CAPITOLO 2
Chi trova un amico
trova un meccanico
“Tony… Sono
Chastity.” Le tremava un po’ la voce e non era
soltanto per il freddo pungente di quella mattina di tardo autunno.
Aveva deciso di telefonare mentre andava alla fermata
dell’autobus, sia perché probabilmente
l’officina aveva appena aperto, sia perché non
voleva che sua madre ascoltasse la loro conversazione.
“Che bella sorpresa! Ti mancavo già
così tanto?” Era la reazione che si aspettava, ma
questo non le impedì di sospirare e alzare gli occhi al
cielo.
“Veramente… ti ho chiamato perché
l’auto di mio padre non parte più
e…”
“Oh baby! Non era necessario manomettere la macchina del papi
per sentirmi!”
L’irritazione vinse la battaglia interiore sia contro
l’incredulità che contro il sottile divertimento
per quel tono convinto che lui aveva usato.
“Io non ho manomesso un bel niente! Fino a prova contraria
questo è il numero della tua autofficina e io sono una
cliente!” Non avrebbe dovuto stizzirsi così tanto,
considerando che le serviva un favore e un prezzo d’amico.
“Ok, dimmi tutto.” Non sembrò essersi
veramente offeso ma adottò un tono quasi professionale.
“Non dà segni di vita da ieri mattina, non sembra
essere la batteria. Quindi temo che vada…” Non le
usciva proprio la parola rimorchiata, non al telefono con Tony.
“Tra cinque minuti arrivano i ragazzi e posso uscire a
prenderla, mi aspetti?”
“Veramente io non sono a casa, sto andando al lavoro. Suona
al numero dodici, c’è mia madre e ti
dirà tutto lei.” Non si azzardò a
chiedergli di non fare battute con sua madre, totalmente priva del
senso dell’umorismo.
“Speravo di vederti… Che peccato.”
Sembrava davvero deluso, oppure era bravo a farlo credere.
“Ecco… Volevo anche chiederti se potevi dare prima
un’occhiata alla macchina e farmi un preventivo della spesa.
Ha parecchi anni e…” La tolse
dall’imbarazzo, comprendendo al volo ciò che
intendeva.
“No problem. La controllo io personalmente prima di sera, a
patto che tu venga qui dopo il lavoro, così posso riferirti
il preventivo a voce.”
Istintivamente avrebbe voluto rifiutare e smascherare quel tentativo di
ricatto, però aveva bisogno del suo aiuto così
non le restò che accettare.
“D’accordo. Grazie… Tony.”
“Di nulla, Chastity. Per te questo e… altro. A
stasera.”
Chiuse la conversazione un attimo prima di salire
sull’autobus, pensierosa e accaldata. Forse non faceva
abbastanza freddo da portare quella sciarpa pesante oppure il
riscaldamento dell’autobus era troppo alto.
Certamente non avrebbe mai ammesso che quei modi palesemente artefatti
ed eccessivi di Tony la stessero comunque destabilizzando. Per quanto
tentasse di ricordare sempre che per lui era sicuramente un gioco e che
era il suo modo di fare con le donne in generale, non poteva sentirsi
comunque risvegliata e lusingata nel profondo da quelle attenzioni.
Dieci minuti in officina, il tempo di parlare del preventivo e delle
riparazioni, poi lo avrebbe ringraziato e salutato. E non lo avrebbe
più rivisto, perché sarebbe andato suo padre a
ritirare l’auto, una volta pronta.
Poteva farcela, niente drammi. Non era nemmeno detto che sarebbero
stati da soli, se si fosse sbrigata a prendere il primo autobus sarebbe
arrivata abbastanza presto, prima che i dipendenti finissero di
lavorare.
Farsi tutti quei problemi era assurdo, non era certo una ragazzina
timida, era una donna con una cultura e un’educazione
sufficienti a farla conversare con chiunque senza metterla in imbarazzo.
Era un rapporto cliente-fornitore. Tony era un meccanico e lei aveva
un’auto da riparare.
Il suo meccanico, niente più. No, suo non era
l’aggettivo giusto.
Aveva percorso in fretta i metri che separavano la fermata
dell’autobus dall’autofficina, sperando di trovarla
ancora nel pieno dell’attività. O forse sperando
il contrario.
Era stata inquieta tutto il giorno all’idea di rivedere Tony,
inquieta non elettrizzata. Così almeno si ripeteva.
