Ars
Arcana, Capitolo X
Stigmata
Zendramax
si posò poco distante dal punto in cui il Viaggiatore si era
volatilizzato e le sue ali svanirono in un guizzo di piume nere e
fili di fumosa oscurità. La nebbiolina color indaco che si era
lasciato alle spalle si stava già diradando.
Mantenne
quel poco di distanza più per forza dell'abitudine, che per
timore vero e proprio: quand'anche fosse stato un trucco, quel
piccolo maghetto da due soldi non poteva certo mettere in piedi una
trappola in grado di nuocerlo. Era solo avvezzo all'esercizio della
prudenza, tutto qui.
I
suoi occhi color indaco si ridussero a due fessure sottili.
Dove
si era cacciato, quel marmocchio?
Scrutò
la strana foschia per cercare qualche indizio della sua presenza. Vi
era qualcosa, in quel fievole alone, qualcosa che poteva essere
rilevante, se lo sentiva; non aveva un motivo razionale per
sospettarlo, era semplice istinto.
Ma
quando cercò di espandere i suoi sensi per sondare meglio il
fenomeno, la Terra mandò un brontolio, e un lampo verde più
intenso percorse il cielo; la sua coscienza fu colpita da una
stilettata di dolore fulgente, e lo costrinse a ritirarsi in se
stesso.
Il
suo disappunto crebbe. La situazione sfidava ogni logica: quel
patetico Viaggiatore non era alla sua altezza, non poteva
essergli scappato così da sotto il naso! E le forze a difesa
della Valle...? Non era possibile che si fossero riattivate tanto in
fretta.
Strinse i pugni, sentendo la rabbia bruciarlo da dentro.
Le ombre della foresta si raccolsero in un alone nero attorno al suo
corpo, danzando come solleticate dalle fiamme di un fuoco invisibile.
In tutta risposta, le luci nel cielo sopra di lui si
contorsero e si intrecciarono, illuminandolo con un fascio più
intenso, che dissipò il velo di cui si era ammantato, mentre
la sua mente veniva assalita da un boato terribile, che lo fece
barcollare.
"Lasciami... in pace... vecchio!" sibilò,
afferrandosi la testa. "Torna a fare la muffa fra le pagine
delle leggende! Non sarai tu a fermarci!" urlò al
firmamento lucente.
"Non
io solo... hai ragione..."
La mente del Drago della Valle lo sfiorò, e
Zendramax poté avvertirne l'antica alterigia, il suo scherno,
e il suo disprezzo.
"Lascia
le mie terre... tirapiedi..."
Il Drago sottolineò quell'ultima parola con
un'altra lieve scossa ed un nuovo, doloroso ruggito.
Il Demone cadde in ginocchio e gemette, odiandosi per
aver dato all'avversario quella soddisfazione.
Si rialzò a fatica e si sforzò di
riprendere il controllo: cercare di tenere testa a quell'essere
antico solo per puntiglio non aveva senso, si disse, prendendo un
respiro profondo, mentre la creatura continuava ad infierire sulla
sua coscienza senza pietà.
Se restava lì, avrebbe fatto il suo gioco, e il
Drago della Valle l'avrebbe fatto impazzire: doveva andarsene.
Perciò, con gli occhi lacrimanti per il dolore,
la rabbia e la vergogna, si incamminò con passo incerto per
allontanarsi dalla montagna.
Sarebbe stata una marcia lunga e penosa, ma per
mantenere intatta la sanità mentale si ricordò l'unica
consolazione che aveva: l'Imperatore presto avrebbe conquistato quel
mondo, e allora avrebbe inferto al vecchio cento e cento volte
l'umiliazione cui lui era stato sottoposto.
Yudrazath mugolò soddisfatto nel dormiveglia,
sentendo la rabbia del Capo. Una volta tanto, il vecchio se la
prendeva con qualcun altro e lo lasciava riposare.
D'altra parte, lo Straniero se l'era proprio meritata,
quella batosta. Yudrazath lo conosceva poco, ma l'aria attorno a lui
aveva un che di malsano; era diverso, e in un senso tutto negativo.
