Ciao
a tutti!
Decidere
di postare questa fan fiction non è stato facile, perchè è una storia
alla quale sono molto affezionata e l'idea di condividerla con
qualcun'altro mi spaventava un po'... ma visto che sta per iniziare
l'anno nuovo ho deciso di prendere coraggio e di sottoporla al vostro giudizio.
Spero
che vi piaccia e che non la troviate troppo banale o scontata...
ovviamente qualsiasi suggerimento (sia stilistico che a livello di
trama) è ben accetto, anzi... spero di ricevere tutto l'aiuto
possibile!!!
un
augurio di buon anno a tutti voi!!! buona lettura,
Aede
Asfalto.
Una distesa grigia che si estendeva a perdita d'occhio; nonostante il
numero considerevole di chilometri già divorati dalla sua amata Impala,
Dean non scorgeva altro che asfalto dinnanzi a sè.
Sbuffò annoiato lanciando uno sguardo alla sagoma del fratello
parzialmente nascosta dalle pagine stropicciate del quotidiano
dispiegate di fronte al suo viso corrucciato.
"Vorrei tanto sapere cosa stiamo facendo!" Sbottò.
"Non so cosa ne pensi tu, ma a occhio e croce direi che io sto cercando
informazioni utili sul nostro prossimo caso mentre tu ti stai lagnando
come al solito senza renderti minimamente utile." Replicò Sam ironico.
"Grazie mille, genio! Intendevo dire che vorrei capire per quale motivo
sto guidando da sei dannatissime ore solo per raggiungere uno sputo di
città dimenticata da Dio nel Wisconsin."
"Sei casi di rapimento irrisolti non ti dicono niente?"
"Potrebbe non essere un caso di nostra competenza." Rispose Dean
seccamente "Magari nella cittadina di Berlin abita un pazzoide che
rapisce le persone per hobby."
"Forse, ma non credo che papà si sarebbe scomodato a segnalarci le
cordinate di quella città se non ci fosse qualcosa di grosso sotto."
Dean tacque fissando la strada davanti a se.
Si sentiva gli occhi di Sam addosso, sapeva che suo fratello stava
aspettando una risposta.
"Allora?" Incalzò il più giovane dopo qualche secondo di silenzio
assoluto.
"Allora cosa?"
"Dean!"
"Cosa vuoi che ti dica, Sammy? Andremo a Berlin, era già deciso, ma non
so cosa speri di trovare."
"Forse papà ci sta aspettando per lavorare insieme al caso." Azzardò
Sam con scarsa convinzione.
"Già, forse."
Bugia.
Dean era certo che suo padre non si sarebbe fatto trovare nemmeno in
quella città; per l'ennesima volta John Winchester non aveva fatto
altro che segnalare ai suoi figli un caso di cui, per chissaquale
ragione, non si poteva occupare di persona.
Nemmeno Sam ci credeva veramente, ma dopo tutto quello che aveva
passato in seguito alla morte di Jessica, aveva bisogno di illudersi
che John fosse disposto a ricongiungersi alla famiglia; se non altro
per affrontare insieme il bastardo che aveva trasformato le loro vite
in un inferno.
Perciò, per quanto radicata in lui fosse la convinzione che suo padre
non fosse altro che uno stronzo egoista come tutti i cacciatori di
soprannaturale, continuava a mentire; e quando c'era in gioco il
benessere
di suo fratello, Dean Winchester sapeva essere un ottimo bugiardo.
"E va bene Sammy, andiamo a Berlin!" Sospirò alzando il volume
dell'autoradio.
Dal canto suo Sam sorrise riconoscente mentre nell'abitacolo
dell'Impala iniziavano a diffondersi le note di "Highway to hell".
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Da qualche parte, Altrove:
Con uno scatto nervoso, Alice, si liberò dall'intrico di lenzuola e
coperte che la avvolgevano mettendosi a sedere sulla brandina
traballante che l'aveva ospitata fino a quel momento.
A tutto c'era un limite, e la sua pazienza era esaurita.
Lanciò uno sguardo assassino alla sua compagna, osservandola con
espressione truce mentre, per l'ennesima volta, inseriva e toglieva
ossessivamente la sicura alla sua Sig Sauer Arabesque.
Inspirò a fondo nel tentativo di calmarsi e di reprimere il desiderio
di impadronirsi dell'arma per usarla contro la sua stessa proprietaria.
"Non riesci a dormire?"
Elisa la squadrava con aria inquisitoria, senza smettere di
giocherellare con la sicura della pistola.