Nell’istante in cui adocchiò l’insegna
luminosa, vide due uomini uscire, in tuta da lavoro e con uno zainetto
in spalla. Era arrivata tardi, avrebbe trovato solo Tony ad aspettarla.
Indugiò per qualche istante all’ombra di un
cassonetto, scegliendo il momento sbagliato per farsi coraggio e
avvicinarsi all’entrata. Tony era appena apparso sulla porta
per richiamare uno dei due dipendenti e ricordargli di finire il lavoro
sulla Mercedes il mattino successivo.
Mentre stava per rientrare, la vide e le sorrise.
“Eccoti qui, dolcezza. Entra pure.” Rimase sulla
soglia del portone, indicandole elegantemente con un braccio
l’interno, come se fosse stato un salone da ballo.
Doveva smetterla di leggere romanzi storici, assolutamente.
“Ciao, Tony. Tutto bene?” La buona educazione
prevalse sull’imbarazzo.
“Ora che sei qui molto più che bene.
Tu?” Era partito subito in quarta.
“Sto bene, grazie. Sei riuscito a controllare
l’auto di mio padre?” Arrivò subito al
sodo, stringendosi nel cappotto e guardandosi intorno un po’
nervosa.
“Certo, te lo avevo promesso. Purtroppo il guasto
è…”
“Scusami se ti interrompo ma sono veramente ignorante in
materia e so che non dovrei svelarti la mia inesperienza
però, ecco, mi fido e so che sarai onesto con
me…” O almeno sperava che lo avrebbe spinto ad
esserlo, in quel modo.
Certo, usare la parola “inesperienza” era stato
quanto di più sbagliato potesse fare, d’altronde
di fronte a Tony ogni parola sembrava assumere connotati sessuali e lei
finiva inspiegabilmente ad usare proprio quelle peggiori.
“Non mi approfitterei mai della tua…
inesperienza.”
Stava parlando di lavoro, nient’altro. Non c’era
alcun riferimento alla sua verginità, come avrebbe potuto
d’altronde? Non aveva scritto in fronte
“Intonsa”!
“… parecchie ore di lavoro e
quindi…” Tony aveva ripreso a parlare e lei si era
distratta, rischiando di fare la figura della stupida.
Annuì, fingendosi attenta.
“La cifra finale, manodopera compresa, sarebbe sui
cinquecento…”
Quello l’aveva compreso, suo malgrado. Probabilmente
sbiancò perché Tony la guardò in modo
strano, un po’ dispiaciuto.
“Ok.” Deglutì e cercò di
darsi un contegno. “Quanti giorni servono per il lavoro? Va
bene un assegno? Passo a portartelo io, prima che sia pronta. A mio
padre però dirai un’altra cifra, se non ti
spiace.” Aveva deciso su due piedi, non voleva sentire sua
madre lamentarsi e piangersi addosso per giorni, aveva comunque qualche
soldo da parte, oltre a quelli che dava in casa ogni mese.
“Vuoi pagare tu? E perché mai? La usi anche
tu?” Sarebbe stato troppo facile se avesse accettato senza
fare domande.
“No, veramente non ho nemmeno la patente.”
“Allora perché? Non capisco…”
E lei non poteva spiegargli le dinamiche interne alla sua famiglia, ci
sarebbero voluti giorni e non erano così in confidenza.
“So che ti sto chiedendo di mentire ad un cliente, prova a
fingere che l’auto sia mia e che mio padre passi soltanto a
prenderla.” Forse avrebbe dovuto mentirgli fin
dall’inizio e farglielo credere.
Tony scosse la testa, perplesso. “Vieni con me.”
Si avviò verso il fondo dell’officina, verso
quello che sembrava un piccolo ufficio.
Quando fu sulla porta si accorse che era veramente piccolo e ingombro,
pur essendoci solo una scrivania, due sedie e un piccolo schedario. Le
pareti erano così piene di fogli e calendari da impedirle di
vedere il laminato a cui erano attaccati.
Tony stava digitando qualcosa al computer, che lei non aveva nemmeno
notato, sommerso com’era da pile di fogli sulla scrivania.
“Ecco, guarda qui.” Girò lo schermo
verso di lei, che si sporse di poco e lo fissò, confusa.
