Vox
Dedico
questo racconto al mio gatto Fafnir, scomparso prematuramente durante
la stesura del secondo capitolo. Come
avrei voluto scrivere sull'urna delle tue ceneri, questo è
stato
proprio uno scherzo da te.
~Premessa~
Non
è facile scrivere di Unova. Si tratta di una regione che ha
tante,
troppe sfaccettature, e che ciononostante manca di quel quid che la
classificherebbe come la migliore esistente – titolo che, per
quanto mi riguarda, detiene ancora Hoenn. Non ha l’ampiezza
di
Sinnoh, né quell’aura di arcaicità che
caratterizza Kanto, e
ovviamente non è abbastanza varia da poter competere con
Hoenn.
D’altronde vi sono diverse buone ragioni per ambientare Vox
qui.
La
prima è, chiaramente, la novità: Unova
è priva di quei
preconcetti, quelle caratteristiche che uno individua già
dal nome,
che per esempio elevano immeritatamente Johto sopra le altre. Non
esiste, non so per quanto tempo ancora, una parola, una frase per
classificare Unova, per definirla con economia di termini. Se infatti
Pallet è forzatamente immaginata con le usuali quattro case
a
quadrato, lo stesso non si può dire di Nuvema. Questo
può essere
uno svantaggio per scrittori abituati a ragionare per nostalgia o al
più a ignorare i paesaggi; non lo è per me.
In
secundis, non mi sono mai trovato a mio agio nello scrivere con
ambienti già fissi. La stessa Aequor, che prendo
più o meno sempre
a modello per le mie storie, rinuncia a tutte le costrizioni imposte
da Kanto e ridisegna una S.S. Anne spesso distante dalla sua
rappresentazione nei videogiochi. Inutile dire che lavorare con una
regione di così ridotte dimensioni come Unova era
infattibile se non
modificandola. Riallacciandomi dunque al primo punto, quando
leggerete di Nuvema non immaginatela come appare in B/W: gli ambienti
principali sono stati ricostruiti per necessità mie e
rispecchiano
luoghi in cui sono stato piuttosto che le controparti di tali
ambienti nei giochi. L’atmosfera generale sarà
quella nota, ma i
particolari saranno verosimilmente differenti rispetto a quelli
reali.
Come
per Aequor, i nomi usati per indicare i luoghi saranno quelli
americani: qui troverete dunque una legenda che comprende le loro
traduzioni in italiano. Saranno citate solo le nomenclature con una
certa rilevanza nella storia, quindi per esempio le sigle dei giochi
citati nel commento finale o nella premessa non saranno inserite
–
d’altronde, si presume che si conoscano già. Le
mosse saranno
l’unico caso in cui scriverò in italiano,
principalmente perché i
nomi inglesi mi ricordano troppo il battling competitivo e il mio
è
un racconto, non uno sterile elenco.
I
capitoli usciranno a cadenza irregolare, dipende da quando mi
sembrerà giusto pubblicarli; garantisco comunque che i tempi
di
attesa non supereranno la settimana salvo importanti imprevisti, e
che questa storia giungerà al suo termine. Vi auguro buona
lettura.
Novecento
~Legenda~
Abundant
Shrine:
Tempio
Abbondanza.
Abyssal
Ruins:
Rovine degli
Abissi.
Anville
Town:
Roteolia.
Azalea
Town:
Azalina.
Battle
Subway:
Metrò Lotta.
Bianca:
Belle, rivale femminile di Bianco e Nero.
Black
City:
Città Nera.
Castelia
City:
Austropoli.
Casteliacone:
Conostropoli, che non è una città ma lo stand del
gelato di
Austropoli.
Celadon
City:
Azzurropoli.
Cheren:
Komor, rivale maschile di Bianco e Nero.
Cianwood
City:
Fiorlisopoli.
Cinnabar
Island:
Isola
Cannella.
Desert
Resort:
Deserto della
Quiete.
Dragonspiral
Tower:
Torre
Dragospira.
Driftveil
City:
Libecciopoli.
Entralink:
Intramondo.
Giant
Chasm:
Fossa Gigante.
Goldenrod
City:
Fiordoropoli.
Hilbert:
Alcide, protagonista maschile di Bianco e Nero.