Si rigirò nel buio, mettendosi supino. La sua
coda ebbe un guizzo, e il folto ciuffo di pelo alla sua estremità
mandò un morbido fruscio.
Cominciò a giocherellare con uno dei suoi lunghi
baffi, attorcigliandoselo attorno a un dito per poi svolgerlo e
ricominciare l'operazione, meditabondo.
Il Capo aveva sistemato lo Straniero, ma di sicuro
quello non avrebbe mollato. E poi, il Capo aveva i suoi limiti, ed
era certo che anche il nemico lo sapesse: una volta lontano dalla
montagna, sarebbe stato fuori dall'influenza diretta del Drago, e
allora si sarebbe ripreso.
E una bestia ferita è una bestia pericolosa.
Aggrottò le sopracciglia. Al mucchio d'ossa
sarebbe servito più aiuto, ma lui non era ancora in condizione
di prestargliene; lo sforzo per purificare l'area era stato troppo
grande, soprattutto considerando che si era appena svegliato, e ci
sarebbe voluto del tempo per riprendersi.
Sospirò. Il mago aveva bisogno di un'arma, fare
finta del contrario era inutile.
Doveva impartirgli uno Stigma, ma quale? Non aveva
energie sufficienti per dargliene che uno soltanto, e sapeva fin
troppo bene che gli Stigmata erano assai difficili da controllare,
senza i loro Signa.
Smise di tormentarsi i baffi e fece un respiro profondo.
Bisognava ragionare: quale, fra gli Stigmata in suo possesso, era il
più indicato?
Fuoco?, pensò, sogghignando ferocemente
all'idea di vedere bruciare lo Straniero. No, troppo banale. E se
poi si dà fuoco al vestito cercando di colpire l'avversario?
Scosse il capo e grugnì infastidito.
Acqua?
Agitò una mano, mandando un verso di disappunto.
I giochetti acquatici non avrebbero impressionato nessuno, e uno
stigma acquatico che decide di non funzioanre proprio mentre stai
affogando non è piacevole. E poi, nemmeno lui sapeva usarlo
troppo bene, quindi che senso aveva metterlo nelle mani di quel
pivello?
Hmmm...
Terra.
Sorrise. Il suo forte. Uno Stigma che racchiudeva una
grande forza nascosta, la stessa energia invisibile che si accumula
nelle profondità del suolo e si scatena con i terremoti.
Sembrava una buona scelta... eppure...
Eppure, no, non andava bene. Alle sue manifestazioni più
basilari, certo, poteva essere relativamente innocuo, ma il
mucchietto d'ossa era un tipo furbo, e di certo avrebbe capito presto
che poteva utilizzarlo come punto di partenza per manipolare forze
più insidiose, come i pesi, la gravità e le distanze. E
quel tipo di esperimenti poteva finire male. No, non restava che
l'ultimo, e più sottile fra gli Stigmata Elementali: Aria.
Il suo sorriso si fece più amaro. Sì, era
un po' da femminucce, era vero, ma di sicuro il ragazzino avrebbe
saputo sfruttarlo in maniera produttiva; comprendeva molte piccole
manifestazioni che gli sarebbero tornate utili: manipolazione del
vento, del suono, levitazione, e, con un po' di astuzia, anche
miraggi. Poteva anche usarlo per uccidere, e lì anche quello
Stigma così effeminato sarebbe diventato pericoloso, ma
Yudrazath era convinto che il pacifico maghetto avrebbe aspettato
parecchio prima di cercare di utilizzare quel dono per un fine così
spregevole.
Annuì. Aria era lo Stigma migliore. E poi, non
era da escludere che il pivello potesse trovare qualche Signum nel
suo viaggio.
Distese il braccio sinistro e tracciò un fluido
gesto a spirale nell'aria, come se stesse rimescolando un liquido con
la punta delle dita, visualizzando nella mente le sinuose linee dello
Stigma dell'Aria.
"Nel nome degli Antichi, con cuore sincero e
fedele invoco gli Spiriti del Cielo, del Vento e di tutto ciò
che vi è di etereo. Concedete a questo apprendista la vostra
forza, perché con le vostre sottili ali e le vostre astuzie
possa superare gli ostacoli, come la brezza leggera scivola al di là
di nemici, mura, monti, valli e acque. Che lo Stigma dell'Aria
lo accompagni!"