“Questo è il ricambio che serve e quello che vedi
è il prezzo del mio fornitore. Tutto il resto sono le ore di
lavoro per montarlo, che sono parecchie.” Le stava spiegando
dove avrebbe speso i soldi, gli fu grata per quello pur non capendoci
granché.
“Va bene. Non… ti stavo chiedendo uno sconto, so
che le ore di lavoro vanno pagate.” Spiegò,
gesticolando nervosamente.
“Questo è il prezzo che dirò a tuo
padre.”
“Ah, ok. Sì mi sembra sensato, almeno avrai una
base di verità a cui appoggiarti.” Convenne.
“E questi sono i soldi che sarà lui a
darmi.” La guardava in modo strano, come se stesse cercando
di farle capire qualcosa.
“Il resto lo coprirò io, va bene.” Era
sensato, avrebbe evitato di inventarsi qualcosa a casa.
“No. Ti chiedo solo il prezzo di costo del pezzo. Il lavoro
lo farò io personalmente e non dovrai pagarmelo.”
A quel punto, Chastity si bloccò e lo guardò
socchiudendo gli occhi.
“E perché mai dovresti farmi un favore di questo
tipo?” Senz’altro avrebbe voluto qualcosa in cambio
e se la richiesta fosse stata di natura sessuale, come temeva, se ne
sarebbe andata all’istante a cercare un altro meccanico.
“Ti chiedo solo, in cambio…” Eccolo
là, prevedibile.
“Non ho alcuna intenzione di venire a letto con te per
ripagarti il lavoro, ho i soldi per pagartelo senza dover svendere il
mio corpo.” Fiera e impettita, fu tradita solo dal rossore
sulle guance.
“Ma per chi mi hai preso? Ti stavo chiedendo in cambio di
venire a cena con me, nient’altro!” Si era
risentito e a lei non rimase che pregare di sprofondare nei meandri
della terra per nascondere l’imbarazzo.
“Oh.” Sospirò, guardandosi la punta
degli stivaletti.
“Prometto di non bere e di evitare proposte di
matrimonio.” Le fece un gran sorriso, come se avesse
già dimenticato il risentimento per la sua accusa.
“Scusami se ho pensato male…” Scusarsi
era il minimo.
“Tranquilla, non mi sono offeso. Se poi ci
scapperà un dopo-cena a letto, non dovrai considerarlo come
il pagamento del lavoro.”
Scusarsi era stato inutile, più che altro. Era veramente
incorreggibile, se mai riusciva a comportarsi da gentiluomo per cinque
secondi, mandava tutto all’aria con un’uscita
imbarazzante subito dopo.
“Se hai questo genere di… aspettative.”
Sussurrò tra i denti. “Non mi sembra il caso di
accettare.”
“Non volevo offenderti! Non sembri il tipo che la
dà al primo appuntamento, volevo solo mettere in chiaro che,
se ti andasse di farlo non dovresti sentirti frenata
dall’idea di considerarlo un… pagamento in
natura.”
Chastity alzò le mani come per allontanarlo e farlo tacere
nello stesso momento, scosse il capo e prese un grosso respiro.
“E’ evidente che non ci capiamo, perciò
possiamo evitare l’argomento e basta? Fai il lavoro, ti
porterò l’assegno. Fammi solo sapere
l’importo esatto, ti lascio il mio numero. Basta un
messaggio.” Si avvicinò alla scrivania, cercando
un foglietto su cui scriverlo.
“Chastity, perché non vuoi uscire a cena con me?
Mi trovi così brutto?” Le domandò, con
l’aria di un bambino offeso dall’amichetto
prepotente.
“Tony, senti…” Deglutì,
poggiandosi con le mani alla pila di fogli sul margine della scrivania.
Alzò gli occhi, decisa a parlargli chiaramente, guardandolo
in viso. “Per te è tutto un gioco ma io non sono
quel genere di donna… Non sentirti offeso, credo solo che
cerchiamo… cose diverse.”
Io l’amore e tu il sesso. Non l’aveva detto ma era
sottointeso.
“Quindi un po’ ti piaccio…” Le
diede un colpetto al gomito con la mano, come per punzecchiarla mentre
sogghignava.
Era più difficile parlare con lui che con i suoi bambini
all’asilo.
“Dammi un foglio, ti scrivo il numero e vado.”
Inutile girarci ancora intorno.
“Non ho intenzione di farti pagare la manodopera.”
“E io non ho intenzione di venire a cena con te per non
pagarla.”
