LA
MIA RAGIONE DI VITA
Quando
avevo cinque anni, una lontana parente mi chiese cosa volessi fare da
grande. A quel tempo non avevo le idee molto chiare, perciò
indugiai un po'; pensai ai bambini e alle bambine con cui giocavo di
solito, quando dicevano di voler diventare calciatori o ballerine, di
voler andare nello spazio o fare i dottori, e mi resi conto che
niente di tutto ciò mi interessava davvero. L'unica cosa che
mi veniva in mente, e che dissi in risposta, fu “voglio
correre”. Era una certezza già radicata in me e che è
rimasta tale fino ad oggi.
Per
anni, ogni volta che qualcuno mi poneva la stessa domanda, rispondevo
in quel modo. Che fosse con i piedi, con una moto o una macchina non
faceva differenza; l'importante era poter sfidare il vento, poter
diventare un tutt'uno con esso e dimenticare ogni altra cosa attorno
a me: questa sarebbe stata la mia vita.
Poi
cominciarono i sogni, e conobbi lei.
Non
avrei mai pensato che i miei desideri e le mie priorità
sarebbero cambiati così drasticamente, e tuttavia fu proprio
ciò che accadde. I nemici, le battaglie, l'imminente fine del
mondo stavano prendendo il posto del mio sogno più grande e
non riuscivo ad accettarlo; per questo fui così dura con
Michiru, la prima volta che ci incontrammo, perché temevo di
perdere la mia unica ragione di vita. Non volevo avere niente a che
fare con lei, benché il desiderio di scoprire chi fosse quella
ragazza misteriosa fosse sempre più vivo in me e mi portasse a
cedere su alcune mie decisioni; come quando volli andare al suo
concerto, sulla nave da crociera ancorata al porto, curiosa di
scoprire se fosse davvero così brava nel suonare il violino.
Rimasi piacevolmente colpita, ma allo stesso tempo mi incupii
ascoltando gli sciocchi pettegolezzi di alcuni presenti; mi resi
conto che, forse, c'era molto di più dietro all'apparenza, che
anche lei avesse dovuto rinunciare a qualcosa per seguire ciò
che il destino le aveva riservato. Ciò nonostante, quando la
incontrai di nuovo, poco dopo, fui ancora una volta fredda e
distaccata, nel mio ultimo vano tentativo di tenermi lontana dalla
verità. Ripensandoci ora, il mio atteggiamento e le mie parole
devono averla ferita molto più di quanto avessi immaginato, ma
allora non riuscii a realizzarlo.
La
terza volta che la vidi, fu durante l'attacco del demone al circuito
di rally. Ho ancora ben impressa nella mente l'immagine di lei che si
trasforma davanti ai miei occhi e che non esita un istante a
frapporsi tra me e il nemico, nell'istante in cui si rende conto che
la mia vita è in pericolo; ricordo perfettamente anche ciò
che mi rivelò in seguito, parola per parola, divisa tra le
mille emozioni che la attraversavano. Capii che qualcosa dentro di me
stava cambiando. Capii che quella strada, a prescindere dalla mia
volontà, si stava ponendo con forza di fronte a me e che
forse, a dir la verità, non era poi una prospettiva così
terribile; di questo, tuttavia, non ne compresi il motivo.
Così,
la fuga dal mio destino ebbe termine. Mi trovai come di fronte a un
muro, un muro alto e coperto di filo spinato, oltre il quale avrei
trovato le gare di corsa, le macchine, le mie passioni; se avessi
tentato di superarlo, mi sarei di certo fatta male, ma il desiderio
di ritrovare la mia libertà era troppo forte per essere
ignorato. Per arrivare dall'altra parte avevo bisogno di un aiuto, e
quell'aiuto lo trovai proprio lì, accanto a me, pronto a
tendermi una mano, a ferirsi insieme a me col filo spinato pur di
portarmi dall'altra parte. Rimasi alquanto sorpresa, non molto tempo
dopo, quando scoprii che superare quel muro non era più il
punto fermo su cui ruotava la mia esistenza; avrei preferito mille
volte restare lì, all'ombra di quei freddi blocchi di pietra,
purché con me vi fosse quella mano che aveva cercato di
aiutarmi, perché era diventata per me la cosa più
importante: era lei la mia luce, era lei la mia libertà.