Recitò l'invocazione, continuando a muovere la
mano, indi, visualizzato chiaramente lo Stigma, soffiò a pieni
polmoni: dalle sue labbra scaturì una brezza che turbinò
sopra di lui per qualche istante, indi volò via, alla ricerca
del suo apprendista.
"Fatto" borbottò Yudrazath, sentendosi
di nuovo stanco. "Per ora dovrà bastarti per cavartela,
piccolo..." mugugnò, girandosi su un fianco, sentendo che
il sonno lo avvolgeva di nuovo fra le sue spire.
Yu si svegliò di soprassalto, con il cuore che
batteva all'impazzata. Non ricordava che sogno stesse facendo, ma ciò
che aveva visto appena prima di svegliarsi era straordinariamente
nitido, troppo per essere normale: una folata di vento, così
forte da minacciare di portarlo via l'aveva investito... e poi,
quell'immagine...
Come una sorta di diagramma magico tracciato con
scintillanti fili di fumo, gli era comparso davanti, e quando l'aveva
visto, si era sentito forte, felice, spaventato e confuso assieme.
Sapeva che in quelle linee sinuose si celavano i meravigliosi segreti
di tutto ciò che vi era di sottile ed etereo, eppure quella
consapevolezza lo atterriva; si sentiva suo padrone e sua preda
assieme. Era come se un pezzetto del mondo, della sua sostanza più
arcana e fondamentale, fosse divenuta parte di lui... quale sarebbe
stato il prezzo da pagare?
Perché se lo sentiva, che non poteva essere stato
solo un sogno: lui aveva appena ricevuto qualcosa, qualcosa di
pericoloso, e doveva essere molto, molto attento all'uso che ne
avrebbe fatto: nell'Ars Arcana, la prudenza non era mai troppa.
Provò a guardarsi le mani, ma la vista ancora non
accennava a tornare, e per quanto si sforzasse di riuscire a mettere
a fuoco qualcosa, il velo della sua cecità non accennava a
diradarsi. Non aveva idea di che ore fossero, né di quanto
avesse dormito. Sentiva che Eidrath e Rangrin erano ancora nella
stanza, e, stranamente, gli sembrava di percepirlo con più
chiarezza di prima: non solo l'odore del drago sembrava essersi fatto
più forte, ma ora al giovane pareva anche di sentire la
mescolanza di odori che provenivano dal nano: il cuoio che indossava,
l'odore del cordame, della nafta e delle sostanze che usava per la
manutenzione del suo pallone... più si concentrava più
fragranze gli sembrava di riuscire a percepire. E poi, il respiro...
sentiva quello lento e regolare del drago, e se solo si concentrava
un po' meglio, anche quello più buffo del nano, un po' più
irregolare e simile a quello di certi cani un po' asmatici.
Scrollò la testa per cercare di scacciare tutto
quel caos di sensazioni e riflettere. Da quando aveva i sensi tanto
acuti? Sicuro, conosceva il luogo comune per cui alla perdita della
vista gli altri sensi di acuivano, ma lui era cieco al massimo da
qualche ora, e poi, non lo sarebbe rimasto a lungo.
Sospirò. Avrebbe voluto prendere il suo
Compendium per controllare, ma non era affatto sicuro di riuscire a
trovare la sua stanza, né avrebbe comunque avuto modo di
leggere le pagine, quand'anche fosse riuscito a prendere il libro.
"Non riesci a dormire, Venerabile?"
Yu trasalì a quella domanda. Era convinto che
Eidrath dormisse. Peraltro, la sua voce suonava diversa rispetto a
quando gli aveva parlato prima: era meno profonda, decisamente più
simile alla voce di un ragazzo.
Fece per tirarsi su a sedere, ma si bloccò a metà
dell'operazione e fece una smorfia: il dolore non accennava a
diminuire. Se fosse una conseguenza dei sortilegi di Zendramax
piuttosto che del suo uso eccessivo di energia non avrebbe saputo
dirlo, ciò di cui era certo era che aveva un gran male
addosso. Stava per abbandonarsi all'indietro, quando sentì la
testa del drago spingere sulla sua schiena; lo stava aiutando a
mettersi a sedere.