Hilda:
Anita, protagonista femminile di Bianco e Nero.
Icirrus
City:
Mistralopoli.
Lacunosa
Town:
Fortebrezza.
Lilycove
City:
Porto
Alghepoli.
Marvelous
Bridge:
Ponte
Meraviglie.
Mistralton
City:
Ponentopoli.
Lostlorn
Forest:
Bosco
Smarrimento.
Nacrene
City:
Zefiropoli.
Nimbasa
City:
Libecciopoli.
Nuvema
Town:
Soffiolieve.
Olivine
City:
Olivinopoli.
Opelucid
City:
Boreduopoli.
Pacifidlog
Town:
Orocea.
Pallet
Town:
Biancavilla.
Pokémon
League:
Lega Pokémon.
Route:
Percorso.
Royal
Unova:
Nave Reale
Unima.
Saffron
City:
Zafferanopoli.
Skyarrow
Bridge:
Ponte
Freccialuce.
Snowpoint
City:
Nevepoli.
S.S.
Tidal:
M/N Marea,
traghetto che collega Selcepoli e Porto Alghepoli.
Striaton
City:
Levantopoli.
Sunyshore
City:
Arenipoli.
Twist
Mountain:
Monte Vite.
Undella
Bay:
Baia Spiraria.
Undella
Town:
Spiraria.
Unova:
Unima.
Village
Bridge:
Ponte
Villaggio.
Wellspring
Cave:
Falda
Sotterranea.
White
Forest:
Foresta
Bianca.
I:
“Ouverture”
È
necessario prestare attenzione quando si parla di una regione. Vi
è
sempre quella categoria di persone che si sente offesa nel leggere di
un luogo senza veder citato quello che preferisce, quella categoria
che ha il compulsivo bisogno di sentire costantemente elogiata la sua
idea prima ancora di ascoltarne altre. Non ho intenzione, tuttavia,
di ridurre i meriti di Unova solo perché qualche turista
poco
avveduto preferisce Goldenrod a Castelia, Cianwood a Undella o Azalea
ad Anville, tanto più che non ho scelto io che la storia che
vado a
raccontare si sia svolta lì. Detto questo, Unova
è semplicemente
maestosa.
La
veduta aerea ricorda più una nicchia, una baia dipinta di
verde, che
una regione aperta al mondo; probabilmente ciò avviene a
causa delle
montagne ghiacciate ai lati. Spiccano subito alcune locazioni
precise: Castelia a sud con l’immenso Desert Resort che la
limita
nella zona superiore; il lago centrale che fornisce l’accesso
alla
foresta dell’Entralink; i cinque ponti che attraversano le
zone
d’acqua collegando virtualmente l’intera regione;
la piccola
cittadina di Anville, immersa nel verde e spiritualmente isolata; la
fortificata Lacunosa, forse uno dei villaggi più
tradizionali che
abbia visitato insieme al Village Bridge; infine la Pokémon
League
che domina prepotentemente l’intera Unova, coronando la
regione.
Una
delle peculiarità che ho sempre trovato interessanti di
questo luogo
è che non solo il clima sembra cambiare con il passare delle
stagioni. È una sensazione difficilmente descrivibile per
chi non vi
è stato, ma le stesse persone che lo abitano danno
l’apparenza di
mutare d’umore con il trascorrere del tempo. In autunno i
colori
spenti suggeriscono la vivacità dell’estate che si
avvia verso il
suo triste epilogo, rimandando a un’allegria che ancora non
è
terminata ma che si sta assopendo, soffocata dai manti di foglie che
scricchiolano al passaggio; d’inverno un alone celeste sembra
invadere l’aria, gelando le paludi di Icirrus e tingendo di
bianco
la Twist Mountain, mentre i più fremono e rimpiangono il
caldo sole
estivo; la primavera riaccende le speranze che la neve aveva
silenziato, i fiori tornano a coprire i prati del Route 1 e
l’atmosfera pare farsi più respirabile,
più viva, dimentica della
grigia malinconia che fino a poco tempo prima le nubi portavano con
sé. Ma l’estate, l’estate le supera
tutte.