Intravedo
sempre un velo di tristezza nei suoi occhi, quando parliamo dei
nostri primi incontri. Non capii subito quale fosse la ragione; per
qualche tempo, pensai che non si sentisse più legata a me, che
fossi io il problema, ma fortunatamente mi sbagliai. Solo ora credo
di aver compreso ciò che pensa realmente.
Ho
visto il suo sguardo farsi più cupo quando questa mattina,
insieme a quelle due buffe ragazze, ho rivelato una parte di me,
quando l'ho interrotta e corretta, affermando che il mio sogno più
grande non è più diventare un'affermata pilota, ma
impegnarmi oltre il possibile per adempiere alla mia missione. Il suo
senso di colpa era così forte da essere quasi palpabile, ma
ancora più grande lo è stato il mio, per non essermi
accorta prima di questo peso che si porta dietro da così lungo
tempo.
“Michiru”.
“Sì?”
“Non
mi interessa correre o vincere una gara, se all'arrivo non ci sei tu
ad aspettarmi”.
Se
qualcuno mi chiedesse di nuovo cosa voglia fare della mia vita, non
indugerei un istante.
Sogno
di essere libera come il vento, di poter correre e vincere. Sogno di
combattere e proteggere il mio pianeta. Ma sarebbe tutto svuotato,
privo di valore, se non potessi realizzare tutto ciò insieme
lei.
La
mia ragione di vita.
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Nota: il senso di colpa di Michiru è dato dal fatto che si pente di aver indotto Haruka a trasformarsi e rinunciare così ai suoi sogni. E' una cosa che si nota abbastanza nell'anime!
Nda
– Ecco qui il mio secondo esperimento nel fandom di Sailor Moon
e su questa coppia davvero fantastica!
Anche
in questo caso, come in quella su Michiru, ho puntato molto
sull'introspettivo (mi piace moltissimo come genere!) e ho cercato di
descrivere i suoi pensieri e le sue sensazioni e come si siano un po'
evolute, basandomi in parte su come racconta la sua vita nell'anime.
A
proposito di questo, volevo specificare una cosa. Io sono cresciuta
guardando il cartone in tv e lo conosco a memoria, però ho
cominciato anche a leggere il manga e ho notato parecchie differenze;
perciò, visto che comunque – e penso che non valga solo
per me – il punto di riferimento è l'anime, molto più
conosciuto, e che nel manga ci sono altrettanti spunti molto
interessanti, ho deciso di usarli entrambi, naturalmente a patto che
non contrastino in qualche modo. Ad esempio, la Michiru su cui mi
baso è quella del cartone, ma nelle mie storie darà
lezioni di violino come nel manga (nell'anime non succede, a meno che
non abbia saltato qualche pezzo, cosa di cui dubito :P).
Infine,
come nell'altra fic, vi invito a vedere questa scena dell'anime
originale, perché il dialogo è stato notevolmente
cambiato nell'adattamento italiano e perciò chi non lo conosce
non può comprendere al meglio il loro rapporto, soprattutto da
parte di Michiru nei confronti di Haruka.
http://www.youtube.com/watch?v=hseyty8kCwE
Ah!
Quando Haruka parla della scena con "quelle due buffe ragazze",
si riferisce a questa:
http://www.youtube.com/watch?v=3NvkGEyTj0k&feature=related
Io
me la cavo un po' in inglese, per cui se qualcuno non ci capisse
niente posso fargli qualche rapida traduzione!;D
Grazie
per aver letto e auguri di buon anno a tutti!:D
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