Seppur con imbarazzo, lo lasciò fare: si
vergognava a farsi assistere così, ma pensava che se si fosse
riuscito ad alzare a sedere, poi sarebbe stato meglio. Almeno,
avrebbe potuto sciogliersi un po'.
"Ti ringrazio..." borbottò, impacciato,
dopo che si fu alzato. "Ma... perché mi hai aiutato? Non
mi devi nulla. Mi conosci appena..."
Eidrath rimase in silenzio per qualche istante, poi,
sempre con la voce giovanile di poco prima, rispose: "Perché
so come ci si sente".
Yu non commentò, e si limitò a
sorridergli. Aveva visto giusto, in merito al drago; e quanto alla
sua voce, sapeva che i suoi simili erano molto orgogliosi della loro
estensione vocale, perciò immaginò che la voce profonda
che aveva sentito prima servisse ad atteggiarsi perché Rangrin
stava ascoltando; ora che il nano dormiva, la creatura non sentiva
più la necessità di parlare con la voce impostata.
"Quando il Demone mi ha assalito, ho avuto paura.
Sapevo che mi avrebbe ucciso e quando mi ha lasciato appeso a quegli
alberi a morire, mi sono sentito solo, come mai in vita mia"
proseguì il giovane drago, pensieroso. "Non mi ero mai
sentito così inerme, nemmeno quando ero un cucciolo. E' come
se l'umiliazione avesse spezzato qualcosa dentro di me... e..."
sospirò, e scrollò di nuvo il capo, mandando ancora una
volta quel curioso fruscio dalle creste che gli ornavano il capo e le
orecchie. "Non mi va di pensarci troppo, scusami. Per ora, ti
basti sapere che... capisco. Quando ho capito che da solo non ce
l'avrei fatta, anch'io avrei voluto che qualcuno mi aiutasse; e so
che lo devo solo alla fortuna, se sono ancora vivo. Tu avevi bisogno
di aiuto, e io potevo offrirtelo, perché non avrei dovuto?
Questo credo di aver imparato, oggi".
Il mago annuì. "Renderai orgogliosa la tua
Genia e la tua famiglia" commentò. Sapeva che all'interno
di una Genia, in realtà, tutti i draghi condividevano un
qualche vincolo di parentela, ma sapeva anche che il termine
"famiglia" era indicato solo per indicare le creature più
prossime.
Eidrath ridacchiò sommessamente, con amarezza.
"Dubito che si sentirebbero molto fieri di me, se sentissero la
storia per intero..." osservò.
"Non c'è disonore nell'essere sconfitti da
un avversario più forte di noi" obiettò Yu, in
tono conciliante. "Tu hai lottato al meglio delle tue forze.
Anziché dispiacerti della sconfitta, ringrazia il Cielo di
avere avuto un'altra opportunità. Potrai superare la tua
prova, e tornare a casa per prendere ciò che ti spetta,
l'importante è questo, alla fine".
Eidrath inclinò il capo di lato e studiò
il sorriso stanco del suo interlocutore. L'Oracolo era un vero
mistero, per lui: si era aspettato qualcosa di più maestoso,
che irradiasse un senso di maestà e di enigma... invece, si
era trovato davanti quel piccolo mortale pallido ed emaciato, dagli
occhi grandi e la voce gentile.
Era rimasto davvero perplesso quando il suo
istinto gli aveva detto che l'Oracolo che cercava era proprio quel
ragazzetto dall'aria fragile, ma ora che ci aveva scambiato qualche
parola, doveva ricredersi. Forse non era esattamente l'Oracolo che
lui si aspettava, eppure in lui vi era qualcosa in lui che lo rendeva
simile ai Venerabili della Genia. Emanava un senso di saggezza,
simile a quello che circondava certi draghi anziani, eppure era al
contempo molto diverso da loro; forse perché, rispetto agli
anziani, gli sembrava meno distante. Gli anziani sarebbero sempre
rimasti tali, per lui, mentre il Venerabile Yulannath... sembrava
davvero più vicino, aveva tutta l'aria che avrebbe potuto
tranquillamente diventare suo amico. Parte di lui, per qualche motivo
se l'augurava anche.