Non
esiste stagione in cui non la si sogni. D’autunno per
rimpianto,
d’inverno per utopia, in primavera per il naturale desiderio
con
cui si guarda al prossimo futuro: l’estate è la
regina, e tutto
cambia con essa. A Undella il mare spumeggia, riflette i raggi del
sole accecando i turisti che affittano una villetta nelle vicinanze
della spiaggia, e le sue onde che si infrangono assumono un suono del
tutto nuovo alle orecchie delle persone; a Castelia le strade si
riempiono di gente che parla, si emoziona, vive, magari anche
nell’ingenua innocenza di chi, senza sapere ciò
che significa per
i più sensibili a ciò che li circonda, pensa
semplicemente di stare
andando a fare compre; di sera a Nuvema i grilli scacciano con
arroganza il silenzio che tanto ricorderebbe la neve che ovatta i
rumori, mentre alcuni abitanti si dilettano in passeggiate notturne
aggirandosi per i vialetti circondati dal verde. Tutto rinasce, tutto
è visto sotto nuova, splendente luce, la felicità
spadroneggia per
tre mesi, e l’inverno non è più una
dura realtà ma un pericolo
lontano e quasi impensabile.
Tutti,
almeno una volta, hanno desiderato di poter vivere dove è
sempre
estate.
Driftveil
City è uno dei maggiori porti di Unova. Non è
esattamente ciò che
si definirebbe meta turistica, ma per una ragione o per
l’altra è
il centro pulsante della regione, il quartier generale. Si
può dire
che, anche se in senso differente rispetto a città come
Olivine o
Lilycove, il mare sia il vero protagonista nella vita degli abitanti
del luogo: tra i velisti che viaggiano sul mare attratti dalle forti
correnti che spirano in questa zona si fanno strada navi cargo e
pescherecci che costituiscono la fonte per la maggior parte delle
materie prime che circolano in Unova. Tali beni vengono sia portati
negli angoli più remoti della regione sia smerciati nel
mercato che
si trova a ovest del porto. E lì la storia che mi accingo a
raccontare ha veramente inizio.
In
estate tutto cambia, dicevo prima: il mercato non fa eccezione, e
infatti non è più chiuso ma aperto, lasciando
respirare i
compratori al suo interno. Immediatamente questi ultimi aumentano in
numero, non limitandosi più alle madri che riforniscono la
propria
dispensa bensì a una vasta folla di persone di ogni risma
proveniente da vari punti di Unova. La nostra attenzione deve
però
posarsi su due di questi, due quindicenni. Uno, con cappello e cuffie
nelle orecchie, si chiamava Hilbert; l’altro, con occhiali e
giacca, Cheren.
«
Domani a mezzogiorno, quindi? » domandò il secondo
« Non è troppo
tardi? ».
«
Fosse per te ti sveglieresti alle due del pomeriggio. Ritieniti
fortunato che non abbiamo fissato per quell’ora la partenza
».
Si
fermarono a una bancarella. « Ho detto tardi, non presto
».
«
Il che significa che oltre ad essere pigro cerchi anche di
nasconderlo. Bravo, continuiamo così » disse
Hilbert con un sorriso
che sapeva di beffa sul volto.
«
E quando saremo… vuoi toglierti quelle cuffie? Danno sui
nervi ».
«
Ma ti sento, eh ».
Cheren,
notando che era venuto il suo turno, si avvicinò al
venditore « Sì,
buongiorno, mi dia una dozzina di bottiglie di Moo Moo Milk…
Hilbert, toglitele, infastidiscono, sembra che non te ne freghi
niente di quello che dico ».
«
Per l’appunto » rispose Hilbert, poi, vedendo che
il suo amico non
accennava a scherzare, le sfilò dalle orecchie «
Contento? Ora
dimmi ».
«
Quando arriveremo a Undella? ».
«
Se c’è bel tempo come penso che mezz’ora
dovrebbe bastare in
volo ».
Cheren
allungò una mano verso le bottiglie « Mille
grazie, quanto… ?
6.000P, speriamo di averli o dovrò darne una da
20.000… E se per
caso scendesse un nubifragio? O più semplicemente fosse
brutto, a te
la scelta ».
«
Con un treno direi un’ora e un quarto approssimativamente
».
«
Sì, li ho, ecco a lei. Arrivederci! … Dio ce ne
scampi. Speriamo
ci sia buona visibilità aerea domani o in quel treno
morirò prima
di arrivare ».
