One more time -
pubblicata
Questa
one-shot nasce per partecipare al contest "Casi&Destini"
indetto sul gruppo facebook Blue Ladies. Colgo
l'occasione per ringraziare queste splendide ragazze che stanno facendo
l'impossibile, e ci stanno riuscendo davvero bene, per riunire le
amanti delle Dramioni!
ONE MORE TIME
Dio, sono Brenda. Non lo voglio
indietro... bè, sì che
lo voglio, ma so che questo non lo puoi fare. Dammi solo la forza di
resistere,
d'accordo? E mi domandavo se magari... non so se è blasfemo
o no, probabilmente
sì, ma mi domandavo se Tu potessi farmici parlare ancora una
volta.
Permettergli magari di toccarmi ancora una volta, come ha fatto
stamattina.
So
che Tu non
tratti spiriti - eccetto naturalmente quello Santo - ma... in sogno,
per
esempio? So che ti chiedo molto, però... oh, Dio,
c'è un vuoto così grande in
me stasera. Non sapevo che potessero esserci vuoti così in
una persona e ho
paura di cascarci dentro. Se farai questo per me, io farò
qualcosa per Te. Ti
basta solo chiedere. Ti prego, Dio, solo un contatto. O una parola.
Anche in
sogno.
Grazie.
Sia
fatta la Tua volontà, naturalmente. Che mi piaccia o no.
Amen.
Mucchio d’ossa
Hermione
Granger camminava
tra
le macerie della sua scuola. La meastosa scuola di magie e stregoneria
di
Hogwarts era un cumulo di macerie. Studenti e insegnanti si muovevano faticosamente
tra mucchi
di
pietre alla ricerca dei caduti. La battaglia era finita e aveva portato
con sé
parecchie anime.
C'era
sentore
di morte in ogni angolo e lei zoppicava tra anneriture di incantesimi
andati a
vuoto e corpi irrigiditi dall'anatema che uccide. La speranza era un
bagliore
minuscolo nel suo cuore. Speranza di ritrovarlo, ferito ma vivo;
speranza di
vedere di nuovo il suo sorriso malizioso sbucare da dietro un angolo
del
castello; speranza di sentirsi di nuovo stringere dalle sue braccia.
La
realtà,
sebbene nella sua mente quell'ipotesi fosse già stata
considerata, la colpì con
una sferzata gelida lasciandola senza fiato. Un ciuffo di capelli
biondi faceva
capolino vicino a uno degli archi caduti del cortile centrale. Mosse i
passi
velocemente, sempre più in fretta. C'era ancora un poco di
quella speranza, era
fievole eppure... eppure poteva essere solo svenuto, solo ferito,
solo...
Gridò
il suo
nome con tutto il fiato che aveva in gola mentre la camminata diveniva
una
corsa, un grido che si perse nel vento. Quando lo raggiunse le gambe
cedettero
e si trovò in ginocchio al suo fianco. Le sue ossa reagirono
prima della sua
mente. Lasciò cadere la faccia sul suo torace e le lacrime
sgorgarono dai suoi
occhi lente e liberatorie.
Gli
occhi
erano chiusi e sulle labbra era impresso un ultimo sorriso.
«Svegliati...»
fu un primo sussurro.
«Svegliati...»
la voce si alzò di un'ottava.
«Svegliati,
dannazione, svegliati!» i pugni minuti battevano con poco
vigore sul suo corpo,
come se avessero saputo che dopotutto non c'era soluzione.
«Avevi
promesso che non ti saresti fatto ammazzare! Avevi promesso che dopo
questa
battaglia saremmo stati insieme! Hai mentito, come sempre,
dannazione!» Una
mano gentile si posò su una sua spalla facendo una leggere
pressione per
trasmetterle forza.
«Hermione»,
la
voce di Harry era chiara e, per quanto non avesse mai sopportato
Malfoy,
portava una leggera sfumatura di dolore.
«Andiamo»,
le
disse mettendole le mani sotto le ascelle e sollevandola di peso.
«No».
«Hermione,
non
c'è più nulla da fare. Chiameremo qualcuno che
venga a portare via il cor...»
«No!»
l'urlo
che le uscì dalla gola sorprese lei per prima. Si
divincolò dalla sua presa e
si ributtò sul corpo inerme di Draco.
Una
preghiera
silenziosa. L'ultima volta che aveva pregato aveva undici anni e aveva
chiesto
di riuscire ad essere una strega brillante, in allora aveva temuto che
Dio non
volesse ascoltarla proprio per il fatto che fosse una strega, in quel
momento,
invece, aveva paura di chiedere l'impossibile.
«Ancora
una
volta. Ti prego, Dio. Un solo saluto, un solo abbraccio. Ti
prego».
Sapeva
che non
avrebbe avuto risposta. Non una foglia si mosse permettendole di capire
se
qualcuno avesse ascoltato o meno la sua richiesta.
Hermione
rimase
immobile, la testa appoggiata stancamente sul petto di lui fino
all'arrivo di
due maghi con una barella. Caricarono il corpo e lei si
limitò a seguirli, le
dita intrecciate alle sue.
Coricarsi
nella brandina in Sala Grande le era costato uno sforzo di energie
maggiore di
quanto avesse mai pensato, eppure, era bastato appoggiare la testa sul
cuscino
perché la stanchezza le permettesse di cadere nel mondo
onirico.
«Hermione...»
la voce era un sussurro fioco e lontano. Si girò verso il
suo possessore ma
tutto ciò che vide fu buio. Voltò la testa
più volte ma non riuscì a scorgere
nient'altro che oscurità fitta e permeante.