"Non con te che fai questo casino." Ribattè Alice con una nota di
isterismo nella voce "Mi stai facendo impazzire! Perchè diamine non te
ne vai a letto?!"
"Non ho sonno."
"E siccome non hai sonno hai deciso di tenermi sveglia finchè non mi
deciderò a ucciderti con le mie mani?!"
"Non pensavo di darti fastidio." Fece la biondina "E' solo una mia
impressione, o sei nervosa?"
"Se pensi che io sia nervosa adesso aspetta di vedere cosa succederà se
non metti giù quell'arnese e non vai a letto immediatamente."
Sospirando rassegnata, Elisa si alzò, e riponendo la Sig Sauer nella
fondina attaccata alla cintura dei pantaloncini che indossava, si
diresse verso la porta della squallida stanza di albergo che avevano
affittato.
"Dove pensi di andare?"
"A fare un giro nei dintorni; tu torna a dormire."
"Ricordati che all'alba leviamo le tende da questo postaccio, vedi di
non tardare."
"Puoi stare tranquilla." La rassicurò l'amica chiudendosi la porta alle
spalle.
Alice si coricò nuovamente sul letto cigolante, tentando di districare
il groviglio di coperte al quale aveva dato forma poco prima.
Non sapeva neanche lei perchè era così irritabile.
Certo, Elisa aveva le sue manie, e le sue stranezze non contribuivano a
facilitare la convivenza; ma di solito Alice le sopportava di buon
grado, fermamente convinta che, in fin dei conti, ne valesse la pena.
Da un paio di giorni, tuttavia, il suo umore andava facendosi sempre
più instabile e la sua proverbiale pazienza tendeva ad esaurirsi con
una facilità preoccupante; a pagarne le conseguenze era, naturalmente,
la sua compagna che spesso e volentieri si trovava a tiro di sfuriata.
Sapeva che, con ogni probabilità, il suo malumore era dovuto ai sogni e
alle visioni che la disturbavano durante il sonno; nel corso delle
ultime notti, infatti, le sue doti extrasensoriali l'avevano portata a
vedere immagini che l'avevano lasciata profondamente scossa e turbata.
Un brivido percorse rapido la sua schiena mentre tornava con il
pensiero all'incubo avuto la notte precedente; una casa in fiamme, il
pianto disperato di un neonato stretto tra le braccia minute di un
bambino di pochi anni con gli occhi sbarrati, fissi sulla porta della
casa in attesa.
In attesa di cosa, poi? Forse che ne uscisse qualcuno? Difficile, a
giudicare dall'estensione dell'incendio.
Immagini, suoni, colori... era tutto così vivido; poteva addirittura
avvertire il calore del fuoco che avvampava sui resti della piccola
villa.
Non capiva che significato potesse avere tutto questo; forse stava
semplicemente impazzendo e quei sogni non avevano niente a chè vedere
con i suoi poteri psichici, o magari aveva ragione Elisa quando la
rimproverava di guardare troppa televisione.
Doveva essere così, tentò di autoconvincersi chiudendo gli occhi.
Non c'era niente di vero, niente di reale... ma il bambino non cessava
di piangere.
"Non avere paura, Sam!"
La voce di quello che doveva essere
il fratello maggiore di Sam
tremava, come le braccia del bambino strette sul corpo del neonato.
Un uomo uscì di corsa dall'abitazione
e afferrò i due bambini
trasportandoli al riparo appena pochi istanti prima che la casa
esplodesse.
"Ci sono io a prendermi cura di te,
Sammy! Va tutto bene."
Poco distante l'uomo che li aveva
salvati piangeva silenziosamente
mentre lingue di fuoco lambivano quello che restava della villetta.
"ALY, SVEGLIATI!"
Aprì gli occhi, trovandosi a fissare quelli verdi e accesi di
preoccupazione di Elisa.
"Stai bene?"
"Io... credo di si." Replicò portando la mano all'altezza del cuore
come nell'intento di calmarne il battito impazzito.
"Piangevi e ti lamentavi nel sonno."
Sfiorò il proprio volto con la mano scoprendolo bagnato di lacrime.
"Cosa ti succede, Aly?" Chiese la compagna fissandola in apprensione.
"Vorrei tanto saperlo." Rispose passandosi una mano sul viso
stancamente "Credimi Ely, darei qualsiasi cosa per capire cosa sta
succedendo."
Nota: Sigh Sauer Arabesque è il nome che ho attribuito alla pistola del
personaggio di Elisa... in realtà il nome che ho scelto
corrisponderebbe a quello di un fucile, ma aveva un suono che mi
piaceva molto così ho deciso di conservarlo.
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