«
Magari hanno risolto quei problemi con l’aria condizionata
»
commentò Hilbert « Magari no ».
«
Propendo per la seconda ».
«
Piuttosto, hai finito qui? ».
«
Penso di sì, fammi controllare… »
Cheren estrasse un foglio dalla
tasca destra « Okay, no ».
«
Oh, santo cielo ».
«
Però non lo troveremo qui. Devo comprare una vaschetta di
gelato al
Casteliacone ».
«
Va bene, siamo ufficialmente morti. Lo sai che c’è
sempre fila,
cosa andiamo a Castelia a fare? ».
«
Almeno proviamo, Hilbert » rispose Cheren « Se
c’è fila ce ne
andiamo subito, ok? ».
«
E sia. Tanto tornare a casa adesso sarebbe ridicolo ».
Il
Route 3 è la sintesi di ciò che è
Unova. Inizia stretto, umile,
quasi a dare l’impressione di essere breve e facile da
attraversare: invece bastano pochi passi per ritrovarsi a un
imponente bivio che impone di andare verso la Wellspring Cave a nord
o verso Nacrene City a sudovest. È più o meno
l’esatto
complementare del suo omonimo in Kanto: mentre in uno spirano forti
venti anche per diversi giorni nell’altro essi sono fermati
dalle
alte montagne; uno presenta laghetti e pozzanghere, l’altro
crateri; in uno è predominante l’erba,
nell’altro i rocciosi
sentieri montani.
Erano
ormai le sei di pomeriggio e il sole lentamente si apprestava a
iniziare il suo tragitto che lo avrebbe condotto all’altro
emisfero
del globo. La pensione sul percorso era ancora inondata di luce, ma
già trasparivano i segni di quel caratteristico mutare di
colore da
giallo ad arancione tipico del tramonto. Due ragazze si erano
attardate lì per consegnare un pokémon: i loro
nomi erano Hilda e
Bianca.
«
Per quando dovrei ripassare? » domandò la seconda
« Lo vorrei
ritirare già con Danzaspada. La impara al 56 ».
«
Quindi cinque livelli » commentò
l’anziana donna al banco « Una
settimana o due dovrebbero bastare, visto il ritmo di crescita di
Bouffalant. Vuoi lasciarne qui un altro? ».
«
No, grazie, uno va bene. Comunque dovrei tornare tra quattro o cinque
giorni, il tempo di rientrare da Undella, così controllo se
sta bene
».
«
Nessun problema, puoi visitarci quando preferisci. Il conto finale
sarà di 600P ».
«
Allora buon pomeriggio, e grazie mille! ».
Mentre
uscivano, Hilda, che fino a quel momento era rimasta silenziosa,
parlò « Perché alla pensione?
Perché non lo alleni da te? ».
«
Ho fatto il mio, direi, è al 51 »
replicò Bianca « E comunque
partendo per Undella non avrei avuto il tempo di farlo salire di
livello da sola. Perché lasciarlo a Nuvema o peggio in una
Poké
Ball quando può divertirsi al fresco qui? ».
«
Mi pare assurdo lasciare i propri pokémon nelle mani altrui,
è
irrispettoso. E se a loro non piacesse essere lasciati da una baby
sitter? Cosa ne sai che quei due non li accudiscono solo per soldi?
».
Bianca
si fermò sul bordo della scala che conduceva al sentiero e
si voltò
verso la sua destra: vi era un piccolo asilo locale, di quelli
frequentati da non più di una trentina di bambini. Accanto
all’edificio principale era locato un cortile immerso nel
verde del
parco e un box di sabbia in cui alcuni ragazzini del doposcuola
stavano giocando allegramente.
«
Ricordi di quando eri a scuola? » chiese quasi
d’improvviso.
Hilda
sembrò sorpresa da questa domanda « Beh,
chiaramente ».
«
Qual è il grado di scuola che ti ha lasciato più
memorie? ».
«
Penso le elementari. Ho sempre un buon ricordo di quando ci andavo
».
«
Hai ancora in mente l’ultimo giorno? »
proseguì Bianca « Io sì.
Sul momento ero quasi felice di andare verso la scuola media, neanche
un minimo rimpianto verso quei ventidue compagni che mi lasciavo alle
spalle. La sensazione di innocenza perduta, di nostalgia per quei
cinque anni passati… concetti del tutto estranei allora.