«Hermione,
chiudi gli occhi». Sapeva a chi apparteneva quella voce e
dovette combattere
con il desiderio di cominciare a correre alla cieca nella speranza di
trovarlo
per poter seguire le sue istruzioni. Per potersi fidare di lui ancora
una
volta, come aveva fatto quel mattino.
«Dove
sei?»,
disse mentre abbassava le palpebre.
«Dove
sono
sempre stato», l'intonazione aveva quel leggero tono di
scherno che usava
quando lei gli faceva una domanda ovvia e lui inarcava un angolo della
bocca in
un sorriso di bonaria derisione.
Hermione
aprì
gli occhi e incontrò i suoi, limpidi e grigi come erano
sempre stati. Argento
liquido.
«Sei
qui».
«Te
lo avevo
detto».
«Perché
te ne
sei andato?»
«Non
l'ho
scelto io».
«Non
scegli
mai, tu. Lasci che siano gli altri a decidere per te, non combatti.
Perché oggi
non hai combattuto? Per salvarti, per restare con me. Non hai mai
lottato per
noi, era sempre un 'aspetta', un 'presto', un 'dopo', ma adesso non
c'è più un
dopo. Tu non ci sei più!» le lacrime sgorgarono
dalle sue iridi facendola
dubitare di star veramente sognando. Si poteva piangere in sogno?
«Sono
qui,
Hermione». Lei scosse la testa.
«Toccami»,
le
disse ma lei continuò a muovere il capo e piangere.
Alzò gli occhi solo quando
un paio di mani si posarono sulle sue braccia attirandola contro un
petto
solido, troppo solido per essere quello di un fantasma.
«Ho
poco
tempo», le disse poggiandole un bacio sul capo, «ho
lottato oggi, Hermione, per
restare vivo, per restare con te, ma non sono stato abbastanza
bravo». Le prese
il mento tra pollice e indice e la obbligò a far incontrare
i loro sguardi, poi
la baciò, dolcemente come mai aveva fatto prima di allora;
tutti i loro baci
fino a quel momento erano stati un po' rudi, un po' troppo passionali,
a volte,
un po' troppo violenti altre, in ogni modo mai così dolci,
mai come quello.
«Ti
amo,
Hermione, avrei voluto dirtelo da vincitore ma purtroppo le cose non
sono
andate come volevo. Non dimenticarlo». La sua consistenza
diminuiva, sentiva le
sua mani svanire e le afferrò con più decisione.
«No!
Per
favore, non ancora». Più forte le lacrime presero
a scendere. Se ne stava
andando, per sempre. Aveva avuto ciò che aveva chiesto, un
momento, uno solo ed
era stato più reale di quanto avesse mai provato nessun
altro, un sogno che era
più che altro una realtà, ma era troppo presto.
Non lo avrebbe più rivisto, mai
più. Sarebbe stato solo un mucchio d'ossa e uno squarcio si
stava aprendo in
lei man mano che immaginava il futuro senza di lui.
«Voglio
venire
con te». Draco scosse la testa scompigliando i capelli biondi
sempre in
perfetto ordine.
«No,
Hermione.
Non oggi». Continuava a svanire, di lui non resta altro che
una sagoma pallida
e non riusciva più a sentire il suo tocco sulla pelle e lo
squarcio dentro di
lei si allargava maggiormente, diventando una voragine.
«Arrivederci»,
le disse mentre con una mano faceva il gesto di scacciarle una lacrima
dalla
guancia senza realmente riuscirci.
«Ti
amo anche
io». Un sorriso e poi fu di nuovo avvolta
dall'oscurità.
Si
svegliò di
soprassalto e, sentendo una mano appoggiata al suo braccio, quasi
sperò di
trovarselo di fronte con il solito sorriso sfacciato e supponente di
sempre invece
furono due iridi chiare dietro un paio di lenti a incontrare le sue
castane.
«Stai
bene?»
lei annuì leggermente e si diede della sciocca. Solo un
sogno, ecco cos'era
stato, ma avrebbe dovuto accontentarsi, dopotutto in quanti potevano
dire di
aver visto esaudita una delle loro richieste a Dio?
«Passerà,
lo
sai? Ci vuole un po', ma passa». Se solo avesse avuto ago e
filo per ricucire
lo squarcio dentro di sé le cose sarebbero state decisamente
più facili ma
l'unica cosa che poteva fare era credere nelle parole di Harry, in
fondo, chi
meglio di lui sapeva cosa voleva dire perdere qualcuno che ci sta a
cuore
prematuramente? Di nuovo, annuì.
«Dimenticare...»
«No,
Hermione.
Mai dimenticare ciò che ci ha fatto stare bene, altrimenti
non avremmo più
niente per cui combattere».
«Se
n'è
andato, Harry, come posso combattere per i momenti belli con lui se non
tornerà?»
Harry
Potter
scosse la testa con un sorriso amaro in volto.
«Combatti
perché non ci sia bisogno di combattere più;
combatti per dare un senso alla
sua morte, Hermione. È morto per salvare te e altri come voi
che non avrebbero
possibilità se Voldemort vincesse». Hermione lo
fissò per un attimo prima di
abbracciarlo e lasciar scendere silenziosamente qualche lacrima.
«Mi
ha detto
che non potevo andare con lui».
«Infatti.
Ti è
stato concesso salutarlo ma sappiamo entrambi che non vinceremo questa
guerra
senza di te».
Hermione
si
alzò e uscì nella sera tranquilla, lo sguardo
fisso sulle stelle che brillavano
nel cielo, mute. Prima o poi sarebbe riuscita a ricomporsi, pezzo per
pezzo,
come i puzzle che faceva da bambina quando ancora pregava; come le
conoscenze
che avrebbe unito per porre la parola fine a quella guerra, adesso che,
di
nuovo, pregava.
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