Erano in una fase di stallo, difficile uscirne. In quel momento, una
voce proveniente dall’officina, mise in pausa lo scontro
titanico.
“Tony? Dove sei?”
“Sono qui, Andrew.” Gli rispose, continuando a
fissarla.
Andrew, l’amico che aveva accompagnato a
quell’addio al nubilato. Il fidanzato dell’amica di
Agatha. La causa di tutto, era colpa sua se lei aveva conosciuto Tony.
“Senti, non è che…” Andrew si
interruppe, scorgendola dalla porticina dell’ufficio.
“Oh, sei in compagnia. Chastity?” La
guardò, sorpreso e incuriosito.
“Ciao, Andrew. Julia sta bene?” Si
sforzò di essere cortese, non aveva granché senso
mostrarsi ostile con lui, certamente non poteva intuire il suo
risentimento.
“Sì sì. Sta facendo la spesa al
supermercato qui vicino, sono passato per chiedere in prestito a
Tony...”
“Andrew, sai che sei come un fratello per me ma certe cose
non si condividono. Se vuoi qualche nuovo giochino vibrante posso farti
fare lo sconto da Tatiana.”
“Volevo solo gli attrezzi per smontare il rubinetto del
bagno!” Andrew lo fulminò, guardando di sottecchi
la reazione di Chastity che si stava sforzando di non diventare
paonazza e soprattutto di non ridere.
Perché, a prescindere dalla sua educazione, non riusciva ad
ammettere di trovare esilaranti quelle uscite sboccate e
pericolosamente serie di Tony.
“E allora potevi dirlo subito, no! E’ il rubinetto
di Jules? Vuoi fare l’uomo di casa sperando che lei ti
ringrazi a modo suo?” Ammiccò, ridendo.
Andrew sembrò in imbarazzo, sorrise appena. Probabilmente
Tony aveva visto giusto e se lei non fosse stata lì con
loro, l’avrebbe ammesso apertamente.
“Prendi quella cassetta rossa sullo scaffale qui fuori a
destra. Dovrebbe esserci tutto, sono gli attrezzi che ho usato per
controllare il sifone della pollastra che abita di fronte a
me.”
Al contrario di Andrew, che cercava di comportarsi educatamente di
fronte a lei, Tony non sembrava per nulla preoccupato di risultare
sgradevole.
“Ok, grazie amico. Ti devo un favore. Ciao,
Chastity.” Le sorrise, ancora palesemente incuriosito
dall’averla trovata lì da sola con Tony.
“Salutami Julia.” Al nome della sua ragazza, Andrew
si aprì in un sorriso enorme e la ringraziò,
prima di sparire insieme alla cassettina rossa.
“Scusa l’interruzione, Andrew è come un
fratello per me.”
“Lo avevo capito. Comunque ora devo andare.”
Afferrò un foglietto bianco, che aveva individuato mentre
fingeva di non ascoltare lo scambio colorito tra i due amici, e ci
scrisse velocemente il suo nome e numero.
“Un sms con l’importo esatto e
l’intestazione per l’assegno.” Lo
consegnò a Tony che la stava guardando in modo
così serio e corrucciato da farle temere che sarebbe esploso
per la concentrazione.
“Sei proprio decisa ad evitarmi, eh? Non mi dai nemmeno una
possibilità? Voglio solo conoscerti, due chiacchiere a cena
e ti riporto a casa. Credi forse che potrei allungare le mani o
approfittarmi di te? E’ colpa di quel bacio che ti ho rubato
da ubriaco? Non toccherò nemmeno un goccio di vino a cena,
te lo prometto.”
“Tony…” Iniziò ma non seppe
come continuare, toccata dal suo discorso.
“Abbiamo modi di vedere le cose così differenti
che continuiamo a fraintenderci e offenderci senza volerlo. Non
funzionerebbe.” Concluse alla fine.
“Ho capito. Quindi, siccome non sono materia da fidanzamento,
non posso nemmeno esserti amico?” Come era possibile che
stesse riuscendo a far passare lei come la cattiva della situazione,
quando era palesemente lui quello che si comportava in modo assurdo?
“E lavoreresti gratuitamente per ore, soltanto per uscire a
cena con un’amica?” Lo interrogò,
scettica.
“Certo. Chiedi ai miei amici, sono sempre qui a farmi
lavorare sulle loro auto e in cambio mi pagano giusto il pranzo del
sabato da Burger King sulla statale.”