Ricordo
perfettamente che invece le mie maestre trattenevano a stento le
lacrime. Alla consegna dell’ultimo di quei simbolici diplomi
che
davano a tutti noi una si era messa a piangere in pubblico. Ci era
parsa una cosa strana, rammento. Nessuno capiva ».
«
Qual è il punto? ».
«
Quelle maestre avevano iniziato come nostre insegnanti stipendiate e
avevano finito per considerarci parte della loro vita. Cinque anni
non li puoi chiudere nel cassetto e dimenticare come nulla fosse.
Anche quella coppia della pensione deve aver cominciato ad accudire
pokémon per necessità di soldi, magari
finirà per non scordare
neanche una di quelle creature che centinaia di allenatori prima di
noi hanno lasciato. Quando affidi tuo figlio o tua figlia a una
scuola per cinque anni fai una scommessa, io nel mio piccolo voglio
provare ».
A
Hilda parve un discorso delirante: paragonare pochi giorni a un lasso
di tempo di diversi anni era del tutto insensato. D’altronde,
vuoi
per il caldo che infiacchiva, vuoi per l’abitudine che aveva
sviluppato ad ascoltare i pensieri di Bianca, non
controbatté.
«
Dove si va ora? » disse dopo qualche secondo di silenzio.
Bianca
rimase a guardare i bambini giocare sullo scivolo del cortile per
qualche istante; dopodiché, rispose « Nuvema,
direi. Aspettiamo che
quei due tornino ».
Goldenrod,
mi dicono talvolta. Saffron, se proprio sono a corto di idee. Celadon
come ultima spiaggia. Mi viene quasi da ridere, poiché
nessuno di
quelli che osanna come divinità queste città deve
aver mai visto la
più grandiosa, la più maestosa, la più
viva che abbia conosciuto:
Castelia City.
Castelia
è un’importante città costiera locata
nella zona
centromeridionale di Unova. Nimbasa potrà essere importante
per gli
agi e l’intrattenimento: ma Castelia è il cuore
pulsante, la base
economico-finanziaria, il pilastro portante di tutta la regione. Non
esiste centro da nessuna parte che sia paragonabile a questo luogo,
anche solo per geografia: si trova infatti a sud del Desert Resort,
arido deserto connesso al Route 4, e a nord dello Skyarrow Bridge,
ponte sospeso che torreggia sul mare, configurandosi quindi come
pressoché perfetta città portuale.
Castelia
è divisa in due zone ben distinte: il nucleo cittadino
è un
distretto commerciale dai pochi rivali nel mondo, circondato da
massicci grattacieli e altri edifici correlati al ruolo principale
della città. D’altronde, il perimetro esterno
è battuto su tutti
i lati da porti cui attraccano navi di vario genere: si va da
semplici traghetti che trasportano i passeggeri su isolette
periferiche alla maestosa Royal Unova, crociera che per 1000P
consente di sfidare gli allenatori che si ritrovano a bordo risalendo
frattanto il fiume orientale della regione fino al Marvelous Bridge e
tornando poi indietro, cosicché tra una battaglia e
l’altra ci si
può riposare osservando un magnifico panorama.
Eppure,
malgrado la vocazione finanziaria della città, essa offre
anche un
volto mondano, mescolando le etnie più disparate,
incorporando in sé
culture e cibi di altre regioni e raccogliendo, quale mecenate del
caso, numerosi artisti che aprono le proprie gallerie approfittando
dell’abbondanza di costruzioni atte al caso. Mistralton
avrà
l’aeroporto, Olivine e Sunyshore un faro, Snowpoint la neve,
Lilycove la S.S. Tidal. Ma niente è come Castelia.
Hilbert
provò una grande soddisfazione nel constatare che i suoi
dubbi erano
fondati: davanti al Casteliacone si era addensata un'indomabile calca
di persone che avrebbe impedito a chiunque di scorgere il piccolo
stand che dietro si celava. Quanto a Cheren, egli si domandò
filosoficamente se vi fosse un reale motivo per ammassarsi a un
singolo rivenditore quando Unova era ricoperta di gelaterie: per lui
il Casteliacone era solo l'ennesima impresa che viveva sul nome che
si era guadagnata, come tante ve ne sono al mondo.