Scrollò il capo un'altra volta, facendo inarcare
le sopracciglia al mago che, per fortuna, non poteva seguire il
complicato filo dei suoi pensieri.
Si sentiva terribilmente confuso, dentro di lui si
agitava una marea di emozioni e dubbi: non era indegno, pensare
quelle cose, e sentirsi così smarrito? E l'Oracolo...
l'avrebbe scoperto? O avrebbe dovuto confessarglielo lui? E tutta
quella storia... non era segno che non era degno di compiere il
passaggio?
Smettila,
si rimproverò, aggrottando le sopracciglia.
"Cosa ti ha svegliato?" domandò, per
cambiare argomento. Parlare di sé con il Venerabile gli faceva
uno strano effetto: si sentiva scoperto, in qualche modo... il
giovane aveva un modo di ascoltare del tutto diverso da quello del
nano.
L'Oracolo rivolse lo sguardo altrove.
"Un sogno... o meglio... qualcosa che mi si è
manifestato in sogno. Una qualche forza, che è diventata parte
di me... credo di sapere cosa sia, ma..." fece una pausa, aprì
una mano e abbassò gli occhi sul suo palmo che, Eidrath
sapeva, non poteva vedere.
Yu sospirò e volse lo sguardo cieco davanti a sé.
"Vorrei leggere qualcosa in merito, ma non posso... e tu, perché
ti sei svegliato?"
Il drago sbuffò dal naso, un po' sulla difensiva.
Perché lo metteva così a disagio, rispondere alle sue
domande?
"Per diverse cose, immagino... qui per me è
troppo caldo, e il fuoco per noi è doloroso, perciò è
normale che non riesca a dormire bene vicino ad un camino. Ma non
posso allontanarmi da te... è meglio che ci sia io a vegliare
su di te, il nano è un pasticcione..." spiegò,
guardando con occhio critico Rangrin, che ronfava a bocca aperta
abbandonato su una poltrona. "E poi", proseguì,
tornando a guardare il giovane "è difficile non pensare a
quel che mi è capitato oggi... e, infine, anch'io ho sentito
ciò che hai descritto".
Yu si voltò verso di lui, sorpreso. "Anche
tu...?"
Lui annuì, pur sapendo che l'Oracolo non lo
vedeva. "Sì. Qualcosa in te è cambiato, mentre
dormivi. Hai qualcosa di più, ora... qualcosa che ti rende più
simile a me, in un certo senso. In te c'è qualcosa
dell'Inverno e del Vento, ora..."
Il mago chinò il capo e sospirò; Eidrath
lo studiò: sembrava tanto stanco, e confuso, eppure, a
dispetto di quell'aria debole, sentiva che il pallido Oracolo sarebbe
stato un aiuto determinante.
"Eidrath... non voglio approfittarmi della tua
gentilezza, ma vorrei chiederti un favore..." disse Yu dopo
alcuni secondi di silenzio. "Vorrei che tu leggessi alcune
pagine per me, da un mio libro. Uno molto speciale..." fece una
pausa, poi sorrise, un po' imbarazzato. "Se sei in grado di
leggere l'alfabeto umano, si intende..." aggiunse.
"Sicuro. Dove trovo questo libro-tesoro?"
rispose Eidrath, alzandosi.
L'Oracolo tossì, e indicò un punto dove,
probabilmente, pensava si trovasse la porta.
"Uscendo da questa stanza, troverai delle scale.
Seguile fino alla mia stanza, è all'ultimo piano; il libro è
sulla scrivania, è impossibile non notarlo: ti insulterà
quando entrerai, probabilmente, e ti insulterà ancora di più
quando lo prenderai. Non darci peso, è fatto così.
Cerca di averne cura mentre lo porti qui, per favore. E' il mio
tesoro più prezioso..."
Eidrath annuì e sorrise. "Va bene,
Venerabile, tornerò presto" promise, gioviale, e si avviò
su per le scale.
I passi pesanti del drago si allontanarono, e Yu tornò
ad essere solo. Sospirò.