“Quindi se offro io la cena, siamo pari?”
Tentò.
“No, perché io ti ho chiesto di poterti invitare a
cena, non di essere invitato. Non farei mai pagare la cena ad una
donna.”
“Nemmeno se siamo solo amici?” Era improbabile
riuscire ad esserlo con Tony, per come erano fatti entrambi,
però sembrava comunque essere amico di Julia e Agatha,
perciò escluderlo a priori sarebbe stato sbagliato.
“Una volta per uno, stavolta ti ho invitata io. Accetti,
allora?”
Mai avrebbe immaginato di arrivare ad accettare e senza nemmeno
sbuffare. Era improbabile che riuscisse davvero a diventare amica di
Tony, in realtà non aveva mai avuto nessun amico maschio,
tranne Robert.
Però non riuscì a dirgli di no, non di fronte a
quel sorriso speranzoso e un po’ infantile.
Sembrava un bambinone, pur non avendone per nulla l’aspetto.
Era un uomo sulla trentina, con un velo di barba scura a coprirgli le
guance, corti capelli neri e spalle larghe.
Non era molto più alto di lei, una decina di centimetri in
più del suo metro e sessantotto.
“Va bene.”
“Evvai!” Esultò, l’esatto
opposto del comportamento di un gentiluomo.
L’opposto di ciò che aveva sempre cercato in un
uomo. Quella convinzione l’avrebbe dovuta mettere al sicuro
da qualsiasi improbabile e minimo interesse romantico.
“Devo andare ora, mi aspettano a casa.”
“Se aspetti cinque minuti che mi cambio, ti
accompagno.” Si offrì.
“No no, è vicino. Non ti preoccupare.”
Però gli sorrise, stupita e lusingata da
quell’offerta premurosa.
Si guardò attorno, un po’ imbarazzata, non sapendo
bene come congedarsi.
Fu un tragico errore perché il suo sguardo venne catturato
dal calendario appeso alla sua destra. Miss Novembre era completamente
nuda, tranne gli stivali di pelo.
“Bello, eh? Sono nudi artistici!” Tony si mosse
verso il calendario, facendole maledire di essersi fatta beccare a
guardarlo.
Lo tolse dalla parete e, per quanto imbarazzata, si sentì in
obbligo di fermarlo. “No, ma non devi…”
Stava per dire “toglierlo” ma venne interrotta
dall’esposizione di Miss Agosto, illustrata da Tony con
compiacimento.
“E’ il mio mese preferito, foto fighissima
vero?”
Di Miss Agosto non si vedeva altro dalla vita in su, era chinata in
avanti, sullo sfondo di un’artefatta spiaggia tropicale e il
primo piano, lungi dall’essere il suo viso, era tutto
dedicato al suo sedere e a ciò che si scorgeva nel mezzo
delle gambe aperte.
Sorrideva soddisfatto mentre le mostrava quel tesoro.
“Interessante.” Tossicchiò, nascondendo
il viso e l’imbarazzo dietro la mano.
“C’è chi le trova volgari, ma sono foto
d’arte.” Le spiegò, rimettendo il
calendario e Miss Novembre al proprio posto sul muro.
“Ah sì? Pensavo che fossero più
d’interesse scientifico. Questa sarebbe perfetta appesa in
uno studio ginecologico.”
Tony si girò, la fissò e prese a ridere
sguaiatamente, piegandosi su se stesso.
“Ma sei una forza, Chas! Chi l’avrebbe mai
detto!” Le diede una sorta di amichevole pugno sulla spalla,
un po’ troppo forte e improvviso tanto che lei
rischiò di cadere, perdendo l’equilibrio.
“Oh cazzo, scusami! Sono abituato a metterci un po’
troppa forza con Andrew e gli altri.”
“Non fa nulla.” Si massaggiò la spalla
dolorante, sforzandosi di sorridere.
“Sono capace di fare l’amico di una donna, eh. Devo
solo conoscerti un po’ per sapere come
comportarmi.” La rassicurò, o almeno di
tentò di farlo.
“Buono a sapersi. Allora, io vado… Grazie per il
favore che mi stai facendo.”
“Per gli amici sono sempre disponibile. Ti passo a prendere
domani sera alle otto, va bene? Per la cena, se sei ancora
d’accordo.”