«
Qualche idea? » esordì polemicamente Hilbert.
«
Tanto valeva provare ».
«
L'abbiamo fatto e ora sappiamo che non c'è speranza di
prendere quel
gelato. Che facciamo? ».
«
Qualche idea? » lo canzonò Cheren.
«
E se girassimo Castelia? ».
«
Parlando del nulla assoluto? Mi sembra giusto. Che strada prendiamo?
».
«
Proviamo quella opposta al molo. Di lì si arriva all'arteria
principale, no? » suggerì Hilbert.
«
Sei tu il capo, andiamo ».
I
due percorsero il perimetro esterno della città e
imboccarono la via
più a ovest, ritrovandosi in un largo viale. Alla destra era
la
palestra pokémon locale mentre un po' ovunque erano
disseminati
palazzi illuminati. Percorsero la strada fino a ritrovarsi nella
piazza centrale.
Di
lì, a seguito di una discussione tra Hilbert e Cheren
riguardo allo
sbocco che fosse più opportuno prendere per raggiungere
rapidamente
il centro di Castelia, la coppia si mosse senza orientamento preciso
fino a terminare in uno stretto vicolo costellato da cassonetti e
bidoni dell'immondizia e da alti muri ricoperti di finestre su
entrambi i lati. I ragazzi camminarono avanti per un po', eppure,
forse per la complicità della totale perdita di punti di
riferimento, a metà strada si fermarono esasperati.
«
Non male, in meno di un quarto d'ora ci siamo già persi
» bofonchiò
Cheren.
«
So perfettamente dove siamo ».
«
No, non lo sai ».
«
Sì che lo so, devo solo focalizzare sul luogo. Forse
tornando
indietro–– ».
«
No, tornare indietro no » lo interruppe Cheren «
Piuttosto andiamo
avanti ».
«
Possiamo sempre chiedere a qualcuno » commentò
Hilbert.
«
Oh sì, certo, al bidone della spazzatura ».
«
In un dato momento della giornata siamo stati nella piazza, se
ripercorriamo il cammino fatto ci torniamo e chiediamo indicazioni
».
«
Per perderci ancora di più? No grazie. Voliamo via e addio
giro.
Oltretutto mi fischiano pure le orecchie, mi sembra di sentire
musica. Ecco, sono impazzito ».
«
Direi che sono riuscito a farti venire un esaurimento nervoso, alla
fine » rise Hilbert « Obiettivo raggiunto. Va bene,
dai, si fa pure
tardi, andiamo via ».
Il
giovane agitò la mano come per afferrare una sfera dalla
cintura
quando la sua vista fu attirata da qualcosa che il suo corpo
nascondeva a Cheren « Quella là c'è
sempre stata? ».
Il
suo amico si sporse per scorgere ciò di cui stava parlando
Hilbert,
e con sua sorpresa sottoscrisse la domanda: era rimasta lì
per tutto
il tempo in cui i due erano stati nel vicolo o era apparsa dopo?
L'oggetto
del quesito era una porta di relativamente ridotte dimensioni che si
trovava sul muro. Non era appariscente, il che avrebbe parzialmente
spiegato perché Cheren non l'avesse notata prima; tuttavia
si
trovava sulla metà di strada che la coppia aveva
già percorso, ed
era assurdo pensare che ci fossero transitati di fronte senza
accorgersene. L'insegna sopra l'entrata mostrava una fumante tazzina
da caffè e la scritta Café Sonata, segno che
l'edificio in cui
conduceva era con ogni probabilità un bar.
Hilbert
si avvicinò con fare sospettoso all'asse lignea, quasi
intendesse
verificare per sicurezza che essa esistesse davvero: appurato
ciò,
vi avvicinò la mano.
«
Sei pazzo? » lo fermò Cheren « Che ne
sai di che c'è dentro? ».
«
È un bar. Cosa dovrebbe esserci dentro, una salumeria?
».
«
Un bar in un viottolo in cui non passa anima viva. Non ti
insospettisce neanche un po'? ».
«
Come no, infatti mi sono assicurato che non fosse un miraggio
»
replicò sornione Hilbert, e tanto velocemente da eludere il
suo
amico abbassò la maniglia e aprì la porta.