Era strano, trovarsi in quella condizione, come erano
strani gli eventi attorno a lui; il destino aveva radunato una
compagine piuttosto bizzarra, doveva ammettere.
Un
nano che vola, un drago-bambino, e un mago di terza categoria...
Prese a giocherellare con un lembo della coperta, mentre
aspettava che Eidrath tornasse, lasciando che la sua mente vagasse.
Ripensò alla sua vita sulla Terra, a quando aveva scoperto il
suo dono e la rivelazione che fu, all'epoca, scoprire di essere un
Viaggiatore.
Ora
tutto si ripeteva, ma la sconvolgimento era ancor più
radicale: non era solo in possesso di un dono che lo rendeva diverso
da tutti... era proprio qualcosa
di diverso. O era pazzo. Nessuna delle due prospettive era facile da
aspettare.
Fortunatamente, Eidrath fu rapido a tornare, e le
proteste indignate che giunsero dalle scale distrassero il mago da
quelle riflessioni cupe e gli restituirono il sorriso.
"Saliva
sulla mia copertina!" gemette il Compedium quando, senza troppi
complimenti, la creatura glielo sputò sulle gambe. "Questo
bruto mi ha preso in
bocca come un qualunque pezzo di carta straccia, dico!"
"Anch'io sono felice che tu stia bene" scherzò
Yu, facendo l'occhiolino a Eidrath. "Che abbiamo in merito agli
Stigmata?"
"Oh,
un po' di cosucce... ma dubito che i tuoi occhietti vispi riescano a
leggerle, adesso" commentò il
libro.
"Certo. Ecco perché sarà il mio amico
Eidrath a leggerle per me".
"Ma...
un estraneo, leggere le mie
pagine..."
"Le informazioni sugli Stigmata, se non ti
dispiace" tagliò corto Yu. Era stanco, e non aveva voglia
di mettersi a discutere con il suo Compendium. A volte, rimpiangeva
di non averne avuto uno più conciliante.
Il libro smise di protestare, e dal fruscio che seguì
il suo ordine, il mago capì che si era sfogliato e il testo si
stava componendo sulla carta.
"Ooh, starorrrrdinario" sentì Eidrath
mormorare, ammirato, mandando uno strano brontolio gutturale che,
capì, doveva essere qualcosa di assai simile alle fusa di un
gatto. Poi, schiaritosi la voce, cominciò a leggere il testo
che era apparso sulle pagine del Compendium:
“Gli
Stigmata – al singolare, Stigma – sono l'elemento
fondamentale per il controllo di una forma di magia antica nota con
diversi nomi, tra cui Stregoneria Alchemica, Alta Stregoneria
Draconica e Arte Fulgente presso gli Elfi.
Si
tratta di un tipo di approccio alla magia affascinante ed esotico,
che prescinde dall'utilizzo di formule per alterare la realtà
secondo i desideri del mago. I praticanti di questo tipo di magia
fanno affidamento solo sul proprio potere e sulla propria volontà
per ottenere gli effetti desiderati. Gli Stigmata sono gli strumenti
indispensabili attraverso i quali tali arcanisti praticano il loro
controllo sugli elementi.
Essi
non sono altro che una rappresentazione archetipica di un componente
della realtà. Gli Elfi scrivono che, sebbene gli Stigmata
principali siano quelli Elementali e che praticamente ogni tipo di
effetto immaginabile può essere ottenuto mediante essi, esiste
un numero molto più ampio di Stigmata cui attingere; secondo
la loro teoria, tanto più uno Stigma è attinente ad un
dato ambito, tanto più semplice sarà ottenere ciò
che si desidera: per esempio, sarà più semplice e meno
faticoso usare lo Stigma della Luce per illuminare una stanza,
anziché ricorrere allo Stigma del Fuoco...
ehi, queste cose le ho sentite dire anch'io, pensa. Però noi
ne sappiamo più degli Elfi”.
Yu sorrise a quel commento del drago, e gli fece cenno
di andare avanti.
“Oh,
scusa. Dunque... Ma nemmeno questo tipo di magia è
perfetto. La natura del linguaggio archetipico cui fa ricorso rende
estremamente difficile tanto il controllo di queste forze, quanto
l'insegnamento del loro uso.
