò ulteriormente lo sguardo, non aveva il coraggio di
incrociare nuovamente quegli occhi chiari, aveva il terrore di leggervi dentro
paura e disgusto.
Era a quello che il Kraken lo aveva condotto?
Ad avere paura di tutti?
“Hyoga
mi ha detto che sei nato in Finlandia, dove si è allenato nostro fratello.” la
buttò lì il giapponese, occupando la sedia su cui poco prima era seduto il Gold
Saint: “Secondo me siete molto simili.”.
Quell'uscita da parte di Shun stupì, e non
poco, Isaac: si, forse gli era stato accennato qualcosa, in un remoto passato,
quando erano bambini... Del legame di parentela che univa il Cigno agli altri
orfani, e in tempi recenti era certo di aver sentito Hyoga parlare al telefono
con qualcuno di loro.
“Anche
Ichi-nii è come te, non riesce mai ad aprirsi del tutto con noialtri, e anche se
è triste, preferisce tenersi tutto dentro...” sussurrò, “Ti ho visto prima, e mi
è venuto in mente lui. La tristezza che hai negli occhi è la stessa che gli ho
visto quando ci siamo riuniti... Quando abbiamo detto loro che eravamo
fratelli.”.
Le sue parole fecero sussultare Kraken, senza
però che questi rispondesse.
“So
che forse la mia presenza può esserti di disagio, però io non sono un tuo
nemico... Anzi, speravo che potessimo diventare amici, in un certo senso tu sei
come un fratello per Hyoga. Ed è come se fossimo parenti anche noi.”.
Poi, Andromeda si alzò.
“Ti
lascio riposare, quando sarà pronto ti porterò il pranzo.” il rumore della sedia
che si spostava e quello dei passi del bruno che si allontanava fecero scattare
qualcosa dentro il finlandese, che alzò di scattò la testa e si sporse dal
letto, forse troppo, per afferrare la manica dell'altro.
Non riuscì a raggiungerlo, e finì invece a
terra.
Facendo uno sforzo
immane per mettersi almeno seduto, allontanò Shun, che cercava di aiutarlo ad
alzarsi, e lo fissò finalmente negli occhi.
“Io
avevo paura... che fossi tu a vedermi come un nemico... Dopotutto, abbiamo
combattuto contro. E avevo anche paura che la mia presenza potesse rovinare il
tuo rapporto con Hyoga... Ero terrorizzato da tutto questo.” spiegò,
poggiandogli una mano sulla spalla: “E temevo anche...”.
“Vi
abbiamo sentito.” confessò il bruno con un sorriso comprensivo: “Ne hai passate
tante, vero, Isaac-nii?”.
Quel suffisso l'aveva già sentito poco prima,
ma il significato gli era oscuro.
“Che
vuol dire nii?” chiese ingenuamente.
Shun lo aiutò a poggiarsi con le spalle contro
il letto: “In giapponese, vuol dire – fratello maggiore-” rivelò il ragazzino.
Sbaordito, Isaac non seppe cosa dire, apriva e
richiudeva la bocca come se fosse stato un pesce fuori dall'acqua, incapace di
proferire parola.
“Ma
Camus-sama ha ragione, quello che hai detto prima non è vero... Le famiglie sono
fatte per essere unite e non rifiuterebbero mai un loro membro, qualunque cosa
sia successa in passato.”.
Il nome che Andromeda aveva affibbiato al Saint
di Aquarius fece sorridere il biondo: “Ho l'impressione che dovrò fare un corso
accelerato di giapponese, veli.”.
L'occhiata interrogativa di Shun gli fece
capire che forse era necessaria una traduzione: “Come da voi nii
vuol dire fratello maggiore, da noi veli
si riferisce indistintamente sia ai fratelli maggiori sia a quelli minori.”.
La risata che eruppe dalla labbra di entrambi,
cristallina come l'acqua, risuonò nella piccola stanza, così intensamente da
richiamare l'attenzione di Hyoga che, preoccupato, si era precipitato da loro,
trovandoli seduti sul pavimento, che ridevano abbracciati.
Attese che si fossero separati prima di
avvicinarli: “Se avete intenzione di restare qui ancora a lungo, rischiate di
saltare il pranzo. E non ve lo consiglio, la zuppa del maestro è deliziosa.”.
Entrambi si guardarono negli occhi, poi
semplicemente Shun passò le proprie braccia sotto le ascelle dell'altro,
sorreggendolo: “Possiamo andare.” annunciò Isaac. “Sicuri di farcela?” chiese
dubbioso Cygnus, pronto ad aiutarli.
Shun annuì: “Certamente!”.
Kraken, poggiato contro la spalla
dell'Andromeda, camminava con difficoltà, ma sapeva che quel piccolo sforzo, che
era al contempo una dimostrazione di profonda fiducia nei confronti del
giapponese, era necessario per scacciare definitivamente i fantasmi che lo
tormentavano.
Per poter essere unicamente Isaac.
E una volta sedutosi a tavola, stretto tra i
due ragazzi più giovani, capì che finalmente era tornato ad essere libero.
GLOSSARIO:
krestnyĭ:
Padrino in russo.
vaftistikós:
Figlioccio in greco moderno.
nazukeoya: Padrino in
giapponese.
veli: Fratello in
finlandese.
Mi sono sbizzarrita con le
lingue, effettivamente...
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