Dire
che l'atmosfera interna fosse inquietante significherebbe mentire:
era anche peggio. Attorno a colui che pareva un chitarrista si
attorniavano quattro o cinque persone, di cui alcune visibilmente
ubriache, intente a fare da spettatori a quello che sembrava un
concerto – Hilbert e Cheren dovevano essere entrati nella
pausa tra
un'esecuzione e l'altra. Dietro al gruppo stava un bancone rigato in
legno su cui uno stanco barista stava cercando sostegno. Oltre a
questi, pochi altri avventori sostavano ai tavoli, e gli unici erano
addormentati o erano prossimi a diventarlo. L'unico tocco di colore
che stonava dall'uniforme marrone delle pareti era dato da un quadro
appeso a sinistra che raffigurava una sorta di miscuglio tra una
fortezza e una città. Ma la cosa più insensata
era che, dal momento
preciso in cui i due amici erano entrati nel locale, non si era
sentito alcun rumore di qualsivoglia genere.
Cheren
e Hilbert si avvicinarono al banco e tentarono di parlare all'oste.
Questi per tutta risposta continuava a ripetere sempre la medesima
litania « Mi fa piacere vederti. Accomodati pure »
senza
variazioni, con un tono a metà tra lo svampito e l'annoiato.
«
Una melodia allegra rende tutti felici. Una melodia triste, invece,
rende malinconici. Questa è la forza della musica
».
I
due ragazzi si voltarono per vedere chi aveva parlato, ma non
trovarono risposta. Nessuno si era mosso dalla propria precedente
posizione, parevano statue di cera.
«
Che mortorio » sussurrò Hilbert.
«
Mette i brividi, andiamocene » gli fece eco Cheren.
« Domando scusa
a tutti » disse poi ad alta voce « Non volevamo
disturbarvi.
Continuate pure a, beh, quello che stavate facendo ».
«
Temo di non potervelo permettere ».
Di
nuovo la coppia si girò per localizzare il suo
interlocutore, e di
nuovo nessuno si fece avanti. L'unica certezza era che non era il
barista poiché il timbro vocale era diverso; per il resto,
brancolavano nel buio.
Cheren
si avviò verso l'uscita, ma quando tentò di
abbassare la maniglia
emise un grido misto di paura e sofferenza e ritrasse terrorizzato la
mano « Dio mio, è bollente! ».
«
Temo di non potervelo permettere ».
«
CHI SEI, FATTI VEDERE! » urlò veemente, ma nessuno
replicò neanche
questa volta.
«
È stato il musicista » commentò Hilbert
« Mentre tu ti scottavi
l'ho tenuto d'occhio ».
Per
tutta risposta, l'imputato iniziò a suonare una dolce
melodia con la
sua chitarra, la stessa che i due avevano udito all'esterno
credendola un'allucinazione, azione che infiammò ancora di
più gli
spiriti degli adolescenti, già infervorati
dall'esasperazione.
Cheren scattò verso di lui con la foga di chi vuole venire
alle
mani, tuttavia non appena provò a stringere l'uomo questi
svanì e
il giovane si ritrovò a dover sforzarsi per restare in
bilico,
avendo sbilanciato tutto il suo peso su qualcosa che più non
c'era.
Dunque arretrò lentamente fissando ancora quel vuoto
lasciato dal
desaparecido.
«
Che sta succedendo, Hilbert? » domandò ancora
scosso.
Il
suo amico non fece in tempo a rispondere, interrotto dall'improvviso
spegnimento delle luci. Il buio avvolse la stanza e i due iniziarono
a tastare l'oscurità fino a trovarsi reciprocamente. L'unica
fonte
di illuminazione proveniva dall'esterno e filtrava attraverso i
cardini della porta.
«
So che volete fare. Non fatelo ».
Cheren
non parlò ma dedusse da quella frase che, qualsiasi cosa
avesse
messo in atto, quel chitarrista era rimasto comunque all'interno del
bar.
«
NON FATELO ». Un corpo iniziò a brillare al centro
della sala,
iniziando ad avanzare a discreta rapidità verso i due amici.
Hilbert
distinse in esso le fattezze del musicista che aveva accusato di
averli minacciati, eppure appariva in stato di putrefazione.