Controllare
un sortilegio invocato usando uno Stigma, senza che esso sia
incanalato in un Signum, richiede una grande chiarezza di intento, o
si rischia che la magia si rivolti contro il mago, o che sfugga al
suo controllo. I Signa sono quindi...”
“Aspetta, ai Signa penseremo in seguito”
intervenne di nuovo il mago. “Vai alla parte
sull'apprendimento, è quella che mi interessa al momento”.
“Hmm, va bene, allora... ecco. Tra i maghi
umani, e persino fra gli Elfi, l'uso degli Stigmata è
limitato, poiché il procedimento per intuire uno Stigma è
difficile e richiede una forte sintonia con il linguaggio archetipico
che non tutti possiedono. Quanti non possono dedurre uno Stigma
attraverso la meditazione o l'indagine alchemico-archetipica devono
apprenderlo, ma anche in questo caso il processo risulta estremamente
complicato, e non sono molti i maghi che sono in grado di portarlo a
termine senza danneggiare la propria padronanza dello Stigma in
questione. Fanno eccezione i Draghi – hehe, naturalmente –
la cui affinità con il linguaggio archetipico degli
Stigmata trova pochi eguali tra le creature del regno materiale.
Essi, assieme ad altre creature magiche, hanno la facoltà di
imprimere gli Stigmata su coloro che ritengono degni, checché
non impartiscano tali doni con leggerezza. Narrano le leggende che
alcuni draghi particolarmente potenti siano riusciti a donare
Stigmata a persone distanti semplicemente attraverso il loro legame
mnemonico con loro; le teorie in merito sono diverse e tutte
affascinanti...”
“Così può bastare, credo” lo
interruppe Yu, alzando appena una mano. “Sei stato di grande
aiuto; ti ringrazio” aggiunse poi, sorridendo al drago. “Credo
di capire meglio ciò che è successo”.
Si passò una mano sul volto e si abbandonò
nuovamente all'indietro. Gli era stato impartito uno Stigma, e da
qualcuno che non era presente in quel luogo: Rangrin non sapeva nulla
di magia, ed Eidrath era troppo giovane per fare una cosa simile.
L'unica creatura che avrebbe avuto una qualche ragione per fargli
quel dono era il Drago della Valle, ed il fatto che il Drago avesse
scelto di impartire lo Stigma a lui piuttosto che agli altri maghi
dell'Accademia significava...
Strinse la coperta, sentendosi riprendere dall'angoscia.
Significava che ciò che Azadrath era in qualche
misura vero; che Azadrath, Arshilenne, i Luminal e la Frontiera
esistevano, così come i Noxinal e la Zona Buia.
“Sei turbato” osservò Eidrath,
avvicinandosi di qualche passo.
Yu annuì, ma quella del drago non era una
domanda, perciò non aveva senso cercare di dargli spiegazioni
in quel momento.
“Lo sono. Zendramax, lo stregone che ti ha
aggredito, ci darà la caccia quando usciremo da qui. Ma
dobbiamo farlo. Se vogliamo cacciare gli invasori, dobbiamo
raggiungere Altosole” disse.
“E come faremo, se il Demone sarà là
fuori ad aspettarci?”
Il mago sorrise e strizzò un occhio.
“Andremo ad Altosole, solo facendo una piccola
deviazione”.
Angolo dell'autore:
nuovo anno, nuovo capitolo. Sì, fra i buoni propositi per
l'anno nuovo c'è anche lo scrivere di più.
In ogni caso, ho
scelto di pubblicare un capitolo un po' più breve del solito;
non c'è molta azione, ma ogni tanto ci vuole anche una piccola
pausa per dare spiegazioni. In ogni caso, spero che vi piaccia.
Riguardo alla
lunghezza dei miei capitoli, però, avrei bisogno di un
consiglio: così come li ho strutturati finora sono troppo
lunghi? E la formattazione, è leggibile, o affatica troppo la
vista? Vi sarei molto grato se mi faceste sapere la vostra opinione
in una recensione o anche solo in un messaggio. ^^
Grazie, e al prossimo
capitolo!
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