“Va bene. Fammi uno squillo quando arrivi, così
scendo.” Non sarebbe stato il caso di presentarlo ai suoi
genitori. Non aveva mai presentato nessun ragazzo a casa, nemmeno un
amico.
“Yes, baby. A domani.” Niente baciamano canonico,
per fortuna.
Chastity fece un cenno con la mano e un mezzo sorriso, per poi
barcollare fuori dall’officina.
Era riuscita a far spendere meno ai suoi genitori, senza intaccare i
suoi già miseri risparmi, aveva chiarito con Tony e sarebbe
comunque uscita a cena dopo tanto tempo.
Doveva sentirsi sollevata, a rigor di logica. Però
c’era qualcosa che la turbava e che
l’accompagnò fino all’ora di dormire.
Un sottile fastidio. Ma non era per il comportamento di Tony, in fondo
era solo un tantino diretto e vivace ma era una brava persona e
sembrava aver capito di doverla smettere con quelle finte avances.
C’erano buone probabilità che, alla fine, avesse
compreso il suo volere e che, la sera dopo, si sarebbe limitato a
scherzare senza eccedere né corteggiarla con i suoi modi
originali.
Allora perché non si sentiva più a suo agio,
più tranquilla? Al contrario, era irritata, da se stessa.
Non aveva senso, aveva ben chiaro di non volere niente di
più da Tony, se anche lui avesse mai avuto qualche seria
intenzione con lei, oltre al fatto di volerla seriamente portare a
letto perché era donna e respirava.
Era forse stizzita perché si era preclusa così
quei finti complimenti che, teoricamente, la infastidivano ma in
realtà un po’ la lusingavano?
Non era una gran bellezza, non era disinvolta e non aveva un bel
fisico.
Aveva troppi chili in eccesso e un seno troppo prosperoso, era
sì abbastanza alta ma aveva le gambe tozze e i polpacci
troppo grossi.
Non era eccessivamente critica verso se stessa, aveva imparato ad
accettarsi e cercava comunque di curarsi, pur non scegliendo mai
indumenti troppo scollati o stretti, che l’avrebbero fatta
sentire a disagio.
La realtà dei fatti era che, a parte qualche flirt
adolescenziale, nessun uomo l’aveva mai veramente corteggiata
e cominciava a sentirne la mancanza.
Sapeva di non dover prendere alla lettera i complimenti di Tony,
probabilmente li aveva rivolti a chissà quante altre donne
prima di lei.
Però… egoisticamente e stupidamente le facevano
piacere. E lei li aveva rifiutati.
Lo aveva rifiutato, per timore che volesse solo una botta e via. Non
sarebbe stato nella sua indole accettare una relazione del genere ma, a
maggior ragione, non poteva accettarla essendo ancora vergine.
Se ne vergognava anche un po’, come avrebbe reagito lui a
quella notizia, se mai lei avesse avuto davvero intenzione di
concedersi?
Non aveva comunque senso perdere il sonno a interrogarsi su qualcosa
che era già stato archiviato prima ancora di poter avere una
possibilità.
Tony era l’opposto di ciò che cercava in un uomo
ma come poteva continuare a fare confronti con quella lista mentale di
qualità che aveva ricavato da uomini astratti, immaginari o
di carta?
Fisicamente in qualche modo l’attraeva e quando le sorrideva
apertamente, in quel modo così disarmante e quasi infantile,
la faceva sentire bene.
Quel bacio che le aveva rubato in corridoio, poi… Era durato
pochi secondi, il tempo di rendersene conto e di allontanarlo ma
l’aveva sovraeccitata e non soltanto per la rabbia e
l’indignazione, come aveva voluto far credere a tutti e
soprattutto a se stessa.
Erano troppi anni che non baciava un uomo e avrebbe voluto poter
rivivere quel momento soltanto per poterlo assaporare con cognizione.
Perché non ci sarebbero stati altri baci, ormai si era
auto-relegata nel ruolo di amica.
Fu difficile addormentarsi quella notte, troppo presa dal nervosismo
che l’irritazione verso se stessa le aveva causato.
Con quelle premesse, sarebbe stata di pessima compagnia a cena, troppo
delusa da ogni allusione all’amicizia che lui avrebbe fatto.
Ben le stava, così aveva scelto.
Quello che ancora non sapeva era che Tony non aveva mai creduto
all’amicizia tra uomo e donna, a meno che la donna non fosse
felicemente fidanzata.