L'oggetto iniziò ad aumentare velocità.
«
LACUNOSA » si sentì urlare da ogni parte
nell'oscurità, e temendo
una collisione i ragazzi fuggirono dalla porta.
Usciti
dal locale, i due iniziarono a scappare nella direzione da cui erano
venuti. Non si fermarono neanche un istante, spaventati dal silenzio
e dall'isolamento poiché temevano che quella visione
riapparisse. La
loro maratona si arrestò solamente una volta giunti
miracolosamente
nell'arteria principale, sentendosi rassicurati dal gran numero di
persone che vi transitavano. Dopodiché, decisero di tornare
a Nuvema
a piedi, non arrischiandosi a volare per non rimanere di conseguenza
di nuovo soli.
Nuvema
Town è la città più a sud di tutta
Unova. A essere precisi,
definirla città è un pesante errore: come molti
altri casi nella
regione si tratta in effetti di un esteso villaggio. Caratterizzata
da un gran numero di villette di cui gran parte vanno in affitto ai
vacanzieri – ma ovviamente non è questo il caso
per i quattro
personaggi presentati, che abitano qui stabilmente –, essa
è
percorsa da un imponente sistema di piccoli viali che, similmente a
una ragnatela, rendono possibile raggiungere quasi ogni angolo del
luogo. Le vie sono illuminate anche in notturna da una serie di
ravvicinati lampioni che rendono agibili a ogni ora queste stradine
ideali per rilassanti passeggiate in compagnia dei grilli.
Nuvema
è delimitata per tre lati dal mare, ma in effetti solo da
quello
meridionale l'acqua è effettivamente raggiungibile
direttamente; a
sinistra è necessario prima attraversare i Routes 17 e 18,
mentre a
destra è locato un vasto boschetto composto da una piana
ricoperta
da aghi di pino ingialliti e da alti alberi dai tronchi cilindrici.
Proprio
in quest'ultimo Hilbert e Cheren, rientrati a ora tarda per la
ragione che ho esposto sopra, si trattennero per parlare.
«
Sì, va bene, e fin lì ci sono arrivato
» disse il primo « Ma non
voleva che facessimo cosa?
».
«
Non lo so, vedi tu. Cosa stiamo per fare? ».
«
Andare a Undella. Però quello ha parlato di... che ha detto?
Laruucosa? ».
«
Lacunosa. È una città a nord-ovest di Undella. Mi
pare chiaro che
non vuole che andiamo lì » suggerì con
la massima serietà Hilbert
« E io non sono solito mettermi contro forze superiori
».
«
Rinunciare alla vacanza? Per una visione? Non se ne parla neanche
»
tagliò corto Cheren.
«
Cerca di essere ragionevole. Non puoi dire che era una visione.
L'abbiamo visto entrambi quello che è successo, non
è possibile che
ce lo siamo sognati ».
«
Cerca di essere ragionevole tu. Pianifichiamo questa vacanza da mesi,
e ora per un qualcosa che succede il giorno prima dovremmo lasciar
perdere? ».
«
Sai com'è, preferisco la vita al mare ».
«
Parli come se potessi avere solo una delle due ».
«
Non sono io a dirlo, è quel maledetto musicista. L'hai
sentito, che
ha detto? “Non fatelo” e poi
“Lacunosa”. Noi stiamo andando
in un posto che ci è praticamente attaccato. Non
è una coincidenza,
cazzo ».
«
Ma noi neanche ci vogliamo andare a Lacunosa, ci staremo lontani.
Dov'è il problema, spiegamelo. È così
terrorizzante andarci per
te? Se domani un flautista indemoniato ti grida
“UCCIDITI” tu ti
butti giù dallo Skyarrow? Spiega un po' ».
Hilbert,
platealmente stanco sia per il litigio che per la camminata, decise
di troncare il diverbio « Va bene, sai cosa? Andiamo a
Undella. Ma
quando finiremo tutti e quattro morti Dio sa dove saprai di aver
fatto una stronzata. Detto ciò, buonanotte ».
Dopodiché si avviò
a passo svelto in direzione di casa sua.
«
Da morto non me ne fregherà niente! » gli
gridò dietro Cheren, poi
si accasciò sugli aghi secchi e volse lo sguardo alle stelle.
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